A fine novembre diecimila studenti invadono le strade centrali della
capitale catalana uniti in un corteo di protesta contro la
dichiarazione europea di Bologna, la privatizzazione e la
mercificazione del sapere nelle universitá che, all'adeguarsi
dei propri piani di studio a tale normativa comunitaria, saranno sempre
piú luoghi di plasmazione di soldatini di imprese.
In diecimila ad affermare quindi il valore di una cultura libera e
autogestita, slegata dagli ingranaggi del capitale e che dia la
posibilitá di sviluppare una coscienza critica e sociale in
grado di autocostruire il sapere e di tornare a una sua rinnovata e
rivoluzionaria condivisione.
Alla testa del corteo c'era la Fel Barcelona, la federazione degli
studenti libertari vicina alla Cnt di Barcellona che, con un suo
statuto autonomo, si muove comunque slegata dalla stessa organizzazione
sindacale e da ogni organizzazione politica, rappresentando un grande
coordinamento studentesco dei numerosi collettivi anarchici e libertari
presenti in tutte le universitá dell'ateneo cittadino.
Comprendere come funzioni questa neo-nata federazione nazionale
studentesca anarchica e libertaria spagnola sará di grande aiuto
perché si torni insieme ad analizzare le difficoltá
vissute dalla Rete studentesca libertaria e anarchica italiana e
insieme si torni a darle nuova linfa vitale e un nuovo slancio verso un
possibile incontro internazionale delle due reti.
Partiti dunque, alle12.00 da Plaza Universitat, gli studenti
attraversano la strada principale che lega questa piazza a Plaza
Catalunya e dilagano nel cuore di Barcelona invadendo la piazza
centrale della cittá.
L'elemento chiave per comprendere il movimento studentesco a Barcellona
resta il coordinamento generale di ateneo che tutti chiamano
Comitato di Ateneo. É l'insieme delle due piú grandi
realtá politiche presenti a Barcelona, quella comunista
indipendentista catalana che é la Sepc, e quella libertaria
anarchica della Fel. Tutte e due le realtá politiche contano
numerosi collettivi sparsi per tutti i dipartimenti universitari di
ateneo.
La decisione del comitato é stata quella di non scendere in
piazza con le differenti sigle di associazioni di appartenenza, ma
semplicemente come studenti in lotta. La cosa che piú
impressiona é la forza dell'insorgenza spontanea che ha
mobilitato tutti contro il piano di Bologna senza che si potesse vedere
nemmeno l'ombra di qualche organizzazione partitica dietro che ne
muovesse i fili.
In generale é incredibile quanta forza abbia qui il sentimento
libertario che ha spinto tutti a scendere in piazza a fianco della
bandiera indipendentista catalana e della bandiera rossa e nera
dell'anarchia.
Facendo piú volte avanti e indietro lungo il corteo ci sono due
elementi importanti che si potevano notare evidenti: non vi era l'ombra
di un carro con musica o di tutti questi strumenti di "attrazione" che
troppo hanno esasperato in Italia, ma al contrario ogni pezzo di corteo
inventava slogan e cori nuovi che poi coinvolgevano tutti.Non vi era
l'ombra di un partito e tutto si é mosso come insorgenza
spontanea e naturale del tutto indipendente e slegata da qualsiasi
forma di organizzazione gerarchica.
La stessa Sepc al suo interno si muove con l'assemblea che é
l'unico organo abilitato a prendere decisioni. Tutti i movimenti
studenteschi presenti a Barcellona dai comunisti agli anarchici si
muovono secondo una struttura federativa assembleare e trasversale.
Infine arrivati a Plaza Universitat, dei diecimila studenti e
studentesse, almeno in un migliaio dilagano dentro il rettorato per i
corridoi i cortili interni e gli uffici. Un'invasione pacifica e
cosciente che se si fosse arrecato qualche danno all'edificio a pagarne
le conseguenze sarebbero stati tutti.
Dunque, ora piú che mai é necessario costruire un filo
internazionalista e solidale con le differenti forme di insorgenza
spontanea che si sviluppano dentro ogni paese, dando alla propria
critica una coscienza che vada al di lá della semplice
opposizione alla riforma governativa, ma che quanto piú riesce a
svelare i meccanismi decisionali di Bruxelles, tanto piú riesce
a mantenersi lucida sulle trasformazioni materiali ed economiche che la
politica fascista e neoliberista europea vuole imporre al suo popolo.
Dal lavoro, ai diritti sindacali, alle leggi sull'immigrazione,
all'educazione e alla formazione, alla sanitá, all'ambiente.
In sostanza il piano di Bologna é un accordo preso da tutti i
paesi della Comunitá Europea perché tutte le
universitá europee si conformino a certi valori generali,
cosí che un titolo preso in Italia possa essere riconosciuto in
Francia o in Spagna e si possa passare da un paese all'altro senza
problemi di riconoscimento esami.
I valori secondo i quali le universitá dovranno adattare i
propri rispettivi piani di studio possono essere sintetizzati come
un'integrazione sempre piú forte con il mercato del lavoro e di
conseguenza con le imprese del territorio con le quali
l'universitá si deve muovere, sfruttando la propria autonomia,
costruendo una vera e propria partnership: ovvero offrendo manodopera
gratuita alle imprese sottoforma di stage professionalizzanti, se non
si vuole ospitare addirittura direttamente parte dell'apparato
produttivo dell'impresa dentro l'universitá.
Quale differenza con la riforma Gelmini? le linee direttive appaiono le
stesse e ora piú che mai é necessario tessere una rete di
solidarietá rivoluzionaria internazionalista che coordini le
azioni locali in ogni cittá rafforzandone la critica e di
conseguenza la possibile strategia comune.
Lafarfallaeilcarroarmato
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