Qui di seguito una breve
intervista a due compagni del Coordinamento migranti di Bologna e
provincia da anni attivo nelle lotte sociali e di cui più volte
abbiamo già avuto modo di scrivere.
In un momento come quello attuale,
segnato da cambiamenti profondi e altrettanti punti interrogativi,
ansie e speranze si alternano: sui nostri territori uomini e donne
resistono e reclamano dignità e libertà per tutti.
"Il guaio è che quando la
libertà è limitata per alcuni, o in parte, è la
via aperta per la limitazione completa e per tutti", questo scriveva
l'8 maggio 1933 da Montevideo - alla vigilia dell'instaurarsi della
dittatura di Terra - Luigi Fabbri a Nello Garavini. Oggi come allora
proviamo a dare voce a chi agisce e lotta in prima persona.
RedB
Da quando esiste il Coordinamento migranti?
Il primo numero di "Senza chiedere il permesso", che è il nostro
foglio periodico, risale al novembre del 2004, ma già da un paio
di anni le compagne e i compagni si incontravano assembleamente per
approfondire la discussione sui mezzi più idonei a combattere lo
stato di oppressione politica e sociale che ci colpisce.
Quali sono le sue
caratteristiche in quanto a organizzazione interna e quali le tematiche
che sta portando avanti? Quale ancora l'atteggiamento verso le
istituzioni e i maggiori sindacati?
Le caratteristiche della nostra organizzazione interna sono le
più semplici e orizzontali possibili, non siamo delegati da
nessuno e nessuno deleghiamo per portare avanti le nostre
rivendicazioni; i membri più attivi del coordinamento migranti
si incontrano tutti i mercoledì alle 19.30 allo spazio sociale
di via Fioravanti XM 24 per discutere (a volte anche animatamente) su
come allargare e approfondire la nostra azione diretta contro le
istituzioni del potere economico e politico che rendono impossibili le
nostre vite. Da queste assemblee sono lanciate quelle cittadine e
provinciali che dettano le linee d'azione generale e particolare.
Rivendichiamo la nostra autonomia da tutte le forze politiche e sociali
e ci scontriamo o ci confrontiamo con esse a seconda delle
necessità del momento. Non abbiamo preclusioni o simpatie
aprioristiche per nessuno: ciò che conta per noi sono i
contenuti, oltre che il modo con cui vengono proposti.
Una delle "parole
d'ordine" del Coordinamento è il "protagonismo" dei migranti.
Questo sembra implicare una assunzione di responsabilità in
prima persona e il tentativo di sgombrare il campo da logiche
paternalistiche. É così?
Un anarchico dovrebbe già conoscere la risposta a questa
domanda: chi meglio del lavoratore stesso può agire per la
propria emancipazione? Chi meglio dell'oppresso? Chi meglio del
migrante?
Uno dei punti
centrali del Coordinamento è la solidarietà di classe.
Rafforzarla significa anche superare i tradizionali raggruppamenti
etnici e interclassisti in cui spesso si organizzano le comunità
migranti nei paesi "ospitanti". Quali difficoltà incontrate in
questo progetto?
Le difficoltà ci sono per essere superate: al coordinamento
migrante partecipano lavoratrici e lavoratori di ogni provenienza, con
differenze religiose e culturali svariatissime; noi cerchiamo di
lasciare ciò che ci divide fuori dalla porta, per discutere di
ciò che ci unisce: la necessità di combattere per
conquistare libertà e dignità alle nostre vite.
Sappiamo che
venite da una serie di mobilitazioni, l'ultima delle quali è
stata una prova di solidarietà concreta a un vostro compagno
licenziato dalle coop (vedi "Umanità Nova", n. 2 e n.5). Quali i prossimi obiettivi?
Stiamo preparando, attraverso le consuete forme assembleari, una decisa
mobilitazione contro l'aggravarsi del razzismo istituzionale, legandolo
alla situazione di crisi internazionale. Non è esclusa una
mobilitazione a carattere nazionale.