Nella mattinata del 15 Gennaio un imponente schieramento di forze
dell'ordine (PS, Digos, CC e Polizia Locale) ha provveduto a blindare
via Concordia a Saronno, dove si trova il TeLOS (Territorio Libero
Saronnese), uno stabile disabitato da anni che era stato occupato sin
dallo scorso mese di settembre da un gruppo di giovani libertari (vedi
U.N. n. 39).
Evidentemente, "chi di dovere" si era da tempo dovuto arrendere
all'evidenza dei fatti: a nulla infatti erano valsi tutti i tentativi
messi in atto per costringere gli occupanti ad arrendersi ed
abbandonare lo stabile.
Non erano stati sufficienti i primi tentativi di sgombero da parte dei
locali C.C. nell'immediatezza dell'occupazione come non erano bastati i
successivi attacchi messi in atto nel mese di novembre direttamente dai
sedicenti "proprietari" dello stabile, assistititi moralmente e
fisicamente dal loro nume tutelare, un ben noto personaggio saronnese
dedito ad affari e politica, che avevano bloccato il cancello di
ingresso con una barriera di cemento, murato la porta di ingresso e
divelto il portone del locale dove si tenevano i concerti.
Né avevano convinto gli occupanti la serie di attacchi mediante
l'irruzione notturna per distruggere tutto quello che si trovava nei
locali, arrivando a provocare danni anche al tetto pur di rendere
inagibile l'immobile, oppure, ultimamente il tentativo di provocare un
incendio.
Il 15 mattina, dopo avere completamente isolato via Concordia dal resto
della cittadina, un manipolo di operai, protetti dalle forze del
sedicente Ordine, ha provveduto a rendere completamente inutilizzabili
i locali, arrivando anche a sigillare le finestre con lastre di ferro
ed a cancellare i murales che nel tempo avevano portato un minimo di
colore nel grigiore cittadino.
A completamento dell'opera, infine, sui muri del TeLOS sono stati
affissi avvisi secondo i quali lo stabile è ora sottoposto a
sequestro da parte dell'autorità giudiziaria, espediente
già utilizzato nei confronti del cantiere TAV in Val di Susa..
Si potrebbe disquisire sul fatto che tanta solerzia venga riservata
all'unico spazio effettivamente autogestito della zona mentre di ben
altri fatti che avvengono quotidianamente nel basso Varesotto la
suddetta Autorità se ne fotte altamente ma sarebbe fiato
sprecato.
Né è nostra abitudine meravigliarci di avvenimenti di
questo genere in quanto sappiamo perfettamente che la forza dello Stato
viene comunemente esercitata per reprimere qualsiasi atto contrario
alla morale comune "Vivi, Produci, Crepa" e che quindi esempi come il
TeLOS non devono esistere in quanto sostanzialmente sovvertitori della
suddetta morale.
Abbiamo però la speranza se non la certezza che un altro TeLOS
nascerà dalle ceneri del primo, la cui pur breve vita ha
dimostrato come sia possibile creare uno spazio all'interno del quale
possono svilupparsi relazioni e valori concretamente alternativi a
quelli correnti..
Crazy Cat
L'attività dei compagni e delle compagne di Libera, dopo mesi
dallo sgombero procede: dal 21 al 23 gennaio tra l'altro hanno
volantinato all'incontro farsa organizzato dal comune con tema "la
partecipazione" ottenendo la solidarietà di molti e l'ennesimo
muro di arroganza da parte di istituzioni e polizia.
In un comunicato Libera, dando tutta la propria solidarietà al
Cox 18 di Milano sotto sgombero, ribadisce il suo punto di vista e
mette sotto accusa i politici locali:
"Dopo 5 mesi dallo sgombero l'area di Libera è ancora deserta.
