Umanità Nova, n.8 del 1 marzo 2009, anno 89

Bel lAvoro


A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese

Irlanda: continua l'occupazione alla Waterford Crystals

E' giunta alla terza settimana l'occupazione da parte dei lavoratori della Waterford Crystals, a rischio di chiusura causa dissesto finanziario: questi assicurano, a rotazione, una presenza continua nell'azienda di 60 di loro. Dall'inizio dell'occupazione i lavoratori hanno dato vita ad una manifestazione nel capoluogo della Contea, Waterford, con una partecipazione di oltre 6.000 persone e hanno manifestato nella capitale Dublino, dinnanzi agli uffici della Deloitte & Touche, società incaricata dalla proprietà di condurre l'amministrazione controllata della Waterford Crystals; mentre il gruppo "Save Waterford Crystal" su Facebook ha in pochi giorni raggiunto i 4.600 membri da ogni parte del mondo.
Nello stesso giorno sono sfilate a Dublino ben 3 manifestazioni: quella dei lavoratori di Waterford, quella dei conducenti della Bus Eireann (la società di trasporto su strada dell'Eire) e quella degli studenti (20.000 partecipanti). Gli uni per protestare contro il taglio dei posti di lavoro, gli altri contro l'aumento  delle rette scolastiche.

Sciopero alla Dhl contro la riduzione dei diritti e degli occupanti

Nella giornata del 12 febbraio un centinaio di lavoratori della Dhl  di Corteolona (Pavia) hanno bloccato per 4 ore i cancelli dello stabilimento, dall'alba fino alle 9,30. I tir  sono stati bloccati sulla strada, la provinciale per Villanterio,  creando problemi di circolazione stradale.
Non è la prima volta che iniziative di lotta esplodono nello stabilimento. Due anni fa il motivo scatenante è stata la morte di un albanese di 27 anni, caduto da un "muletto" che lo aveva sollevato a diversi metri di altezza. Dopo questa vicenda ci sono sempre stati fermenti nel capannone di logistica. Adesso il motivo principale dello sciopero improvviso è stato il passaggio di appalto dalla cooperativa Team Logistica alla cooperativa Elaia. Come è risaputo le gare di appalto sono determinate dalla riduzione di costi, ma a farne le spese sono solo i lavoratori.
Il rappresentante dello Slai Cobas, il sindacato di base presente nell'azienda, denuncia: "Al momento della stipula dei contratti è stato fatto firmare un contratto peggiorativo, con diminuzione del salario e declassazione dal quinto al sesto livello". Con il trucco di aver perso alcuni dei contratti firmati non tutti i lavoratori sono stati riassunti come prevede la normativa. Inoltre si rivendicano le spettanze (liquidazione, ecc.) dalla gestione precedente (la cooperativa Team Logistica).
La situazione si è normalizzata solo quando i dirigenti dell'azienda Dhl si sono impegnati a convocare le cooperative coinvolte e le rappresentanze dei lavoratori per arrivare ad un accordo.

Portovesme: protesta contro la chiusura degli impianti alla Eurallumina

Durante la recente campagna elettorale in Sardegna era intervenuto addirittura Berlusconi per tentare di convincere la proprietà russa della Eurallumina di Portovesme (Cagliari) a non interrompere la produzione, causando la messa in cassa integrazione di ben 450 addetti su un totale di 700. Fatto sta che le elezioni sono oramai alle spalle e che – a quanto pare - le parole di Silvio non sono state accolte con il dovuto rispetto che si deve ad un amico intimo dell'oligarca Putin. L'unico risultato certo è che dal 28 febbraio la Eurallumina cesserà la produzione, colpendo i salari non solo dei 450 dipendenti. Alla Eurallumina infatti è direttamente collegato l'indotto del quale fanno parte le imprese di appalto, la Alcoa, che si rifornisce di allumina proprio dalla società in via di chiusura e di altre aziende, ivi compresa la locale centrale dell' Enel, per un totale di circa ulteriori 3.000 posti di lavoro.
Oltretutto, ad un incontro che si doveva tenere a Roma tra i sindacati, la proprietà e il ministro Scajola, sia il ministro che la Eurallumina hanno pensato bene di non presentarsi.
Per protesta 5 dipendenti si sono arrampicati su di un silos a 50 metri di altezza, dove si sono poi incatenati. Nel frattempo  gli altri operai, sia dell'Eurallumina che delle imprese di appalto hanno iniziato il presidio degli ingressi delle fabbriche e delle strade di accesso, mentre alcuni si sono incatenati in solidarietà con i colleghi sul silos.
 

