Il generale Fabio Mini, già Capo di stato maggiore del
Comando NATO delle forze alleate del Sud Europa e ai vertici del
contingente interalleato in Kossovo, ben addentro alle "segrete
cose", in un suo recente studio (F. Mini, "Soldati" Torino
Einaudi 2008), da questa interpretazione della situazione e delle
strategie odierne: "Oggi non siamo in tempo di guerra [...] E', invece,
il tempo della guerra, perchè in questi ultimi anni essa
è diventata l'idea portante di ogni attività umana, di
ogni posizione politica, di ogni prospettiva futura. La guerra pervade
il pensiero e lo monopolizza. Invade la politica, la diplomazia,
assorbe l' economia e blocca ogni attività che non sia utile o
strumentale ad essa. [...] La guerra non si limita più ad
essere lo strumento o la prosecuzione della politica [...] ma ne
diventa la rivelazione, la giustificazione e persino la sostituzione.
Non è più neppure limitata e selettiva. Che sia
simmetrica ...[cioè nei rari casi di guerre tra stati] o
asimmetrica... [cioè nei casi di guerre preventive o contro i
terroristi o a sfondo etnico o di religione] è sempre
devastante. E' dominata dal principio dell'eccesso di potenza e di
capacità distruttiva [...]. Un eccesso che nel caso del
terrorismo tende ad amplificare l'effetto del terrore, mentre con la
guerra preventiva e tecnologica occidentale deve difendere l'uomo del
nostro tempo dalla ansia [...]. E allora la nostra guerra si rivolge
contro tutti gli estranei e viene spacciata per manifestazione di
civiltà.
Questo tempo della guerra durerà a lungo perchè la guerra
[...] favorita dalla strategia della paura, è ormai diventata un
condizionamento mentale collettivo. Una nuova droga e una nuova
schiavitù. [...] Alla guerra in Iraq e alla sua arte preventiva
va il primato [...] Dopo l'11 settembre si è avviata all'insegna
della paura e della menzogna a essa strumentale, una guerra
completamente diversa che nessuno era pronto ad affrontare. Sono stati
imposti i nemici, i teatri e i metodi, anche se era evidente che non
erano quelli giusti [... nel frattempo gli USA con] i loro
programmi militari vanno avanti come treni. Non riguardano una minaccia
comune, ma sono calibrati su una visione globale del potere militare
che nessuno degli alleati può avere [...]. Di fatto nessuno sta
combattendo il terrorismo, ma stiamo tutti contribuendo [...] a
realizzare un apparato di pressione militare e civile, palese e
occulto, per gestire un mondo volutamente destabilizzato su vari piani
e livelli [...] Il nuovo obiettivo è la frantumazione di
qualsiasi potere incompatibile con gli interessi dei grandi [...]. I
paesi a rischio di destabilizzazione e ingerenza sono tutti quelli
considerati non-cooperativi, indipendentemente dalla civiltà,
dalla religione e dal tipo di regime. Anzi quelli a rischio più
immediato sono gli stessi paesi democratici occidentali poco
cooperativi."
Se la sua analisi ha solo un qualche fondamento c'è poco da
stare allegri; non è improbabile un'intensificazione di
tale folle strategia da parte di qualsiasi nuova amministrazione
americana alle prese con crisi finanziaria e produttiva, da cui
è indenne il solo comparto militare che occupa il 35% del
mercato mondiale, passato, dal 2000 a oggi, da 23 a 140 miliardi di
dollari. Gli States comunque non hanno bisogno di destabilizzare
l'Italia, ma di utilizzare l'Italia per destabilizzare l'Europa,
possono stare tranquilli sulla sua volontà cooperativa; del
resto, oltre alla massiccia presenza USA nel nostro territorio, abbiamo
un'industria bellica, molto legata a quella americana, che fattura 17
mila milioni di euro e impiega 78 mila lavoratori!
Chi ha bisogno di destabilizzare l'Italia è l'attuale governo
italiano. Obiettivo: sostituire definitivamente una democrazia
sostanzialmente concertativa (dove il potere esecutivo è
costretto a ricercare un certo consenso delle parti) con un altra
basata sul principio del comando legittimato dalla "volontà
popolare", il cui consenso viene costruito con mezzi mediatici. Se poi
pensiamo che l'Italia è la più importante base militare
USA in Europa e nel mediterraneo, si può anche ipotizzare che la
politica di destabilizzazione del governo serva anche per sollecitare
il Grande alleato a ripristinare la tacita e automatica esclusione
delle sinistre dal potere, in vigore nella guerra fredda. Il governo
nulla tralascia e utilizza prima di tutto la "disinformazione", nel
senso tecnico-strategico: non avendo nemici alle frontiere sposta
l'obiettivo sull' invasione degli immigrati clandestini e rom, contro i
quali alimenta una fobia; l'Italia, dati ufficiali del Ministero degli
Interni alla mano, è uno dei paesi più sicuri d'
Europa, la sua criminalità è almeno di un terzo inferiore
a quella inglese per esempio, e la metà di quella francese,
inoltre non è riconducibile agli immigrati, l'elevato numero di
quelli arrestati è dovuto al fatto che, anche in questo settore,
sono semplice manovalanza (M.I. Rapporto 2006 e Rapporto primo semestre
2008).
Questo però non viene pubblicizzato anzi gran parte della
propaganda è imperniata sul "ridare" sicurezza ai cittadini che
fino a qualche anno fa non ne sentiva il problema. Le forze dell'ordine
assommano a 112 mila carabinieri, 105 mila poliziotti, 65 mila
finanzieri eppure si armano i vigili urbani e si danno compiti di
ordine pubblico ai sindaci e non solo! Si introduce come normale l'uso
nelle strade dell'esercito vero e proprio che, presente in 15 paesi ben
lontani dal nostro, dovrebbe aver ben altro da fare. Pur mettendo
in conto nel governo, le nostalgie di alcuni, il razzismo e la
cialtronaggine dei più, la mancanza del senso del bene comune e
la piaggeria di tutti; l'indirizzo e i provvedimenti presi, il clima di
intolleranza e insicurezza instaurato, perdono il loro carattere
dissennato: seguendo nel nostro microcosmo un ben collaudato disegno
globale servono da una parte a disarticolare la civile convivenza e
dall'altra a fornire una struttura di protezione, solida e facilmente
giustificabile, al colossale trasferimento di ricchezza sociale in atto
nel nostro paese (in 10 anni sono stati spostati 4 punti), dai
lavoratori a poche e ristrette baronie che potrebbero essere chiamate a
risponderne da un momento all'altro. Il governo ha dimostrato
più volte di voler mostrare i muscoli ma per ora ha dovuto
sempre calmarsi: una cosa è destabilizzare il paese una cosa
è incendiarlo, ha ancora molto lavoro da fare e anche noi.
GDL