Umanità Nova, n.35 del 2 novembre 2008, anno 88

Il tempo della guerra


Il generale Fabio Mini, già Capo di stato maggiore del Comando NATO delle forze alleate del Sud Europa e ai vertici del contingente interalleato in Kossovo,  ben addentro alle "segrete cose",  in un suo recente studio (F. Mini, "Soldati" Torino Einaudi 2008), da questa interpretazione della situazione e delle strategie odierne: "Oggi non siamo in tempo di guerra [...] E', invece, il tempo della guerra, perchè in questi ultimi anni essa è diventata l'idea portante di ogni attività umana, di ogni posizione politica, di ogni prospettiva futura. La guerra pervade il pensiero e lo monopolizza. Invade la politica, la diplomazia, assorbe l' economia e blocca ogni attività che non sia utile o strumentale ad essa. [...]  La guerra non si limita più ad essere lo strumento o la prosecuzione della politica [...] ma ne diventa la rivelazione, la giustificazione e persino la sostituzione. Non è più neppure limitata e selettiva. Che sia simmetrica ...[cioè nei rari casi di guerre tra stati] o asimmetrica... [cioè nei casi di guerre preventive o contro i terroristi o a sfondo etnico o di religione] è sempre devastante. E' dominata dal principio dell'eccesso di potenza e di capacità distruttiva [...]. Un eccesso che nel caso del terrorismo tende ad amplificare l'effetto del terrore, mentre con la guerra preventiva e tecnologica occidentale deve difendere l'uomo del nostro tempo dalla ansia [...]. E allora la nostra guerra si rivolge contro tutti gli estranei e viene spacciata per manifestazione di civiltà.
Questo tempo della guerra durerà a lungo perchè la guerra [...] favorita dalla strategia della paura, è ormai diventata un condizionamento mentale collettivo. Una nuova droga e una nuova schiavitù. [...] Alla guerra in Iraq e alla sua arte preventiva va il primato [...] Dopo l'11 settembre si è avviata all'insegna della paura e della menzogna a essa strumentale, una guerra completamente diversa che nessuno era pronto ad affrontare. Sono stati imposti i nemici, i teatri e i metodi, anche se era evidente che non erano quelli giusti [... nel frattempo gli USA con] i loro  programmi militari vanno avanti come treni. Non riguardano una minaccia comune, ma sono calibrati su una visione globale del potere militare che nessuno degli alleati può avere [...]. Di fatto nessuno sta combattendo il terrorismo, ma stiamo tutti contribuendo [...] a realizzare un apparato di pressione militare e civile, palese e occulto, per gestire un mondo volutamente destabilizzato su vari piani e livelli [...] Il nuovo obiettivo è la frantumazione di qualsiasi potere incompatibile con gli interessi dei grandi [...]. I paesi a rischio di destabilizzazione e ingerenza sono tutti quelli considerati non-cooperativi, indipendentemente dalla civiltà, dalla religione e dal tipo di regime. Anzi quelli a rischio più immediato sono gli stessi paesi democratici occidentali poco cooperativi."
Se la sua analisi ha solo un qualche fondamento c'è poco da stare allegri; non è improbabile  un'intensificazione di tale folle strategia da parte di qualsiasi nuova amministrazione americana alle prese con crisi finanziaria e produttiva, da cui è indenne il solo comparto militare che occupa il 35% del mercato mondiale, passato, dal 2000 a oggi, da 23 a 140 miliardi di dollari. Gli States comunque non hanno  bisogno di destabilizzare l'Italia, ma di utilizzare l'Italia per destabilizzare l'Europa, possono stare tranquilli sulla sua volontà cooperativa; del resto, oltre alla massiccia presenza USA nel nostro territorio, abbiamo un'industria bellica, molto legata a quella americana, che fattura 17 mila milioni di euro e impiega 78 mila lavoratori! 
Chi ha bisogno di destabilizzare l'Italia è l'attuale governo italiano. Obiettivo:  sostituire definitivamente una democrazia sostanzialmente concertativa (dove il potere esecutivo è costretto a ricercare un certo consenso delle parti) con un altra basata sul principio del comando legittimato dalla "volontà popolare", il cui consenso viene costruito con mezzi mediatici. Se poi pensiamo che l'Italia è la più importante base militare USA in Europa e nel mediterraneo, si può anche ipotizzare che la politica di destabilizzazione del governo serva anche per sollecitare il Grande alleato a ripristinare la tacita e automatica esclusione delle sinistre dal potere, in vigore nella guerra fredda. Il governo nulla tralascia e utilizza prima di tutto la "disinformazione", nel senso tecnico-strategico: non avendo nemici alle frontiere sposta l'obiettivo sull' invasione degli immigrati clandestini e rom, contro i quali alimenta una fobia; l'Italia, dati ufficiali del Ministero degli Interni alla mano,  è uno dei paesi più sicuri d' Europa, la sua criminalità è almeno di un terzo inferiore a quella inglese per esempio, e la metà di quella francese, inoltre non è riconducibile agli immigrati, l'elevato numero di quelli arrestati è dovuto al fatto che, anche in questo settore, sono semplice manovalanza (M.I. Rapporto 2006 e Rapporto primo semestre 2008).
Questo però non viene pubblicizzato anzi gran parte della propaganda è imperniata sul "ridare" sicurezza ai cittadini che fino a qualche anno fa non ne sentiva il problema. Le forze dell'ordine assommano a 112 mila carabinieri, 105 mila poliziotti, 65 mila finanzieri eppure si armano i vigili urbani e si danno compiti di ordine pubblico ai sindaci e non solo! Si introduce come normale l'uso nelle strade dell'esercito vero e proprio che, presente in 15 paesi ben lontani dal nostro, dovrebbe aver ben altro da fare.  Pur mettendo in conto nel  governo, le nostalgie di alcuni, il razzismo e la cialtronaggine dei più, la mancanza del senso del bene comune e la piaggeria di tutti; l'indirizzo e i provvedimenti presi, il clima di intolleranza e insicurezza instaurato, perdono il loro carattere dissennato: seguendo nel nostro microcosmo un ben collaudato disegno globale servono da una parte a disarticolare la civile convivenza e dall'altra a fornire una struttura di protezione, solida e facilmente giustificabile, al colossale trasferimento di ricchezza sociale in atto nel nostro paese (in 10 anni sono stati spostati 4 punti), dai lavoratori a poche e ristrette baronie che potrebbero essere chiamate a risponderne da un momento all'altro. Il governo ha dimostrato più volte di voler mostrare i muscoli ma per ora ha dovuto sempre calmarsi: una cosa è destabilizzare il paese una cosa è incendiarlo, ha ancora molto lavoro da fare e anche noi.

GDL


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