Umanità Nova, n.8 del 1 marzo 2009, anno 89

informAzione - 1


Da Lampedusa a Torino rivolta contro i CIE/lager


Sciopero della fame al CIE
Nella notte tra il 18 e il 19 febbraio 27 tunisini sono stati trasferiti con un aereo militare da Lampedusa a Torino. Allo sbarco a Caselle, gli immigrati, reduci dalla rivolta che il giorno precedente aveva mandato in fumo buona parte del lager dell'isola, sono stati accolti dalla polizia in assetto antisommossa che li ha scortati al CIE di corso Brunelleschi. Per far posto ai nuovi arrivati sono state liberate tutte le donne rinchiuse nel centro di detenzione. Gli immigrati hanno raccontato di essere stati duramente pestati prima della partenza: molti di loro erano stati feriti già durante la rivolta. Le botte non sono bastate a smorzare la loro determinazione a lottare per la libertà. Anzi. Giovedì 19 febbraio tutti i reclusi del CIE hanno rifiutato il cibo pieno di psicofarmaci che gli rifilano i secondini della Croce Rossa. Lo sciopero della fame è continuato venerdì 20 coinvolgendo almeno metà dei reclusi, che chiedevano la liberazione immediata.
Intorno alle 17 e 30 dello stesso giorno un gruppo di antirazzisti e anarchici si è dato appuntamento sotto i muri del CIE. Musica, petardi, battiture e grida si sono intervallati con le testimonianze dei reclusi che raccontavano le loro storie al telefono. Storie di violenza, sopraffazione, sfruttamento e storie di resistenza. Molti chiedevano agli antirazzisti di entrare, per vedere la realtà di una prigione per senza carte. Ma le porte di un CIE, come di ogni prigione, sono chiuse.
Gli immigrati hanno buttato per aria i materassi e sparso in giro l'immondizia.
Fuori dal muro "libertà, libertà".

No LagerCoop
Due Cooperative Rosse, la Sisifo e la Blu Coop, gestiscono la prigione per immigrati di Lampedusa, andata a fuoco durante la rivolta scoppiata a metà febbraio.
Il consorzio che le unisce, "Lampedusa accoglienza", ha il sapore acre della feroce ironia nazista: "il lavoro rende liberi" c'era scritto ad Auschwitz.
La Lega delle Cooperative, i cui membri gestiscono anche altri CPT in Italia, fa leva per il suo marketing sui valori di solidarietà, partecipazione e mutuo appoggio patrimonio di tanta parte del movimento operaio, mentre gestisce e lucra sulla pelle di chi, spinto dal bisogno, va a caccia di un futuro migliore nel nostro paese.
A Torino, in via Livorno, c'è l'Ipercoop, mega supermercato di nuova generazione, dove il business imita la piazza di un paese. Un gruppo di antirazzisti venerdì 20, mentre il governo decideva per decreto di estendere a sei mesi la detenzione nei CIE, ha aperto due striscioni "LegaCoop gestisce lager" e "Non esiste lager dal volto umano", distribuendo volantini e speakerando. I responsabili della sicurezza del supermercato hanno tentato senza successo di dissuadere dall'iniziativa: tra chi entrava e usciva dal supermercato non sono mancati quelli che hanno espresso approvazione e solidarietà. All'interno dell'Ipercoop è scattata una caccia al tesoro: la ricerca di migliaia di microvolantini sparsi tra le merci.
Chi volesse dire la propria ai gestori del Lager di Lampedusa può telefonare a:
Sisifo (Catania) 095 43 03 65
Blu Coop (Agrigento) 0922 60 89 38

Scritte alla Croce Rossa
"La Croce Rossa gestisce lager per migranti", "fuoco ai cpt" sono alcune delle scritte comparse nella notte tra venerdì 20 e sabato 21 sulle sedi della CRI di Torino, Settimo, Chivasso, Pino, Chieri, Nichelino, Moncalieri e Beinasco. A Moncalieri è stata anche gettata una bella secchiata di vernice rossa. A Torino, come in altre città italiane, la CRI ha in appalto la conduzione del CIE.

