Ci sono, a volte, storie che riescono da sole a dare l'idea della
violenza sociale della quale sono percorse le città nelle quali
viviamo. Una violenza insita nello sfruttamento dei lavoratori
più deboli e più ricattabili tra i tanti che affollano i
settori più marginali e meno protetti della produzione. Una di
queste è la storia della CGS, una cooperativa di servizi che
operava a Moncalieri all'interno del capannone della ILTE.
La ILTE è un'impresa che produce due oggetti che finiscono in
tutte le case del nostro paese: le Pagine Bianche e le Pagine Gialle.
La ILTE, però, esplica la sua attività appaltando una
parte del lavoro a cooperative e aziende che lo svolgono tenendo bassi
i prezzi di produzione. Naturalmente i prezzi bassi hanno un costo che
viene pagato da lavoratrici e lavoratori i cui salari superano di poco
la soglia di povertà. Siccome le politiche dei bassi salari,
però, non bastano a garantire costi competitivi, le cooperative
appaltanti spesso ricorrono alla pratica del subappalto cedendo ad
altre imprese e cooperative le lavorazioni più pesanti e
costose, e lasciando a queste il compito di tagliare ulteriormente il
pagamento di salari e prestazioni.
Naturalmente questa pratica seleziona al contrario le imprese,
favorendo quelle formate da veri e propri pirati. Questi signori
acquisiscono i subappalti garantendo prezzi di gara ridicoli,
accettando qualsiasi lavoro a qualsiasi condizione e costringendo i
propri soci e i propri dipendenti a far loro da banca, con pagamenti
ritardati, buste paga false e veri e propri furti consistenti del
mancato pagamento di una o più mensilità.
I lavoratori e le lavoratrici di queste imprese e cooperative sono per
lo più immigrati, con una limitata conoscenza delle leggi sul
lavoro e, a volte, della stessa lingua. In questo modo con un mix di
minacce, ricatti e lusinghe i padroni di queste cooperative riescono a
risparmiare all'inverosimile sul costo del lavoro e ottengono un numero
incredibile di appalti e commesse.
Così la ILTE subappalta alla Gesconet, una cooperativa con sede
a Roma e filiali in tutta Italia, e questa a sua volta subappalta alla
CGS una parte delle lavorazioni. I lavoratori sono circa 25, quasi
tutti stranieri e tutti e tutte assunti con un contratto di
facchinaggio e il contratto nazionale UNCI. Peccato che lavoratori e
lavoratrici facciano un lavoro operaio, intervenendo sulla linea di
confezionamento del prodotto, inserendo le pubblicità interne e
incellophanando i volumi. Cosa c'entra questo lavoro con il
facchinaggio? Inoltre il contratto UNCI è un contratto quasi
fuorilegge, utilizzato solo in realtà lavorative particolarmente
deboli e firmato dalla sola CONFSAL, un sindacato autonomo di nessuna
rappresentatività nel settore. Il contratto di riferimento, in
realtà, ci sarebbe: quello degli operai dell'industria
editoriale, ma naturalmente costa troppo per i piccoli squali della CGS
e non permette furbate come i pagamenti a sessanta giorni dei
dipendenti.
Come se non bastasse, questi eroi del nostro tempo, assumono i loro
soci a part time piuttosto che con contratti di somministrazione, in
modo da abbassare ulteriormente i loro salari. Naturalmente,
però, gli orari di lavoro non c'entrano nulla con quanto scritto
sulla carta ma sono ben superiori.
Nonostante questi accorgimenti la CGS inizia a non pagare i suoi
dipendenti fin da quest'estate. Con mille scuse rimanda il pagamento
fino ad arrivare a dicembre quando improvvisamente la Gesconet perde
l'appalto ILTE che passa all'HDL. I dipendenti e soci Gesconet
ottengono quanto stabilito dalla legge, e cioè il passaggio
diretto alla nuova cooperativa con mantenimento del posto di lavoro. I
soci e dipendenti CGS, no! Non vengono nemmeno considerati, come se non
fossero mai esistiti. La CGS chiude la sede e sparisce, anche se
l'amministratrice delegata continua a dare appuntamenti farsa ai propri
dipendenti per pagamenti che poi non effettua. A gennaio infine
comunica con un pezzo di carta scritto a mano, lasciato nelle buche
delle lettere dei propri lavoratori, che il lavoro non c'è
più. Nemmeno un licenziamento che avrebbe permesso un ricorso e,
nel frattempo, l'ottenimento del sussidio di disoccupazione.
Una vera e propria vicenda ignobile i cui responsabili sono
nell'ordine: la ILTE che appalta a prezzi irresponsabili lavorazioni
che hanno ben altri costi, la Gesconet che ha effettuato un subappalto
che puzza lontano un miglio di caporalato vero e proprio, e
naturalmente i piccoli squali di CGS che, come nel film di Woody Allen
hanno preso i soldi e sono scappati.
Con una ventina di lavoratrici e lavoratori di questa cooperativa
abbiamo iniziato un complicato percorso per il riconoscimento dei loro
diritti; all'iniziativa legale, necessaria per ottenere il
riconoscimento del loro diritto a rientrare su di un posto di lavoro
che hanno effettivamente occupato, abbiamo aggiunto una prima
iniziativa pubblica che ci ha portato a presidiare un solarium di via
Arsenale a Torino risultato di proprietà degli stessi dirigenti
della cooperativa. Per ora la situazione non si sblocca, ma abbiamo
iniziato a muoverci con un buon gruppo dei "fregati da CGS" e non
abbiamo nessuna intenzione di mollare.
Jaime Pez