Umanità Nova, n.3 del 25 gennaio 2009, anno 89

A giocare col nero perdi sempre


"Al Nord, - si rivendica con decisione – in tutto il territorio della Repubblica Sociale Italiana, tutte le formazioni militari combattenti contro il legittimo governo fascista repubblicano non possono che essere considerate delle bande irregolari e come tali trattate, sempre in adesione a quanto previsto dalle vigenti convenzioni in fatto di diritto internazionale bellico: questa considerazione non ne inficia la legittimità (riconoscimento del diritto delle minoranze a ribellarsi), ma implica un diverso trattamento giuridico. Non si può pensare di riservare lo stesso trattamento a chi combatte vestendo una uniforme riconoscibile (...) e a chi opera nell'ombra, in abiti civili nascosto nella popolazione civile, con le armi nascoste, impossibile a riconoscersi a prima vista come militare."1 Così racconta, nelle sue memorie romanzate del secondo dopoguerra, il fascista Luigi del Bono.
In estrema sintesi questo brevissimo tratto autobiografico che cosa ci dice? Che il governo legittimo è quello della Repubblica Sociale Italiana, con i corollari che ne conseguono, ovvero la continuazione della guerra a fianco della Germania nazista, la legittimazione delle leggi razziali, le deportazioni nei lager e nei "villaggi vacanza" casalinghi o esteri, la distruzione e la morte in servaggio all'idea di onore, di nazione, del duce e del fascismo. All'interno di questo corollario non vi è posto, se non nella morte, nelle torture, nei rastrellamenti, dei "traditori", degli "imboscati", dei "disertori", dei "ribelli", cioè dei partigiani e di chi dà loro supporto e sostegno. Partigiani da trattare come sub-umani parimenti agli zingari, agli ebrei, ai devianti sociali, ai rivoluzionari e democratici in genere. Questa è la memoria delle generazioni che fecero Salò e di quelle che, rovinosamente, abbracciandone il testimone, se ne fecero eredi, ovvero tutta la galassia neofascista post-bellica. Una memoria per essere tale deve essere condivisa, ma soprattutto deve essere attuale. Cerco di spiegarmi meglio. Chi rivendica la storia della propria parte, e conseguentemente la sua giustezza, non lo fa solamente per quello che fu ieri, ma lo fa soprattutto per l'oggi, ovvero per il momento in cui la racconta. Una riappacificazione con i fascisti non è possibile soltanto per quello che hanno fatti ieri, ma perché rivendicando quel passato adesso, lo attualizzano e lo giustificano. Sosterrebbero ora le nefandezze di ieri. Se così non fosse non ci sarebbe alcun bisogno di rivendicare una memoria, ma altrimenti di mettere nel cassetto dell'oblio la propria vergogna per un momento che si spera non venga più. Allora ci sarebbe solo una memoria condivisa, che sarebbe una memoria tremendamente di parte, quella partigiana. E poi c'è la nostra memoria, che seppur schierata non collima necessariamente ed assolutamente con altre memorie, ma che conserva gelosamente la sua diversità: "Noi vogliamo i componenti della società umana eguali tutti nei diritti e nei doveri... vogliamo perciò l'abolizione del sistema capitalistico, il quale è la fonte prima di tutte le ingiustizie umane e sociali... e della conseguente dominazione politica... perché esercita la forza coercitiva necessaria per mantenere soggetti al capitalismo gli sfruttati... vogliamo in conseguenza l'abolizione dello Stato... che non esistano più classi... vogliamo in conseguenza che ogni essere umano valido... entri a far parte delle differenti e molteplici categorie di produttori, e che tutte in ugual modo e ad assoluta parità di condizioni partecipino all'opera comune di produzione della ricchezza sociale in misura dei bisogni della comunità umana... ma sempre tutti in piena parità di diritti in materia di consumo e privi di qualsiasi privilegio materiale...". E ancora, guardando al domani della liberazione, nell'articolo "Il pensiero della Federazione Comunista Anarchica Italiana" troviamo scritto: "Nel prossimo periodo di attività rivoluzionaria, che deve preparare la costruzione di una nuova vita sociale, che sorgerà faticosamente dalle rovine nelle quali il fascismo e il militarismo lasceranno il paese, ed affinché sia estirpato ogni residuo di fascismo, e non ne sia possibile la riproduzione, si dovrà lottare: 1) Contro ogni mascheramento del fascismo che cerchi si sopravvivere, ossia non si dovrà prestare nessuna fiducia od appoggio a nessun movimento di fascismo dissidente di destra o di sinistra; 2) Contro ogni forma sedicente transitoria di dittatura militare, che prelude all'instaurazione di nuove dittature liberticide, e quindi anche contro ogni compromesso colla feroce ed inetta monarchia... Si dovrà poi lottare contro la perpetuazione della proprietà privata, che essendo originata dal lavoro di tutti, deve ritornare a tutti, e contro la perpetuazione di frontiere nazionali, che comportano i pericoli di nuove guerre."2
La nostra memoria non può in alcun modo, per giochetti politici estranei alla storia anarchica, conciliarsi, ne essere riconciliata, perché la memoria di allora è azione per l'oggi.

Pietro Stara


1 Del Bono, Il mare nel bosco, Volpe Roma 1960 citato in Francesco Germinario, L'altra memoria. L'estrema destra, Salò e la Resistenza, Bollati Boringhieri, Torino 1999, pag. 107
2 Guido Barroero, Anarchismo e Resistenza in Liguria, Edizioni AltraStoria, Genova 2004

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