Umanità Nova, n.35 del 2 novembre 2008, anno 88

L'agitazione nella scuola-1


Trieste: scuola e università in subbuglio

È stata una settimana intensa quella appena trascorsa per le scuole superiori e l'università a Trieste.
Da lunedì 20 ottobre quasi tutti gli istituti superiori della città sono entrati in agitazione: in sette scuole gli studenti hanno occupato ma in sei di esse i presidi hanno chiesto l'intervento immediato della polizia (a Trieste ciò non era quasi mai accaduto prima), costringendo di fatto gli studenti a fare marcia indietro. Nonostante ciò in molte scuole sono iniziate ugualmente autogestioni e assemblee permanenti per discutere del decreto Gelmini ed elaborare documenti di analisi e critica.
Anche molti insegnanti, soprattutto precari ma non solo, stanno portando avanti varie forme di lotta contro il decreto e in generale contro le politiche governative riguardo all'istruzione: a settembre è nato il Comitato in difesa della scuola pubblica, che ha già promosso diverse iniziative.
L'università triestina invece si è svegliata tardi rispetto ad altri atenei italiani, ma è stato un risveglio in grande stile: mercoledì un'assemblea organizzata per discutere della legge 133 e dei tagli alla ricerca, con la presenza anche del rettore, ha visto la partecipazione di più di duemila studenti, al punto che dall'aula magna, rivelatasi troppo piccola, è stata spostata nel cortile antistante l'istituto. Dopo un lungo dibattito è stato deciso di iniziare la mobilitazione, anche se né l'occupazione né il blocco della didattica sono stati presi in considerazione come forme di protesta. Subito dopo l'assemblea è partito un corteo spontaneo di 300 persone che ha sfilato in centro è si è concluso con una nuova assemblea , che ha visto la partecipazione anche di alcuni insegnanti, i quali hanno tenuto lezioni simboliche al megafono. Ma il giorno clou è stato sicuramente quello di sabato, quando era in programma un corteo di tutte le scuole triestine, a cui anche gli universitari hanno aderito. La partecipazione è andata al di là delle aspettative più ottimiste: più di diecimila (c'è chi dice quindicimila…) manifestanti, tra studenti delle elementari, delle superiori e dell'università, insegnanti, genitori… una marea umana che ha bloccato la città per tre ore. Ad aprire il corteo c'erano bambini/e e maestri/e delle elementari, poi gli studenti delle superiori e dell'università, mentre altri insegnanti, professori e professoresse erano sparsi per il corteo. Tanti striscioni e cartelli, sia contro la Gelmini che contro la legge 133. Per scelta degli organizzatori non era presente nessuna bandiera di partito (le uniche bandiere presenti erano infatti quelle rossonere portate da alcuni compagni); scelta comprensibilmente dettata dal bisogno – molto sentito – di non essere etichettati, ma comunque una scelta che marca, insieme ad altri segnali, una mancanza piuttosto evidente di coscienza politica – e questo si fa notare soprattutto negli studenti universitari – che caratterizza negativamente una lotta che invece, sotto molti altri aspetti, è sicuramente positiva. Il fatto che non sia l'assenza di bandiere ad un corteo a far sì che il movimento sia autonomo e immune da derive istituzionali non pare avere molta rilevanza. E infatti una parte di coloro che guidano la protesta – almeno a livello universitario  – sono legati alla sinistra istituzionale accademica e ovviamente sono i più contrari alle proposte più radicali, come l'occupazione. In ogni caso la manifestazione di sabato deve dare benzina ad una lotta che può durare ancora a lungo e dare ancora molto filo da torcere al governo. Per quanto riguarda l'università sono in programma assemblee in molte facoltà e un nuovo grande incontro martedì 28. La scuola è ancora in movimento, e sicuramente gli studenti non hanno intenzione di acquietarsi.
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raffaele

Bologna: "non ci fermerete"