Hanno sgomberato senza avere ancora tutte le autorizzazioni e noi
potevamo continuare le nostre attività. Era l'ultimo agosto
disponibile prima delle elezioni di giugno 2009 e se non lo avessero
fatto ad agosto avevano paura di non riuscirci più. Frieri il
giorno dello sgombero invece di mettersi tra Libera e la polizia, come
più volte annunicato, era al mare, o meglio a partecipare al
mare. Mezzetti dica se sulla faccenda autodromo la Modena partecipata
ha detto la sua. Mezzetti dica se sulla decisioni che riguardavano
l'inceneritore è stata richiesta la partecipazione dei
cittadini. Mezzetti dica se sull'ex AMCM chi voleva partecipare
è stato ascoltato. Fare una 3 giorni sulla Modena capitale della
partecipazione è una provocazione, non a noi ma all'intelligenza
delle persone. Loro picchiano e noi siamo i violenti, loro mentono e
noi siamo affetti da 'pseudologia fantastica', loro sono arroganti e
noi dovremo stare zitti. La lotta di Libera continua".
redb
Presso la casa occupata "Lucha y Siesta" di Roma, sabato 24 gennaio
si sono riunite le donne aderenti al Tavolo 4
(lavoro/precarietà/reddito) del movimento femminista delle
Sommosse, con una presenza di collettivi, delegate sindacali,
studentesse e lavoratrici da Bologna, Trieste, Milano, Roma, Perugia,
Palermo, Taranto.
Oltre a una prima valutazione delle iniziative fatte in questi ultimi
mesi, è emersa la consapevolezza dell'aprirsi di una nuova fase
storica, segnata da una crisi economica generalizzata, con un attacco
sempre più devastante alle condizioni di lavoro e, in
particolare, a quelle delle lavoratrici, marginalizzate,
flessibilizzate, precarie, schiacciate tra il lavoro gratuito in
famiglia e un salario in calo e a rischio.
Tuttavia, oggi si va verso un'espansione della sfera del lavoro.
L'agenda di Lisbona, rilanciata nel 2005, afferma che entro il 2010
l'occupazione dovrà raggiungere in Europa il 70% della
popolazione, coinvolgendo il 60% delle donne, alzando l'età
pensionabile, elevando i livelli dell'istruzione giovanile,
controllando più attentamente la salute dei cittadini. Il lavoro
diventa non solo sfruttamento, ma luogo di controllo, di ricatto, di
discriminazione sociale. Anche per questo una lotta femminista che non
attraversi le tematiche del lavoro rischia di non incidere sulle
strutture materiali della subordinazione femminile.
A Roma si è cominciato anche a delineare un manifesto/programma,
basato sulle inchieste fatte, da cui dovrà venire un'analisi
chiara e una forte denuncia complessiva della condizione delle donne
lavoratrici e precarie, indicando forme di lotta possibili da attuare a
livello locale e nazionale. Una doppia lotta: contro lo sfruttamento e
contro il patriarcato. A questo fine le compagne attive in vari settori
lavorativi hanno costituito gruppi di contatto per stendere documenti
relativi ai loro specifici campi professionali.
All'ordine del giorno vi era anche la volontà di organizzare uno
sciopero autonomo delle donne lavoratrici, precarie, studentesse,
disoccupate, contro gli attacchi dei padroni e del governo. Per
aggiornamenti e contatti si veda il blog
http://femminismorivoluzionario.blogspot.com
Cassandre felsinee
Venerdì 23 gennaio si è concluso il processo contro
Luca e Giorgio, due No Tav che il 6 dicembre del 2005, come altre
migliaia e migliaia di persone in quei giorni, parteciparono alla
resistenza contro la devastazione del territorio e il saccheggio delle
risorse.
La giudice, accogliendo tutte le richieste del PM Tatangelo, li ha condannati ad un anno di reclusione e a 600 euro di multa.
Era una sentenza già scritta. Durante le due udienze del 10 e
del 14 novembre i quattro poliziotti che testimoniavano per l'accusa
hanno fatto dichiarazioni palesemente reticenti e contraddittorie. La
giudice ha più volte soccorso i poliziotti in evidente
difficoltà, quasi suggerendo le risposte più congrue. Ben
diverso l'atteggiamento verso i testimoni della difesa.
A tre anni dalla rivolta della Val Susa il governo si prepara a
rimettere in moto l'opera e una giudice condanna due No Tav per
resistenza e furto.
