Umanità Nova, n.38 del 23 novembre 2008, anno 88

Profili. Gigi damiani la bella anarchia


Quarantacinque anni fa moriva Gigi Damiani, figura essenziale dell' anarchismo di lingua italiana. Assieme a Malatesta era stato l'anima di UN quotidiano nel primo dopoguerra e poi di UN  settimanale nel secondo. "UN quotidiano -ricorda U. Fedeli- era importante per gli articoli di Malatesta, del Fabbri e di molti altri ma veramente non si potrebbe concepire senza il Damiani [...]  Egli era il vero giornalista del gruppo, quello che con facilità sapeva intrattenersi sulle questioni più diverse e di ognuna sapeva esporre il lato più caratteristico e interessante." D. Era nato a Roma nel 1876 in ambiente estremamente bigotto a cui si ribellò finendo al riformatorio e al carcere minorile, finchè a 16 anni incontrò l'anarchia. Già nel 1894 divenne, assieme al Binazzi, il più giovane confinato della reazione crispina e le isole, piene di compagni ben più preparati, divennero la loro università.  Rilasciato nel '98 si imbarcò per il Brasile dove, facendo il pittore di fondali e di decorazioni murali, per venti anni dette un apporto insostituibile alla stampa e alle lotte di quel giovane movimento libertario ed operaio nel quale gli italiani erano ben presenti. Nel 1987 in occasione della commemorazione dello sciopero insurrezionale del 1917 furono calorosamente ricordati, nella gremita "praca de sé" di San Paolo, lui e il suo ruolo. Questo però piacque meno alle autorità del tempo che, nell'autunno '19, imbarcarono a forza D. per l'Italia. In verità non gli dettero un gran dispiacere, D. desiderava tornare nella effervescente situazione italiana. "Appena a terra –ricorderà - subito mi si parlò del quotidiano che si stava preparando a Milano. Errico, [Malatesta, che sbarcò un mese dopo D.] poi, mi propose di lavorare con lui al giornale" e nel giornale rappresentò l'anima antiorganizzatrice del movimento. D. divenne  fondamentale dall'ottobre del '20 dopo l'arresto in massa di Malatesta e compagni, e soprattutto dopo l'attentato del Diana, con la distruzione della tipografia e il movimento in pieno scompiglio. Riuscendo a mantenersi  latitante, con l'aiuto di Binazzi ed E. Molinari, riorganizzò il quotidiano e chiamò a raccolta il movimento che si rinfrancò giusto in tempo per battersi contro la montante marea fascista. Con Mussolini al potere e UN ormai distrutta, trovò assieme a Fabbri,  i fondi da donare a Malatesta per pubblicare "Pensiero e Volontà" e trovò anche il mezzo di pubblicare un suo settimanale "Fede!" che mantenne coraggiosamente il collegamento tra i compagni dal '23 al '26 (13 mila copie vendute!). Dopo il fallimento dell'attentato a Mussolini da parte di Lucetti decise di riparare in Francia, cercando invano di convincere Malatesta a fare altrettanto. Impossibile qui seguire la sua attività in esilio, per capirne l'atteggiamento basta il titolo del primo foglio che lanciò da Marsiglia: "Non Molliamo" (1927). Nel 1931 passò a Barcellona (in Spagna era caduta la monarchia) e da lì, con l'aiuto degli anarchici catalani organizzò tutto  per "trarre in salvo" Malatesta, in motascafo e poi in idrovolante. Fallita l'operazione per una soffiata, passò in nord Africa e si fermò a Tunisi dove, a due passi dalla Sicilia, viveva una piccola ma vivace colonia di libertari italiani. Lì rimase intrappolato: dopo la morte di Galleani ('31) e di Malatesta ('32) i servizi fascisti lo consideravano a capo del movimento anarchico e nessuna pressione sui francesi fu trascurata per bloccarlo. La situazione non migliorò con la  guerra e nemmeno con l'arrivo degli angloamericani. Le autorità inglesi gli negarono il visto anche a guerra finita: D. potè rientrare a Roma solo nel febbraio '46! La FAI gli dette subito la direzione della rinata UN e l'impossibile compito di riportarla a quotidiano. D. però era già minato nel fisico; soprattutto andava perdendo la vista e nulla poterono vari interventi, presto dovette essere affiancato da U. Consiglio e poi anche da A. Borghi. Il 16 novembre 1953 D. si spense a Roma con la sua ultima inseparabile sigaretta. Non fu un teorico ma ebbe idee chiare, diffidò di qualsiasi organizzazione non perchè possibile limitatrice della libertà individuale, ma perchè sollecitava la tendenza umana a delegare (cioè a scegliere la via più comoda) a un'ipotetica realtà. Sperimentalista, diffidò di qualsiasi "specializzazione" nel movimento (sindacalismo, educazionismo ecc.) e di qualsiasi formula data per scontata; ad esempio per lui l'assetto economico in una società anarchica era ancora tutto da inventare non rispondendo né il socialismo né il comunismo né quant'altro. La sua produzione consiste soprattutto nei tanti articoli; in testi per il Teatro sociale; in raccolte di versi e in pochi ma essenziali opuscoli, tra i quali: "Il problema della Libertà" (1924 e 1946), "Saggio su una concezione filosofica dell'anarchismo" (1941 poi 1991), "La mia bella Anarchia" (1953). Non esiste alcuna ristampa di questi lavori nè raccolte dei suoi scritti. Su di lui c'è un breve opuscolo di U. Fedeli "Gigi Damiani. Note biografiche. Il suo posto nell'anarchismo" (1954, poi Antistato 1958 e Samizdat 1997) e la bella voce nel "Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani" (2003) curata da Isabelle Felici.

