La nostra memoria è la nostra coerenza,
la nostra ragione, il nostro sentimento
e persino il nostro agire.
(Luis Buñuel)
La vecchia intuizione secondo cui più la democrazia si
fascistizza, più i fascisti si democratizzano, sta trovando
ormai piena conferma: dopo il neofascismo divenuto postfascismo, siamo
giunti al paradosso dell'antifascismo fatto proprio da chi fino ad ieri
lo combatteva.
Per questo può essere utile chiedere soccorso alla storia recente.
In qualche archivio della Rai è sicuramente conservata la
registrazione di una vecchia Tribuna Politica, se il ricordo non
inganna, risalente al 1972 in cui l'allora segretario del Movimento
Sociale Italiano, Giorgio Almirante, rispose polemicamente ad un
giornalista affermando di essere "antifascista" ed anzi "il primo
antifascista d'Italia". Giorgio Almirante, al quale oggi s'intitolano
persino strade, aveva alle spalle una significativa carriera sotto il
segno del fascio, contrassegnata in particolare dal suo impegno come
segretario di redazione de La difesa della razza su cui, tra l'altro,
ebbe a scrivere che "in fatto di razzismo e antigiudaismo gli italiani
non hanno avuto né avranno bisogno di andare a scuola da
chicchessia". Firmatario quindi nel 1938 del Manifesto del Razzismo
Italiano, durante la Repubblica di Salò fu capo di gabinetto del
Ministero della cultura popolare e nel 1944 si rese responsabile di un
bando repubblichino in cui si prometteva la fucilazione per "gli
sbandati e gli appartenenti alle bande". Nel dopoguerra, era stato uno
dei principali artefici della ripresa delle attività squadriste
e della riorganizzazione neofascista (formalmente vietata dalla
Costituzione), tanto da essere stato quasi ininterrottamente per un
quarantennio il segretario del principale partito erede del ventennio
mussoliniano e della Repubblica Sociale, l'Msi (1).
La sua dichiarazione di "antifascismo" provocò all'epoca un
certo scalpore, ma anche ovvie proteste tra i nostalgici del littorio e
i più oltranzisti dell'estrema destra. Da allora la tesi della
"pacificazione nazionale" e dell'equiparazione morale dei partigiani e
dei militi fascisti come ugualmente patrioti è stata portata
avanti dalla destra in modo pressoché corale, proprio sulla
falsariga almirantiana. Simile processo è stato comunque
possibile anche grazie alla costante criminalizzazione della Resistenza
e alla parallela indulgenza verso i crimini nazifascisti: operazione
questa a cui si è perfettamente adattata la storia romanzata di
Giampaolo Pansa. Questa pagina di storia serve per meglio inquadrare e
comprendere le recenti professioni di "antifascismo" recitate da
Gianfranco Fini che, tra l'altro, proprio Almirante designò come
successore alla guida del Msi, poi divenuto Alleanza Nazionale e quindi
oggi componente del PdL.
SE AVANZO SEGUITEMI...
Come è noto, nello scorso settembre, ormai nelle vesti di
presidente della camera, Fini, ha avuto modo di ribadire alcuni punti
fermi, scegliendo proprio il palco della festa "Atreju 08"organizzata
dai giovanotti di Azione Giovani, nonostante un clima assai dissonante,
tra esibizioni di saluti romani, libri di Evola, croci celtiche,
magliette di Casa Pound ed un perdibile concerto della "Compagnia
dell'Anello"(2). Titolo dell'happening: "Eccezionale per scelta", ed
infatti Fini, che negli anni Ottanta era segretario del Fronte della
Gioventù, non ha esitato ad avvertire i suoi ragazzi che "chi
è democratico è antifascista...il fascismo fu
dittatura...la destra politica e a maggior ragione i giovani devono
senza ambiguità dire alto e forte che si riconoscono nei valori
della Costituzione, come libertà, uguaglianza e
solidarietà o giustizia sociale"(3).
Nei giorni successivi viene ribadito il concetto e si avvisa che i
non-antifascisti sono fuori dal partito. Così i vari Alemanno e
La Russa, che solo pochi giorni prima avevano "relativizzato" il
fascismo e difeso l'onore dei combattenti di Salò, sono stati
costretti a fare marcia indietro, seguiti da altri dirigenti di
Alleanza Nazionale come Gasparri e Matteoli, costretti a proclamarsi
anch'essi antifascisti davanti alle telecamere di una nota trasmissione
satirica di Mediaset. Un mese dopo sempre La Russa affermerà
anche di aver provato vergogna davanti ai cori dei
camerati-ultrà della Nazionale di calcio in trasferta a Sofia,
inneggianti proprio al duce; una presa di posizione non richiesta, ma
forse utile per far dimenticare la foto in cui lo si vedeva prendere
parte ad una commemorazione fascista in piazzale Loreto, a fianco di
una gigantografia di Mussolini, nel non lontano 28 aprile del 1992 (4).
