"Basi sì, ma tra morosi" è una delle scritte che si
leggono per le strade della città. Trento come Vicenza. La
protesta contro la costruenda base militare di Matterello accomuna
contadini e anarchici, il comitato di quartiere e il centro sociale
"Bruno", Italia nostra e il pacifismo cattolico, tutti convinti che
l'esercito rappresenti una realtà inutile, dannosa e pericolosa.
Inquadriamo innanzitutto la vicenda. Da anni si vocifera di una base
militare da realizzare a Mattarello, sobborgo a sud di Trento. Da
qualche mese l'ipotesi è diventata purtroppo una realtà.
Un accordo fra Provincia (qui molto potente) e ministero della difesa
ha previsto un notevole scambio di terreni: lo Stato cede alla
Provincia gli spazi occupati dalle vecchie caserme (l'intenzione
è quella di costruirvi il nuovo ospedale) e in cambio ottiene
circa 30 ettari di terreno agricolo per la realizzazione di una base
militare. Il progetto comprende una zona definita "sensibile" –
cioè segreta – e un'altra con alloggi per i militari, sala
convegni, cinema, campi sportivi. Pare invece definitivamente
tramontata l'ipotesi di costruire un eliporto (ma vicino alla base vi
è già l'aeroporto). Si prevede che la cittadella
sarà occupata da 1.600 soldati con le famiglie. Negli anni il
costo complessivo è lievitato dagli iniziali 65 milioni agli
attuali 196 milioni di euro; e non è finita.
La base militare verrà realizzata in un terreno agricolo
coltivato a vite e alberi da frutta che dà lavoro ad alcune
decine di persone che in futuro rimarranno prive di risorse. Si deve
aggiungere che la campagna si trova vicino al fiume Adige ed è
particolarmente delicata sul piano idrogeologico tanto da essere
frequentemente bisognosa di interventi di bonifica. Il rischio
ambientale appare dunque notevole, aggravato dal fatto che i
progettisti hanno deciso di alzare il terreno con un massiccio apporto
di materiale. L'attuale sistema delle rogge per il drenaggio delle
acque sarà totalmente sconvolto, con un prevedibile pericolo di
allagamenti.
Lo sfregio ecologico e il consistente costo economico non hanno
peraltro messo in secondo piano l'aspetto militare. Una presenza
così massiccia di soldati viene infatti rifiutata da una
popolazione che dedica tempo e impegno a promuovere la cultura della
pace. Contro la base militare si sono schierati gli abitanti di
Mattarello, associazioni ambientaliste e contadine, il centro sociale
"Bruno" e il gruppo anarchico di Rovereto. La protesta è vissuta
fra assemblee autoconvocate, volantinaggi, presidi, blocchi stradali,
irruzioni durante le sedute dei consigli comunali e circoscrizionali.
Più volte sono stati interrotti i primi lavori di sbancamento,
con invasione della vicina statale del Brennero. Si contesta la
militarizzazione della città legata al concetto di
professionalizzazione dell'esercito e di nuovo modello di difesa, la
segretezza che avvolge alcuni aspetti finora poco chiari (di che
nazionalità saranno i militari? Quali armamenti saranno
contenuti nella base?), il rischio di trasformare Trento in un
bersaglio di azioni terroristiche e di rappresaglia, la totale assenza
di partecipazione popolare nella scelta, la speculazione immobiliare
sottesa allo scambio fra Stato e Provincia.
La mobilitazione ha subito trovato forti collegamenti con l'analoga
contestazione alla base militare di Vicenza. "No Dal Molin" si è
prontamente affiancato a "No Mattarello". Non solo: importanti contatti
sono stati realizzati con i compagni che lottano contro la Tav in
Piemonte (in Trentino Alto Adige è infatti in programma la
costruzione del tunnel di base che cambierà il percorso della
linea ferroviaria del Brennero, con i medesimi rischi che si corrono in
val di Susa) e con quelli che – in tutta Italia – si oppongono alla
realizzazione degli inceneritori (a nord di Trento ne sarà
costruito uno che produrrà un grave inquinamento). Proteste che
hanno in parte risvegliato una città solitamente addormentata
dai soldi di cui dispone la Provincia autonoma e che si sono
prontamente legate alle contestazioni promosse dagli studenti
universitari contro i tagli decisi dal nefasto duo Tremonti-Gelmini.
"No alla militarizzazione del territorio" è un obiettivo sempre
più diffuso e radicato nel tessuto sociale cittadino.
Paolo