In questo paese la sola parola che conti è quella del potere e
di chi lo serve. La giudice ha fatto sua la tesi del PM Tatangelo: i
poliziotti non mentono mai mentre chi manifesta per la libertà e
per il futuro di tutti non è attendibile. Persino i testimoni
rischiano oggi un'incriminazione, perché il Pm ha annunciato
l'intenzione di trasmettere gli atti alla procura.
Condannando Luca e Giorgio hanno condannato tutti i No Tav che in quei
giorni bloccarono treni ed autostrade, migliaia e migliaia di persone
che non si chiesero se quello che facevano fosse legale perché
sapevano che era legittimo.
L'8 dicembre, dopo tre giorni di blocchi, scioperi e barricate una
grande marcia popolare riprese i terreni di Venaus: la polizia
distribuì un po' di manganellate ma nessuno si fermò.
Lungo i sentieri impervi e ghiacciati si aggirarono gli uomini in
divisa e si scese al cantiere. La rete arancio venne giù, la
polizia sparò lacrimogeni che il vento disperse, poi, con la
coda tra le gambe, andarono via.
Un presidio solidale si è tenuto in occasione dell'udienza: in
aula durante la lettura della sentenza ci sono state proteste e sono
state aperte due bandiere No Tav.
In serata scritte solidali sono comparse di fronte alla sede di LTF -
Lyon Turin ferroviarie, il general contractor della linea ad alta
velocità tra Torino e Lione.
Il giorno successivo si è tenuto un presidio di protesta in
piazza Castello: nonostante la nevicata i No Tav sono partiti per un
giro informativo, distribuendo volantini e attuando brevi blocchi
stradali agli incroci con via Roma, via Cernaia e al centro della
piazza.
Domenica al presidio di Borgone, uno tre presidi No Tav oggi sotto
attacco della sindaca voltagabbana, si è svolta un'affollata
assemblea.
R. Em.
24 gennaio 2009, sotto una pioggia battente, di fronte al Mercato Coperto locale, siamo lì che diciamo:
"Siamo decisamente contrari all'insediamento dell'ennesimo centro
commerciale, le cui sedi uniformi e omologate priverebbero questo
mercato della sua identità cittadina, distruggendo ogni forma di
creatività e spirito di iniziativa locali"
Dopo più di trent'anni di attività, oramai ridotta ai
minimi termini dalla società che ha preso in gestione dal Comune
la struttura, il Mercato Ortofrutticolo Coperto locale rischia di
essere definitivamente alienato per fare posto a una qualche catena
internazionale.
Ci opponemmo anche nel 1996 quando, a seguito della ristrutturazione,
la sua superficie venne ridotta dei due terzi per fare posto a un
supermercato Conad.
Dodici anni di conduzione delinquenziale da parte della società
gerente, con la solita complicità dell'amministrazione comunale,
che hanno visto via via scemare il numero di operatori presenti, messi
in fuga dalla condizione di abbandono in cui è stato lasciato il
locale, ha ridotto oggi l'edificio a una struttura quasi fatiscente
anche nella memoria dei cittadini, ieri frequentatori del mercato.
La tecnica è sempre quella, oramai consolidata da decenni di
pratica: ridurre un edificio o un'area pubblica a uno stato di degrado
tale che, pur di non vedere più la schifezza che sta attorno,
molti sono pronti ad accettare passivamente qualsiasi soluzione tolga
quell'orrore, anche se questo va a discapito della collettività
e a beneficio dei soliti pochi.
Noi a questo gioco non ci stiamo, non ci siamo mai stati e non ci
staremo mai. Oggi il Gruppo Germinal-FAI di Carrara è lì,
pur se piove, con il suo gazebo, a dire no a questa ennesima
speculazione, a dire no all'ennesimo centro commerciale, a dire che
vogliamo una vita più a misura d'uomo, che riconosca e rispetti
l'individuo nella sua peculiarità e contro la
massificazione e l'omologazione.
No alla gestione privatistica di beni della collettività e
sì a un progetto di autogestione municipale della struttura.
