Venerdì 12 dicembre, data di particolare rilevanza storica e
politica, a Milano si sono tenute varie iniziative in
concomitanza con lo sciopero generale, proclamato da diverse
organizzazioni del sindacalismo di base, dagli studenti e dalla CGIL.
In questa giornata le "piazze" erano diverse. Oltre a Largo Cairoli,
luogo di concentramento per sindacati di base e studenti medi, vi era
anche Piazza Cordusio per gli universitari, mentre, per il sindacato
concertativo C.G.I.L. l'appuntamento era ai bastioni di Porta Venezia
con un proprio percorso cittadino che sarebbe terminato davanti al
Castello.
Sotto un cielo plumbeo e una costante minaccia di pioggia, il corteo
degli studenti medi, con una presenza attiva anarchica, si è
diretto verso piazza Duomo, passando per piazza Fontana gridando slogan
contro la ‘strage di Stato' e in solidarietà con il movimento di
lotta greco, mentre il corteo del sindacalismo di base ha percorso il
tradizionale tragitto che, attraversando alcune vie del centro
cittadino, conduce anch'esso in piazza Duomo.
In questo corteo, di alcune migliaia di partecipanti, abbiamo dato vita
a uno folto spezzone rosso-nero, con le nostre bandiere, la diffusione
di nostri volantini e la vendita militante di "Umanità Nova",
insieme ai compagni e compagne dell'U.S.I.-A.I.T.. Prima di arrivare in
piazza del Duomo si è aggiunto al corteo anche un numeroso
spezzone di studenti universitari.
Qui giunti, la determinazione dei manifestanti ha fatto sì che
il corteo, dopo un breve comizio, proseguisse per Piazza Fontana a
ricordo della "Strage di Stato", di cui ricorreva il 39°
anniversario, e l'assassinio, in quei tragici giorni di dicembre 1969,
dell'anarchico Giuseppe Pinelli, defenestrato dal quarto piano della
Questura milanese.
Dopo una breve sosta nella piazza, il corteo non si è voluto
sciogliere ma anzi ha ribadito la volontà di recarsi prima
davanti all'Assolombarda (l'associazione degli industriali lombardi)
per affermare l'indisponibilità a pagare gli ennesimi costi
delle crisi capitalistiche e poi confluire nell'Aula magna
dell'adiacente università Statale per tenere un'assemblea
congiunta studenti e lavoratori.
E così, un corteo un po' più esiguo della partenza, ma
molto più determinato e caratterizzato ha raggiunto
l'Assolombarda.
Un cordone di servitori del disordine in assetto antisommossa ne
impediva l'accesso e dopo una veloce contrapposizione a distanza,
veniva annunciato dagli organizzatori il termine della manifestazione.
Un serpentone di composizione eterogenea (studenti, lavoratori,
precari, ecc,.) con una significativa presenza libertaria evidenziata
da striscioni con A cerchiate, bandiere rosso-nere e slogan, si
è diretto allora verso l'Università in via Festa del
Perdono. Entrato nel chiosco della Statale ha raggiunto i locali
dell'Aula Magna trovandola però serrata.
Dopo un breve e concitato confronto tra chi voleva aprirla con ogni
mezzo per potere tenere un'assemblea che avrebbe rinsaldato nella lotta
e nell'azione diretta, l'alleanza tra studenti e lavoratori e chi
invece proponeva di ripiegare in un'altra aula dove già era in
corso un'assemblea studentesca, i cardini del cancello d'ingresso
saltavano e in alcune centinaia si prendeva posto nell'Aula magna.
Ma il confronto è ripreso subito dopo con l'improvviso ingresso
di un gruppo organizzato che, dirigendosi verso il palco, ha innescato
un breve scontro sedato solo con il loro allontanamento dall'aula tra
accuse e recriminazioni, segnale evidente di un conflitto latente tra
le varie anime protagoniste della mobilitazione universitaria e della
persistenza di una logica prevaricatrice, purtroppo molto diffusa nella
sinistra autoritaria milanese.
L'assemblea ripresa successivamente, scontava poi il clima di
contrapposizione creatosi e un'importante occasione di confronto e di
mobilitazione sfumava, trascinandosi dietro la sospensione di tutte le
iniziative programmate in precedenza (una ‘due giorni' di dibattiti e
spettacoli), contrastata da un gruppo di compagni che proclamava
l'occupazione; occupazione terminata nella mattina seguente con
l'intervento della polizia che allontanava i presenti dopo averli
identificati.
Le compagne e i compagni della F.A.M. presenti al corteo
Il gruppo Anarchico "A.Cieri" di Parma in collaborazione con
l'ateneo libertario hanno dato inizio ad un percorso attraverso una
serie di iniziative pubbliche, di cui la prima è stata il 20
dicembre con un'assemblea che metteva al centro del dibattito il metodo
dell'anarchismo sociale.
