Umanità Nova, n.2 del 18 gennaio 2009, anno 89

Materiale per il dibattito. Dove va il sindacalismo di base?


E' sempre motivo di orgogliosa auto-gratificazione quando esponenti di grande esperienza come Cosimo Scarinzi rispondono (1) a semplici militanti come il sottoscritto, anche se in toni alquanto piccati, benché mal celati dietro ridanciano – e un po' eccessivo – sarcasmo, cosa che tradisce evidentemente una certa ritrosia ad affrontare in modo paritario chi non la pensa come lui ed un certo livore sull'argomento.
Senza scomodare le nonne (ah, quanta esperienza spesso sprecata!) o il resto del parentado, a me l'atteggiamento del compagno Scarinzi (nonché toni e stile) ha ricordato quello di certi baroni universitari (per non dire altro) che ho avuto modo di frequentare che, se messi in difficoltà, dall'alto del loro indiscutibile prestigio, non trovavano di meglio che cercare di ridicolizzare il malcapitato di turno, con buona pace della propensione dialettica altrove esaltata, e spostare volutamente il discorso su temi e argomenti ben differenti da quelli sollevati.
L'ultimo interessante articolo del compagno Scarinzi, infatti, che vuole essere di risposta ad un mio precedente (2), è quasi interamente dedicato alla polemica scaturita dall'assemblea al Cinema Smeraldo, quando il mio articolo menzionato si limitava a citarla, evitando di addentrarmi nel dibattito conseguente. Da compagni solitamente accorti come lo Scarinzi, questa svista è parecchio significativa, e non fa che rilanciare con forza l'opinione che il suddetto compagno abbia preferito eludere le questioni da me sollevate, rifugiandosi in un più comodo argomento prescelto. Per amor di precisione, e per rispondere al compagno che chiedeva se l'USI-AIT avrebbe aderito ad un patto di stretta unità tra sei sigle sindacali, va detto che personalmente non ne ho la minima idea (3); l'ipotesi è comunque poco attraente nonché poco realistica in generale (visto cosa è scaturito da quel presunto accordo), e comunque nessuno su UN ha mai rimpianto il non essere stato presente, anzi!, tanto meno l'articolo scatenante il compagno Scarinzi. Resta sintomatico che lo stesso l'abbia citata, e con così grande rilevanza, ma non ne ho colpa.
Invece mi arrogo la colpa di non aver condiviso il tono enfatico messo dallo Scarinzi in tutti i suoi numerosissimi e, per altro, interessanti editoriali, nei quali le scelte di volta in volta fatte dalla sua organizzazione di appartenenza, diventavano imprescindibili tappe nel percorso della lotta di classe. Relativizzare di conseguenza lo sciopero del 17 ottobre nel più ampio contesto generale e togliere ad esso il valore universale e eccessivamente enfatico, non vuol dire, come invece artatamente fa supporre lo Scarinzi, che il sottoscritto abbia ritenuto quell'occasione come "non di lotta". Attribuirmi giudizi che non ho mai espresso è, oltreché poco serio, anche paradogmatico di un determinato modus operandi. Anche questo travisamento (il testo del mio articolo è semplice, nonché sempre consultabile) fa pensare.
Allo stesso tempo, rivendico invece l'osservazione, sulla quale il compagno Scarinzi svicola, che organizzare uno sciopero del sindacalismo di base senza ritenere opportuno sentire tutte le sigle presenti, sia grave, proprio per il carattere di lotta e di simbolo che questo momento assume. Nuovamente, il compagno Scarinzi non ci dice nulla.
E purtroppo, lo stesso silenzio lo si riscontra sulle ultime mie riflessioni, ossia il rischio che nei sindacati di base l'eccessiva importanza all'adempimento di servizi e del meccanismo della delega (comunque pratiche mai da me sdegnate) possano travisare l'intento originario dal quale nacque il sindacalismo di base, e se noi anarchici militanti in essi non abbiamo il diritto/dovere di "assumere un atteggiamento meno subalterno e meno eccessivamente pragmatico da "real-politik", certamente più disincantato e coraggioso, cercando di fare tutto il possibile per scongiurare che il sindacalismo di base si trasformi in qualcosa di così diverso da quello che siamo"(4).
Analogamente, lo Scarinzi tace sull'importanza che i libertari dovrebbero dare al metodo, alla cosiddetta "forma", il rispetto della quale, come il compagno Scarinzi sempre ha insegnato, dovrebbe per noi avere la stessa importanza della "sostanza". Lo Scarinzi glissa tranquillamente, citando i rimproveri della gagliarda nonna – sic – e analisi "smeraldo-logiche" evidentemente fuoriluogo.
Quest'ultimo silenzio resta comunque meno inquietante del tentativo di demonizzare le argomentazioni altrui deridendo chi ha osato non adeguarsi all'ipse dixit di turno. Almeno, se mi si vuole rispondere, lo si facesse su quanto scrivo, visto, che, qualche volta, capita anche ad altri di affrontare tematiche sindacali…Forse è proprio questa alterigia e supponenza, che lo porta addirittura a giudicare eventuali "danni" per taluni sindacati a causa di una supposta "autoesclusione di singoli" a questo sciopero (guardasse in casa sua, verrebbe da dire) a rendere un buon servizio a quelle organizzazioni rivendicanti orgogliosamente la propria identità libertaria. Con buona pace del compagno Scarinzi.

M.Ilari


1 UN, a.88, n.40
2 UN, a. 88, n.36
3 Essendo una persona e non un sindacato, per mia fortuna. Lo si chieda all'USI-AIT, non a me.
4 UN, ib.

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