Presidio e corteo al CIE
Sabato 21 febbraio di fronte al CIE di corso Brunelleschi si sono dati appuntamento compagni delle varie aree dell'arcipelago antirazzista torinese. Il giorno precedente, durante la visita al CIE dell'europarlamentare Agnoletto, una donna recatasi lì per portare cibo ad un parente, è stata più volte respinta e infine violentemente strattonata dagli agenti di guardia, che per ore le hanno impedito l'ingresso.
Battitura di ferri, petardi, musica, interventi e le dirette alla radio dal CIE hanno caratterizzato un pomeriggio di solidarietà con i reclusi, alcuni dei quali ancora in sciopero della fame. Il pomeriggio si è concluso con un corteo intorno alle mura del centro, durante il quale la polizia in assetto antisommossa è entrata nelle varie sezioni del CIE minacciando apertamente gli immigrati. All'esterno scritte solidali e, fortissimo, il fragore delle battiture di pali della luce, cassonetti, segnali stradali.
Sul muro campeggiava tra le altre una grande scritta blu: "questo è un campo di concentramento".

R. Em.

Parma. Apre il processo contro il Mario Lupo

Il giorno 18 febbraio si è svolta la prima udienza del processo per lo sgombero, avvenuto nel 2005, del centro sociale Mario Lupo di Parma. Sono dieci gli imputati con accuse che variano da occupazione a resistenza e in un caso anche lesioni. Da allora ad oggi molte cose sono avvenute, in particolare agli accusatori. Parte dei testimoni dell'accusa sono alcuni dei vigili coinvolti nell'inchiesta sul "caso Bonsu", ovvero il pestaggio dello studente ghanese avvenuto durante un operazione antidroga per opera di un cosiddetto Nucleo di pronto intervento della Polizia municipale di Parma. Un paio di questi difensori dell'ordine pubblico - che sono indagati per aver insultato con epiteti razzisti, picchiato e fotografato a modo di trofeo il ragazzo, risultato poi innocente - sono attualmente agli arresti domiciliari e si sarebbero dovuti recare in tribunale per testimoniare, al loro posto è stato però presentato un certificato medico. I testimoni presenti, tutti a carico dell'accusa, si sono mostrati per lo più vittima di amnesia. In primis, il sindaco di allora, Elvio Ubaldi, si dice a conoscenza di poche informazioni confuse sulle attività svolte nell'area ex macello dal centro sociale ('fuochi nella notte', 'rumore'…), e di non sapere nulla degli accordi presi dalle precedenti amministrazioni a riguardo della gestione dello spazio. Ammette di avere emanato un'ordinanza per l'avvio di lavori di recupero dell'ex macello PRIMA di intavolare trattative con quelli che chiama 'occupanti di fatto', ammette inoltre che l'ordinanza utilizzata per lo sgombero era riferita alla presunta inagibilità dell'edificio. Come Ponzio Pilato si lava le mani del resto, lui era il sindaco, a far le cose a modo ci dovevano pensare gli altri. I successivi testimoni non ricordano gran che, i primi a essere dimenticati sono eventuali oggetti contundenti in mano alle forze dell'ordine, ma anche le facce dei colleghi talvolta sfumano nella memoria in 'non so, non ricordo'. La ricostruzione dei fatti prende una forma grottesca e inaspettata: operai del comune respinti da docce di vino e qualche 'testo scolastico', simpatizzanti del centro sociale che si presentano come 'una moltitudine coalizzata', vociante e niente più, ma soprattutto vigili spaesati, che fuggono presi dal panico, completamente impreparati a quella che doveva essere una prova per la futura attribuzione di maggiori poteri alla polizia municipale in materia di 'sicurezza'. La parola d'ordine per ora sembra essere una sola: minimizzare. I militanti del centro sociale Mario Lupo avevano denunciato la militarizzazione del corpo della polizia municipale già 3 anni fa, ma le conseguenze le vediamo oggi, i supercop di Terracciano tremano a causa di una persona, Emmanuel Bonsu,  piena di coraggio e di dignità e le loro sicurezze si fanno sempre più vacillanti dal momento che sembrano non godere dell'immunità che si erano immaginati. La prossima udienza sarà il 17 giugno presso il tribunale di Parma.