Redc
Sabato 24 gennaio scorso, organizzata dalle comunità
resistenti delle Marche, c'è stata una manifestazione contro la
guerra in Palestina. I compagni del gruppo FAI di Jesi e Chiaravalle,
assieme ad alcuni compagni dell'USI di Ancona hanno partecipato
all'iniziativa distribuendo un volantino sulla questione, a firma
Assemblea anarchica marchigiana, e formando uno spezzone anarchico con
diverse bandiere dietro allo striscione "No alla guerra". Buona la
presenza di immigrati, specie di area magrebina, con molte bandiere
palestinesi. Quasi simbolica la presenza di "italiani di sinistra e
pacifisti" delle varie associazioni aderenti.
L'incaricato
Venerdì 30 Gennaio 2009 si terrà presso il Tribunale
di Benevento la prima udienza del processo per Vilipendio delle Forze
Armate contro 5 anarchici. I reati imputati ai 5 compagni si
riferiscono ad un'iniziativa antimilitarista svoltasi in città
il 4 Novembre 2006 (giornata delle forze armate), quando in via vittime
di Nassirya furono esposti striscioni contro la guerra ed il
militarismo e distribuiti volantini che spiegavano il motivo per cui la
suddetta via veniva simbolicamente ribattezzata in memoria di Augusto
Masetti, anarchico, disertore. Ai compagni, oltre ad alcune frasi,
ritenute vilipendiose, contenute nel volantino – che alleghiamo
di seguito – viene anche imputata la comparsa di alcuni manifesti
irriverentemente antimilitaristi, "raffiguranti i militari
dell'esercito con scritta del tipo "Meglio nudi che in divisa" ",
comparsi la notte precedente.
Naturalmente quel che si processa non è qualche frase ritenuta
vilipendiosa, ma l'idea stessa che esistano individui e collettivi che
non aspettano che gli sia concesso dalle leggi e dallo Stato (o da
alcuni suoi apparati) la possibilità di agire, ma la
libertà – in questo caso di esprimersi e di manifestare -
se la prendono quando, dove e come più gli aggrada.
VIVA MASETTI, ABBASSO L'ESERCITO!
La storia ufficiale, si sa, la fanno i padroni; non ci sorprende per
ciò che nel giorno della fine del primo conflitto mondiale, se
ne approfittino ancora una volta per riproporre la loro propaganda
militarista e patriottica su cui in parte fondano il loro potere (...)
Quel sanguinoso conflitto di cui "lor signori" si vantano e che
costò la vita a 8 milioni e mezzo di uomini in nome dello Stato
e del Capitale si è concluso, ma con lui purtroppo non si
è estinta l'idea stessa della guerra. Oggi sono cambiate le
armi, è cambiata l'epoca, sono cambiate le facce dei padroni che
invitano ancora a combattere, casomai con la scusa delle "missioni di
pace", ma la guerra esiste ancora. E' una guerra combattuta sul fronte
interno contro chi non accetta che ci sia qualcuno che, seduto in
poltrona, possa decidere della vita di tanti altri, contro chi non
vuole sottomettersi alle regole del "produci-consuma-crepa", contro chi
pensa che sia possibile vivere senza padroni che quotidianamente ti
derubano dei prodotti del tuo lavoro; è una guerra combattuta
sul fronte esterno per spartirsi il mondo, accaparrarsi le zone ricche
di materie prime utili a far affari, impossessarsi di forza lavoro a
basso costo che possa produrre tanto ed a costo zero (...).
Proprio perché siamo contro tutti gli eserciti, contro la
violenza legale degli Stati, contro l'autoritarismo e la gerarchia
abbiamo deciso di sostituire in questo giorno la targa presente nella
nostra città intitolata ai mercenari italiani morti a Nassirya
in una delle ultime guerre imperialiste, guerra che in questo
caso puntava alla conquista di qualche pozzo di petrolio spacciandosi
per guerra umanitaria. L'abbiamo sostituita con una targa in memoria di
Augusto Masetti, muratore, anarchico che il 30 ottobre 1911, nella
caserma Cialdini di Bologna costretto alla partenza per la guerra di
Libia espresse il suo netto rifiuto esplodendo un colpo col suo fucile
contro il tenente colonnello cavalier Stroppa, incitando i suoi
commilitoni a ribellarsi e a vendicare i compagni caduti in Africa.
Masetti rappresenta per noi uno dei più alti esempi di
diserzione, il soldato che disse no alla guerra!
