Continua la campagna contro le farmaspie. Dal primo ottobre in 15
farmacie/pilota è stato avviato un nuovo esperimento di
controllo del territorio cittadino. È sceso in campo il dottore
di farmacia che ogni settimana consegna ai vigili urbani una relazione
basata sulle confidenze anonime dei suoi clienti più
affezionati. Nel mirino i poveri, i senza casa, chi mendica o posteggia
le macchine, chi apre un banco abusivo. Da allora è partita una
campagna di boicottaggio con presidi volanti davanti alle farmaspie,
affissione di un manifesto di denuncia, telefonate su telefonate ai
farmaspioni.
Lunedì 10 novembre è stata la volta della farmacia
Comunale 43 in piazza Statuto 14. I soliti antirazzisti si sono
presentati di fronte alle vetrine, hanno aperto uno striscione,
distribuito volantini e allestito una micromostra sulla vicenda,
raccontando ai passanti allibiti che dopo i portieri del ventennio
abbiamo i farmacisti della seconda repubblica.
Questa volta la polizia non si è fatta vedere: solo un paio di
digos mimetizzati in kefia hanno arroventato i telefonini. La gran
parte dei passanti mostrava interesse chiedendo chiarimenti: molti
hanno promesso di boicottare la farmaspia Comunale 43.
La dottora della farmaspia, nel chiudere la serranda, ci ha salutati
con un ditino medio levato. Un segnale di nervosismo che rivela che la
nostra ricetta contro le farmaspie sta dando i primi risultati.
La campagna va avanti.
R. Em.
Il fatto già lo conoscete, è arrivato alle cronache
nazionali di stampa e tv. L'11 novembre Andrea dorme, come ogni notte,
sopra una panchina in via Flaminia: a mezzanotte e trenta qualcuno lo
cosparge di benzina e poi gli dà fuoco. Andrea ora è
ricoverato al centro grandi ustioni di Padova.
La città si sveglia e dopo un attimo di sbigottimento generale,
partono presidi-veglie-preghiere-solidarietà varia. Partono pure
i primi commenti che, oltre a sottolineare la bontà e la mitezza
di Andrea (perché, i "cattivi" possono essere messi al rogo?),
quasi tutti ribadiscono l'assoluta estraneità di questo fatto
dalla "storia e dalla civiltà di Rimini, città
aperta-accogliente-tollerante". L'USI Rimini, tra le poche voci fuori
dal coro, dà una lettura più approfondita della vicenda.
Riprendiamo da un volantino diffuso in città:
<<Ora, ricordiamoci che questa sopraffazione atroce ha elementi
certamente presenti anche nell'aria che negli ultimi tempi si sta
respirando nella città e nel paese. Il rogo di una persona
"diversa" è avvenuto in un quadro ampio di intolleranze e
pregiudizi privati e istituzionali che rendono facile poi diventare
giustizieri o anche solo sentirsi "normali tra diversi" e quindi
prevaricare. Zingari, extracomunitari, barboni e vagabondi,
rinnegati dalle chiese e dai partiti, non sono visti mai di buon occhio
dal governo del paese o dalla città opulenta della speculazione.
Basta molto poco per essere diversi. Questa intolleranza e logica di
contenimento della diversità ha creato (ora come sempre nella
storia) una "orda trasversale" che all'ombra del potere attacca in un
modo o in un altro. Cosa attacca? Attacca la diversità, attacca
tutto ciò che può mettere in discussione
l'identità della "normalità di massa" dei molti suoi
sacerdoti, preti e psichiatri.>>
A Rimini, come dappertutto, basta molto poco per essere diversi. E gli
attacchi alla diversità ci sono stati: quest'estate a una
"zingara" che urlava ubriaca sul lungomare hanno tolto il figlio e lo
hanno dato in affidamento, da qualche estate girano pattuglioni
repressivi antiabusivi (e anticlandestini). Lo stesso giorno del
tentato omicidio di Andrea, a Riccione, è stato dato alle fiamme
il precario ricovero di un'altro senzacasa. Da queste parti, a
qualcuno, il fuoco piace davvero tanto: a giugno una molotov tirata
contro lo spazio pubblico area-rifondazione e, prima, un tentato
assalto incendiario, con annesso sequestro di persona, al centro
sociale area-disobbediente.
