Il tempo dei rinvii tecnici, dei ricorsi legali, dei cavilli amministrativi, del mercato delle compensazioni, è finito.
Così come è scaduto il tempo delle interrogazioni
parlamentari, delle proteste simboliche, delle manifestazioni
oceaniche, delle iniziative di sensibilizzazione, dei festival, delle
petizioni, dei referendum, degli appelli pacifisti, delle preghiere,
dei training, delle illusioni elettorali, delle mediazioni
istituzionali e dei giochi politici.
Nonostante il pressoché totale silenzio dell'informazione, al
vecchio aeroporto Dal Molin, da due settimane sono decisamente ripresi
i lavori per la costruzione della Ederle 2: la base strategica
destinata ad ospitare, per intero, la 173ª brigata aerotrasportata
Usa, uno dei principali bracci armati della politica di guerra
statunitense, con precedenti operativi in Irak e Afghanistan.
La costruzione è iniziata con la demolizione delle strutture pre-esistenti e della vecchia pista.
Seppure con un ritardo considerevole sulla prevista tabella di marcia, il progetto è entrato quindi nella fase esecutiva.
La notizia del progetto, coperto da accordi e intese top secret, emerse
nel dicembre del 2005, anche se con ogni probabilità aveva avuto
una lunga incubazione, e da subito venne intuita la rilevanza
strutturale dell'opera, con ricadute devastanti per l'ambiente, e
l'importanza militare che aggravava ulteriormente la già pesante
militarizzazione del territorio vicentino. E per mantenere ed "onorare"
i protocolli stipulati tra Usa e stato italiano, si sono impegnati ben
tre governi - i due presieduti da Berlusconi e quello di Prodi -
causando peraltro divergenze e rotture sul piano locale a destra, al
centro e a sinistra.
I governi -tutti parimenti "atlantici" e fedeli alla Nato- si sono
quindi scaricati vicendevolmente la responsabilità della
decisione definitiva, ma è apparso chiaro che quelli di
centrodestra non hanno contraddetto l'operato di quello di
centrosinistra così come quello di centrosinistra non ha messo
in discussione quello del centrodestra.
Così come avviene per ogni colonizzazione, gli occupanti hanno
fin dall'inizio provveduto a comprare il consenso alla loro invadente
presenza. Infatti, dopo qualche iniziale titubanza, l'allora sindaco di
centro-destra Hullweck, iniziò a sostenere che la nuova base
sarebbe stato "un vantaggio economico per tutta la città" e "una
prospettiva di ulteriore crescita, con volume di investimenti
notevole", facendo intravedere che l'investimento di circa 400 milioni
di euro avrebbe pure portato nuovi posti di lavoro, da aggiungersi ai
circa 700 dipendenti civili presso l'esistente caserma Ederle. Un
business che conquistò il favore unanime e trasversale del
potere economico, da Zonin a Calearo. Inoltre, la stampa riferì
di uno stanziamento di 40 milioni di euro al Comune di Vicenza da parte
del governo Usa per realizzare collaterali opere di viabilità.
Ma anche, sul versante sinistro, gli Stati Uniti hanno assicurato gli
appalti per la costruzione della base a due cooperative legate al
centrosinistra e in particolare agli ex Ds: la Cmc di Ravenna e la Ccc
di Bologna, note cooperative "rosse" con lunga esperienza in grandi
opere.
Per coprire e tutelare questo intreccio di profitti e
complicità, i partiti parlamentari hanno per anni cercato di
disorientare il variegato movimento contro il Dal Molin, producendo
sistematicamente disinformazione e disorientamento, nel tentativo
indirizzare su un innocuo terreno fatto di richieste alle istituzioni,
manovre politicanti e dissenso etico quello che era un rilevante
potenziale d'opposizione sociale. Un'operazione a cui in molti, in
buona o cattiva fede, si sono prestati, anche tra quanti si
dichiaravano contrari alla base facendo di tutto per alimentare
disarmanti illusioni, come l'iniziativa d'inviare tremila cartoline ad
Obama affinché rinunciasse al Dal Molin. Lo stesso Obama che,
appena eletto presidente, non ha tardato ad annunciare un'escalation
bellica in Afghanistan.
Tra le innumerevoli dichiarazioni vale la pena riportarne alcune, a futura memoria.
Nel marzo 2003, all'inizio della guerra contro l'Irak, il premier
Berlusconi assicurò formalmente il parlamento che l'impiego dei
paracadutisti Usa partiti da Vicenza, via Aviano, escludeva "l'attacco
diretto a obiettivi irakeni", sostenendo spudoratamente che sarebbero
stati impegnati in "azioni umanitarie". A smentirlo fu lo stesso
vicepresidente Dick Cheney, l'anno seguente, quando durante una visita
a Vicenza, informò le truppe che quella missione era stato
ufficialmente classificata come "azione di combattimento".
Il sottosegretario alla difesa del governo Prodi, Emidio Casula, ebbe
invece ad affermare: "Non siamo favorevoli a una espansione delle basi
Usa in città come Vicenza (…) la nostra politica estera ha basi
decisamente diverse. Conosco molto bene le forze politiche dell'Unione
per poter anticipare che non rientra nelle nostre idee un progetto come
questo di Vicenza". Solo pochi mesi dopo, il 18 maggio 2007, Prodi
scriveva a Bush: "desidero confermarTi la decisione del mio Governo di
dare il proprio assenso all'allargamento della base USA di Vicenza,
attraverso l'utilizzazione dell'aeroporto Dal Molin della stessa
città".
Il sindaco Variati, del Pd, eletto anche grazie ai voti di tanti
cittadini contrari alla Ederle 2 va invece ricordato per la seguente
profezia, risalente al giugno 2008: "Vogliono decidere di imporre la
nuova base militare al Dal Molin a suon di manganelli? Sarebbe meglio
un po' di buonsenso, ma va bene: vedremo cosa succederà".
Cosa sta succedendo è ora davanti a tutti.
Karl Valentin