Contro la patria, contro lo Stato, abbasso l'esercito, viva l'Anarchia!
Gruppo Antagonista Antiautoritario
Partiamo dall'inizio: giovedi mattina ore 6.30, poliziotti in tenuta
antisommossa blindano le vie attigue al centro sociale COX18 in via
Conchetta a Milano. Il centro sociale è chiuso, la sera prima
c'era stata una iniziativa, tutto era calmo. Alcuni compagni della zona
vedono il movimento delle forze del disordine e avviene il tam tam: in
poche ore centinaia di persone si ritrovano davanti al centro;
nel frattempo alcuni compagni di COX18 con gli avvocati riescono a
bloccare l'asporto del materiale. L'idea di questi vandali in divisa
era quella solita: mettere fuori alcune cose e poi demolire. Nel
frattempo un corteo spontaneo e molto arrabbiato di alcune centinaia di
persone sfila nel quartiere, bloccando il traffico in diversi punti. Il
primo pomeriggio è stato denso di iniziative; alle 3.00 è
partito un corteo incazzato in direzione del luogo di malaffare della
città da dove partono gli ordini di sgombero del centro sociale:
Palazzo Marino. Palazzo Marino è presieduto da una signora di
nome Brachetto per conto del petroliere Moratti: per par condicio,
anche l'opposizione ha un'altra signora della stessa famiglia di
petrolieri. Non ci facciamo mancare nulla.
Alla prima si aggiunge un fascista di lungo corso: il vice sindaco
Riccardo De Corato che sta facendo la campagna elettorale per la
Provincia a suon di appelli contro gli "stranieri, i centri sociali,
puttane, barboni" e chi più ne ha, più ne metta. Insomma
un vero gentiluomo.
Legati agli affari dell'Expo questi signori tentano di mettere i loro
tentacoli in tutti i punti della città cercando di far fuori
ogni luogo di opposizione sociale e culturale che non si assoggetta
all'idea di una città in mano a petrolieri, palazzinari,
politici mafiosi e camorristi.
500/600 persone sono arrivate sotto Palazzo Marino gridando tutta la
rabbia possibile e finendo, sempre in corteo per la città, in
un'assemblea pubblica dove si decide la manifestazione di sabato
pomeriggio. L'appello a riprendersi il centro aveva "centrato"
l'obiettivo. "Un oceano rosso di cinquemila persone che ha paralizzato
le vie del centro fino a tarda sera", detto da un quotidiano non certo
vicino a noi, anzi il contrario. Dal colpo d'occhio delle foto scattate
dall'alto potremmo essere almeno il doppio, ma questa è un'altra
storia. Due compagni vengono fermati sotto casa loro mentre si
accingevano a venire in corteo e vengono rilasciati alcune ore dopo.
L'idea di arrivare almeno nelle vicinanze del centro sociale si fa
verosimile, però il quartiere ticinese è assediato.
Centinaia di poliziotti in assetto di guerra sono pronti a tutto pur di
difendere gli interessi di fascisti, petrolieri e palazzinari. Il
corteo ormai enorme e rabbioso, ma compatto, entra nel cuore della
Milano dello shopping, disarticola il traffico cittadino, manda in tilt
tutta l'organizzazione tranviaria pur rimanendo in una situazione
tranquilla. Forse lo sceriffo De Corato ha sbagliato a fare i conti.
Questa città, nonostante da una quantità di anni sia
governata dai peggiori individui sulla faccia della terra, (dai Craxi,
Pillitteri, Formentini, Albertini fino ai petrolieri e palazzinari e
fascisti di vecchio e nuovo conio) ha ancora un'anima di dignità
da difendere e vendere cara. La Milano vera, quella dei luoghi liberati
dal denaro, dove si curano le persone per quello che sono e non per il
conto in banca, la Milano proletaria e solidale dove il rapporto con
l'altro è un elemento della vita: non carità cristiana,
ma normalità quotidiana. Questa Milano sarà pronta a
ributtare indietro le logiche reazionarie e affaristiche. Lo sceriffo
De Corato ha proprio sbagliato a fare i conti.
L'incaricato