Che cosa resta oggi della «strategia della tensione»?
Certo, ormai i presunti «misteri d'Italia» sono stati in
gran parte svelati. Persino i tribunali, pur mandando assolti tanti
responsabili, hanno pienamente confermato lo slogan secondo cui le
bombe «le mettono i fascisti e le pagano i padroni». Dalla
strage di piazza Fontana del 1969 a quella di Bologna del 1980,
l'Italia ha sperimentato una lunga «strategia delle stragi»
condotta da uomini degli apparati più coperti dello Stato e da
neofascisti da essi personalmente organizzati, indirizzati, finanziati
e protetti. Quelle bombe contribuirono a reprimere il movimento operaio
e studentesco: il loro scopo era quello di spaventare, di manipolare
l'opinione pubblica, di promuovere con la violenza un «ritorno
all'ordine». E quei crimini sono effettivamente serviti per
costruire un mondo più ingiusto, ipocrita e violento.
Sembra una storia del passato, ma non lo è. Per dimostrarlo,
basterebbe dire che oggi a Bologna – nella ricorrenza della strage di
piazza Fontana – i neofascisti di Casa Pound presentano un
libro-intervista a Pierluigi Concutelli, militante di Ordine Nuovo,
l'organizzazione neonazista che portò avanti lo stragismo di
stato. Tuttavia, il mondo in cui viviamo è cambiato
sostanzialmente rispetto a quegli anni. A dirla in breve, è
caduto il muro di Berlino; la tv è diventata una forma invasiva
di pedagogia di massa; il revisionismo e la «fine delle
ideologie» hanno riplasmato i valori sociali; la società
si è fatta multiculturale e multietnica; ma insieme è
cresciuta, e sempre più aggressiva, una destra populista e
razzista; infine le politiche «securitarie» hanno arginato
efficacemente la crisi dei partiti e dell'autoritarismo statale.
Ciò segna una prima differenza. Negli anni Settanta la
fascistizzazione era un fenomeno anzitutto di vertici statali, di
continuità istituzionali tra Fascismo e Repubblica, di tentati
colpi di stato, di complotti e segreti nell'ombra. Oggi è invece
un fenomeno diffuso, capillare, in gran parte alla luce del sole,
articolato anzitutto sul razzismo e alimentato da tv, governi,
rotocalchi, amministrazioni locali. Si consideri quanti vigili,
poliziotti, carabinieri, consigli comunali sono stati protagonisti
nell'ultimo anno di aggressioni o provvedimenti razzisti contro rom e
migranti: morti anomale, pestaggi, torture, arresti ingiustificati,
intimidazioni, allontanamenti forzati, ordinanze antimigranti,
prepotenze di ogni genere. Il razzismo in Italia assomiglia ormai a una
Bolzaneto a cielo aperto. Ed è anche questa una «strategia
della tensione» adattata ai tempi nuovi: non più di
vertice, ma diffusa, a bassa intensità. Gli omicidi fascisti e
razzisti sono ormai una strage a rate. Persone ignare e inermi, uccise
per una sigaretta, una parola, un pacco di biscotti.
Ciò comporta una seconda differenza. Proprio il clima di
violenza xenofoba fomentato in questi anni da politici, sindaci,
giudici e giornalisti ha offerto nuova agibilità a gruppi e
partiti neofascisti e ha consentito la riorganizzazione della destra.
Non si tratta solo di un consolidamento operativo, ma anche simbolico.
A ben riflettere, l'attuale squadrismo neofascista non avrebbe
efficacia se non vi fosse un disciplinamento autoritario diffuso che
occorre ostacolare in ogni sua forma: il perbenismo aggressivo, il
patriottismo, la propaganda martellante di «paure» razziste
e omofobe, il familismo opprimente, il sessismo, la volontà di
punire chi non fa figli bianchi italici cattolici, la persecuzione
contro prostituzione e aborto. Nel 2007 la Rete Antifascista
Metropolitana di Roma, invitando a ricordare in ogni città la
strage di piazza Fontana, parlò di un passaggio «dalla
strategia della tensione alla strategia della paura». Apparati
statali e organizzazioni neofasciste collaborano oggi per costruire una
cultura di massa dell'odio e della discriminazione.
