Quarantacinque anni fa moriva Gigi Damiani, figura essenziale dell'
anarchismo di lingua italiana. Assieme a Malatesta era stato l'anima di
UN quotidiano nel primo dopoguerra e poi di UN settimanale nel
secondo. "UN quotidiano -ricorda U. Fedeli- era importante per gli
articoli di Malatesta, del Fabbri e di molti altri ma veramente non si
potrebbe concepire senza il Damiani [...] Egli era il vero
giornalista del gruppo, quello che con facilità sapeva
intrattenersi sulle questioni più diverse e di ognuna sapeva
esporre il lato più caratteristico e interessante." D. Era nato
a Roma nel 1876 in ambiente estremamente bigotto a cui si
ribellò finendo al riformatorio e al carcere minorile,
finchè a 16 anni incontrò l'anarchia. Già nel 1894
divenne, assieme al Binazzi, il più giovane confinato della
reazione crispina e le isole, piene di compagni ben più
preparati, divennero la loro università. Rilasciato nel
'98 si imbarcò per il Brasile dove, facendo il pittore di
fondali e di decorazioni murali, per venti anni dette un apporto
insostituibile alla stampa e alle lotte di quel giovane movimento
libertario ed operaio nel quale gli italiani erano ben presenti. Nel
1987 in occasione della commemorazione dello sciopero insurrezionale
del 1917 furono calorosamente ricordati, nella gremita "praca de
sé" di San Paolo, lui e il suo ruolo. Questo però piacque
meno alle autorità del tempo che, nell'autunno '19, imbarcarono
a forza D. per l'Italia. In verità non gli dettero un gran
dispiacere, D. desiderava tornare nella effervescente situazione
italiana. "Appena a terra –ricorderà - subito mi si parlò
del quotidiano che si stava preparando a Milano. Errico, [Malatesta,
che sbarcò un mese dopo D.] poi, mi propose di lavorare con lui
al giornale" e nel giornale rappresentò l'anima
antiorganizzatrice del movimento. D. divenne fondamentale
dall'ottobre del '20 dopo l'arresto in massa di Malatesta e compagni, e
soprattutto dopo l'attentato del Diana, con la distruzione della
tipografia e il movimento in pieno scompiglio. Riuscendo a
mantenersi latitante, con l'aiuto di Binazzi ed E. Molinari,
riorganizzò il quotidiano e chiamò a raccolta il
movimento che si rinfrancò giusto in tempo per battersi contro
la montante marea fascista. Con Mussolini al potere e UN ormai
distrutta, trovò assieme a Fabbri, i fondi da donare a
Malatesta per pubblicare "Pensiero e Volontà" e trovò
anche il mezzo di pubblicare un suo settimanale "Fede!" che mantenne
coraggiosamente il collegamento tra i compagni dal '23 al '26 (13 mila
copie vendute!). Dopo il fallimento dell'attentato a Mussolini da parte
di Lucetti decise di riparare in Francia, cercando invano di convincere
Malatesta a fare altrettanto. Impossibile qui seguire la sua
attività in esilio, per capirne l'atteggiamento basta il titolo
del primo foglio che lanciò da Marsiglia: "Non Molliamo" (1927).
Nel 1931 passò a Barcellona (in Spagna era caduta la monarchia)
e da lì, con l'aiuto degli anarchici catalani organizzò
tutto per "trarre in salvo" Malatesta, in motascafo e poi in
idrovolante. Fallita l'operazione per una soffiata, passò in
nord Africa e si fermò a Tunisi dove, a due passi dalla Sicilia,
viveva una piccola ma vivace colonia di libertari italiani. Lì
rimase intrappolato: dopo la morte di Galleani ('31) e di Malatesta
('32) i servizi fascisti lo consideravano a capo del movimento
anarchico e nessuna pressione sui francesi fu trascurata per bloccarlo.
La situazione non migliorò con la guerra e nemmeno con
l'arrivo degli angloamericani. Le autorità inglesi gli negarono
il visto anche a guerra finita: D. potè rientrare a Roma solo
nel febbraio '46! La FAI gli dette subito la direzione della rinata UN
e l'impossibile compito di riportarla a quotidiano. D. però era
già minato nel fisico; soprattutto andava perdendo la vista e
nulla poterono vari interventi, presto dovette essere affiancato da U.