Ma nonostante questi fatti chi ha dato fuoco a Andrea deve essere
ricercato tra gli spacciatori, i tossici o la varia dis-umanità
non censibile o catalogabile. La questura esclude subito la pista
politica ma si dice preoccupata per "eventuali gesti di emulazione, per
evitare i quali tutti i senzatetto verranno controllati
scrupolosamente, anche per proteggerli." Una pre-applicazione del
futuro registro nazionale per la schedatura di senza fissa dimora e
"barboni"? Primi risultati di questi controlli, la fuga da Rimini di
qualche rumeno: operazione di polizia o di pulizia?
Ancora dal citato volantino USI Rimini: << La volontà
di condurre la vita che uno vuole non sembra degna di rispetto.
Ad uso del controllo sociale la psichiatria ha inventato intanto,
una nuova malattia psichiatrica che si chiama "Dromopatia". Chi ne
è affetto avrebbe come sintomo "il rifiuto del suo luogo
di origine da cui ha impulso irrefrenabile a fuggire, inoltre la
incapacità a procurarsi una casa e la non accettazione delle
norme sociali esistenti". Qualcosa di simile veniva applicato dai
totalitarismi passati nei campi di concentramento nazisti e fascisti.
Il quadro è completo.>>
E il cerchio si chiude: vittima e carnefice sono entrambi "estranei
alla comunità" riminese, ricca, bella, piena di associazioni di
volontariato. Una comunità perbene che sempre si auto assolve.
Sulla panchina incendiata, tra i vari messaggi, spicca un cartello a
firma a/cerchiata-USI; sopra c'è scritto: <<A chi accende
roghi alla diversità noi diciamo: noi vi inquietiamo
perché siamo diversi, voi ci inquietate perché siete
tutti uguali!>>.
Libertad RN – l'incaricato
Il pestaggio dopo il con-certo Nazirock, due feriti, tra i quattro arrestati due "Legittima Offesa".
Sei-sette amici, calabresi e pugliesi, look un po' "alternativo",
venerdì sera, di ritorno da una festa di laurea, nelle immediate
vicinanze delle Due Torri. Cantavano, forse, e avevano con sé
dei bonghi. Tanto è bastato a un gruppo di bonehead vicini a
Forza Nuova per insultarli: "Comunisti di merda". Uno risponde:
"Sì, sono comunista e ne vado fiero". Si scatena immediatamente
il pestaggio, a suon di bottiglie di vetro, ma anche di sedie e
sgabelli presi in un vicino bar. Uno dei malcapitati viene ferito
gravemente, trauma cranico, frattura della mascella, contusione ad
un'occhio. E' in ospedale, prognosi riservata.
Una volante della polizia ha arrestato poco dopo gli aggressori: tra di
loro cantante e batterista di uno dei più influenti gruppi
nazirock italiani, intervistati nell'omonimo documentario di Claudio
Lazzaro, i Legittimia Offesa, che qualche mese fa avevano festeggiato
il decennale in romagna. Occasione di festa anche la sera dei fatti:
proprio del leader del complesso, "Gigi" Guerzoni, era il
compleanno. Come gli altri camerata, al momento in cui scriviamo
è in attesa di pronunciamento del gip riguardo alle misure
cautelari in attesa dell'udienza preliminare. Discriminazione razziale,
porto d'armi, fabbricazione di ordigni esplosivi, violenze e minacce a
pubblico ufficiale i precedenti di Polizia a suo carico, un altro degli
arrestati è invece già sotto processo a Bologna per
associazione a delinquere finalizzata all'odio razziale.
bzk
Il 10 novembre è cominciato il processo contro due No Tav,
Luca e Giorgio, che il 6 dicembre del 2005 parteciparono alla
resistenza contro la devastazione del territorio e il saccheggio delle
risorse.
