Anche quest'anno molte le iniziative per ricordare l'assassinio di Giuseppe Pinelli.
Il 13 dicembre al Circolo ARCI Scighera durante l'affollato concerto di
Alessio Lega, un centinaio i presenti, il compagno Varengo della FAM
intervenendo sul valore ed il significato della memoria in un'epoca
contrassegnata da revisionismi e manipolazioni, ha evidenziato
l'importanza del ‘caso' Pinelli sia nei confronti del disvelamento
della ‘Strage di stato' del 12.12.1969, che della storia criminale del
potere.
Il 14 dicembre allo Spazio Micene si è tenuta una serata,
organizzata dalla FAM e dallo stesso Micene, incentrata sul
collegamento tra Piazza Fontana, la morte di Pino e le recenti sentenze
sui fatti di Genova 2001, collegamento reso evidente dall'intervento di
uno degli avvocati del collegio di difesa dei compagni imputati, Mirko
Mazzali, che ha brillantemente illustrato i meccanismi giuridici che
hanno portato all'assoluzione dei poliziotti imputati delle violenze
alla Diaz e a Bolzaneto, in un contesto preoccupante di riduzione degli
spazi di libertà e di ricorso all'ingiustizia di Stato per
limitare ed impedire ogni forma di dissenso extraistituzionale.
La proiezione del filmato di Elio Petri ‘Tre ipotesi sulla morte
di Pinelli' con Gian Maria Volontè ha ricordato le ricostruzioni
assurde fatte inizialmente dai poliziotti presenti in quella stanza di
Questura, e contraddette dalla logica e dai fatti, mentre gli
interventi di vari compagni, Enrico Moroni, Massimo Varengo ed uno del
Micene, hanno permesso di collocare gli avvenimenti di allora in
stretto collegamento con le vicende odierne. E' stata anche l'occasione
per parlare del progetto della scultura per Pinelli in uno spazio
pubblico a Milano.
La collocazione di un cuore rosso-nero alla targa, raffigurante il
quadro di Baj "I funerali dell'anarchico Pinelli" posta quattro anni fa
sul muro d'ingresso della casa ove abitava Pino, in Via Preneste al 2,
accompagnata da canti e da tanta pioggia, ha rappresentato il momento
emotivo di omaggio collettivo alla memoria di questo compagno.
Rientrati poi nel circolo la serata si è conclusa tra i canti e
le musiche di Luca Dai, Valentina e le letture di Santo Catanuto tra le
quali la famosa poesia di Julian Beck ‘Il corpo di Pinelli'.
L'iniziativa a visto riempire la sede dello Spazio Micene.
Il 15 dicembre in Piazza Fontana tradizionale appuntamento con
deposizione di fiori, indetto dal Circolo Ponte della Ghisolfa, alla
lapide dedicata a Pinelli posta negli anni ‘70 nel corso di una
manifestazione del movimento studentesco di allora. Erano presenti
compagni dalla FAM, distribuendo il volantino "Dalla strage di Stato e
l'assassinio di Pinelli la criminalità del potere continua fino
ad oggi" e quello "In Grecia rivolta contro lo Stato" oltre la vendita
di Umanità Nova. In serata, al Leoncavallo, si svolgeva
una conferenza/dibattito sugli argomenti legati alla strage con
la partecipazione di vari esponenti tra i quali De Cortes, Ferrari,
Scaramucci, Sarti.
L'incaricato
Domenica 28 dicembre, nono anniversario della strage del CPT
"Serraino Vulpitta" di Trapani, il Coordinamento per la Pace ha dato
vita a un pomeriggio di mobilitazione con due manifestazioni
antirazziste per solidarizzare con gli immigrati e pretendere la
chiusura di tutti gli odierni Centri di identificazione ed espulsione.
Nel primo pomeriggio, gli antirazzisti hanno organizzato un presidio
davanti al "Vulpitta" per esprimere il calore e la solidarietà
della Trapani che non dimentica e che non si rassegna ai tempi
terribili in cui viviamo, fatti di leggi razziste e di quotidiane
ingiustizie. Dalle parole degli immigrati trattenuti è emerso il
solito quadro di invivibilità della struttura trapanese:
mancanza di riscaldamenti e insufficienza di acqua calda corrente,
scarsa qualità dei pasti somministrati, superficiale
assistenza medica a base di Aulin buono per ogni tipo di malanno. Una
serie di denunce, sostenute anche da un recente sciopero della fame,
che smentiscono categoricamente la propaganda mediatica con cui le
autorità locali e nazionali continuano a veicolare
un'immagine positiva ed efficiente del sistema di accoglienza in
provincia di Trapani. Basti pensare che i soggetti che gestiscono a
Trapani il tanto elogiato centro di identificazione di Salinagrande
sono gli stessi che si occupano del CIE "Serraino Vulpitta".
Gli immigrati (trentasette al momento attuale) hanno più volte
sottolineato l'intollerabilità della loro detenzione in
relazione al fatto che non hanno commesso reati. In più di un
caso, è stato denunciato il meccanismo con cui perdendo il
lavoro si diventa automaticamente clandestini perdendo così il
diritto a restare in Italia: anche se - giusto per fare un esempio -
sono anni che vivi e lavori in questo paese e, nel frattempo, hai messo
su famiglia.