Lecco. Processo per direttissima

Martedì 10 febbraio, durante il "giorno del ricordo", come ogni anno una sfilza di fascisti ha voluto sfilare in corteo per le vie di Lecco. Un gruppo di anarchici ha deciso di contestare dedicando loro alcuni cori.
A questi ha reagito una squadra di polizia politica in borghese, caricando immediatamente il gruppo e fermando quattro compagni. La carica è stata improvvisa, accompagnata da insulti e calci. Uno dei fermati è stato tratto in arresto, rilasciato il giorno seguente. I reati attribuiti a tutti e quattro sono: "adunata sediziosa", "manifestazione non autorizzata", "resistenza a pubblico ufficiale" ed altro. Al compagno sono stati attribuiti anche i reati di "violenza" e "lesioni a pubblico ufficiale". Il 17 si è tenuta la prima udienza del processo per direttissima contro il compagno arrestato.
Ai compagni radunati per protestare contro quanto avvenuto, circa un centinaio, di cui moltissimi giovani, come giovanissimi sono i quattro compagni fermati, è apparso subito chiaro l'intento del potere giudiziario e poliziesco di costruire un impianto accusatorio atto a criminalizzare il dissenso e la ribellione che questo gruppo di compagni porta avanti ormai da mesi.
Due tentativi di occupazione, varie iniziative antifasciste, una manifestazione contro il consumismo natalizio e negli ultimi giorni, volantinaggi contro la presenza dei militari, nell'ambito dell'iniziativa "training day" promossa da ministero della difesa e regione Lombardia, all'istituto Bovara di Lecco.
Sul caso specifico la collaborazione giudice/pm è stata vergognosa, mentre il giudice vietava la visione in aula del filmato, riprese dalle telecamere del comune, che dimostra la falsità delle deposizioni dei digossini sull'accaduto, il pm iniziava una ricostruzione atta alla criminalizzazione di tutti i compagni partendo addirittura dalle occupazioni tentate nella scorsa primavera.
Verso le 17 la seduta è stata aggiornata a martedì 24 alle ore 15.
Per quel giorno alle 14 e 30 è stato convocato il presidio davanti al tribunale.

Monfalcone. L'ennesima montatura

Alcune vicende repressive sono talmente grottesche che potrebbero essere frutto di qualche candid camera se non fosse che ci sono di mezzo persone in carne e ossa.
Martedì scorso la polizia effettua sei arresti nella zona di Monfalcone: tre sono condotti in carcere a Udine, tre in quello di Gorizia. Gli arrestati sono quasi tutti molto noti a Monfalcone: tre sono fra i più noti attivisti di Officina Sociale, spazio comunale gestito da un'associazione a cui fanno riferimento i disobbedienti locali, due sono fratelli gestori di uno dei più noti bar della cittadina e il sesto è un frequentatore degli stessi posti. L'operazione  coinvolge altri indagati, che però non sono stati arrestati, tra cui altri militanti dello spazio sociale. Gli arresti sono l'assurdo risultato di quasi 2 anni di indagini sullo "spaccio" di droghe leggere nella zona. Lo stesso spazio (in cui è attivo un servizio di riduzione del danno in convenzione col comune) e alcuni degli arrestati erano stati perquisiti nel maggio scorso senza esito per la medesima indagine.
Le prove sono ridicole: testimonianze di alcuni ragazzini (sicuramente costretti a prestarsi al gioco per non incappare nelle maglie della giustizia per qualche canna) e di qualche soggetto dipendente da droghe pesanti, registrazioni audio e meno di 2 grammi di hascish sequestrati in tutto! In una città dove si continua a morire di amianto e i processi vengono ritardati, in cui nei cantieri vige lo sfruttamento più bieco grazie ai subappalti e alle infiltrazioni mafiose, in cui vi è un'emergenza casa e in cui ogni giorno passano armi e droghe di ogni tipo, l'apparato repressivo locale imbastisce questa operazione mediatica per distogliere dagli occhi della gente i veri problemi del territorio. Un apparato repressivo fortemente screditato (decine gli indagati anche fra gli alti gradi per traffico di cocaina) che tenta il rilancio di immagine con questa operazione. Se da un punto di vista giudiziario il tutto è assurdo e gli avvocati sono convinti che si smonterà, da un punto di vista politico la situazione è gravissima: un chiaro attacco a chiunque si muova sul territorio che può essere arrestato e tenuto dentro (essendo stati  convalidati gli arresti, gli indagati staranno in carcere almeno un paio di settimane) solo grazie a delle testimonianze e alla volontà di colpire.
Per fortuna la reazione è stata forte e immediata. Già alla conferenza stampa una sessantina di persone porta la propria solidarietà (fra cui realtà anarchiche di Monfalcone, Trieste, Udine e bassa friulana) e si inizia a contrastare la disinformazione sui media che continuano a sparare titoli deliranti.
Il giorno seguente un'assemblea pubblica vede la partecipazione di oltre un centinaio di persone che decidono le prossime scadenze fra cui  un grande happening per sabato 28 febbraio in centro a Monfalcone non solo per chiedere la liberazione degli arrestati, ma anche per dire a gran voce che non abbiamo paura e che si vuole reagire al clima di militarizzazione della zona (questa provincia è la più presidiata d'italia dalle varie forze del disordine). Tutto questo si sta legando con le iniziative che il 12-13-14 marzo si terranno a Trieste per contestare il vertice sulle droghe capitanato da Giovanardi. Vi terremo informati. Per articoli e aggiornamenti: www.info-action.info

Federico

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