Anche a Bologna il clima è mutato. Senti di lontano un vociare confuso, ti avvicini, ed è una manifestazione spontanea di studenti che va a zonzo per la città, senza nessuna autorizzazione o preavviso. Nella città dei divieti cofferatiani, certo è un fatto nuovo. Allo stesso modo, straordinaria è stata la "notte bianca" del 15 ottobre che – dopo le grandi manifestazioni del 26 settembre e del 10 ottobre – ha coinvolto tantissime scuole, e non solo a Bologna, ma nella periferia, in provincia, nei paesini di montagna, con cortei, "passeggiate di quartiere", concerti, spettacoli in piazza, conferenze, letture, assemblee. Le scuole elementari e medie sono oggi la roccaforte di questa protesta autorganizzata, diffusa e "dal basso": «non ci fermeremo». Ma ampie sono state anche le mobilitazioni nei licei con una decina di occupazioni, con sit-in, lezioni in piazza, cortei. Non sono mancate anche le intimidazioni: all'Istituto tecnico-agrario "Serpieri" la preside ha minacciato la bocciatura di massa per chi occupava e la polizia, giunta poco dopo, ha sfoderato le manette in dotazione e minacciato denunce. Ma questo è un movimento capace di sottrarsi alle provocazioni e di aggirare gli ostacoli.
Più lenta a muoversi pare invece l'Università. È stata occupata Lettere e Filosofia dapprima il 15 e poi, in modo più partecipato, dal 20 ottobre, con il coinvolgimento anche di ricercatori, assegnisti, dottorandi, personale tecnico-amministrativo e precari. Parallelamente, altre facoltà hanno promosso assemblee e autogestioni (come a Scienze Politiche). Martedì 21 il riuscito "assedio al Rettorato" – in occasione della fine dell'anno accademico – si è concluso con un corteo di quattromila studenti che ha percorso le strade cittadine, occupando simbolicamente i primi binari della Stazione centrale. Venerdì 24, durante l'assemblea di Ateneo nell'Aula magna di Santa Lucia, studenti, precari e docenti hanno preso la parola contro la legge n. 133/08 per ribadire che «Noi la crisi non la paghiamo». Tuttavia il rettore Calzolari non ha preso posizione rispetto alle richieste di studenti e precari, mentre bordate di fischi si sono levate contro i rappresentanti studenteschi di Student Office (Comunione e Liberazione) e Azione Universitaria (AN). Subito dopo, un corteo spontaneo di un migliaio di studenti ha portato la protesta nelle strade del centro fino alla facoltà di Scienze Politiche in autogestione, dove campeggiava lo striscione «Tremonti Gelmini Brunetta – non sapete l'autunno che v'aspetta». Anche qui le provocazioni non sono mancate: la Digos, presente in forze, ha mostrato un certo nervosismo sia durante l'assemblea che in corteo (in Aula magna non si è fatta scrupolo di entrare, controllare, origliare: come se la presenza della polizia all'università fosse normale); e a Scienze Politiche un infiltrato, forse un poliziotto, ha divelto un lavandino nei bagni e si è allontanato.
Intanto, dopo la grande manifestazione del 17, a Bologna si discute la possibilità di un corteo trasversale per il 30 ottobre, "dalla materna all'università", in modo da raccogliere tutti i diversi soggetti che animano la protesta. Resta il fatto che la forza di questo movimento risiede nella sua diffusione sul territorio, nella sua capacità di contagio, nella sua imprevedibilità, nella sua voglia di autonomia dalle decrepite istituzioni che pretendono di governarci.
E che il clima a Bologna sia cambiato lo dimostra anche una singolare manifestazione che si prepara per lunedì 27: contro la chiusura anticipata del bar Aldrovandi, noto ritrovo studentesco coinvolto dal "coprifuoco" di Cofferati. Alle 18 il corteo – che si annuncia assai partecipato – partirà da Piazza Aldrovandi per arrivare sotto le finestre di Palazzo d'Accursio, in contemporanea alla seduta del Consiglio comunale.
Redb

