Umanità Nova, n.9 dell'8 marzo 2009, anno 89

Dalla padella alla brace


Non rimarrà altro per i nuovi disoccupati e precari, nei prossimi mesi rimpolpanti la già lunga schiera di lavoratori in cerca del lavoro perduto a seguito della crisi economica mondiale, che augurarsi un malandrino incontro con uno dei rampolli della famiglia Berlusconi, al fine di sperare in un futuro migliore di quello presente. È questa, infatti, la ricetta che il capo del governo italiano ha fatto intendere quando – durante la conferenza stampa al termine del vertice UE, nel rispondere alla proposta del neo-segretario del PD, Dario Franceschini, sulla necessità che lo Stato eroghi un sussidio di disoccupazione a chi ha perso il lavoro – ha ribadito l'impossibilità di far fronte a qualsiasi spesa sociale, pena l'aumento dell'1,5% del Pil non compatibile con i parametri del Trattato di Maastricht.
Nulla di nuovo, ovvio, dal momento che le inevitabili leggi economiche hanno determinato la presente situazione, stabilendo per interesse – ma anche e soprattutto per moda – l'aurea regola di non sforare del 3% (e, perché no?, del 2%, o del 4%?) il debito pubblico in rapporto alla ricchezza prodotta da ogni singolo paese membro dell'Unione Europea. Ma che a fronte di questo vincolo imposto artificiosamente per stabilizzare l'euro, così da vincolare le spese sociali degli Stati membri, ancora nessuno abbia accettato di ridiscutere – almeno sul piano teorico – ciò che teoricamente è una mera ipotesi, neppure confermata dall'esperienza della presente crisi finanziaria, appare vergognoso, squallido e truffaldino.
Infatti, non solo la speculazione finanziaria scoppiata negli Usa con i derivati utilizzati per copertura di un rischio (il cosiddetto hedging) e diffusasi in tutto il mondo al pari di una catena di santantonio ha dimostrato l'incapacità di controllare la bolla speculativa da parte di un qualsiasi sistema di gestione centralizzato dell'economia, sia questa la Federale Reserve o la BEI, ma addirittura i sistemi di garanzia e tutela del risparmio che avrebbero dovuto assicurare gli investimenti (i cosiddetti rating) si sono svelati come i principali responsabili dell'allegra finanza speculativa. Non a caso si assiste ad operazioni protezionistiche nel campo economico produttivo da parte dei singoli Stati, come la Francia e l'Inghilterra e non ultimi anche gli Stati Uniti che – all'ombra di una strombazzante campagna pubblicitaria di riconversione ecologica dell'apparato automobilistico – hanno iniziato una difesa del made in USA al punto da contrarre le esportazioni, riducendo i consumi dei prodotti stranieri da parte dei consumatori americani.
Ora che il Capo del governo italiano si mostri ligio nel rispettare accordi internazionali di cui ben pochi altri si curano, attesta la sudditanza coloniale che l'Italia svolge nelle assise mondiali al punto che a Berlusconi non resta che fare il mattacchione della compagnia con lazzi e frizzi. Ciò non toglie che la politica economica perseguita dalla sua maggioranza attraverso il Ministro Tremonti, mostri palesemente quanto la vena di populismo spicciolo (non ultimo la proposta di finanziare le banche che ottemperino ad un piano etico di sviluppo con i tremonti-bond) mascheri un disegno gretto e meschino, favorendo il blocco economico/finanziario della grande industria del nord-ovest, da sempre invischiata negli affari logistico/militari, rispondenti agli interessi geopolitici dello scacchiere mediterraneo, come il recente accordo sulla ripresa del nucleare in Italia (proprio in un momento in cui il prezzo del petrolio è ai minimi storici) ampiamente può confermare.
Di fatto la realtà sociale ed economica dell'Italia appare ogni giorno sempre più critica, dovuta non solo ad un calo secco della produttività negli ultimi tre mesi, ma anche da una diminuzione dei consumi interni imposta da un sistema di distribuzione dominato dallo strozzinaggio dei grossisti e dall'incapacità congenita di operare controlli che evitino l'instaurazione di cartelli monopolistici, in primis quelli dei servizi bancari. Invocare pertanto l'applicazione di un sussidio per la disoccupazione – a parte l'intento propagandistico/elettoralistico di chi è stato costretto a proporlo – avrebbe perlomeno il merito di porre al centro della discussione sulla crisi economica il problema dei redditi quale variabile indipendente, ben più eticamente comprensibile che il salvataggio del sistema bancario come volano per la ripresa economica. Ma tutto ciò significherebbe intraprendere una politica economica di completa rottura nei confronti dei parametri che regolano il sistema economico su scala internazionale e nazionale, ad iniziare dalle rendite finanziarie e dai profitti d'impresa sempre più connessi con la criminalità organizzata, che mai come in questi ultimi quindici/vent'anni è riuscita a pulire il proprio denaro sporco derivante dagli illeciti tradizionali (prostituzione, traffico di droga e d'armi) attraverso la gestione del territorio mediante il controllo dello smaltimento dei rifiuti, della prestazione di mano d'opera, degli appalti pubblici e privati, del credito extra-bancario ed inter-bancario. Una ricetta, questa, che avvelenerebbe i cuochi da sempre intenti a riscaldare la solita minestra. E purtroppo – con buona pace per Lenin – sono proprio i cuochi, le cuoche, a gestire l'apparato statale, facendo in modo che il sistema economico e finanziario legittimi chi lo controlla al punto da invocarne l'intervento.
Ma si sa: fra cuoco e cuoco la differenza non è poca cosa, soprattutto se chi cucina non mangia mai ciò che ha preparato. Non sarà mica tutto bruciato?

gianfranco marelli

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