Nelle parole dei reclusi vibrava tutto lo sdegno per un sistema di
leggi razziste che rendono impossibile la vita a donne e uomini che
cercano in Europa una vita migliore. Le urla di libertà e
di solidarietà tra chi era dentro e chi era fuori si
scioglievano in un applauso reciproco carico di affetto e di rabbia.
I manifestanti si sono poi spostati in centro storico per un presidio
di controinformazione antirazzista: con un fitto volantinaggio e un
costante speakeraggio al megafono, gli antirazzisti hanno attirato
l'attenzione dei numerosissimi passanti che affollavano le vie del
centro storico per la classica passeggiata natalizia. Mentre veniva
riferito ciò che gli immigrati ci avevano raccontato poche ore
prima, sugli striscioni del Coordinamento per la Pace e degli anarchici
si leggeva che gli antirazzisti non dimenticano la strage del CPT
"Vulpitta" e che la solidarietà agli immigrati non
può prescindere dalla libertà e dal rispetto dei
diritti umani fondamentali.
Coordinamento per la Pace-Trapani
19 dicembre. Al Bennet di via Orvieto si sono dati appuntamento un
bel gruppo di antirazzisti per un presidio solidale con i lavoratori
della cooperativa Leonardo che ha in appalto la logistica al magazzino
Bennet di Origgio (Va). Sono in lotta da mesi per il salario, la
sicurezza, la riduzione dell'orario e dei ritmi, il reintegro dei
licenziati.
Il Bennet di Origgio è uno dei tanti luoghi dove lo sfruttamento
bestiale e il ricatto del lavoro sono la norma. Difficile lottare per
chi, come gli immigrati, rischia l'espulsione se perde il posto.
Difficile farlo in un posto come Origgio, dove si mastica pane e
razzismo. Ma proprio ad Origgio lavoratori di Senegal, Marocco,
Romania, Sri Lanka hanno alzato la testa.
Importante, in questa lotta che dura da mesi, con scioperi e picchetti
durissimi, licenziamenti e provvedimenti disciplinari, il sostegno
attivo degli antirazzisti e di altri lavoratori.
Due scioperi con blocco dei camion si sono svolti a luglio, uno in
ottobre e uno l'11 dicembre, cui è seguito uno sciopero del
cottimo che ha messo in seria difficoltà i padroni, che hanno
reagito assumendo crumiri e rifiutando di pagare la tredicesima. Lo
sciopero del 19 è stata la risposta dei lavoratori.
Davanti al Bennet di via Orvieto a Torino è stato aperto uno
striscione con la scritta "Bennet sfrutta i lavoratori": gli
antirazzisti hanno distribuito volantini e parlato con chi entrava per
fare la spesa. Molti hanno dimostrato solidarietà: una donna che
aveva lavorato per Bennet ha ricordato un operaio morto schiacciato da
un carrello.
I responsabili del Bennet hanno provato senza successo ad intralciare
l'informazione: dopo un po' è arrivata la digos che ha
identificato gli antirazzisti più giovani.
Mentre era in corso il presidio una donna e sua figlia sono state
pescate con della merce non pagata e consegnate ai carabinieri. Gli
antirazzisti sono allora entrati nel centro commerciale per denunciare
quanto stava accedendo: due persone portate in caserma per una mezza
borsata di roba da mangiare. Un segno, anche questo, dei tempi grami
che corrono.
In serata dai picchetti di Origgio è arrivata la notizia che
l'azienda aveva annunciato il reintegro di Jackson, un lavoratore dello
Sri Lanka licenziato qualche tempo fa per il suo ruolo attivo.
Una foto dello striscione a quest'indirizzo: http://piemonte.indymedia.org/article/3689
Il presidio è stato organizzato nell'ambito dell'Assemblea Antirazzista di Torino
R. Em.
Sabato 20 dicembre a Parma si è tenuto un presidio della Rete
di Lotta per la Casa per denunciare l'inadeguatezza dell'intervento
dell'amministrazione comunale in merito all'emergenza abitativa che
coinvolge un numero sempre maggiore di lavoratori italiani e migranti.
Gli ultimi episodi eclatanti, una coppia di anziani di cui uno con una
grave invalidità che dopo lo sfratto dell'Acer minacciano di
darsi fuoco e una famiglia con quattro bambini il cui sfratto è
stato evitato solo grazie all'intervento di militanti della Rete di
Lotta per la Casa, sono solo la punta dell'iceberg di una situazione
gravissima, caratterizzata dall'aumento esponenziale degli sfratti per
morosità (le famiglie non riescono più a pagare gli
affitti così come le quote del mutuo) e dall'accesso negato ad
ampie fasce della popolazione al diritto alla casa, in particolare i
giovani, i migranti, le famiglie di giovani lavoratori. Il Comune di
Parma, colpevole di un gravissimo immobilismo sulla questione casa da
10 anni a questa parte, oggi si trova del tutto impreparato di fronte
all'aggravarsi della situazione determinata dall'incalzare della crisi
economica. Immobilismo aggravato dall'unico intervento realizzato in
tempi brevissimi dal Comune cioè la vendita di oltre cento case
popolari, senza peraltro costruire in cambio neanche un nuovo alloggio
popolare. I provvedimenti con tanta enfasi annunciati sui mass media se
analizzati nel concreto dimostrano solo la loro inconsistenza.
Diritti in Casa, Rete di Lotta per la Casa