"Al Nord, - si rivendica con decisione – in tutto il territorio
della Repubblica Sociale Italiana, tutte le formazioni militari
combattenti contro il legittimo governo fascista repubblicano non
possono che essere considerate delle bande irregolari e come tali
trattate, sempre in adesione a quanto previsto dalle vigenti
convenzioni in fatto di diritto internazionale bellico: questa
considerazione non ne inficia la legittimità (riconoscimento del
diritto delle minoranze a ribellarsi), ma implica un diverso
trattamento giuridico. Non si può pensare di riservare lo stesso
trattamento a chi combatte vestendo una uniforme riconoscibile (...) e
a chi opera nell'ombra, in abiti civili nascosto nella popolazione
civile, con le armi nascoste, impossibile a riconoscersi a prima vista
come militare."1 Così racconta, nelle sue memorie romanzate del
secondo dopoguerra, il fascista Luigi del Bono.
In estrema sintesi questo brevissimo tratto autobiografico che cosa ci
dice? Che il governo legittimo è quello della Repubblica Sociale
Italiana, con i corollari che ne conseguono, ovvero la continuazione
della guerra a fianco della Germania nazista, la legittimazione delle
leggi razziali, le deportazioni nei lager e nei "villaggi vacanza"
casalinghi o esteri, la distruzione e la morte in servaggio all'idea di
onore, di nazione, del duce e del fascismo. All'interno di questo
corollario non vi è posto, se non nella morte, nelle torture,
nei rastrellamenti, dei "traditori", degli "imboscati", dei
"disertori", dei "ribelli", cioè dei partigiani e di chi
dà loro supporto e sostegno. Partigiani da trattare come
sub-umani parimenti agli zingari, agli ebrei, ai devianti sociali, ai
rivoluzionari e democratici in genere. Questa è la memoria delle
generazioni che fecero Salò e di quelle che, rovinosamente,
abbracciandone il testimone, se ne fecero eredi, ovvero tutta la
galassia neofascista post-bellica. Una memoria per essere tale deve
essere condivisa, ma soprattutto deve essere attuale. Cerco di
spiegarmi meglio. Chi rivendica la storia della propria parte, e
conseguentemente la sua giustezza, non lo fa solamente per quello che
fu ieri, ma lo fa soprattutto per l'oggi, ovvero per il momento in cui
la racconta. Una riappacificazione con i fascisti non è
possibile soltanto per quello che hanno fatti ieri, ma perché
rivendicando quel passato adesso, lo attualizzano e lo giustificano.
Sosterrebbero ora le nefandezze di ieri. Se così non fosse non
ci sarebbe alcun bisogno di rivendicare una memoria, ma altrimenti di
mettere nel cassetto dell'oblio la propria vergogna per un momento che
si spera non venga più. Allora ci sarebbe solo una memoria
condivisa, che sarebbe una memoria tremendamente di parte, quella
partigiana. E poi c'è la nostra memoria, che seppur schierata
non collima necessariamente ed assolutamente con altre memorie, ma che
conserva gelosamente la sua diversità: "Noi vogliamo i
componenti della società umana eguali tutti nei diritti e nei
doveri... vogliamo perciò l'abolizione del sistema
capitalistico, il quale è la fonte prima di tutte le ingiustizie
umane e sociali... e della conseguente dominazione politica...
perché esercita la forza coercitiva necessaria per mantenere
soggetti al capitalismo gli sfruttati... vogliamo in conseguenza
l'abolizione dello Stato... che non esistano più classi...
vogliamo in conseguenza che ogni essere umano valido... entri a far
parte delle differenti e molteplici categorie di produttori, e che
tutte in ugual modo e ad assoluta parità di condizioni
partecipino all'opera comune di produzione della ricchezza sociale in
misura dei bisogni della comunità umana... ma sempre tutti in
piena parità di diritti in materia di consumo e privi di
qualsiasi privilegio materiale...". E ancora, guardando al domani della
liberazione, nell'articolo "Il pensiero della Federazione Comunista
Anarchica Italiana" troviamo scritto: "Nel prossimo periodo di
attività rivoluzionaria, che deve preparare la costruzione di
una nuova vita sociale, che sorgerà faticosamente dalle rovine
nelle quali il fascismo e il militarismo lasceranno il paese, ed
affinché sia estirpato ogni residuo di fascismo, e non ne sia
possibile la riproduzione, si dovrà lottare: 1) Contro ogni
mascheramento del fascismo che cerchi si sopravvivere, ossia non si
dovrà prestare nessuna fiducia od appoggio a nessun movimento di
fascismo dissidente di destra o di sinistra; 2) Contro ogni forma
sedicente transitoria di dittatura militare, che prelude
all'instaurazione di nuove dittature liberticide, e quindi anche contro
ogni compromesso colla feroce ed inetta monarchia... Si dovrà
poi lottare contro la perpetuazione della proprietà privata, che
essendo originata dal lavoro di tutti, deve ritornare a tutti, e contro
la perpetuazione di frontiere nazionali, che comportano i pericoli di
nuove guerre."2
La nostra memoria non può in alcun modo, per giochetti politici
estranei alla storia anarchica, conciliarsi, ne essere riconciliata,
perché la memoria di allora è azione per l'oggi.
Pietro Stara
1 Del Bono, Il mare nel bosco, Volpe Roma 1960 citato in Francesco
Germinario, L'altra memoria. L'estrema destra, Salò e la
Resistenza, Bollati Boringhieri, Torino 1999, pag. 107
2 Guido Barroero, Anarchismo e Resistenza in Liguria, Edizioni AltraStoria, Genova 2004