Umanità Nova, n.37 del 16 novembre 2008, anno 88

Cartolina metropolitana. Aria nuova per le strade


Sarà un'impressione, ma c'è un'aria nuova, un fatto inedito: la gente si parla, ne ha come bisogno. A notte fonda aspettavo l'autobus in una strada deserta di periferia. Arriva una bella ragazza nera in jeans e maglione grigio che passeggia nervosamente davanti alla fermata sibilando sottovoce: «Maschi di merda!». Dopo un po' azzardo un «Saprebbe l'ora, per favore?», e lei inizia a raccontarmi la propria vita: non ha né casa né soldi, si è invaghita di uno spacciatore magrebino ventenne, così per ogni notte hanno concordato la tariffa di 10 euro («se non lavoro, devo pur mangiare, no?»), ma l'altra sera gliene ha dati solo cinque («ha detto che puzzavo»), e adesso – fatto l'amore – l'ha cacciata fuori di casa nel cuore della notte dicendo, per giunta, di non aver denaro e di non farsi più vedere. «Ma prima, quando è andato in bagno, gli ho guardato in tasca e aveva centinaia di euro. Che stronzo! Avrei dovuto prendergli 100 euro!». Arriva l'autobus, ci sediamo e lei continua a descrivermi una galleria di amori, delusioni, angherie, sesso, maschi spregevoli e sbrigativi: «capisci, gliela davo gratis e non mi ha fatto venire nemmeno una volta». Parla a voce alta, sorride, e tutti ci guardano. «Mi meriterei di meglio, ma non ho fortuna». Sto pensando – stupidamente – se non sia ambiguo dargli i 10 euro che ho in tasca, quando l'autobus si ferma sui viali, le porte si aprono e lei si alza d'improvviso e salta giù: «Qui 20 euro li rimedio di sicuro». Mi affaccio sulla porta per gridargli «Buona fortuna», e lei dice «Grazie, anche a te», e sparisce nel buio. Giunti in centro, vengo sottratto ai miei pensieri dalle note limpide e malinconiche di un sassofono. In mezzo alla strada c'è gente che si muove, balla. A sorpresa, l'autista ferma l'autobus, spegne il motore e apre le porte. Scendiamo. Senza auto che passano, la via ha l'acustica magica di un teatro. Poco dopo si risale e si riparte. Solo qualche settimana fa ognuno vedeva negli altri un ostacolo. Un autista si sarebbe subito spazientito. Oggi sappiamo che gli altri sono la nostra forza, la nostra memoria.

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