Il camerata-sindaco Alemanno non ha però rinunciato a
puntualizzare: "Sono antifascista ma anche anticomunista, ci tengo che
insieme all'antifascismo nella Costituzione sia messo anche
l'anticomunismo". Il senatore Andrea Augello ha invece superato tutti
per allineamento col capo: ripete che il fascismo e l'antifascismo non
esistono più, parlando di valori di una parte dell'antifascismo,
codificati dalla nostra Costituzione, "nei quali ci riconosciamo
pienamente e che furono rispettati e praticati anche dal vecchio Msi in
quasi mezzo secolo di presenza in Parlamento".
I malumori non potevano mancare nella curva degli orfani di
Salò: dall'imperversante nipote del duce al leghista Mario
Borghezio dai noti trascorsi ordinovisti, dagli ex-combattenti della
Rsi alla vedova di Almirante che forse a causa dell'età non
ricorda più le parole pronunciate dal marito. Ma gli
apprezzamenti e i consensi sono stati senz'altro più larghi,
compreso quello di Luciano Violante (ieri Pci, poi Ds ed oggi Pd) che
nel 1996 era stato accusato da sinistra di voler giustificare i
"ragazzi di Salò"(5). Particolarmente contrariato il dirigente
di Azione Giovani, Federico Iadicicco, che risponde "noi non possiamo
essere, non vogliamo essere e non saremo mai antifascisti". D'altra
parte appena pochi mesi prima, a Firenze, proprio A.G. aveva
commemorato i cecchini repubblichini che nel 1944 avevano vilmente
assassinato civili, insorti antifascisti e soldati alleati (6). A
tutt'oggi, comunque, non risulta che Iadicicco abbia dato le
dimissioni, sia stato espulso dal partito o abbia abbandonato la sua
poltroncina di consigliere provinciale del PdL.
DIETRO IL SIPARIO TRICOLORE
La carriera politica di Fini, lo stesso che non molti anni fa ebbe a
definire Mussolini come "più grande statista del secolo",
è stata segnata da continui strappi politici e simbolici nei
confronti della tradizionale eredità fascista: nel 1993 durante
la sua campagna elettorale a sindaco di Roma si reca in pellegrinaggio
alle Fosse Ardeatine; nel 1995 è protagonista della svolta
post-missina di Fiuggi che vede la nascita di Alleanza nazionale; nel
1999 rende omaggio "ai tanti italiani deportati solo perché
ebrei"; nel 2000 visita il lager di Auschwitz; nel 2002 chiede perdono
"come italiano" per le leggi razziali del 1938 e nel 2003 si reca
ufficialmente in Israele e visita il Museo dell'Olocausto a
Gerusalemme, definendo il nazifascismo un "male assoluto". Appare
quindi evidente che il suo progetto politico per la destra si colloca
ormai dentro una visione "gollista", più modernamente
conservatrice che reazionaria, e che i diversi passaggi politici che ha
compiuto, oltre che legittimare il suo partito, hanno come evidente
fine la propria candidatura quale successore di Berlusconi alla guida
del PdL, prevenendo anche possibili obiezioni del Partito Popolare
Europeo.
A questo assedio, Berlusconi e la sua dirigenza stanno rispondendo, con
tattica sottile, su due piani contrapposti. Da un lato costringono di
continuo ad ulteriori perdite d'identità Alleanza Nazionale,
come testimoniano alcune dichiarazioni di esponenti di Forza Italia
quali Dennis Verdini ("E' necessario che gli amici di Alleanza
Nazionale capiscano che la strada segnata in questi anni da Forza
Italia è l'unica giusta") e Renato Scajola ("La collocazione del
Pdl non può essere che quella del centro. E non saremo mai la
grande destra")(7). D'altro canto, mentre sottopone il partito di Fini
ad una continua e lacerante abiura, Berlusconi non ha mai smesso di
coltivare i suoi disinvolti rapporti con l'estrema destra, nel nome
dell'anticomunismo e forte del fatto di non aver mai partecipato alle
commemorazioni per il 25 Aprile, festa della Liberazione, di cui anche
il suo fedele Baget Bozzo aveva auspicato l'abolizione. Infatti, il
cavaliere, alla domanda dei giornalisti se si considerava pure lui
antifascista ha ambiguamente risposto "io penso soltanto a lavorare per
risolvere i problemi degli Italiani". Supportando e sponsorizzando i
diversi esponenti e partitini dell'estrema destra, Berlusconi mira
così ad indebolire sia Alleanza Nazionale, costretta a palesare
posizioni sempre più moderate, sia il concorrente Fini, sempre
meno digerito da quadri e militanti in crisi verticale. Attraverso
questa lente vanno infatti letti il recupero nel PdL della Mussolini,
passata attraverso le diverse fiamme tricolori, e il prossimo rientro
della Santanchè prestata a La Destra di Storace; ma anche le
varie alleanze elettorali con Fiamma Tricolore e anche Forza Nuova, il
cui leader Roberto Fiore siede nel parlamento europeo proprio in
virtù di un accordo col PdL (8). Anche in occasione della sua
applaudita comparsata alla medesima festa di Azione Giovani, pochi
giorni prima di Fini, Berlusconi si era prodotto nel solito
avanspettacolo anticomunista, tra barzellette e battute a tema,
regalando persino un elogio del gerarca Italo Balbo, già ras
squadrista e governatore della Libia. Non casualmente, a fiancheggiare
l'a-fascismo di Berlusconi, è uscito allo scoperto anche
Marcello De Angelis, oggi deputato del PdL e direttore della rivista
Area, con un passato nel cosiddetto spontaneismo armato: "Ero un post
neofascista nel 1977, questa discussione non mi appassiona da almeno
trent'anni (...) Sono stato in Terza Posizione, ma ora il massimo
risultato è far parte di un partito, il PdL, che mette al centro
l'Italia e il popolo italiano" (9).
