L'utilizzo politico della storia non è certo una circostanza
inedita, ma talvolta colpisce il variare di tale interpretazione di
parte, sino a giungere ad esiti contraddittori che rasentano il
paradosso. Una delle pagine più trascurate, mistificate, eluse e
indebitamente appropriate della storia italiana è senz'altro
quella riguardante l'occupazione della città di Fiume ed il suo
principale regista, scenografo e primo attore, Gabriele D'Annunzio.
Infatti, pur trattandosi di un fatto avvenuto quasi un novantennio fa e
di durata limitata (settembre 1919 – dicembre 1920), negli ultimi anni
si sta assistendo ad una sua "riscoperta" da parte degli studiosi e ad
una sua valorizzazione politico-culturale a destra come a sinistra.
Persino giornalisti schierati con la destra di governo hanno riletto
positivamente il D'Annunzio fuori dalle norme, attraverso la biografia
scritta da Giordano Bruno Guerri, arrivando ad esaltare l'impresa di
Fiume quale antesignana del '68, come arditamente sostenuto da
Giampiero Mughini sul settimanale berlusconiano Panorama.
Le ragioni del potere seduttivo esercitato da quella esperienza su
diversi immaginari e diverse teorie appaiono legate alla figura di un
personaggio controverso e sopravvalutato politicamente quale fu
D'Annunzio; ma anche alle diverse stagioni vissute dall'occupazione
legionaria della "città redenta", inizialmente nata sotto le
bandiere tricolori del nazionalismo, quindi sviluppatasi come "centro
spirituale di tutte le ribellioni dei popoli contro l'ingiustizia" e
alla fine repressa dalle truppe governative in quanto ritenuta un
pericoloso focolaio di sovversione antinazionale.
Nonostante che all'epoca, esponenti del movimento operaio quali Lenin,
Barbusse, Malatesta, Gramsci e Bordiga avessero dimostrato il loro
interesse per la situazione rivoluzionaria determinatasi a Fiume, da
sinistra per decenni si è invece voluto liquidare la parentesi
fiumana come l'anticipazione della Marcia su Roma che portò
Mussolini al potere, regalando alla destra l'eredità di una
rivolta che in realtà non solo non era assimilabile al fascismo
ma pure fortemente concorrenziale e antagonista ad esso.
Il fascismo, da parte sua, pur facendo propri slogan dannunziani quali
il Me ne frego e l'Eja Eja alalà, si sarebbe ben guardato da
riproporre durante il regime quel "disordine morale e sociale" che
contraddistinse il vivere a Fiume in quei mesi comunque fuori
dall'ordinario.
Negli ultimi tempi, invece, si assiste ad una strana competizione tra
destra e sinistra nel pescare elementi –soprattutto se ricchi di
suggestioni trasgressive o esteticamente accattivanti- da riciclare
nell'invenzione di presunti nuovi orizzonti post-ideologici, tanto
più che proprio a D'Annunzio è attribuita la
paternità dell'espressione oggi assai di moda "al di là
della destra e della sinistra".
In verità, se è vero che il porto istriano vide affluirvi
soggetti politicamente eterogenei e subì l'influenza di diverse
correnti di pensiero, fu tutt'altro che un idilliaco territorio neutro
o una "zona ideologicamente liberata"; ma anzi conobbe proprio per
questo aspri conflitti interni e scontri, tutt'altro che metaforici,
tra le diverse convinzioni e culture di riferimento dei protagonisti.
Basta scorrere le cronache del periodo per ritrovare dentro quello
spazio presenze del tutto antitetiche: militari e antimilitaristi,
monarchici e repubblicani, futuristi e romantici decadenti,
conservatori e rivoluzionari, italiani e slavi, borghesi e operai,
patrioti e internazionalisti, fascisti e futuri arditi del popolo.
Queste "anime" non potevano convivere pacificamente ed infatti alcune
furono costrette a lasciare la Repubblica del Carnaro. Per primi
vennero cacciati i reali carabinieri, seguiti da alcuni reparti
dell'esercito i cui ufficiali non intendevano tradire il giuramento di
fedeltà alla monarchia sabauda; ma vennero pure allontanati
futuristi di primo piano come Marinetti e Vecchi.
D'altro canto, se lo Stato Libero di Fiume fu il primo stato europeo a
riconoscere diplomaticamente l'Unione Sovietica e se la Carta del
Carnaro, tracciata dal sindacalista rivoluzionario De Ambris,
prospettò un'organizzazione sociale avanzata, con impostazione
laica e collettivista, è altresì innegabile che il
Consiglio nazionale fiumano si rese responsabile di misure antioperaie
e antisciopero, culminate nell'aprile 1920 con l'arresto di 500
attivisti sindacali e la chiusura delle Sedi Riunite, ossia della
locale Camera del Lavoro, eseguita dopo relativo saccheggio da parte di
carabinieri, agenti della Questura (tutt'altro che abolita) e legionari
nelle vesti di sbirri.
Inoltre, i collegamenti col movimento anarchico che aveva solidarizzato
con l'insurrezione a Fiume (da dove Randolfo Vella svolse il compito di
reporter per Umanità Nova) si fermarono dopo che, nel giugno
1920, D'Annunzio dichiarò che avrebbe considerato alla stregua
di disertori gli Arditi ammutinatisi a Trieste contro l'ordine di
essere spediti ad occupare l'Albania, e fatto loro sparare nel caso
avessero riparato a Fiume.
Ma se questi avvenimenti definirono la distanza tra l'informale potere
oligarchico dominante a Fiume e la sinistra di classe, non meno marcate
furono quelle che opposero il "fiumanesimo" al fascismo e a Mussolini,
accusati entrambi di essere rimasti alla finestra mentre, nei giorni
del Natale di Sangue, le navi governative bombardavano la città
e le truppe regolari portavano a termine l'accerchiamento ordinato da
Giolitti.
A rendere ancora più risibile l'attuale rivisitazione di Fiume
da parte dell'estrema destra, da sempre dedita al recupero anche dei
simboli e delle parole d'ordine del futurismo e dell'arditismo, risulta
l'evidente stridere tra la "normalità" vigente nelle odierne
"occupazioni non conformi" della destra antisistema e la realtà
della Libera Comune di Fiume che vedeva il superamento delle
nazionalità, il riconoscimento della parità assoluta tra
i sessi, la dichiarata libertà di pensiero, religione e
divorzio; nonché la palese accettazione di comportamenti (amore
libero, uso di sostanze stupefacenti, omosessualità,
travestitismo…) ancora oggi giudicati come inconciliabili con l'essere
fascista.
La storia però, anche in questo caso, oppone resistenza.
emmerre
Alcuni riferimenti bibliografici:
- Renzo De Felice, D'Annunzio politico 1918-1938, Laterza;
- Ferdinando Cordova, Arditi e Legionari dannunziani, Marsilio;
- Michael A. Ledeen, D'Annunzio a Fiume, Laterza;
- Antonio Spinosa, D'Annunzio. Il poeta armato, Mondadori;
- Claudia Salaris, Alla festa della rivoluzione, Il Mulino.