Umanità Nova, n.5 dell'8 febbraio 2009, anno 89

La scarpa sul tetto


Vincent Delecroix, "La scarpa sul tetto", excelsior 1881, Milano 2008, pp. 264

Cosa c'è di più ridicolo di una scarpa abbandonata sul tetto? Forse quanto i surrealisti – all'inizio degli anni '20 – avevano cercato di dimostrare ponendo un ombrello sopra un tavolo di una sala operatoria? Del resto qualsiasi oggetto quotidiano collocato in un ambito non usuale suscita stupore, poiché distrae, distoglie dall'apatica normalità di una vita avara di sorprese. Basta tutto ciò per poter scrivere un romanzo in grado di reggere la banalità di un intreccio narrativo senza pretese, sebbene colmo di fantastiche immaginazioni oniriche?
Sì, se l'autore è Vincent Delecroix, giovane scrittore e filosofo parigino, pressoché sconosciuto in Italia nonostante la fama in Francia gli arrida e i suoi libri – tutti editi da Gallimard – siano fra i lavori più apprezzati e stimati oltralpe. Spontaneo, dunque, chiedersi come mai in un paese esterofilo come l'Italia – almeno per quanto riguarda la letteratura e l'arte – il libro di Delecroix non abbia trovato una casa editrice major e si sia lasciato al "passa parola" dei lettori la diffusione dell'opera, sebbene lo stile accattivante non privo di grazia poetica avrebbe potuto tradurlo in un'operazione editoriale/commerciale di tutto rispetto. Non che questo minimamente ci turbi; semplicemente conferma la mediocrità che sovrasta il mondo culturale nostrano, così attento a far uso della stupidità dei pochi, offendendo l'intelligenza dei più, per tracciare sentieri aridi e senza sbocchi.
Logico supporre che un romanzo capace di stimolare la fantasia dei lettori senza produrre "effetti speciali", né utilizzare la formula delle "3 S" (soldi, sangue, sperma), sia destinato a percorrere strade differenti e poco battute dalla critica ufficiale, ma foriere di incontri avventurosi e inusuali come quello d'imbattersi in una scarpa sul tetto e sul bisogno di offrirne una spiegazione plausibile, al punto da sacrificare "un oggetto su cui scaricare l'infelicità e il ridicolo del mondo" (p. 259). Perché Vincent Delecroix – filosofo di matrice kierkegaardiana – pone al centro del suo libro la riflessione dell'uomo nei riguardi della scelta consapevole di affermare in un gesto la possibilità di stupirsi della vita.
Così i dieci capitoli che costellano l'opera, sono ben più che l'artificio letterario per tenere unite differenti storie aventi fra loro in comune "la scarpa sul tetto", quanto piuttosto la capacità di descrivere la comunanza di una vita quotidiana fra persone abitanti di uno stabile alla periferia di Parigi che all'improvviso sono turbate da un oggetto fuori posto, da interrogarsi se il posto che hanno assegnato alla propria vita a sua volta non appaia strano, casuale, ma soprattutto banale.
Attraverso un caleidoscopio di esistenze trascorse sotto lo stesso stabile (una famiglia borghese con una figlia turbata da incubi notturni; un'anziana signora accudita da un nipote premuroso ma alquanto distratto; un romanziere ipocondriaco accudito da un cane coscienzioso e saggio; un anchorman televisivo travolto da crisi esistenziale; una donna affranta da un amore straniero osteggiato dalla polizia; un artista affermato alla ricerca ultima di una spiegazione alla sua opera; un giovane disperato per un amore fiabesco e inconcludente), l'intreccio narrativo dell'opera acquista uno spessore nuovo, determinato non tanto dal fondersi delle singole storie in un minimo comune multiplo che descrive come mai una scarpa è potuta finire sopra il tetto, ma piuttosto dall'apertura che ciascuna particolare esistenza assume nello spiegare la scelta che l'ha condotta a relazionarsi con la scarpa sul tetto, e di contro con le altrui esistenze.
In questo modo l'autore è riuscito a realizzare un mosaico narrativo le cui singole tessere rappresentano vere e proprie miniature di ambiti particolari di vita quotidiana la cui regolarità è sorpresa dall'imprevisto e ridicolo apparire di un oggetto fuori posto, assunto a metafora di un'esistenza sempre più alla ricerca di un quid che riesca a stupirla, affinché finalmente sia possibile ricominciare a vivere.

gianfranco marelli

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