Ravenna: occupazioni e cortei

Nel capoluogo romagnolo la protesta degli studenti contro la riforma Gelmini è cominciata sabato 11 ottobre, in occasione dell'inaugurazione di un nuovo polo scolastico a cui avrebbe dovuto partecipare il ministro stesso. Lei non si è vista (stesso forfait dell'ultimo minuto accaduto a Pisa, due giorni prima), ma gli studenti delle scuole superiori hanno ugualmente trovato il momento giusto per unirsi ed avviare il dibattito sulla protesta che ha portato alle attuali occupazioni in quasi tutti gli istituti. Poco tempo dopo, venerdì 17 ottobre, una manifestazione assembleare studentesca con più di 300 presenze, svolta nella centrale Piazza del Popolo, ha contribuito ulteriormente all'aggregazione dei  giovani che nel giro di pochi giorni hanno iniziato congiuntamente il loro percorso di lotta: lunedì 20 ottobre il liceo artistico e l'istituto per il mosaico hanno occupato, seguiti il giorno dopo dal classico e dallo scientifico. Il giorno seguente, mercoledì 22, anche gli studenti di ragioneria e dell'istituto Olivetti hanno scelto di occupare, mentre giovedì 23 è stato il turno della scuola professionale Callegari e dei geometri. Sabato 25 invece, un lungo corteo partito dal liceo classico è terminato davanti all'istituto tecnico industriale per occupare anche quella sede.
A Ravenna non si vedeva un movimento studentesco di queste proporzioni da lungo tempo, non solo per il numero delle scuole coinvolte, ma anche nell'organizzazione e nella partecipazione: ogni giorno centinaia di giovani sono presenti alle iniziative autogestite che si svolgono nei locali delle scuole (si sono affrontati dibattiti, tra l'altro, sui G8, sul '68 e sul razzismo) ed un collettivo spontaneo composto dai membri di ogni scuola si riunisce quotidianamente. Inoltre, in diversi istituti è allestita un "aula d'informazione" dove trovare giornali e materiali vari sulla riforma e sul nuovo movimento studentesco in formazione. Negli ultimi giorni si anche assistito ad un avvicinamento tra questi studenti e quelli dell'Accademia delle Belle Arti, anch'essa occupata da circa una settimana per evitarne la chiusura decisa dal Comune di Ravenna.
Da notare purtroppo anche l'interessamento dei soliti sciacalli di PD e PDL, che a più riprese stanno tentando di entrare nelle scuole e nelle teste di questi giovani: sabato 25 un banchetto di Forza Italia davanti al Liceo Classico, carico di bandiere e provocazioni, è terminato a schiaffi.
Luca

Milano: ha iniziato la Statale

La mobilitazione a Milano ha faticato a decollare ma adesso sembra aver preso la piega giusta. I primi a muoversi sono stati gli studenti della Statale irrompendo durante una seduta del senato accademico per chiedere che il rettore Decleva (presidente dell'assemblea dei rettori d'Italia) prendesse una posizione chiara e netta sui tagli e sulla riforma. Molto partecipata la manifestazione del 17 ottobre (almeno 10000 fra studenti medi ed universitari) hanno sfilato per ore per le vie di Milano e occupando in serata la facoltà di scienze politiche. Sempre gli studenti della Statale, dopo gli stati generali d'ateneo tenutisi il 21 ottobre, sono scesi in corteo spontaneo con più di 2000 partecipanti, arrivando fino in alla stazione di Cadorna nel tentativo di  bloccare i binari; lì la risposta dello Stato non si è fatta attendere con tre compagni che sono dovuti ricorrere alle cure mediche. Gli altri atenei milanesi pubblici, Politecnico e Bicocca, dove prima della manifestazione non erano presenti collettivi studenteschi ma solo liste di rappresentanza, si stanno iniziando a muovere proprio in questi giorni: positivo il fatto che in entrambi gli atenei i rappresentanti degli studenti sono stati messi in minoranza dagli studenti che si stanno autorganizzando e che stanno creando collettivi autogestiti ed autonomi dalle rappresentanze.Sono state recepite molto positivamente dalla cittadinanza, come dagli studenti e da tutte le altre categorie scolastiche, le lezioni tenute in piazza Duomo (altre si stanno organizzando in stazione Centrale) che sono state un bel momento per vivere la cultura al di fuori dei luoghi dove normalmente è segregata. Più modesta la partecipazione delle scuole superiori, anche se per la manifestazione del 30 si prevede una massiccia presenza, anche degli insegnanti, e molte occupazioni ed autogestioni sono in fase di organizzazione. La sfida più interessante in questo momento (recepita per ora solo da una piccola minoranza) è quella di non circoscrivere la mobilitazione solamente sulla singola questione di questa riforma, ma di spostare il dibattito dal "siamo contro questa riforma" al "siamo contro questo modello di istruzione" (e magari anche contro questo modello di società). Insomma il lavoro da fare è ancora tanto, ma il momento è eccellente e tutto fa presagire che ci sarà spazio anche per fare qualcosa di costruttivo oltre a pronunciare i vari "contro". Anche per questo con vari compagni studenti abbiamo deciso di costituire un collettivo anarchico che faccia sentire la voce e le proposte libertarie all'interno del movimento studentesco (e non solo).
F. Sala

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