Umanità Nova, n.7 del 22 febbraio 2009, anno 89

Bel lAvoro


A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica  Milanese
       

Milano: alla INNSE Presse manganellati gli operai ma la lotta continua

Dopo il previsto fallimento della trattativa con la Regione Lombardia, alle 5 del mattino del 10 Febbraio una ingente forza di Ps, Carabinieri e Digos, si èpresentata davanti ai cancelli della INNSE Presse di Lambrate, presidiata dai lavoratori a difesa del posto di lavoro sin dalla primavera dello scorso anno.
Memori della precedente disfatta del 14 Gennaio, quando vennero cacciati a pedate insieme alle truppe del Sig. Genta proprietario dell'azienda, i "tutori dell'ordine" questa volta hanno tentato il tutto per tutto. Dopo avere parzialmente isolato le vie di accesso alla fabbrica, sono riusciti infatti ad arrivare ai cancelli posteriori della fabbrica tramite una strada in costruzione non ancora aperta al traffico. Hanno aperto la rete tranciandone i cavi e divelto la barriera eretta a difesa, facendo entrare 3 camion ed un muletto nonostante la immediata la reazione degli operai e dei molti compagni accorsi sin dalla serata precedente, dopo che per Milano il tam tam aveva segnalato il pericolo di una ennesima incursione.
A questo punto, colti con le mani nella marmellata, i nostri beneamati "difensori" hanno dato inizio alla loro attività preferita: manganellare i lavoratori, soprattutto quelli della INNSE che si erano portati in prima fila, mandandone 3 al pronto soccorso.
Ma inutilmente. La ferma reazione del picchetto ha costretto la Questura a scendere a patti: aperta una trattativa, un lavoratore della RSU INNSE ed un rappresentante sindacale sono potuti entrare nel capannone ed hanno verificato che sui camion venisse caricato solo materiale di scarto e non i preziosi macchinari.
Ancora una volta quindi la mobilitazione dei lavoratori INNSE ha respinto gli assalti della speculazione.
La lotta continua.

Operai polacchi occupano la fabbrica dopo il licenziamento

Dalla metà di Gennaio 200 dipendenti della Thomson di Varsavia stanno occupando la fabbrica a seguito dell'annuncio del loro licenziamento. L'azienda, che produce schermi per TV, faceva parte dell'omonimo gruppo francese sino a quando anni addietro venne da questo ceduta al gruppo Indiano Videocon insieme a tutte le consorelle sparse per il mondo, Cina compresa. Poco tempo dopo aver preso possesso dell'impianto la nuova proprietà aveva però iniziato un piano di ridimensionamento, adducendo il fatto che il costo del lavoro era risultato troppo alto rispetto alle stime iniziali, lamentando di non avere ottenuto sussidi dal governo polacco e di avere inoltre forti problemi con i sindacati locali. Negli ultimi due anni infatti gli addetti si sono ridotti da 5.000 agli attuali 200, mentre i salari sono stati ridotti del 30/40 per cento, il tutto motivato dal calo della richiesta mondiale di TV, motivazione questa fortemente contestata dai sindacati. Attualmente gli occupanti reclamano il pagamento dell'ultimo stipendio e dell'indennità di licenziamento (pari in totale a circa 3.500 euro) che avrebbero già dovuto ricevere entro il 10 gennaio.
                                      

