E' sempre motivo di orgogliosa auto-gratificazione quando esponenti
di grande esperienza come Cosimo Scarinzi rispondono (1) a semplici
militanti come il sottoscritto, anche se in toni alquanto piccati,
benché mal celati dietro ridanciano – e un po' eccessivo –
sarcasmo, cosa che tradisce evidentemente una certa ritrosia ad
affrontare in modo paritario chi non la pensa come lui ed un certo
livore sull'argomento.
Senza scomodare le nonne (ah, quanta esperienza spesso sprecata!) o il
resto del parentado, a me l'atteggiamento del compagno Scarinzi
(nonché toni e stile) ha ricordato quello di certi baroni
universitari (per non dire altro) che ho avuto modo di frequentare che,
se messi in difficoltà, dall'alto del loro indiscutibile
prestigio, non trovavano di meglio che cercare di ridicolizzare il
malcapitato di turno, con buona pace della propensione dialettica
altrove esaltata, e spostare volutamente il discorso su temi e
argomenti ben differenti da quelli sollevati.
L'ultimo interessante articolo del compagno Scarinzi, infatti, che
vuole essere di risposta ad un mio precedente (2), è quasi
interamente dedicato alla polemica scaturita dall'assemblea al Cinema
Smeraldo, quando il mio articolo menzionato si limitava a citarla,
evitando di addentrarmi nel dibattito conseguente. Da compagni
solitamente accorti come lo Scarinzi, questa svista è parecchio
significativa, e non fa che rilanciare con forza l'opinione che il
suddetto compagno abbia preferito eludere le questioni da me sollevate,
rifugiandosi in un più comodo argomento prescelto. Per amor di
precisione, e per rispondere al compagno che chiedeva se l'USI-AIT
avrebbe aderito ad un patto di stretta unità tra sei sigle
sindacali, va detto che personalmente non ne ho la minima idea (3);
l'ipotesi è comunque poco attraente nonché poco
realistica in generale (visto cosa è scaturito da quel presunto
accordo), e comunque nessuno su UN ha mai rimpianto il non essere stato
presente, anzi!, tanto meno l'articolo scatenante il compagno Scarinzi.
Resta sintomatico che lo stesso l'abbia citata, e con così
grande rilevanza, ma non ne ho colpa.
Invece mi arrogo la colpa di non aver condiviso il tono enfatico messo
dallo Scarinzi in tutti i suoi numerosissimi e, per altro, interessanti
editoriali, nei quali le scelte di volta in volta fatte dalla sua
organizzazione di appartenenza, diventavano imprescindibili tappe nel
percorso della lotta di classe. Relativizzare di conseguenza lo
sciopero del 17 ottobre nel più ampio contesto generale e
togliere ad esso il valore universale e eccessivamente enfatico, non
vuol dire, come invece artatamente fa supporre lo Scarinzi, che il
sottoscritto abbia ritenuto quell'occasione come "non di lotta".
Attribuirmi giudizi che non ho mai espresso è, oltreché
poco serio, anche paradogmatico di un determinato modus operandi. Anche
questo travisamento (il testo del mio articolo è semplice,
nonché sempre consultabile) fa pensare.
Allo stesso tempo, rivendico invece l'osservazione, sulla quale il
compagno Scarinzi svicola, che organizzare uno sciopero del
sindacalismo di base senza ritenere opportuno sentire tutte le sigle
presenti, sia grave, proprio per il carattere di lotta e di simbolo che
questo momento assume. Nuovamente, il compagno Scarinzi non ci dice
nulla.
E purtroppo, lo stesso silenzio lo si riscontra sulle ultime mie
riflessioni, ossia il rischio che nei sindacati di base l'eccessiva
importanza all'adempimento di servizi e del meccanismo della delega
(comunque pratiche mai da me sdegnate) possano travisare l'intento
originario dal quale nacque il sindacalismo di base, e se noi anarchici
militanti in essi non abbiamo il diritto/dovere di "assumere un
atteggiamento meno subalterno e meno eccessivamente pragmatico da
"real-politik", certamente più disincantato e coraggioso,
cercando di fare tutto il possibile per scongiurare che il sindacalismo
di base si trasformi in qualcosa di così diverso da quello che
siamo"(4).
Analogamente, lo Scarinzi tace sull'importanza che i libertari
dovrebbero dare al metodo, alla cosiddetta "forma", il rispetto della
quale, come il compagno Scarinzi sempre ha insegnato, dovrebbe per noi
avere la stessa importanza della "sostanza". Lo Scarinzi glissa
tranquillamente, citando i rimproveri della gagliarda nonna – sic – e
analisi "smeraldo-logiche" evidentemente fuoriluogo.
Quest'ultimo silenzio resta comunque meno inquietante del tentativo di
demonizzare le argomentazioni altrui deridendo chi ha osato non
adeguarsi all'ipse dixit di turno. Almeno, se mi si vuole rispondere,
lo si facesse su quanto scrivo, visto, che, qualche volta, capita anche
ad altri di affrontare tematiche sindacali…Forse è proprio
questa alterigia e supponenza, che lo porta addirittura a giudicare
eventuali "danni" per taluni sindacati a causa di una supposta
"autoesclusione di singoli" a questo sciopero (guardasse in casa sua,
verrebbe da dire) a rendere un buon servizio a quelle organizzazioni
rivendicanti orgogliosamente la propria identità libertaria. Con
buona pace del compagno Scarinzi.
M.Ilari
1 UN, a.88, n.40
2 UN, a. 88, n.36
3 Essendo una persona e non un sindacato, per mia fortuna. Lo si chieda all'USI-AIT, non a me.
4 UN, ib.