Consiglio e poi anche da A. Borghi. Il 16 novembre 1953 D. si spense a
Roma con la sua ultima inseparabile sigaretta. Non fu un teorico ma
ebbe idee chiare, diffidò di qualsiasi organizzazione non
perchè possibile limitatrice della libertà individuale,
ma perchè sollecitava la tendenza umana a delegare (cioè
a scegliere la via più comoda) a un'ipotetica realtà.
Sperimentalista, diffidò di qualsiasi "specializzazione" nel
movimento (sindacalismo, educazionismo ecc.) e di qualsiasi formula
data per scontata; ad esempio per lui l'assetto economico in una
società anarchica era ancora tutto da inventare non rispondendo
né il socialismo né il comunismo né quant'altro.
La sua produzione consiste soprattutto nei tanti articoli; in testi per
il Teatro sociale; in raccolte di versi e in pochi ma essenziali
opuscoli, tra i quali: "Il problema della Libertà" (1924 e
1946), "Saggio su una concezione filosofica dell'anarchismo" (1941 poi
1991), "La mia bella Anarchia" (1953). Non esiste alcuna ristampa di
questi lavori nè raccolte dei suoi scritti. Su di lui c'è
un breve opuscolo di U. Fedeli "Gigi Damiani. Note biografiche. Il suo
posto nell'anarchismo" (1954, poi Antistato 1958 e Samizdat 1997) e la
bella voce nel "Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani" (2003)
curata da Isabelle Felici.
G.D.L.
Duce del fascismo – Servo dello straniero - Spada dell'Islam –
Già socialista e direttore de l' "Avanti!" nel '15 – Fascista e
interventista nel "Popolo d'Italia" – con danaro d'oltralpe – Ideatore
immaginifico delle "glorie" d'Etiopia, Spagna Albania ed infine delle
vittorie cartacee del '40 – Caporale nel '15, oggi Primo Maresciallo
dell'Impero – Collare della S. S. Annunziata – Cavaliere del banditismo
organizzato – Responsabile delle miserie del popolo italiano –
Affondatore dell'Impero - Capo di Malgoverno – Presidente del
Consiglio dei Ministri inetti – Colui che mai non erra – Oppressore
degli Ebrei – Creatore di un ordine nuovo basato su un ritorno
all'oscurantismo e alla barbarie – Giornalista prezzolato – Violinista
– Pittore – Oratore magniloquente – Relitto di nessuna importanza.
Ne danno accorati il triste annunzio, indossato il saio della penitenza, la corda al collo e la cenere sul capo:
l'Imperator fantasma Vittorio Emanuele – suo fedele il femmineo suo
figlio – Pietro Badoglio, duca di Addis Abeba, principe del fascismo
occulto – Rodolfo Graziani, liberatore degli Arabi, Ciano Galeazzo e la
di lui pubblica consorte – Roberto Farinacci – Telesio Interlandi,
l'autore dei "crachats" nei quali si annega – I membri tutti del Gran
Consiglio del fascismo oggi a riposo – Tutti i fascisti di alto o basso
conio e simili lordure presiedute da Pirelli e Ansaldo.
S. M. l'Imperator ariano nipponico - Adolph Hitler, suo amico e
complice nei delitti – Von Ribbentrop in preda a nostalgie commerciali
– Goebbels di già tremante – l'aereo ed esile ministro Goering.
Phillppe Petain, messo di Hitler – Pierre Laval oggi in cura a Vichy –
Marcel Deat il multiforme – Doriot il giuda – e tutti i rimasugli
dell'impotenza senile. Francisco Franco, duce di Spagna ancor per poco,
ed il suo seguito maresciallo Antonesco e i miseri suoi seguaci – Il re
di Croazia mai sul trono – Il Poglavrike e banditi della stessa taglia
– Leon Degrelle, leader d'un Belgio asservito – Quisling e compagnia.
Tutti i fuhrer e i duce, in perenne involuzione. Ed infine tutti
coloro, complici coscienti o non del banditismo fascista, che da esso
traevano danaro, lussi, comodi e buon cibo.
I funerali avran luogo ad opera del
popolo italiano – Tra fuochi di gioia, inneggiando alla pace al
benessere alla libertà – nel cimitero più vicino, nella
fossa comune, dopo averlo incenerito perché più non
rinasca amen!
Ciclostilato di Damiani,
Tunisi, 1943, conservato nei Fedeli papers, Internationaal Instituut
voor Sociale Geschiedenis (IISG), Amsterdam.