Umanità Nova, n.7 del 22 febbraio 2009, anno 89

L'inganno sul testamento biologico


Quando un governo sente la necessità di promettere pace e benessere ai suoi sudditi mediante manifesti, bisogna stare attenti ad aspettarsi il contrario. Già alla fine di ottobre cominciarono ad arrivare i soldati.  Da "Il ponte sulla Drina" di Ivo Andric

Parafrasando e attualizzando questa citazione, si può affermare che quando un governo sente la necessità di legiferare in materia di libertà (nello specifico quella di scelta terapeutica), dobbiamo aspettarci il contrario. Due mesi fa, quando già il "caso Englaro" attirava l'attenzione mediatica, il capo del governo aveva sostenuto di essere impegnato in problemi gravosi per il Paese e che di quella questione se ne sarebbero occupati gli enti preposti.
La cronaca di settimana scorsa l'ha invece visto concitato nel voler vagliare frettolosamente un decreto, bloccato poi da Napolitano per la sua anticostituzionalità, con l'intento di voler "salvare una vita umana". Molti hanno valutato la difficoltà della politica a legiferare sulla spinta di "un'onda emotiva che ha scosso il Paese"…niente di più falso, perché s'è voluto pretestuosamente falsificare una vicenda di sofferenza per avvallare ulteriormente il divieto di autodeterminazione.
E' palese la sottomissione ai dictat vaticani e la prepotente ingerenza di associazioni come "Scienza e vita" che vorrebbero veder affermata un'unica interpretazione dei concetti di vita e di morte per togliere a tutti gli individui la libertà di poter disporre del proprio corpo. Le posizioni dei teologi non sono concordi e gli stessi documenti ufficiali del Vaticano sono contraddittori: si pensi che Il catechismo della chiesa cattolica si schiera decisamente contro l'accanimento terapeutico nei casi in cui la medicina sia certa di poter escludere possibilità di guarigione.
Del resto anche la comunità scientifica è divisa nel definire i concetti di vita e di morte, o meglio nello stabilire il momento in cui ha inizio la vita e se la morte corrisponda alla cessazione  delle funzioni cerebrali o di quelle cardiorespiratorie. La definizione di morte cerebrale viene utilizzata se vi è interesse ad espiantare gli organi di una persona a cuore battente e cioè quando è nella condizione in cui nessun medico potrebbe escludere a priori un miglioramento.
Ciò a cui abbiamo assistito in questi giorni è una speculazione ignobile su questi argomenti, che non tiene in considerazione la reale sofferenza di chi si trova in simili condizioni; vi sono situazioni differenti e non vi può essere una sancibilità assoluta senza tener conto di emozioni e affetti; proprio perché ogni caso è a sé, proprio perché la soggettività vince su qualsiasi considerazione sul bene e il male, proprio perché gli orientamenti della bioetica non sono standardizzati… il criterio da seguire dovrebbe essere quello dell'attuazione delle volontà della persona interessata.
Chi ha avuto il coraggio di seguire la bagarre mediatica si sarà accorto che difficilmente sono chiamate ad esprimersi persone competenti in medicina (forse per il timore che emergano le diverse impostazioni), o bioetici non al servizio delle lobby cattoliche, o rappresentanti del movimento delle donne che da decenni approfondisce il tema dell'autodeterminazione… vengono censurate anche le voci delle donne istituzionali, esattamente come quando assistiamo alla falsa indignazione sugli stupri, argomento sul quale si guardano bene dall'intervistare persino le donne che lavorano nei centri contro la violenza che testimonierebbero l'eccezionale percentuale di denunce di stupri commessi all'interno delle famiglie!
Non è sopportabile che a parlare di questi argomenti siano sempre, e quasi esclusivamente, dei politici che hanno come unico obiettivo la prevaricazione su altri interlocutori e disegni di discriminazione; paradossalmente l'arroganza mediatica sulla vicenda di Eluana (che non è riuscita a scalfire la profonda dignità di papà Englaro che, nonostante anni di esasperanti battaglie pubbliche, non ha ceduto alla tentazione di mostrare il corpo malato della figlia e ha sostenuto fino all'ultimo una volontà di giustizia) si è scatenata a pochi giorni dalla celebrazione al Senato dei 60 anni della Dichiarazione dei diritti dell'uomo!
Volutamente vengono confusi i concetti di eutanasia, accanimento terapeutico, invasività delle cure e libertà di scelta terapeutica. La sofferenza viene confusa con la pietas, il sacrificio con la cura.
Da tempo vi sono proposte di legge sul testamento biologico ed è tipico del ragionamento della politica intenderlo come una serie di norme che, più o meno, andrebbero a limitare la libertà di scelta individuale. Potrebbe essere sufficiente che ognuno avesse la possibilità di esprimere la propria volontà tramite una dichiarazione d'intenti scritta quando si sta bene. Il testamento biologico ha un senso solamente se evita speculazioni sui corpi e se ogni persona può decidere per sé tutto ciò che vuole o non vuole le sia praticato se dovesse trovarsi in condizioni di non poterlo esprimere; a quel punto il medico si atterrà a quanto espressamente dichiarato. Ciò che invece questo governo si appresta ad approvare è una normativa contro l'autodeterminazione che avvallerà ancora di più l'impossibilità di libertà: una legge di controllo sui corpi, che andrà a sancire quanto saremo costretti a subire la dequalificazione della nostra vita. La p.d.l. che sarà discussa sostiene, ad esempio, che la nutrizione e l'idratazione artificiali non siano da considerarsi come terapie ma come accudimenti imprescindibili (ecco perché l'esercito di ciellini e company manifestavano con ceste di pane!).
L'Italia diventerebbe l'unico Paese al mondo a non considerare l'alimentazione tramite sondino un trattamento clinico… ci potremmo aspettare che anche la respirazione meccanica tramite tracheotomia non rientri più nei trattamenti terapeutici?
E i medici? Saranno obbligati a non essere vincolati alla volontà dei pazienti, potranno fare obiezione di coscienza e saranno puniti se non si atterranno alla legge. Ciò significa che il diritto alla salute si tradurrà nel dovere di somministrazione di terapie.
Negli ultimi anni i tagli ai bilanci sanitari gravano principalmente sulla ricerca e sulla gestione di ambulatori e reparti, quindi appare paradossale questo accanimento nell'imposizione di terapie a chi non le vuole. Sarebbe più giusto garantire le cure ha chi ne ha effettivo bisogno, senza rischiare denunce o schedature (vedi il caso degli stranieri senza documenti) e senza costringere a ricorrere alle strutture private a pagamento quando le pubbliche hanno liste d'attesa inaccettabili. In termini di priorità la società avrebbe ben altre esigenze che non quella di tener in vita artificialmente delle persone contro la loro volontà, ma gli interessi delle case farmaceutiche e quelli degli enti (quasi sempre privati), che assistono le persone in stato vegetativo permanente, hanno palesemente obiettivi differenti. Ad aggravare le speculazioni economiche e il tentativo di limitare la libertà di espressione individuale vi è anche un terrificante progetto di voler plasmare una società forgiata su un'unica ed imprescindibile impostazione culturale.

chiara gazzola

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