Umanità Nova, n.3 del 25 gennaio 2009, anno 89

Femare il massacro, disertare la guerra


Così come per la Jugoslavia, il Ruanda, l'Afghanistan e l'Iraq, si accendono le televisioni, si scorrono i siti internet e, per tutti, dopo un po', il rischio di assuefazione sale.
Le notizie si ripetono tragicamente e macabramente uguali a se stesse accompagnate dalle medesime immagini: ieri 40 morti, oggi "solo" 20 e domani chissà…
Sono notizie e immagini di guerra e non potrebbero essere altrimenti.
La guerra uccide, massacra, devasta, lacera i corpi e le coscienze.
Oggi i riflettori massmediatici sono tutti puntati su un piccolo angolo di mondo, qualche decina di chilometri per lo più desertici abitati da un martoriato popolo a cui si nega ormai il diritto stesso all'esistenza: il popolo palestinese.
Da decenni sottostà al tallone coloniale dello Stato sionista d'Israele ed oggi è, per l'ennesima volta, vittima di una macelleria umana condotta con tecniche e mezzi di guerra che ricordano molto quanto messo all'opera dall'esercito nazista tedesco e fascista italiano durante il secondo conflitto mondiale: accerchiamento militare di zone intere di paese, rappresaglie indiscriminate, disprezzo per ogni convenzione o accordo di carattere internazionale, ecc.
Le immagini scorrono nelle nostre televisioni e il sangue, copioso misto a sabbia, scorre per le strade e le case di Gaza.
In tutto il mondo scorrono invece fiumi di parole e d'inchiostro: chi condanna, chi appoggia, chi riflette, chi analizza. Parole, parole e soltanto parole e il popolo di Palestina continua a morire ammazzato.
In questi tragici giorni è giusto indignarsi, avere un moto di rabbia che ci faccia sobbalzare dai torpori e dai gas mortiferi dell'omologazione mass-mediatica, scendere nelle piazze e nelle strade a portare la nostra solidarietà a chi di questa ennesima guerra ne è vittima e tutta la nostra rabbia e collera verso chi ne è artefice, ma, sì perché c'è sempre un ma, tutto questo non basta.
A noi anarchici non appartengono retoriche da trincea, simbolo di putrida guerra di confine, ma anteponiamo la dinamica simbologia della barricata della rivoluzione sociale.
Ed è a coloro che, in terra di Palestina, a stella di Davide e bandiera verde islamica preferiscono i colori rosso-neri dell'anarchia e arcobaleno della pace; a coloro che, nel fuoco delle battaglie, negli orrori delle guerre colonialiste e nazionaliste, cercano di costruire ponti di dialogo e di libera convivenza – scevra da ideologismi totalitari "laici" o religiosi che siano – tra chi, oggi, artificialmente, è stato messo nelle condizioni di combattersi, che dobbiamo portare la nostra solidarietà militante.
La società civile palestinese non è solo islamizzata e rappresentata da Hamas, come la stampa occidentale filo-israeliana vuol farci credere e, specularmente, l'appoggio al governo israeliano e alle sue criminali guerre non è così totale nel popolo d'Israele.
Vi sono in entrambe le società germogli di alternative alla barbarie presente.
In Israele, da diversi anni, esiste un gruppo denominato "Anarchici contro il Muro" che combatte, con il metodo dell'azione diretta e in collaborazione con gli abitanti arabi dei villaggi palestinesi, la politica colonialista del governo di Tel Aviv.
Anche in questi tragici giorni la loro azione e la loro presenza è sempre stata costante nelle zone di conflitto come nelle strade di Tel Aviv.
Le manifestazioni di protesta si sono susseguite a cadenza giornaliera, cosi come i blocchi davanti alle caserme e nelle zone di confine.
Azioni, queste, che hanno comportato pestaggi, denunce e arresti a danno dei compagni anarchici e degli internazionalisti che vi hanno partecipato.
Sempre più aumentano le diserzioni e il rifiuto alla leva obbligatoria nella gioventù israeliana, così come i "volontari al martirio" suicida tra i giovani palestinesi.
Ed è con questa parte di società israeliana e palestinese che gli anarchici devono parlare, solidarizzare e aiutare concretamente.
Quando gli eventi prendono questa direzione non è più tempo delle parole ma dell'azione militante.
Ecco perché è necessario, in accordo con compagni israeliani e palestinesi, ipotizzare azioni di boicottaggio e sabotaggio verso gli interessi economico-militari dei governi israeliani e dei satrapi medio-orientali come Egitto, Siria, Hamas, A.N.P. ecc.
Già in diverse parti del mondo vi sono state azioni dirette di boicottaggio come l'aver impedito l'attracco e partenza di navi cariche di armi da guerra per Israele (Grecia).
È possibile boicottare l'acquisto di prodotti "Made in Israel" rifacendosi al codice a barre 729, ecc.
Piccole cose, semplici azioni quotidiane ma che, granello dopo granello, inceppano l'oliato meccanismo della guerra, delle loro putride trincee a stella di Davide o bandiera verde di Hamas.
A pagina 2 un piccolo ma esemplificativo report da "Anarchici contro il muro".

Paolo Masala


[seguito a pag 2:]

Sabato 3 gennaio
Durante la settimana sono stati diffusi appelli per la manifestazione di sabato a nome della coalizione delle organizzazioni contro la guerra a in Gaza, di cui gli Anarchici Contro il Muro fanno parte:
"Il massacro a Gaza continua. Centinaia sono i morti, migliaia i feriti, i raid aerei hanno provocato devastazioni profonde ed intere famiglie sono sfollate prive di casa.
I civili a sud di Israele sono tenuti in ostaggio da un governo che ne fa uso ed abuso. La distruzione e la morte a Gaza non danno loro nessun futuro, bensì ancora violenza ed uccisioni.
Venite alla protesta sabato 3.1.2009, a Tel Aviv. Insieme ci faremo sentire: Fermare il massacro! No all'assedio! Sì alla vita per entrambi i popoli!
In questi giorni bui, diffondiamo il nostro messaggio: Ebrei ed Arabi si rifiutano di essere nemici!
Noi chiediamo: una piena tregua e di togliere l'assedio a Gaza ORA!"



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