«Non sono gli affari che i camorristi inseguono, sono gli affari che inseguono i camorristi».
Questa laconica e lapidaria sentenza estrapolata dall'ormai celeberrimo
libro di Roberto Saviano – Gomorra - è risultato essere,
in parte, il filo conduttore dell'incontro svoltosi lo scorso
giovedì nella sede del "Louise Michel" di Napoli con Maurizio
Braucci, uno dei sei sceneggiatori dell'omonimo film. Un pretesto,
è ovvio, che però ha consentito ai presenti di affrontare
ed analizzare la situazione nel napoletano e nel sud dell'Italia,
contraddistintasi da una campagna mediatica volta ad incitare una
marcata ed asfissiante occupazione del territorio da parte dello Stato
attraverso l'impiego dell'esercito. Perché quanto sta accadendo
a Napoli e dintorni mostra non tanto una situazione di arretrato
sviluppo dei meccanismi democratici di controllo sociale (la cosiddetta
governance), quanto piuttosto una delle linee più avanzate del
sistema di gestione del territorio e sottomissione della popolazione in
cui il rapporto tra colonizzazione e criminalità appare sempre
più la nuova dimensione del potere politico-economico delle
democrazie occidentali. Ma andiamo con ordine.
L'incontro/chiacchierata con Maurizio Braucci, uno degli animatori
della mensa dei bambini proletari dopo il terremoto che sconvolse
Napoli nell'80, e tra i fondatori del centro sociale autogestito "Diego
Armando Maradona" (nonché autore di romanzi aventi per
sfondo gli ambienti camorristici napoletani, di uno spettacolo teatrale
e cosceneggiatore del film Gomorra), ha avuto come pretesto la critica
che i compagni del Comidad hanno posto nei confronti del libro di
Saviano, sottolineandone l'uso strumentale che lo Stato, il suo
apparato militare e mediatico, ha fatto della sua opera al fine di
avvalorare la tesi che a Napoli e nel Sud Italia qualsiasi
problema sociale sia connesso all'arretratezza, all'ignoranza e alla
mancanza di un "senso dello Stato" da parte dei suoi abitanti.
Ciò ha consentito di fare dell'emergenza criminalità il
passe-partout per legittimare la militarizzazione del territorio come
risoluzione a tutti i mali – monnezza compresa – e a soddisfare il
"bisogno di legalità" espresso ed invocato dai napoletani.
Lo dimostrano i recenti avvenimenti di Castel Volturno con la mattanza
di sei extracomunitari, ghanesi, congolesi e nigeriani, ennesima
riprova dell'incongruenza della narrazione mediatica. Questa nel
rappresentare contemporaneamente l'onnipotenza dello Stato e della
criminalità camorrista sul territorio casertano, ha palesato la
possibile conciliazione di interessi contrapposti. Infatti, l'aver
descritto i fatti in termini di scontro per la gestione dello spaccio
della droga (peraltro immediatamente smentita dagli amici delle vittime
con una manifestazione di protesta svoltasi nei giorni successivi)
è servita come copertura per dar inizio ad un'operazione di
bonifica ambientale del litorale domizio che vede coniugarsi gli affari
economico-politici delle amministrazioni locali, dei loro azionisti di
maggioranza (i palazzinari di turno) con gli interessi
strategico-militari, connessi alla realizzazione della più
grande base Nato nel Sud Italia. Per questo era necessario ripulire il
territorio con la più alta densità di popolazione
immigrata attraverso un'operazione eclatante, così da distrarre
l'opinione pubblica dai reali obbiettivi del sistema di controllo e
gestione politico-affaristico-militare.
Un sistema che, in tal modo, mostra di risolvere la
rigidità della forma democratica che attarda le decisioni da
prendere, soprattutto in un contesto globalizzato in cui Russia e Cina
danno prova di come si affrontano agevolmente le questioni dei diritti
umani e civili: negandoli. Ecco allora comprendere anche il
perché l'arretratezza del sistema bancario nazionale sembra
reggere l'urto iniziale della crisi economica mondiale. Infatti da noi
– come in Russia e in Cina – la sfera affaristica non è
basata principalmente sui derivati finanziari, ma è derivata
finanziariamente dagli illeciti criminali. Gomorra docet?
Un'ipotesi questa che il dibattito fra i compagni presenti ha
sicuramente favorito e che sarà foriera di ulteriori e
approfondite analisi volte ad osservare le nuove forme della
colonizzazione politico-economica basata sull'intreccio fra sistema
democratico e affarismo criminale.
gianfranco marelli