Contro l'amianto che uccide

I padroni italiani, con la complicità dello stato, hanno esposto deliberatamente migliaia di lavoratori, senza alcun tipo di misure protettive, al rischio di inalazione di amianto, la cosiddetta fibra "killer" di cui si conosceva la tossicità, ma soprattutto il forte potere cancerogeno.
Un'azione ignobile finalizzata alla massimizzazione del profitto ed in assoluto disprezzo della salute e della vita umana. Un'azione riprovevole sul piano etico e persino una violazione delle stesse leggi.
La Procura della Repubblica di Milano, con dispositivo del 13 ottobre dello scorso anno, ha benignamente chiesto l'archiviazione per gli ex dirigenti Breda  - Ansaldo e Pirelli colpevoli della morte di 40 lavoratori deceduti per mesotelioma pleurico o asbestosi. Si è trattato dello stesso P.M. che nel 2002 aveva chiesto l'assoluzione per 2 dirigenti della Breda Fucine di Sesto San Giovanni, accusati della morte di 6 lavoratori e lesioni gravissime di un settimo.
Anche se siamo consapevoli che solo la lotta può davvero migliorare le condizioni dei lavoratori, tuttavia, vogliamo segnalare, che a volte anche le istituzioni dei padroni entrano in contraddizione tra loro. E' il caso di diverse associazioni delle vittime dell'amianto che, vista l'indifferenza dello Stato nei confronti dei lavoratori deceduti, sono ricorse alla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo, la quale ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per i casi di morte dei lavoratori esposti alle fibre di amianto.
Troveranno le istituzioni magari il tempo di rimediare e di reagire, ma intanto si dà un po' di fiato e di coraggio alle battaglie comuni contro la morte dall'amianto.


Lo sciopero dell'Unicobas del 13 febbraio

L'Unicobas ha indetto uno sciopero generale nella scuola nella giornata del 13 febbraio, con manifestazione a Roma davanti al Ministero oltre il blocco delle attività aggiuntive, degli straordinari e degli scrutini (il 12 febbraio), contro l'applicazione della riforma Gelmini che prevede il taglio di 51.000 cattedre delle 87.500  da eliminare in 3 anni. Lo sciopero si propone anche "un contratto vero che ci porti ai livelli europei ed il pagamento integrale di tutti gli arretrati; per l'assunzione dei precari; contro il furto del salario accessorio nei giorni di malattia". Sulla riuscita delle iniziative di lotta e dello sciopero riportiamo dal comunicato della stessa organizzazione: "Dopo l'incoraggiante adesione al blocco degli scrutini e della consegna delle schede di valutazione, che ha coinvolto un terzo delle scuole dei grandi centri ed il 20% degli istituti a livello nazionale interessati [...] lo sciopero generale della scuola ha visto la partecipazione di più del 15% del personale docente (con punte del 20 alle elementari), nonché del 5% del personale amministrativo, tecnico e ausiliario".

La Cgil difende don Colmegna

Che la Cgil fosse sempre più distante e disinteressata a qualunque tutela degli interessi dei lavoratori è  cosa nota da tempo; ma che non fosse neppure più in grado di difendere almeno le apparenze è cosa che ancora (un poco) ci sorprende. La notizia arriva dal Ce.A.S. (Centro Ambrosiano di Solidarietà) di Milano, un'associazione del privato sociale che si occupa di tossicodipendenti e persone con problemi psichiatrici. L'ente è gestito da don Colmegna, ex presidente della Caritas Ambrosiana e vero e proprio boss delle cooperative sociali. I fatti: alcuni lavoratori iscritti ad un sindacato autonomo inviano alla direzione un fax di richiesta urgente di incontro: sono preoccupati per il costante ritardo degli stipendi e sostengono che in assenza di chiarimenti passeranno a forme di lotta più nette e decise. Il prete, toccato nella sua sensibilità, invia a tutti i lavoratori una lettera di fuoco contro chi ha osato chiedere l'elementare diritto del salario. Almeno sulla garanzia degli stipendi la Cgil fa ancora sentire la sua voce? Niente da fare. Ai lavoratori arriva un comunicato del glorioso sindacato che elogia il lavoro del prete e attacca i lavoratori del sindacato autonomo. In periodi di crisi, dice la Cgil, bisogna starsene buoni e tranquilli e non disturbare il manovratore; inoltre al Ce.A.S. c'è un padrone talmente generoso e gentile che disturbarlo con l'antipatica richiesta di avere lo stipendio potrebbe anche portarlo, domani, a chiudere l'associazione...C'è una fine al tracollo del sindacato di stato? 

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bel-lavoro@federazioneanarchica.org

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