Quel giorno la polizia sgomberò violentemente il presidio sui
campi di Venaus, dove stava per partire un cantiere per la nuova linea
ad alta velocità tra Torino e Lyon. Come tanti altri Luca e
Giorgio andarono sull'autostrada e parteciparono ad uno dei molti
blocchi che per tre giorni, sino alla liberazione di Venaus e della
valle Susa, caratterizzarono la rivolta di un'intera popolazione.
A tre anni di distanza il governo dice che i no tav sono una minoranza
di estremisti, mentre due No Tav vanno alla sbarra accusati di
resistenza e furto.
Durante quel primo blocco dell'autostrada, fatto da una trentina di No
Tav che si arrampicarono per il ripido sentiero che collega Venaus
all'alto viadotto che la sovrasta, una macchina della Polstrada
raggiunse la piccola barricata sgommando e fermandosi in mezzo ai
manifestanti. In tribunale i poliziotti hanno testimoniato di essere
stati circondati dai No Tav, che avrebbero tentato di girare l'auto con
un tronco e poi si sarebbero cimentati nel furto di una macchina
fotografica scagliata giù dal viadotto. I testimoni della difesa
hanno negato l'episodio, sottolineando il carattere comunicativo
dell'iniziativa, volta ad informare sulle violenze poliziesche contro
manifestanti inermi.
Il 10 novembre un centinaio di No Tav si sono trovati davanti al tribunale di Torino. C'erano striscioni, bandiere, musica.
All'udienza successiva, svoltasi il 14 novembre, i no tav hanno scelto
di dare sostegno a Luca e Giorgio presenziando all'udienza in aula,
dove il PM Tatangelo, che già il 10 aveva inaspettatamente
sostituito il PM Ausiello, ha tentato – senza successo – di intimidire
i testi della difesa.
Il 6 dicembre una grande manifestazione No Tav attraverserà Susa
a pochi giorni dalla scelta definitiva dell'UE di finanziare la tratta
transfrontaliera dell'opera. Sarà l'occasione per mostrare alla
lobby del Tav su quale pallottoliere possono contare la resistenza No
Tav.
Per il processo l'appuntamento è per lunedì 15 dicembre:
in quell'occasione sarà emessa la sentenza. I No Tav hanno
già indetto un presidio per quella data.
No Tav Autogestione
notav_autogestione@yahoo.it
"Gli zingari (...) sono quasi sempre degli individui asociali.
È quindi necessario diffidare di tutti gli individui che vivono
vagabondando alla maniera degli zingari e che ne presentano i
sopraricordati tratti somatici. Si tratta di individui asociali,
differentissimi dal punto di vista psichico dalle popolazioni europee e
soprattutto da quella italiana di cui sono note le qualità di
laboriosità e attaccamento alla terra." Così scriveva il
fascista Guido Landra su Difesa della Razza, il novembre 1940.
Il 5 novembre 2008, invece, a Rovereto nella laboriosa città di
Rovereto (Tn), attorno a mezzogiorno, nei pressi della piscina
comunale, due carabinieri di pattuglia fermano e, dopo averlo separato
dalla sorella, insultano e malmenano senza barlume di motivazione un
giovane della locale comunità Sinti. Simone, questo il suo nome,
è però conosciuto come uno fra i più attivi nella
lotta collettiva che i sinti hanno intrapreso in città per
ottenere quelle strutture indispensabili per una vita dignitosa (le
microaree o in alternativa una sistemazione delle fatiscenti strutture
del campo dei Lavini di Marco).
Evidentemente, esporsi anche per rivendicare diritti elementari, ormai
per un sinti o un rom è già ragione sufficiente per
essere oggetti di ritorsioni e rappresaglie.
Per denunciare l'aggressione, banalizzata come una "illazione" sulle
cronache locali, venerdì 14 è stato tenuto un presidio
antirazzista nella centrale piazza Loreto, promosso dagli anarchici
roveretani, a cui hanno partecipato oltre ad una quarantina di solidali
anche lo stesso Simone, che ha raccontato al microfono la sua
disavventura, ed altri componenti della comunità Sinti.
Gipsy