Proprio questo permette una solidarietà trasversale fra i vari
orientamenti di destra. Apparentemente, i partitini di ultradestra sono
mossi solo dall'opportunismo tattico ed elettorale, non da un pensiero
strategico. Si presentano ben differenziati: ad esempio Forza Nuova si
richiama all'integralismo cattolico, al corporativismo, al Medioevo;
Casa Pound, invece, al neopaganesimo, all'impegno «sociale»
movimentista, al Futurismo. Così, recentemente, il leader di
Casa Pound ha persino dichiarato che il proprio movimento «non
è contiguo o vicino in alcuna maniera a Forza Nuova». Ma
basta leggere l'intervista autocelebrativa rilasciata da Casa Pound
Bologna nel maggio 2008 al "Corriere" per convincersi che questa sia la
solita denegazione fascista e che vi siano concrete contiguità
operative. Ecco un brano dell'intervista: «... "CasaPound nasce
anche per occupare, ma per farlo ci vogliono i numeri e noi, a Bologna,
forse non siamo ancora abbastanza. Ci sono i transfughi di Azione
Giovane, i ragazzi che frequentano Forza Nuova, gli ormai ex Fiamma
come noi, ci sono le ragazze di Donne Azione e quelli del Blocco
studentesco". In tutto, per ora, una trentina di camerati 'duri e
puri', che rifiutano di avvicinarsi alla Destra di Storace, che
definiscono "amici con percorsi diversi" i militanti di Forza
Nuova...». E si vede bene come non c'entrino «in alcuna
maniera» con Forza Nuova.
Del resto, nel rimescolo di vecchie facce della destra bolognese,
Massimiliano Mazzanti è diventato ora responsabile della cultura
di Casa Pound: proprio il Mazzanti noto alle cronache cittadine
dell'era Guazzaloca – in qualità di consigliere comunale di AN –
per i continui insulti isterici alla Resistenza, per la sua
solidarietà sempre inossidabile verso Forza Nuova, per la sua
idea fissa di un listone unico e inclusivo di tutta la destra, per il
tentativo di cancellare la parola «fascista» dalla lapide
della strage del 2 agosto. Ma il caso di Bologna potrebbe valere da
esempio. Da una parte, naziskin, ultras e responsabili locali di Forza
Nuova compiono pestaggi e intimidazioni (nell'ultimo mese: un
«tentato omicidio», un pestaggio violentissimo, un
tentativo di accoltellamento, un tiro di sassi contro donne e
lesbiche). Contemporaneamente, gli «amici» di Casa Pound
promuovono iniziative culturali di implicita rivendicazione e di
impatto simbolico: l'1 dicembre sulla Uno Bianca, il 13 dicembre su
Concutelli. Ufficialmente, le due serie di fatti – lo squadrismo reale
e la rievocazione allusiva e obliqua del neofascismo stragista – non
c'entrano «in alcuna maniera».
Sia il Fascismo che l'MSI avevano avuto la capacità di tener
unite entro un unico progetto autoritario tendenze eterogenee e
contraddittorie. Oggi, questo contenitore organizzativo non sussiste
più, ma esiste un ordine simbolico che lo ha efficacemente
sostituito: una solidarietà trasversale, un tessuto connettivo
di pratiche complementari, la rielaborazione di orientamenti
autoritari, nazionalisti e discriminatori, per far sì che il
fascismo torni ad essere cultura di massa prevaricatrice e violenta.
Tanto più oggi che la crisi economica rende necessario un
supplemento di oppressione e sfruttamento per garantire profitti,
privilegi e deliri di potere.
redb