All'ospedale di Legnano nasce lo sciopero del futuro?

Licenziate a settembre dall'ospedale di Legnano (Milano), che aveva deciso di affidare i servizi telefonici ad un call center siciliano, le 11 dipendenti che avevano perso il posto di lavoro, dopo sei anni di impieghi a termine, avevano inscenato uno strip di protesta "Cosa abbiamo ancora da perdere? Ci lasciano in mutande, ci toglieremo anche quelle" e si erano messe all'asta su YouTube.
Passano i mesi ma il loro caso non è ancora risolto perché "Dal Consiglio Regionale al Consiglio Provinciale solo promesse e sempre la stessa risposta: non dipendeva da loro. L'Ospedale attribuiva il licenziamento alla legge Brunetta, mentre il Ministro Brunetta diceva che era ascrivibile ai vertici aziendali. Il Sindaco di Legnano se ne è lavato le mani ed il Prefetto, vista l'indifferenza generale, non sapeva cosa fare".
Il 18 febbraio scorso, con il sostegno della rappresentanza sindacale RdB-CUB, hanno partecipato al presidio davanti a Palazzo Madama insieme a circa 200 fra delegati della Ricerca, della Sanità, degli Enti Locali e Lsu, lavoratori che, dopo tanti anni di precariato nella P.A, con l'approvazione del Ddl A.S. 1167 vedono ora definitivamente bloccati i processi di stabilizzazione già avviati.
Per l'occasione le 11 dipendenti hanno partecipato bendate portando riproduzioni del quadro di De Chirico Canto d'Amore, dando vita a quello che hanno definito il primo "Sciopero del futuro". Sempre bendate, le lavoratrici hanno poi raggiunto il Ministero della Funzione Pubblica, dove hanno ripreso il presidio che intendono mantenere fino a che non otterranno l'incontro richiesto con il ministro Brunetta.

Presidio contro la chiusura della Terex-Comedil di Cusano Milanino

Dal 16 dicembre scorso, gli operai della Terex-Comedil, azienda produttrice di gru da oltre 80 anni - situata nella cintura industriale di Milano - presidiano i cancelli giorno e notte contro la decisione della proprietà italo-statunitense di cessare la produzione e licenziare il personale, motivandola tutto questo con il solito ritornello: "l'affitto è oramai troppo alto e siamo in piena crisi economica".
Da quel giorno infatti i lavoratori – reduci dall'avere appreso la notizia -  hanno iniziato il presidio, che nel frattempo si è dotato di una tenda, alcune sedie con un tavolo e, dato il rigore invernale, anche di una stufa elettrica.
Come in tanti, troppi, casi analoghi, la storia si ripete tragicamente: il bilancio 2007 in attivo, quello del 2008 ancora in attivo ma in calo, un accordo con i sindacati a ottobre 2008 che concede alla azienda di mettere in cassa integrazione 27 operai con l'impegno però di riprendere l'attività, finché, il 15 dicembre, la improvvisa notifica della chiusura e l'avvio della procedura di mobilità, senza nemmeno "graziare" i dipendenti con la cassa integrazione.
Corre il sospetto che si voglia trasferire la produzione in Friuli, terra di origine della costola Italiana della proprietà, magari approfittando di aiuti economici che la Lombardia non  concede.
Nel frattempo però i lavoratori hanno vinto una causa contro l'azienda per condotta anti sindacale, guadagnandosi così altri 75 giorni di stipendio, mentre incombe oramai la data del 1 marzo 2009, giorno in cui la proprietà esige che l'azienda sia totalmente smantellata.
Vedremo se la resistenza dei lavoratori Terex-Comedil, come quella dei lavoratori INNSE, riuscirà a smuovere la solidarietà dei lavoratori nell'area milanese.

Per contattare questa rubrica
Bel-lavoro@federazioneanarchica.org

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti