Quando un governo sente la
necessità di promettere pace e benessere ai suoi sudditi
mediante manifesti, bisogna stare attenti ad aspettarsi il contrario.
Già alla fine di ottobre cominciarono ad arrivare i
soldati. Da "Il ponte sulla Drina" di Ivo Andric
Parafrasando e attualizzando questa citazione, si può affermare
che quando un governo sente la necessità di legiferare in
materia di libertà (nello specifico quella di scelta
terapeutica), dobbiamo aspettarci il contrario. Due mesi fa, quando
già il "caso Englaro" attirava l'attenzione mediatica, il capo
del governo aveva sostenuto di essere impegnato in problemi gravosi per
il Paese e che di quella questione se ne sarebbero occupati gli enti
preposti.
La cronaca di settimana scorsa l'ha invece visto concitato nel voler
vagliare frettolosamente un decreto, bloccato poi da Napolitano per la
sua anticostituzionalità, con l'intento di voler "salvare una
vita umana". Molti hanno valutato la difficoltà della politica a
legiferare sulla spinta di "un'onda emotiva che ha scosso il
Paese"…niente di più falso, perché s'è voluto
pretestuosamente falsificare una vicenda di sofferenza per avvallare
ulteriormente il divieto di autodeterminazione.
E' palese la sottomissione ai dictat vaticani e la prepotente ingerenza
di associazioni come "Scienza e vita" che vorrebbero veder affermata
un'unica interpretazione dei concetti di vita e di morte per togliere a
tutti gli individui la libertà di poter disporre del proprio
corpo. Le posizioni dei teologi non sono concordi e gli stessi
documenti ufficiali del Vaticano sono contraddittori: si pensi che Il
catechismo della chiesa cattolica si schiera decisamente contro
l'accanimento terapeutico nei casi in cui la medicina sia certa di
poter escludere possibilità di guarigione.
Del resto anche la comunità scientifica è divisa nel
definire i concetti di vita e di morte, o meglio nello stabilire il
momento in cui ha inizio la vita e se la morte corrisponda alla
cessazione delle funzioni cerebrali o di quelle
cardiorespiratorie. La definizione di morte cerebrale viene utilizzata
se vi è interesse ad espiantare gli organi di una persona a
cuore battente e cioè quando è nella condizione in cui
nessun medico potrebbe escludere a priori un miglioramento.
Ciò a cui abbiamo assistito in questi giorni è una
speculazione ignobile su questi argomenti, che non tiene in
considerazione la reale sofferenza di chi si trova in simili
condizioni; vi sono situazioni differenti e non vi può essere
una sancibilità assoluta senza tener conto di emozioni e
affetti; proprio perché ogni caso è a sé, proprio
perché la soggettività vince su qualsiasi considerazione
sul bene e il male, proprio perché gli orientamenti della
bioetica non sono standardizzati… il criterio da seguire dovrebbe
essere quello dell'attuazione delle volontà della persona
interessata.
Chi ha avuto il coraggio di seguire la bagarre mediatica si sarà
accorto che difficilmente sono chiamate ad esprimersi persone
competenti in medicina (forse per il timore che emergano le diverse
impostazioni), o bioetici non al servizio delle lobby cattoliche, o
rappresentanti del movimento delle donne che da decenni approfondisce
il tema dell'autodeterminazione… vengono censurate anche le voci delle
donne istituzionali, esattamente come quando assistiamo alla falsa
indignazione sugli stupri, argomento sul quale si guardano bene
dall'intervistare persino le donne che lavorano nei centri contro la
violenza che testimonierebbero l'eccezionale percentuale di denunce di
stupri commessi all'interno delle famiglie!
Non è sopportabile che a parlare di questi argomenti siano
sempre, e quasi esclusivamente, dei politici che hanno come unico
obiettivo la prevaricazione su altri interlocutori e disegni di
discriminazione; paradossalmente l'arroganza mediatica sulla vicenda di
Eluana (che non è riuscita a scalfire la profonda dignità
di papà Englaro che, nonostante anni di esasperanti battaglie
pubbliche, non ha ceduto alla tentazione di mostrare il corpo malato
della figlia e ha sostenuto fino all'ultimo una volontà di
giustizia) si è scatenata a pochi giorni dalla celebrazione al
Senato dei 60 anni della Dichiarazione dei diritti dell'uomo!
Volutamente vengono confusi i concetti di eutanasia, accanimento
terapeutico, invasività delle cure e libertà di scelta
terapeutica. La sofferenza viene confusa con la pietas, il sacrificio
con la cura.
Da tempo vi sono proposte di legge sul testamento biologico ed è
tipico del ragionamento della politica intenderlo come una serie di
norme che, più o meno, andrebbero a limitare la libertà
di scelta individuale. Potrebbe essere sufficiente che ognuno avesse la
possibilità di esprimere la propria volontà tramite una
dichiarazione d'intenti scritta quando si sta bene. Il testamento
biologico ha un senso solamente se evita speculazioni sui corpi e se
ogni persona può decidere per sé tutto ciò che
vuole o non vuole le sia praticato se dovesse trovarsi in condizioni di
non poterlo esprimere; a quel punto il medico si atterrà a
quanto espressamente dichiarato. Ciò che invece questo governo
si appresta ad approvare è una normativa contro
l'autodeterminazione che avvallerà ancora di più
l'impossibilità di libertà: una legge di controllo sui
corpi, che andrà a sancire quanto saremo costretti a subire la
dequalificazione della nostra vita. La p.d.l. che sarà discussa
sostiene, ad esempio, che la nutrizione e l'idratazione artificiali non
siano da considerarsi come terapie ma come accudimenti imprescindibili
(ecco perché l'esercito di ciellini e company manifestavano con
ceste di pane!).
L'Italia diventerebbe l'unico Paese al mondo a non considerare
l'alimentazione tramite sondino un trattamento clinico… ci potremmo
aspettare che anche la respirazione meccanica tramite tracheotomia non
rientri più nei trattamenti terapeutici?
E i medici? Saranno obbligati a non essere vincolati alla
volontà dei pazienti, potranno fare obiezione di coscienza e
saranno puniti se non si atterranno alla legge. Ciò significa
che il diritto alla salute si tradurrà nel dovere di
somministrazione di terapie.
Negli ultimi anni i tagli ai bilanci sanitari gravano principalmente
sulla ricerca e sulla gestione di ambulatori e reparti, quindi appare
paradossale questo accanimento nell'imposizione di terapie a chi non le
vuole. Sarebbe più giusto garantire le cure ha chi ne ha
effettivo bisogno, senza rischiare denunce o schedature (vedi il caso
degli stranieri senza documenti) e senza costringere a ricorrere alle
strutture private a pagamento quando le pubbliche hanno liste d'attesa
inaccettabili. In termini di priorità la società avrebbe
ben altre esigenze che non quella di tener in vita artificialmente
delle persone contro la loro volontà, ma gli interessi delle
case farmaceutiche e quelli degli enti (quasi sempre privati), che
assistono le persone in stato vegetativo permanente, hanno palesemente
obiettivi differenti. Ad aggravare le speculazioni economiche e il
tentativo di limitare la libertà di espressione individuale vi
è anche un terrificante progetto di voler plasmare una
società forgiata su un'unica ed imprescindibile impostazione
culturale.
chiara gazzola