ANTIDOTI ANTIFASCISTI
Avendo evidenziato il contesto, pesantemente condizionato
dall'opportunismo e dal sensazionalismo, in cui vanno inquadrate certe
dichiarazioni provenienti dalle diverse anime della destra, sarebbe
rischioso ritenerle credibili; così come sarebbe però
altrettanto pericoloso considerarle di esclusivo interesse per le
destre nazionali. Anche a sinistra e in taluni ambienti resistenziali,
infatti, non si è compresa l'effettiva ricaduta storico-politica
delle dichiarazioni di Fini che ha potuto impunemente affermare: "il
rispetto della persona è nella cultura di destra da almeno 70-80
anni" (10). D'altronde, come è stato osservato, "ben lungi dal
voler ricostituire ordini del passato, le destre (...) agiscono con
grande spregiudicatezza e abilità all'interno della
pluralità e della complessità delle società di
oggi" (11). Nel momento in cui un simile personaggio, tra l'altro
autore assieme a Bossi dell'omonima legge anti-immigrazione, si
professa antifascista, ci troviamo di fronte ad un ulteriore
svuotamento di significato e portato storico dell'antifascismo
militante. D'altra parte, questo apparente riposizionamento va di pari
passo con un presunto "ammodernamento" della post-sinistra che afferma
di considerare inattuale la lotta di classe, di non aver mai creduto al
comunismo, di abbracciare la nonviolenza e di aver ripudiato ogni
utopia sovversiva. Per smascherare l'antifascismo di facciata del
leader di Alleanza Nazionale, risulta perciò decisivo che alla
difesa della memoria dell'antifascismo si accompagni una conseguente
azione contro le continue aggressioni nazifasciste, ma anche contro
ogni forma di discriminazione (razzista, omofoba, sessista, classista).
La necessità, in altre parole, di una pratica antifascista
determinata, coerente e connessa all'opposizione sociale.
Archivio Antifa
1 Si veda il saggio di Pier Giuseppe Murgia, Il vento del Nord, recentemente riedito da Kaos edizioni.
2 Si veda l'articolo Braccia tese sul palco di Roma, Il manifesto, 14 settembre 2008.
3 Si veda l'articolo «La Rsi era dalla parte sbagliata», Il
Sole-24 Ore, 14 settembre 2008; e i diversi articoli pubblicati
alla stessa data, nella pagina Primopiano, su Il Gazzettino.
4 Foto pubblicata sul Corriere della Sera, 10 ottobre 2008.
5 Si veda l'articolo Violante soddisfatto: «Leader onesto e
leale. Il sindaco è in minoranza», Il manifesto, 14
settembre 2008.
6 Si veda l'articolo Firenze: i fascisti commemorano i fascisti, Umanità Nova, 7 settembre 2008.
7 Si vedano gli articoli: Ex missini in mezzo ai guai, le liti sulla
storia sono un alibi; Alemanno e gli altri: la nostra storia nel PdL,
Il manifesto, rispettivamente 18 e 19 settembre 2008.
8 Si veda l'articolo Forza nuova rabbiosa: «Vile, vergognati», Il manifesto,14 settembre 2008.
9 Si veda l'articolo Alemanno arretra «Anch'io ero a Fiuggi», Idem.
10 Si veda l'articolo A Milano Fini fa festa e prova la successione. Il suo popolo applaude, Il manifesto, 5 ottobre 2008.
11 Carlo Galli, Tutti i volti di una tradizione, la Repubblica, 13 maggio 2008.