G.D.L.

Don Benito dei Mussolini da Predappio

Duce del fascismo – Servo dello straniero - Spada dell'Islam – Già socialista e direttore de l' "Avanti!" nel '15 – Fascista e interventista nel "Popolo d'Italia" – con danaro d'oltralpe – Ideatore immaginifico delle "glorie" d'Etiopia, Spagna Albania ed infine delle vittorie cartacee del '40 – Caporale nel '15, oggi Primo Maresciallo dell'Impero – Collare della S. S. Annunziata – Cavaliere del banditismo organizzato – Responsabile delle miserie del popolo italiano – Affondatore dell'Impero -  Capo di Malgoverno – Presidente del Consiglio dei Ministri inetti – Colui che mai non erra – Oppressore degli Ebrei – Creatore di un ordine nuovo basato su un ritorno all'oscurantismo e alla barbarie – Giornalista prezzolato – Violinista – Pittore – Oratore magniloquente – Relitto di nessuna importanza.
Ne danno accorati il triste annunzio, indossato il saio della penitenza, la corda al collo e la cenere sul capo:
l'Imperator fantasma Vittorio Emanuele – suo fedele il femmineo suo figlio – Pietro Badoglio, duca di Addis Abeba, principe del fascismo occulto – Rodolfo Graziani, liberatore degli Arabi, Ciano Galeazzo e la di lui pubblica consorte – Roberto Farinacci – Telesio Interlandi, l'autore dei "crachats" nei quali si annega – I membri tutti del Gran Consiglio del fascismo oggi a riposo – Tutti i fascisti di alto o basso conio e simili lordure presiedute da Pirelli e Ansaldo.
S. M. l'Imperator ariano nipponico - Adolph Hitler, suo amico e complice nei delitti – Von Ribbentrop in preda a nostalgie commerciali – Goebbels di già tremante – l'aereo ed esile ministro Goering. Phillppe Petain, messo di Hitler – Pierre Laval oggi in cura a Vichy – Marcel Deat il multiforme – Doriot il giuda – e tutti i rimasugli dell'impotenza senile. Francisco Franco, duce di Spagna ancor per poco, ed il suo seguito maresciallo Antonesco e i miseri suoi seguaci – Il re di Croazia mai sul trono – Il Poglavrike e banditi della stessa taglia – Leon Degrelle, leader d'un Belgio asservito – Quisling e compagnia. Tutti i fuhrer e i duce, in perenne involuzione. Ed infine tutti coloro, complici coscienti o non del banditismo fascista, che da esso traevano danaro, lussi, comodi e buon cibo.
I funerali avran luogo ad opera del popolo italiano – Tra fuochi di gioia, inneggiando alla pace al benessere alla libertà – nel cimitero più vicino, nella fossa comune, dopo averlo incenerito perché più non rinasca amen!

 Ciclostilato di Damiani, Tunisi, 1943, conservato nei Fedeli papers, Internationaal Instituut voor Sociale Geschiedenis (IISG), Amsterdam.


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