Per l'occasione è stato presentato il nuovo libro del prof. Rino
Ermini "La mia anarchia", nato da vari dibattiti tenuti con i suoi
alunni. Questo libro rappresenta una delle tante esigenze che il
movimento anarchico è chiamato ad affrontare: la trasmissione
delle sue idee alle giovani generazioni attraverso i loro modi di
vedere il mondo, poiché spesso i giovani sono rappresentati
dalla società attraverso gli stereotipi e con scarsa
capacità di prendere decisioni più o meno importanti.
L'obbiettivo è quello di dare loro degli stimoli e i mezzi
adatti per far crescere il proprio pensiero critico verso il
mondo, per farli diventare attori del futuro e non dei semplici
spettatori.
Fabio Dolci, compagno della FAI reggiana, prendendo il filo del
discorso di Rino, ha esposto chiaramente quali sono le
peculiarità di un'organizzazione anarchica come la FAI, che
vuole ogni giorno costruire una società nuova, partendo proprio
dal suo metodo strutturale in cui in "piccolo" si vuole costruire il
futuro.
Alla fine del dibattito è seguita una cena sociale per raccogliere fondi per il giornale "Umanità Nova".
Cisco
Nella notte tra il 15 e il 16 dicembre, a 39 anni esatti
dall'assassinio di Pinelli, un manichino insanguinato con sopra il
cartello "Pinelli ucciso" è stato gettato davanti al portone del
commissariato di polizia del quartiere Barriera di Milano a Torino.
Nella stessa notte al cavalcavia tra corso Potenza e Corso Grosseto, di
fronte al commissariato di polizia del quartiere Madonna di Campagna,
è stato fissato uno striscione con la scritta "Calabresi
assassino". Al parapetto è stato anche legato un manichino
insanguinato.
Due compagni della FAI che passeggiavano sul cavalcavia godendosi la
pioggia dicembrina sono stati fermati da una volante arrivata
sgommando. In poco tempo sono sopraggiunte una mezza dozzina di auto di
militari. Quelli del Commissariato si chiedevano "perché proprio
da noi?" "ancora con questa storia? Sono passati quarant'anni". Poi
passavano a preoccupazioni più prosaiche del tipo "abbiamo nove
marocchini da sistemare" oltre "agli alpini da congedare". Sono passati
40 anni ma la criminalità del potere è sempre la stessa.
E "gli anarchici la memoria l'hanno lunga" ha gridato uno dei compagni ai poliziotti.
I due sono stati portati in questura. Inutile negare una certa
apprensione quando un brigadiere accalorato ha preteso di aprire la
finestra dei locali di via Grattoni. Per fortuna erano solo al secondo
piano.
I compagni sono stati trattenuti per tre ore. Dopo le perquisizioni di
rito, un po' di domande inutili e lo riempimento di qualche
scartafaccio, sono stati rilasciati.
Facciamo un passo indietro.
Era il 15 dicembre del 1969. Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico ed
ex partigiano viene gettato dal quarto piano della questura di Milano.
Con lui si trovava, tra gli altri, il commissario Luigi Calabresi. Era
allora questore Guida, già direttore del confino di Ventotene in
epoca fascista.
Pinelli era stato fermato il 12 dicembre a poche ore dalla strage della
banca dell'agricoltura in piazza Fontana, dove una bomba di Stato aveva
seminato la morte. 16 morti e numerosissimi feriti. Della strage
è accusato un altro anarchico, Pietro Valpreda, che trascorre
tre anni in carcere prima che la sua estraneità venga
riconosciuta. Erano gli anni della contestazione giovanile e della
rivolta operaia, erano gli anni in cui movimenti sociali innervati di
tensioni libertarie e rivoluzionarie imponevano grandi trasformazioni.
Questi movimenti facevano paura al potere politico ed ai padroni: la
Strage di Stato, la prima di una terribile stagione di attentati,
inaugurò la strategia della tensione con la quale il potere
tentò di imporre la pace sociale. Non ci riuscirono. La forza
dei movimenti sociali, lo straordinario impegno collettivo per
affermare la verità su piazza Fontana e sulla morte di Pinelli,
la campagna di liberazione di Valpreda, furono patrimonio di tutta la
sinistra italiana, che seppe reagire alle provocazioni di un potere che
vedeva traballare le sue fondamenta e reagiva scompostamente.
Erano gli anni dei tentati golpe, erano gli anni della polizia che non
esitava a sparare nelle piazze, che restarono macchiate del sangue di
decine di studenti, lavoratori, attivisti politici.
Calabresi, il commissario "finestra" di quella notte, venne ammazzato
qualche anno dopo. Dopo quasi quarant'anni gli vengono tributati gli
onori dovuti ad un fedele servitore dello Stato delle stragi.
Ma c'è chi non dimentica.
R. Em.