Umanità Nova, n.33 del 19 ottobre 2008, anno 88

L'opposizione sociale alla prova


Venerdì 17 ottobre l'adesione allo sciopero e alle manifestazioni indette dal sindacalismo di base daranno la misura della capacità di iniziativa dell'opposizione sociale.
Lo sciopero è, dal punto di vista temporale, ben collocato. Sono infatti alla discussione accordi, contratti, leggi importanti.
Si va dalla riforma dei meccanismi contrattuali, ai contratti del pubblico impiego, alla politica scolastica del governo.
L'asse fra governo e padronato è, con ogni evidenza, solido e il governo gode di un'altrettanto solida maggioranza parlamentare, ma fra paese legale e paese reale, fra chi domina e chi ne subisce il dominio, nonostante le apparenze contrarie, il fossato cresce.
Basta, a questo proposito, pensare alla mobilitazione che si è sviluppata nelle ultime settimane contro la politica scolastica del governo.
Una serie impressionante di manifestazioni, assemblee, iniziative attraversa la scuola. Si potrà rilevare che un taglio dell'organico di 150.000 persone sveglierebbe anche la più addormentata delle categorie, ma è anche vero che la pesantezza di un attacco può determinare ripiegamento e passività o mobilitazione e il fatto positivo ed importante è che sta producendo mobilitazione.
A fronte di questa situazione, i sindacati concertativi sono per la verità corsi ai ripari.
Dopo settimane di scontri interni fra amici, avversari e semplici conoscenti del governo che ne bloccavano l'azione e di fronte alla ragionevole possibilità che lo sciopero del 17 ottobre fosse nella scuola ampiamente maggioritario, CGIL – CISL –UIL, con il supporto del sindacato di destra vecchio stile, lo SNALS e del sindacato di destra nuovo stile, la Gilda, hanno all'ultimo momento indetto uno sciopero per il 30 ottobre.
È assolutamente evidente che si tratta di un'iniziativa con aspetti bizzarri visto che CISL e UIL a livello generale stanno trovando proficui per i loro accordi con il governo e il padronato e considerato che lo SNALS e la Gilda sono governativi più di alcuni settori della maggioranza di governo; ma è anche chiaro che si tratta per i sindacati istituzionali di lasciar sfogare la base putiferiante e di isolare il sindacalismo alternativo.
Per il sindacalismo di base, a maggior ragione, tenere ferma la mobilitazione nella scuola il 17 diviene una questione fondamentale visto che lo sciopero della scuola si colloca in un'iniziativa generale coerente e accodarsi al sindacalismo istituzionale significherebbe negare le ragioni stesse della propria esistenza.
A livello più generale, lo sciopero si intreccia con diverse ed importanti dinamiche sociali dalla mobilitazione antirazzista a quelle in difesa delle libertà sempre più pesantemente messe in discussione.
Il 17, in altri termini, misureremo lo stato di salute e di autonomia dell'opposizione sociale.
Non dobbiamo, fra l'altro, sottovalutare due dinamiche politiche importanti:
•    per un verso la frantumazione e la passività di settori ampi della classe lavoratrice favoriscono derive di destra, sia nella forma del localismo reazionario, che in quella dell'arroccamento corporativo. A questa deriva non ci si può opporre predicando i buoni sentimenti e si tratta, sul terreno del conflitto sindacale, di tessere relazioni con i lavoratori come sono e non come li vorremmo per individuare i reali avversari;
•    per l'altro, non è il caso di cantare troppo in fretta il de profundis per la sinistra parlamentare e per le illusioni che coltiva e delle quali si nutre. È infatti ben vero che la sinistra, almeno quella arcobalenga, in parlamento non c'è più, ma è anche vero che questa sinistra continua ad adornare consigli regionali, provinciali, comunali e mille sedi istituzionale e che, soprattutto, il popolo di sinistra non ha affatto perso la speranza di avere una rappresentanza parlamentare della quale denunciare i cedimenti.
Una robusta opposizione sociale, capace di autonomia rispetto al quadro parlamentare e di forte capacità di iniziativa è una condizione favorevole per rintuzzare sia le derive reazionarie e corporative che il ritorno alle illusioni parlamentari.
In questa logica sarebbe stato preferibile, come avvenne il 9 novembre 2007, puntare su di una serie di manifestazioni regionali capaci di coinvolgere settori più larghi di lavoratrici e lavoratori e di esprimere il radicamento del sindacalismo di base più che una sua raffigurazione politica. Scelte non sempre condivisibili e meditate dei gruppi dirigenti del sindacalismo di base hanno portato a concentrare le manifestazioni.
Tant'è, non è questo il momento per discutere questo problema e l'essenziale è che lo sciopero riesca bene e che vi sia una ripresa di lotte nelle aziende e sul territorio.
Noi, ma non è una novità, faremo la nostra parte.

Cosimo Scarinzi


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