Sicuramente l'accordo quadro firmato dalla Cisl,Uil e Ugl sulla
riforma del modello contrattuale è una nuova e pesante tegola
sulla testa dei lavoratori.
Con esso si sancisce il passaggio dal modello "concertativo", che negli
ultimi decenni ha caratterizzato le politiche del sindacalismo
confederale producendo disastri enormi sui lavoratori (riduzione dei
salari, precarizzazione del lavoro, ecc.), al modello
"collaborazionista", in cui il rapporto di subordinazione alle esigenze
del profitto aziendale è ulteriormente accentuato.
Si va a completare il progetto autoritario e regressivo contro i
diritti dei lavoratori, per cui gli effetti della crisi saranno
scaricati in modo sempre più pesante sulle loro spalle.
Il Contratto Nazionale viene liquidato definitivamente. Infatti l'accordo dice:
"per la dinamica degli effetti economici si individuerà un
indicatore della crescita dei prezzi al consumo assumendo per il
triennio – in sostituzione del tasso di inflazione programmata – un
nuovo indice previsionale costruito sulla base dell'IPCA (l'indice dei
prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l'Italia), depurato
della dinamica dei prezzi dei beni energetici importati. L'elaborazione
della previsione sarà affidata a un soggetto terzo".
Quindi da un punto di vista salariale non c'è più niente
da contrattare tra le parti, neanche quel poco di verifica tra
inflazione programmata e quella reale prevista fin'ora e che ha portato
i salari alla miseria che sono attualmente. Adesso il recupero
dell'inflazione salariale sarà affidato a un "soggetto terzo"
che sicuramente sarà un arbitro al servizio del governo, delle
banche, delle imprese. L'unica cosa sicura nel valutare
l'indicizzazione salariale sarà quella della "depurazione" dagli
effetti dei "prezzi dei beni energetici importati" (elettricità
e petrolio si presume) che incidono per circa la metà sui
processi inflazionistici.
E' un processo di autoritarismo con il superamento di fatto della
titolarità negoziale delle categorie, annullando definitivamente
l'autonomia del sindacato.
L'intesa prevede fra l'altro che i contratti abbiano scadenza
triennale, ritardando il recupero salariale attualmente previsto ogni
due anni.
L'altra perla dell'accordo è quella del salario variabile legato
alla contrattazione decentrata, affidato al secondo livello, che
costituirebbe l'unica possibilità di aumento salariale
effettivo. Sarà ancor più subordinato, rispetto agli
accordi del 23 luglio, ai risultati di produttività,
redditività, recupero efficienza delle imprese, in quanto viene
esplicitamente condizionato ad una azione di Governo che eroga
corrispondenti sgravi fiscali e risparmi contributivi a favore delle
imprese (cioè a carico della collettività).
Questi meccanismi già utilizzati nel "periodo concertativo"
hanno solo una funzione ideologica, al fine di aumentare lo
sfruttamento dei lavoratori, con la falsa illusione che possano
ricavarne dei benefici.
L'intesa, tra gli effetti negativi, riduce ulteriormente il diritto
allo sciopero, particolarmente nei servizi pubblici locali e
relativamente al secondo livello di contrattazione, e riduce
l'autonomia sindacale nel poter dichiarare sciopero, facendo ricorso
all'arbitrato.
C'è anche un preoccupante richiamo a scrivere regole comuni per
la rappresentanza, entro tre mesi, che potrebbero portare a una
ulteriore stretta antidemocratica per escludere i lavoratori e i
sindacati di base dalle decisioni.
Da notare infine che il punto 16 dell'accordo prevede che in caso di
crisi aziendale o per favorire un non meglio identificato "sviluppo
economico o occupazionale" si potrà andare ad intese specifiche
finalizzate alla modifica "in tutto o in parte, anche in via
sperimentale e temporanea" dei singoli istituti economici o normativi
dei contratti collettivi nazionali di categoria. Questo singolo punto
apre la porta allo scardinamento totale del contratto nazionale di
categoria, superandolo, in modo peggiorativo, con il contratto
aziendale.
Bonanni della Cisl, Angeletti della Uil e la Polverini della Ugl, che
evidentemente hanno dimenticato la questione "emergenza salariale",da
loro stessi tanto declamata a parole, considerano l'intesa
(dichiarazione della Polverini) "un contributo che le organizzazioni
dei lavoratori danno alla soluzione della crisi" …cioè la devono
pagare i lavoratori stessi. Pertanto dichiarano la fine del
"sindacalismo conflittuale" (non certo da parte loro) e cantano
vittoria, perché il risultato vero ottenuto è quello di
essere i principali interlocutori del Governo, a discapito della Cgil.
Sicuramente la mancata firma della Cgil all'accordo è
soprattutto la risposta alla discriminazione del Governo nei propri
confronti, più che una vera e propria differenza nei contenuti.
Lo si deduce sia dal suo preventivo accordo sull'impianto generale
della proposta in discussione, sia perché non ha fin'ora
espresso con chiarezza i motivi di contrasto sui contenuti dell'intesa.
Prevediamo un breve periodo di formali proteste, anche per dare un
contentino alla propria base delusa, dopo di che un rientro nei ranghi
dell'unità confederale, "andando a Canossa", come già
avvenuto nell'accordo con l'Alitalia. Anche perché nel PD, il
suo partito di riferimento, si è espressa una forte spaccatura
sul comportamento della Cgil.
Sicuramente la Cgil, in questa fase di pseudo opposizione, la
utilizzerà per il recupero del malcontento della propria base,
grazie anche alle sirene della "sinistra sindacale".
Da parte nostra, che abbiamo necessità di contrastare fortemente
l'accordo con la mobilitazione e la lotta, senza concedere niente a
queste false illusioni, dobbiamo utilizzare il vantaggio di un minor
controllo, che purtroppo ancora hanno i confederali su larga parte dei
lavoratori, grazie alla momentanea, pur parziale, rottura del loro
fronte.
La Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese