"La vita pubblica italiana
rassomiglia molto a una rappresentazione teatrale: i produttori e i
registi sono celati agli occhi della platea, mentre gli attori recitano
secondo il desiderio e le fantasie del pubblico".
(M. A. Ledeen)
Non si può certo dire che negli ultimi tempi Cossiga abbia
tenuto un basso profilo, superando persino se stesso nelle
provocazioni, nelle allusioni, nelle operazioni più torbide che
da un lato sono state accolte come involuzioni senili e da un altro
sono apparse un vero specchietto per le allodole della sinistra
politica, che non si è minimamente interrogata sul loro
effettivo senso.
L'ex-presidente gladiatore ha iniziato il 23 ottobre con una specie di
vademecum che purtroppo nel '77 venne davvero attuato, costando la vita
a Giorgiana Masi: "Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero
ministro degli Interni. Ritirare le forze di polizia dalle strade e
dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori
pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti
devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco
le città.
Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle
ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e
carabinieri.
Le forze dell'ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza
pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto
poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma
picchiarli a sangue e picchiare a sangue anche quei docenti che li
fomentano. Soprattutto i docenti.
Non quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende
conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono
insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un
atteggiamento criminale!".
A sinistra e nei movimenti, tutti gridano al complotto, ritornano con
la mente a Genova e al pericolo costituito da possibili infiltrazioni;
eppure sarebbe il caso di chiedersi a chi giovi un simile can-can dato
che per certe operazioni coperte un simile clamore è del tutto
controproducente e sfavorevole ad un governo che vuole metterle in atto.
Pochi giorni dopo, il 29 ottobre, in senato, dove si era recato per
votare a favore del decreto Gelmini, l'ex presidente con la K rincara
la dose sempre ricordando i fasti settantasettini: "Quando ho fatto
picchiare a sangue gli studenti che avevano contestato Lama, il gruppo
del Pci in piedi in aula mi ha tributato un unanime applauso, ma erano
i tempi di Berlinguer, non di Walter Veltroni, di Natta e non di Franco
Marini. Erano i tempi del glorioso Partito Comunista". Passano pochi
giorni e il 3 novembre aggiunge: "In questi giorni in cui molto si
discute di manifestazioni e di ordine pubblico, debba rendersi onore a
quei giovani comunisti che negli anni di piombo accettarono di
dimettersi dal loro partito per essere poi infiltrati a Bologna nei
movimenti studenteschi e in Autonomia".
Ancora pochi giorni e l'8 novembre arriva una nuova esternazione con
annessi suggerimenti, non richiesti, al capo della polizia Antonio
Manganelli: "Serve una vittima e poi si potranno usare le maniere forti
(...) l'ideale sarebbe che di queste manifestazioni fosse vittima un
passante, meglio un vecchio, una donna o un bambino, rimanendo ferito
da qualche colpo di arma da fuoco sparato dai dimostranti: basterebbe
una ferita lieve, ma meglio sarebbe se fosse grave, ma senza pericolo
per la vita". Aggiunge pure, in sintesi, la filosofia che dovrebbe
sottendere la repressione poliziesca: "Un'efficace politica dell'ordine
pubblico deve basarsi su un vasto consenso popolare, e il consenso si
forma sulla paura, non verso le forze di polizia, ma verso i
manifestanti (...) Io aspetterei ancora un po' e solo dopo che la
situazione si aggravasse e colonne di studenti con militanti dei centri
sociali, al canto di Bella ciao, devastassero strade, negozi,
infrastrutture pubbliche e aggredissero forze di polizia in tenuta
ordinaria e non antisommossa e ferissero qualcuno di loro, anche
uccidendolo, farei intervenire massicciamente e pesantemente le forze
dell'ordine contro i manifestanti".
Tutti, davanti a tale delirio terroristico, restano allibiti e
disorientati, a destra come a sinistra. Il silenzio del governo
è indice dell'imbarazzo; Fini commenta parlando di "visione
apocalittica".
Nei movimenti si sfiora ormai la paranoia per i possibili sviluppi di
tale tattica e ricompare la nota sindrome dell'autocontrollo e del
cosiddetto senso di responsabilità. Ma in realtà
l'obiettivo dell'ex-picconatore è già stato raggiunto:
mandare all'aria, preventivamente, un possibile massiccio intervento
repressivo contro le lotte degli insegnanti e le occupazioni
studentesche, come quello minacciato da Berlusconi, che non avrebbe
fatto altro che politicizzare l'agitazione studentesca e radicalizzare
il conflitto sociale.
Se infatti, fosse avvenuto qualcosa del genere, eventuali fattacci
nelle piazze sarebbero stati immediatamente ricollegati a quei
clamorosi suggerimenti, il governo sarebbe stato considerato come il
mandante e contro di esso sarebbe montata la protesta.
Così, nei giorni successivi, l'ex presidente komplottista fa,
seraficamente, marcia indietro. Il 10 novembre, in una lettera aperta
all'ingenuo Francesco Caruso, si duole che non sia stato compreso il
carattere paradossale delle sue dichiarazioni sulle agitazioni degli
studenti, invitando le autorità competenti a tollerarle, anche
quando caratterizzate da "violenza a bassa intensità (come
occupazione di suolo pubblico, vetrine infrante, qualche bomba
molotov), per evitare che un movimento di cui si dovrebbero ricercare
le cause profonde aldilà delle generiche, confuse e
contraddittorie richieste in materia di scuola e istruzione, sia
infiltrato e strumentalizzato da organizzazioni di estrema destra come
il Blocco studentesco e Casa Pound o di estrema sinistra come la Rete e
i Collettivi Studenteschi". Precisa anche che "bisogna far questo per
impedire, come avvenuto negli anni di piombo, che avvenga la saldatura
tra il movimento studentesco, le frange più di sinistra del
sindacato, gli anarchici-sindacalisti e le Nuove Br".
Ancora una volta, proprio come nel '77, aldilà delle velenose
frecciate ai pronipoti del Pci, di fatto il kugino di Berlinguer sembra
lavorare di nuovo per un recupero moderato delle mobilitazioni sociali
da parte della "opposizione" parlamentare; i nemici tornano ad essere
gli estremisti, da isolare, e tra questi non poteva mancare il
riferimento all'anarcosindacalismo.
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