Umanità Nova, n.37 del 16 novembre 2008, anno 88

A sinistra e a destra di Fiume


L'utilizzo politico della storia non è certo una circostanza inedita, ma talvolta colpisce il variare di tale interpretazione di parte, sino a giungere ad esiti contraddittori che rasentano il paradosso. Una delle pagine più trascurate, mistificate, eluse e indebitamente appropriate della storia italiana è senz'altro quella riguardante l'occupazione della città di Fiume ed il suo principale regista, scenografo e primo attore, Gabriele D'Annunzio. Infatti, pur trattandosi di un fatto avvenuto quasi un novantennio fa e di durata limitata (settembre 1919 – dicembre 1920), negli ultimi anni si sta assistendo ad una sua "riscoperta" da parte degli studiosi e ad una sua valorizzazione politico-culturale a destra come a sinistra.
Persino giornalisti schierati con la destra di governo hanno riletto positivamente il D'Annunzio fuori dalle norme, attraverso la biografia scritta da Giordano Bruno Guerri, arrivando ad esaltare l'impresa di Fiume quale antesignana del '68, come arditamente sostenuto da Giampiero Mughini sul settimanale berlusconiano Panorama.  
Le ragioni del potere seduttivo esercitato da quella esperienza su diversi immaginari e diverse teorie appaiono legate alla figura di un personaggio controverso e sopravvalutato politicamente quale fu D'Annunzio; ma anche alle diverse stagioni vissute dall'occupazione legionaria della "città redenta", inizialmente nata sotto le bandiere tricolori del nazionalismo, quindi sviluppatasi come "centro spirituale di tutte le ribellioni dei popoli contro l'ingiustizia" e alla fine repressa dalle truppe governative in quanto ritenuta un pericoloso focolaio di sovversione antinazionale.
Nonostante che all'epoca, esponenti del movimento operaio quali Lenin, Barbusse, Malatesta, Gramsci e Bordiga avessero dimostrato il loro interesse per la situazione rivoluzionaria determinatasi a Fiume, da sinistra per decenni si è invece voluto liquidare la parentesi fiumana come l'anticipazione della Marcia su Roma che portò Mussolini al potere, regalando alla destra l'eredità di una rivolta che in realtà non solo non era assimilabile al fascismo ma pure fortemente concorrenziale e antagonista ad esso.
Il fascismo, da parte sua, pur facendo propri slogan dannunziani quali il Me ne frego e l'Eja Eja alalà, si sarebbe ben guardato da riproporre durante il regime quel "disordine morale e sociale" che contraddistinse il vivere a Fiume in quei mesi comunque fuori dall'ordinario. 
Negli ultimi tempi, invece, si assiste ad una strana competizione tra destra e sinistra nel pescare elementi –soprattutto se ricchi di suggestioni trasgressive o esteticamente accattivanti- da riciclare nell'invenzione di presunti nuovi orizzonti post-ideologici, tanto più che proprio a D'Annunzio è attribuita la paternità dell'espressione oggi assai di moda "al di là della destra e della sinistra".
In verità, se è vero che il porto istriano vide affluirvi soggetti politicamente eterogenei e subì l'influenza di diverse correnti di pensiero, fu tutt'altro che un idilliaco territorio neutro o una "zona ideologicamente liberata"; ma anzi conobbe proprio per questo aspri conflitti interni e scontri, tutt'altro che metaforici, tra le diverse convinzioni e culture di riferimento dei protagonisti.
Basta scorrere le cronache del periodo per ritrovare dentro quello spazio presenze del tutto antitetiche: militari e antimilitaristi, monarchici e repubblicani, futuristi e romantici decadenti, conservatori e rivoluzionari, italiani e slavi, borghesi e operai, patrioti e internazionalisti, fascisti e futuri arditi del popolo.
Queste "anime" non potevano convivere pacificamente ed infatti alcune furono costrette a lasciare la Repubblica del Carnaro. Per primi vennero cacciati i reali carabinieri, seguiti da alcuni reparti dell'esercito i cui ufficiali non intendevano tradire il giuramento di fedeltà alla monarchia sabauda; ma vennero pure allontanati futuristi di primo piano come Marinetti e Vecchi.
D'altro canto, se lo Stato Libero di Fiume fu il primo stato europeo a riconoscere diplomaticamente l'Unione Sovietica e se la Carta del Carnaro, tracciata dal sindacalista rivoluzionario De Ambris, prospettò un'organizzazione sociale avanzata, con impostazione laica e collettivista, è altresì innegabile che il Consiglio nazionale fiumano si rese responsabile di misure antioperaie e antisciopero, culminate nell'aprile 1920 con l'arresto di 500 attivisti sindacali e la chiusura delle Sedi Riunite, ossia della locale Camera del Lavoro, eseguita dopo relativo saccheggio da parte di carabinieri, agenti della Questura (tutt'altro che abolita) e legionari nelle vesti di sbirri.
Inoltre, i collegamenti col movimento anarchico che aveva solidarizzato con l'insurrezione a Fiume (da dove Randolfo Vella svolse il compito di reporter per Umanità Nova) si fermarono dopo che, nel giugno 1920, D'Annunzio dichiarò che avrebbe considerato alla stregua di disertori gli Arditi ammutinatisi a Trieste contro l'ordine di essere spediti ad occupare l'Albania, e fatto loro sparare nel caso avessero riparato a Fiume.
Ma se questi avvenimenti definirono la distanza tra l'informale potere oligarchico dominante a Fiume e la sinistra di classe, non meno marcate furono quelle che opposero il "fiumanesimo" al fascismo e a Mussolini, accusati entrambi di essere rimasti alla finestra mentre, nei giorni del Natale di Sangue, le navi governative bombardavano la città e le truppe regolari portavano a termine l'accerchiamento ordinato da Giolitti.
A rendere ancora più risibile l'attuale rivisitazione di Fiume da parte dell'estrema destra, da sempre dedita al recupero anche dei simboli e delle parole d'ordine del futurismo e dell'arditismo, risulta l'evidente stridere tra la "normalità" vigente nelle odierne "occupazioni non conformi" della destra antisistema e la realtà della Libera Comune di Fiume che vedeva il superamento delle nazionalità, il riconoscimento della parità assoluta tra i sessi, la dichiarata libertà di pensiero, religione e divorzio; nonché la palese accettazione di comportamenti (amore libero, uso di sostanze stupefacenti, omosessualità, travestitismo…) ancora oggi giudicati come inconciliabili con l'essere fascista.
La storia però, anche in questo caso, oppone resistenza.

emmerre


Alcuni riferimenti bibliografici:
- Renzo De Felice, D'Annunzio politico 1918-1938, Laterza;
- Ferdinando Cordova, Arditi e Legionari dannunziani, Marsilio;
- Michael A. Ledeen, D'Annunzio a Fiume, Laterza;
- Antonio Spinosa, D'Annunzio. Il poeta armato, Mondadori;
- Claudia Salaris, Alla festa della rivoluzione, Il Mulino.

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