Sulla Grecia da un po' di tempo i riflettori dei media si sono
spenti. Gli inviati internazionali sono tornati a casa e analisti e
commentatori si sono occupati di altro. Ma le strade di Atene e delle
altre città greche non si sono svuotate. Migliaia di studenti,
lavoratori, disoccupati, migranti continuano una mobilitazione che,
partita dalla denuncia di un omicidio di stato, ha investito tutta la
struttura sociale greca, le sue leggi e le politiche governative. Nelle
università si discute di come continuare ed estendere una lotta,
che, per forza di cose, per poter proseguire deve allargarsi a macchia
d'olio a tutta la società. Non è compito facile, ma
occorre provarci. Molti segnali positivi in questo senso ci sono
già: gli studenti delle scuole superiori si stanno muovendo sia
insieme agli universitari sia autonomamente (il 9 gennaio un grande
corteo studentesco ha attraversato Atene), gli scioperi in diversi
settori del pubblico e del privato continuano, molti sindacati di base
(in Grecia vi sono decine di sindacati, molti dei quali autorganizzati)
continuano ad appoggiare e sostenere la lotta. Diversi medici stanno
discutendo su come occupare e autogestire gli ospedali, in modo da
evitare gli arresti dei feriti da parte della polizia e migliorare le
cure.
Anche i lavoratori della stampa greca sono in agitazione: sabato 10
gennaio è stato occupato il quartier generale dell'ESIEA (il
sindacato dei giornalisti greci). L'occupazione, ancora in corso,
è stata messa in pratica per sottolineare le critiche
all'industria mediatica e alla manipolazione delle notizie e per
discutere su un nuovo modo di fare informazione, oltre che contro il
precariato imperante in questo settore, i servizi non pagati e i
contratti capestro.
C'è un'altra importante componente della società greca
che si sta mobilitando contro il governo: i migranti hanno iniziato
scendere in piazza, sostenuti dai compagni e dalle compagne anarchiche,
contro le leggi sull'immigrazione e contro la repressione che vede
anche loro fra le principali vittime. Il 23 dicembre Konstantina
Kouneva, immigrata di origine bulgara, attivista nei sindacati di base
e impiegata di una ditta privata di pulizie nell'Isap (la metropolitana
greca), viene colpita con dell'acido al volto. Kostantina aveva
già ricevuto molte minacce dai padroni dell'azienda, a causa
della sua attività sindacale e il giorno prima del tentato
omicidio (perché di questo si tratta) aveva avuto un duro
confronto con l'azienda per cui lavorava. Non c'è dubbio che
Kostantina sia stata aggredita per la sua lotta in difesa dei
lavoratori, per la maggior parte migranti. Ora si trova ancora
ricoverata all'ospedale, con gravi ustioni al volto. In seguito a
questo vile gesto, molti lavoratori migranti hanno manifestato per
portare la loro solidarietà. Due delle maggiori comunità
immigrate in Grecia, quella albanese e quella pakistana, stanno
lottando da anni per i permessi di soggiorno e per condizioni di vita
decenti e hanno portato un loro contributo alla lotta di questi mesi.
Nel frattempo da parte delle istituzioni vengono messi in campo due
elementi che da sempre accompagnano le mobilitazioni: menzogne e
repressione. Le menzogne servono a screditare e gettare fango sui
manifestanti, facendoli passare per terroristi e vandali, mentre
attraverso la repressione vengono colpiti i militanti più attivi
e il governo tenta, senza riuscirvi, di spezzare i cardini della
mobilitazione. Su arresti e ferimenti le notizie sono frammentarie, ma
al momento ci sono stati almeno 315 arresti e almeno 67 persone sono in
questo momento detenute in seguito alle proteste. Non si contano i
manifestanti feriti in seguito alle cariche e all'uso di gas
urticante, anche perché molti di loro rifiutano le cure
ospedaliere per il timore fondato di essere arrestati.
In questo ultimo periodo sono stati rivendicati due attentati contro la
polizia da parte del gruppo "Lotta rivoluzionaria" ("Epanastikos
Agonas"). Il gruppo ha inviato un testo di otto pagine al settimanale
satirico Pontiki, nel quale rivendica sia l'attentato del 5 gennaio
contro tre poliziotti davanti al ministero della Cultura a Exarchia,
nel centro di Atene - che aveva causato un ferito grave - sia quello
del 23 dicembre contro un furgone della polizia, senza feriti.
Aldilà di episodi come questi, che sono marginali sia
perché sono numericamente limitati sia perché vengono
messi in pratica da pochi individui, slegati (o almeno così
appare dal comunicato di rivendicazione) dalla mobilitazione generale,
la società greca è sicuramente in subbuglio. La rabbia
dei giorni immediatamente successivi alla morte di Alexis non si
è affatto placata, ma anzi è accompagnata da un'analisi
profonda e da una critica radicale alla società greca nel suo
complesso.
Per il momento il governo sta facendo il cieco e il sordo di fronte a
una conflitto esteso come non si vedeva da tempo, ma questo equilibrio
precario non potrà durare per molto: prima o poi qualcuno fra i
contendenti dovrà cedere. E noi sappiamo bene da che parte stare.
raffaele