Umanità Nova, n.3 del 25 gennaio 2009, anno 89

Bel lAvoro


Siviglia: solidarietà a N. Sguiglia e J. Toret

Il 29 aprile 2006 oltre un centinaio di precari irruppero mascherati nel supermercato PLUS nella Calle Arroyo di Siviglia accompagnati dalla "Virgen de la Precariedad". Per quasi un'ora bloccarono le casse del supermercato cantando slogan, chiedendo lavoro e diritti sociali per tutti e uscirono infine dai locali insieme a tre carrelli carichi di merce. La protesta era stata organizzata per denunciare il licenziamento di Fatima Fernandez, allontanata dalla proprietà perchè in stato di gravidanza, e in generale per denunciare la situazione del lavoro precario e la mancanza di diritti per i lavoratori, nel quadro delle mobilitazioni per la MayDay 2006. Nicolas Sguiglia e Javier Toret, rappresentanti sindacali rispettivamente della CGT e della SOC-SAT intervennero per giungere a un accordo con la proprietà, sottolineando il carattere pacifico della protesta. Il gestore del supermercato ha invece denunciato i due compagni alla polizia accusandoli di essere i responsabile dell'azione. Per questo il pubblico ministero ha chiesto 2 anni di carcere per il reato di "rapina con intimidazioni" a seguito dell'esproprio di 3 carrelli con merce per il valore approssimativo di 287 euro. Il 23 gennaio 2009 inizierà il processo presso il tribunale di Siviglia. E' stato pertanto diffuso un appello al sostegno ed alla solidarietà da parte di tutti per chiedere l'assoluzione per i due compagni e per dare una risposta forte ed unitaria alla criminalizzazione delle lotte sociali. E' possibile inviare un messaggio di appoggio alla Confederación General del Trabajo de Andalucía (CGT-A) andalucia@cgt.es
http://es.youtube.com/watch?v=fTuX8VK4Keg&feature=channel_page

La resistenza contro la  Innse

Mercoledì mattina 15 gennaio c.a. una cinquantina tra poliziotti e carabinieri, assistiti dalla Digos, per la seconda volta si sono presentati ai cancelli della Innse, azienda metalmeccanica, in via Rubattino (Milano) per consentire agli 8 camion del proprietario Silvano Genta di caricare i macchinari, svuotando la fabbrica. picchetto di duecento persone, tra operai, studenti e militanti dell'area antagonista, si è opposto decisamente. La tensione, senza arrivare allo scontro, è durata dalle 6 alle 13, dopodichè quelle che chiamano "le forze dell'ordine" hanno desistito.
Come abbiamo già spiegato in un nostro comunicato pubblicato sul n 31 di UN 2008, quando i 50 dipendenti della Innse in data 31-5-08 hanno ricevuto la lettera di licenziamento, con la comunicazione della cessazione dell'attività, hanno occupato la fabbrica praticando l'autogestione della produzione. L'esperienza si è interrotta il 17 settembre, dopo 100 giorni, quando la polizia, in esecuzione del decreto della magistratura, ha attuato lo sgombero.
Da quel giorno i 49 lavoratori, uno è deceduto nel periodo della lotta, in maniera compatta presiedono i cancelli, con turni giornalieri, notturni e festivi, insediati nella portineria, dove hanno anche allestito una propria mensa.
Vogliono impedire lo smantellamento della fabbrica, determinata solo da motivi di speculazione edilizia sul territorio, malgrado sia tuttora produttivamente redditizia.

Guai ad opporsi al padrone Maserati

L'azienda minaccia di cacciare via gli interinali e tu, sindacalista, decidi di schierarti al loro fianco e combattere questa ingiustizia? Scontato e matematico che l'azienda, prima o poi, te la faccia  pagare. Il pretesto non fanno fatica a trovarlo, l'importante per i padroni è dare l'esempio. Infatti, Eugenio Scogamiglio, delegato della Fiom (membro della Rete 28 aprile) alla Maserati di Modena, è stato punito con il licenziamento. Non sempre, però, per le aziende le cose vanno per il giusto verso. Una sostenuta mobilitazione dei colleghi (sia precari che a tempo indeterminato) si è schierata contro il licenziamento, decisa a dire no a questa sopraffazione e a rispondere a quello che viene vissuto come un vero e proprio sopruso.

Le stragi sul lavoro

Circa un anno fa la strage alla ThyssenKrupp di Torino: 4 operai bruciati vivi, altri 3 morti dopo giorni di terribile agonia. Oggi ha preso il via il processo ai vertici dell'azienda, ai quali per la prima volta viene contestato l'omicidio volontario. Nella fabbrica, con la complicità dei sindacati confederali, erano stati imposti turni di lavoro di 12 ore. Subito dopo, tutti a spargere lacrime false e retoriche: i padroni, i politici, i sindacati confederali.
Nonostante il "nuovo" Testo unico sulla sicurezza, le morti sul lavoro continuano, al drammatico ritmo "ufficiale" di  4 al giorno, 1.500 all'anno.
In realtà, se ai dati Inail si aggiungono gli incidenti dei lavoratori, italiani e stranieri, che lavorano in nero e le morti causate dalle malattie professionali, il numero dei morti sul lavoro e di lavoro supera l'indegna cifra di 10 morti al giorno.
I morti sul lavoro non sono mai una fatalità: sono parte della brutalità e della violenza del capitalismo e della sua logica del profitto; non ci sono vittime del destino, ma lavoratori assassinati dall'aumento dello sfruttamento e dal cinismo dei padroni.

La lotta dei lavoratori Honda in India

I lavoratori della Honda Siel Power Products, situata nelle vicinanze di Rudrapur (stato dell'Uttaranchal) India, stanno portando avanti da quasi 2 anni una tenace lotta per opporsi al tentativo della multinazionale nipponica di spostare altrove gli impianti. Situato ai piedi dell'Himalaya, lo stato dell'Uttarachal aveva a suo tempo offerto generosi incentivi ai capitali privati che avessero impiantato industrie nel suo territorio, fornendo gratuitamente energia elettrica, acqua, esenzioni fiscali e addirittura una moratoria nel pagamento delle tasse locali. La Honda aveva quindi nel 1987 iniziato la produzione di pompe per l'acqua, motori e generatori elettrici. Venti anni dopo però, cessate le esenzioni, i sussidi e i benefit governativi, la Honda aveva annunciato la fine delle attività rivelando che, nonostante ciò richiedesse un permesso dello stato dove erano, esse sarebbero state spostate nella Greater Noida Special Economic Zone, nelle vicinanze di Delhi, stato dell'Uttar Pradesh. Con nipponica sicurezza, invece di attendere il beneplacito del governo locale, la Honda aveva annunciato il 1 agosto 2007 l'inizio della dismissione. Di qui erano partite le prime azioni dei lavoratori che hanno alternato iniziative legali ad azioni più immediate, quali il picchettaggio degli impianti. Per molti mesi infatti i lavoratori hanno letteralmente circondato il sito per impedire alla Honda di rimuovere i macchinari e continuano tuttora il blocco nonostante siano stati più volte attaccati dalla Polizia locale ed abbiano addirittura dovuto ingaggiare battaglia contro i picchiatori inviati dalla multinazionale nipponica. Per la fine del mese di gennaio si attende un parere favorevole da parte della locale Corte Suprema sia contro  la Honda che contro il comportamento delle forze di polizia locali.


A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese

Per contattare questa rubrica: bel-lavoro@federazioneanarchica.org

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