Umanità Nova, n.38 del 23 novembre 2008, anno 88

Komplottismo


"La vita pubblica italiana rassomiglia molto a una rappresentazione teatrale: i produttori e i registi sono celati agli occhi della platea, mentre gli attori recitano secondo il desiderio e le fantasie del pubblico".
(M. A. Ledeen)

Non si può certo dire che negli ultimi tempi Cossiga abbia tenuto un basso profilo, superando persino se stesso nelle provocazioni, nelle allusioni, nelle operazioni più torbide che da un lato sono state accolte come involuzioni senili e da un altro sono apparse un vero specchietto per le allodole della sinistra politica, che non si è minimamente interrogata sul loro effettivo senso.
L'ex-presidente gladiatore ha iniziato il 23 ottobre con una specie di vademecum che purtroppo nel '77 venne davvero attuato, costando la vita a Giorgiana Masi: "Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro degli Interni. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città.
Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri.
Le forze dell'ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli a sangue e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti.
Non quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!".
A sinistra e nei movimenti, tutti gridano al complotto, ritornano con la mente a Genova e al pericolo costituito da possibili infiltrazioni; eppure sarebbe il caso di chiedersi a chi giovi un simile can-can dato che per certe operazioni coperte un simile clamore è del tutto controproducente e sfavorevole ad un governo che vuole metterle in atto.
Pochi giorni dopo, il 29 ottobre, in senato, dove si era recato per votare a favore del decreto Gelmini, l'ex presidente con la K rincara la dose sempre ricordando i fasti settantasettini: "Quando ho fatto picchiare a sangue gli studenti che avevano contestato Lama, il gruppo del Pci in piedi in aula mi ha tributato un unanime applauso, ma erano i tempi di Berlinguer, non di Walter Veltroni, di Natta e non di Franco Marini. Erano i tempi del glorioso Partito Comunista". Passano pochi giorni e il 3 novembre aggiunge: "In questi giorni in cui molto si discute di manifestazioni e di ordine pubblico, debba rendersi onore a quei giovani comunisti che negli anni di piombo accettarono di dimettersi dal loro partito per essere poi infiltrati a Bologna nei movimenti studenteschi e in Autonomia".
Ancora pochi giorni e l'8 novembre arriva una nuova esternazione con annessi suggerimenti, non richiesti, al capo della polizia Antonio Manganelli: "Serve una vittima e poi si potranno usare le maniere forti (...) l'ideale sarebbe che di queste manifestazioni fosse vittima un passante, meglio un vecchio, una donna o un bambino, rimanendo ferito da qualche colpo di arma da fuoco sparato dai dimostranti: basterebbe una ferita lieve, ma meglio sarebbe se fosse grave, ma senza pericolo per la vita". Aggiunge pure, in sintesi, la filosofia che dovrebbe sottendere la repressione poliziesca: "Un'efficace politica dell'ordine pubblico deve basarsi su un vasto consenso popolare, e il consenso si forma sulla paura, non verso le forze di polizia, ma verso i manifestanti (...) Io aspetterei ancora un po' e solo dopo che la situazione si aggravasse e colonne di studenti con militanti dei centri sociali, al canto di Bella ciao, devastassero strade, negozi, infrastrutture pubbliche e aggredissero forze di polizia in tenuta ordinaria e non antisommossa e ferissero qualcuno di loro, anche uccidendolo, farei intervenire massicciamente e pesantemente le forze dell'ordine contro i manifestanti".
Tutti, davanti a tale delirio terroristico, restano allibiti e disorientati, a destra come a sinistra. Il silenzio del governo è indice dell'imbarazzo; Fini commenta parlando di "visione apocalittica".
Nei movimenti si sfiora ormai la paranoia per i possibili sviluppi di tale tattica e ricompare la nota sindrome dell'autocontrollo e del cosiddetto senso di responsabilità. Ma in realtà l'obiettivo dell'ex-picconatore è già stato raggiunto: mandare all'aria, preventivamente, un possibile massiccio intervento repressivo contro le lotte degli insegnanti e le occupazioni studentesche, come quello minacciato da Berlusconi, che non avrebbe fatto altro che politicizzare l'agitazione studentesca e radicalizzare il conflitto sociale.
Se infatti, fosse avvenuto qualcosa del genere, eventuali fattacci nelle piazze sarebbero stati immediatamente ricollegati a quei clamorosi suggerimenti, il governo sarebbe stato considerato come il mandante e contro di esso sarebbe montata la protesta.
Così, nei giorni successivi, l'ex presidente komplottista fa, seraficamente, marcia indietro. Il 10 novembre, in una lettera aperta all'ingenuo Francesco Caruso, si duole che non sia stato compreso il carattere paradossale delle sue dichiarazioni sulle agitazioni degli studenti, invitando le autorità competenti a tollerarle, anche quando caratterizzate da "violenza a bassa intensità (come occupazione di suolo pubblico, vetrine infrante, qualche bomba molotov), per evitare che un movimento di cui si dovrebbero ricercare le cause profonde aldilà delle generiche, confuse e contraddittorie richieste in materia di scuola e istruzione, sia infiltrato e strumentalizzato da organizzazioni di estrema destra come il Blocco studentesco e Casa Pound o di estrema sinistra come la Rete e i Collettivi Studenteschi". Precisa anche che "bisogna far questo per impedire, come avvenuto negli anni di piombo, che avvenga la saldatura tra il movimento studentesco, le frange più di sinistra del sindacato, gli anarchici-sindacalisti e le Nuove Br".
Ancora una volta, proprio come nel '77, aldilà delle velenose frecciate ai pronipoti del Pci, di fatto il kugino di Berlinguer sembra lavorare di nuovo per un recupero moderato delle mobilitazioni sociali da parte della "opposizione" parlamentare; i nemici tornano ad essere gli estremisti, da isolare, e tra questi non poteva mancare il riferimento all'anarcosindacalismo.

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