Nel bel mezzo del Mediterraneo, alla frontiera più
meridionale dell'Europa, le politiche del governo in materia di
immigrazione hanno scatenato un vero e proprio cortocircuito. Tensioni
accumulate per anni che, in queste ore convulse, hanno trovato sfogo in
una protesta popolare che si è fusa in maniera del tutto inedita
con le rivendicazioni degli immigrati. Gli abitanti di Lampedusa non
hanno affatto gradito la decisione del ministro Maroni di rendere
operativo un Centro di identificazione ed espulsione sul versante
occidentale dell'isola. Non certo perché i lampedusani siano
diventati improvvisamente dei convinti antirazzisti. L'istituzione di
un CIE (ex CPT, per intenderci) presuppone la presenza prolungata
sull'isola degli immigrati che, in attesa di essere rimpatriati (ovvero
deportati), vanno sottoposti a una formale procedura di identificazione
che dura sessanta giorni. Ciò significa che la presenza di
immigrati sull'isola siciliana aumenterebbe in maniera esponenziale
caratterizzando ulteriormente Lampedusa come un'isola-lager, vero e
proprio carcere a cielo aperto.
Nelle parole del sindaco De Rubeis e dei vari capi-popolo che hanno
guidato i cortei e i presidi contro l'istituzione del nuovo campo di
internamento, emerge la preoccupazione che l'immagine turistica di
Lampedusa possa essere compromessa irrimediabilmente dalle scelte del
governo. A tutto questo bisogna aggiungere la particolarità del
contesto storico-sociale lampedusano senza il quale diventa impossibile
leggere gli avvenimenti di questi giorni in maniera corretta. Lampedusa
è sempre stata trattata dallo stato come un'isola di frontiera,
fortemente militarizzata e utilizzata con funzioni repressive e
carcerarie. La sua lontananza geografica ha sempre fatto il paio (sin
dai tempi dei Borboni che la fecero ripopolare dopo secoli di
abbandono) con una lontananza economica e sociale che non si è
certamente alleviata con l'avvento dell'unità d'Italia. Ancora
oggi, il carattere tipicamente "isolano" degli abitanti di Lampedusa
rappresenta un tratto peculiare costantemente esacerbato se si
considera l'atavica frustrazione di chi si è sempre sentito
abbandonato dalle istituzioni che non erogano servizi e non
garantiscono l'effettiva uguaglianza di opportunità e diritti
che sono invece riservati agli italiani che vivono nel continente. Ecco
perché, solo pochi anni fa, Lampedusa ha votato in massa Lega
Nord promuovendo l'ineffabile Angela Maraventano alla carica di
vicesindaco.
Negli ultimi anni, Lampedusa è riuscita a consolidare per la sua
economia una nicchia di mercato turistico particolarmente prestigioso.
Artisti, attori, cantanti e altra "bella gente" hanno fatto di
Lampedusa la loro meta preferita per le loro vacanze di lusso. La
paventata trasformazione di questo paradiso terrestre in lugubre
carcere a cielo aperto diventa quindi intollerabile per chi – sindaco,
rappresentanti di categorie produttive, comuni cittadini – vogliono
difendere con le unghie e i denti la loro bella isola.
Alla luce di ciò è opportuno non fraintendere quanto
è accaduto il 24 gennaio, quando centinaia di immigrati, dopo
aver forzato i cancelli del centro di prima accoglienza, si sono recati
in paese per unirsi alle manifestazioni popolari raccogliendo gli
applausi solidali della folla che manifestava contro il nuovo lager.
Che non si siano verificati episodi di intolleranza o di rabbia
irragionevole è di per sé confortante. Ma non bisogna
trascurare il fatto che, dopo le manifestazioni, gli stessi lampedusani
si sono prodigati – telefonini alla mano – a rintracciare i migranti
che girovagavano per Lampedusa riportandoli giudiziosamente al centro
di accoglienza.
Le aspre contestazioni all'indirizzo della Maraventano (oggi senatrice
del Carroccio) rappresentano, in maniera quasi teatrale, le
contraddizioni di un governo che – proprio a Lampedusa – credeva di
poter giocare in casa. D'altra parte, le politiche sull'immigrazione
sono sempre state improntate alla repressione più feroce. E
proprio la Lega Nord ha sempre invocato più CPT e più
deportazioni per gestire i flussi migratori. Oggi, il ministro
dell'interno non fa che ribadire un approccio ampiamente collaudato
coinvolgendo in queste scelte la frontiera sud dell'Italia, quella
stessa Lampedusa che ha regalato alla Lega Nord un consenso elettorale
apparentemente paradossale.
Al di là delle proteste lampedusane e della proverbiale
cialtroneria della classe politica di questo paese, il caso-Lampedusa
è emblematico della drammatica impossibilità di gestire i
flussi migratori attraverso la repressione nuda e cruda. C'è un
mondo di disperati che preme alle nostre porte e non saranno certo i
governi a impedire che gli esseri umani si riapproprino del loro
diritto a vivere in libertà.
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