Venerdì 17 ottobre l'adesione allo sciopero e alle
manifestazioni indette dal sindacalismo di base daranno la misura della
capacità di iniziativa dell'opposizione sociale.
Lo sciopero è, dal punto di vista temporale, ben collocato. Sono
infatti alla discussione accordi, contratti, leggi importanti.
Si va dalla riforma dei meccanismi contrattuali, ai contratti del pubblico impiego, alla politica scolastica del governo.
L'asse fra governo e padronato è, con ogni evidenza, solido e il
governo gode di un'altrettanto solida maggioranza parlamentare, ma fra
paese legale e paese reale, fra chi domina e chi ne subisce il dominio,
nonostante le apparenze contrarie, il fossato cresce.
Basta, a questo proposito, pensare alla mobilitazione che si è
sviluppata nelle ultime settimane contro la politica scolastica del
governo.
Una serie impressionante di manifestazioni, assemblee, iniziative
attraversa la scuola. Si potrà rilevare che un taglio
dell'organico di 150.000 persone sveglierebbe anche la più
addormentata delle categorie, ma è anche vero che la pesantezza
di un attacco può determinare ripiegamento e passività o
mobilitazione e il fatto positivo ed importante è che sta
producendo mobilitazione.
A fronte di questa situazione, i sindacati concertativi sono per la verità corsi ai ripari.
Dopo settimane di scontri interni fra amici, avversari e semplici
conoscenti del governo che ne bloccavano l'azione e di fronte alla
ragionevole possibilità che lo sciopero del 17 ottobre fosse
nella scuola ampiamente maggioritario, CGIL – CISL –UIL, con il
supporto del sindacato di destra vecchio stile, lo SNALS e del
sindacato di destra nuovo stile, la Gilda, hanno all'ultimo momento
indetto uno sciopero per il 30 ottobre.
È assolutamente evidente che si tratta di un'iniziativa con
aspetti bizzarri visto che CISL e UIL a livello generale stanno
trovando proficui per i loro accordi con il governo e il padronato e
considerato che lo SNALS e la Gilda sono governativi più di
alcuni settori della maggioranza di governo; ma è anche chiaro
che si tratta per i sindacati istituzionali di lasciar sfogare la base
putiferiante e di isolare il sindacalismo alternativo.
Per il sindacalismo di base, a maggior ragione, tenere ferma la
mobilitazione nella scuola il 17 diviene una questione fondamentale
visto che lo sciopero della scuola si colloca in un'iniziativa generale
coerente e accodarsi al sindacalismo istituzionale significherebbe
negare le ragioni stesse della propria esistenza.
A livello più generale, lo sciopero si intreccia con diverse ed
importanti dinamiche sociali dalla mobilitazione antirazzista a quelle
in difesa delle libertà sempre più pesantemente messe in
discussione.
Il 17, in altri termini, misureremo lo stato di salute e di autonomia dell'opposizione sociale.
Non dobbiamo, fra l'altro, sottovalutare due dinamiche politiche importanti:
• per un verso la frantumazione e la passività
di settori ampi della classe lavoratrice favoriscono derive di destra,
sia nella forma del localismo reazionario, che in quella
dell'arroccamento corporativo. A questa deriva non ci si può
opporre predicando i buoni sentimenti e si tratta, sul terreno del
conflitto sindacale, di tessere relazioni con i lavoratori come sono e
non come li vorremmo per individuare i reali avversari;
• per l'altro, non è il caso di cantare troppo
in fretta il de profundis per la sinistra parlamentare e per le
illusioni che coltiva e delle quali si nutre. È infatti ben vero
che la sinistra, almeno quella arcobalenga, in parlamento non
c'è più, ma è anche vero che questa sinistra
continua ad adornare consigli regionali, provinciali, comunali e mille
sedi istituzionale e che, soprattutto, il popolo di sinistra non ha
affatto perso la speranza di avere una rappresentanza parlamentare
della quale denunciare i cedimenti.
Una robusta opposizione sociale, capace di autonomia rispetto al quadro
parlamentare e di forte capacità di iniziativa è una
condizione favorevole per rintuzzare sia le derive reazionarie e
corporative che il ritorno alle illusioni parlamentari.
In questa logica sarebbe stato preferibile, come avvenne il 9 novembre
2007, puntare su di una serie di manifestazioni regionali capaci di
coinvolgere settori più larghi di lavoratrici e lavoratori e di
esprimere il radicamento del sindacalismo di base più che una
sua raffigurazione politica. Scelte non sempre condivisibili e meditate
dei gruppi dirigenti del sindacalismo di base hanno portato a
concentrare le manifestazioni.
Tant'è, non è questo il momento per discutere questo
problema e l'essenziale è che lo sciopero riesca bene e che vi
sia una ripresa di lotte nelle aziende e sul territorio.
Noi, ma non è una novità, faremo la nostra parte.
Cosimo Scarinzi