Non rimarrà altro per i nuovi disoccupati e precari, nei
prossimi mesi rimpolpanti la già lunga schiera di lavoratori in
cerca del lavoro perduto a seguito della crisi economica mondiale, che
augurarsi un malandrino incontro con uno dei rampolli della famiglia
Berlusconi, al fine di sperare in un futuro migliore di quello
presente. È questa, infatti, la ricetta che il capo del governo
italiano ha fatto intendere quando – durante la conferenza stampa al
termine del vertice UE, nel rispondere alla proposta del neo-segretario
del PD, Dario Franceschini, sulla necessità che lo Stato eroghi
un sussidio di disoccupazione a chi ha perso il lavoro – ha ribadito
l'impossibilità di far fronte a qualsiasi spesa sociale, pena
l'aumento dell'1,5% del Pil non compatibile con i parametri del
Trattato di Maastricht.
Nulla di nuovo, ovvio, dal momento che le inevitabili leggi economiche
hanno determinato la presente situazione, stabilendo per interesse – ma
anche e soprattutto per moda – l'aurea regola di non sforare del 3% (e,
perché no?, del 2%, o del 4%?) il debito pubblico in rapporto
alla ricchezza prodotta da ogni singolo paese membro dell'Unione
Europea. Ma che a fronte di questo vincolo imposto artificiosamente per
stabilizzare l'euro, così da vincolare le spese sociali degli
Stati membri, ancora nessuno abbia accettato di ridiscutere – almeno
sul piano teorico – ciò che teoricamente è una mera
ipotesi, neppure confermata dall'esperienza della presente crisi
finanziaria, appare vergognoso, squallido e truffaldino.
Infatti, non solo la speculazione finanziaria scoppiata negli Usa con i
derivati utilizzati per copertura di un rischio (il cosiddetto hedging)
e diffusasi in tutto il mondo al pari di una catena di santantonio ha
dimostrato l'incapacità di controllare la bolla speculativa da
parte di un qualsiasi sistema di gestione centralizzato dell'economia,
sia questa la Federale Reserve o la BEI, ma addirittura i sistemi di
garanzia e tutela del risparmio che avrebbero dovuto assicurare gli
investimenti (i cosiddetti rating) si sono svelati come i principali
responsabili dell'allegra finanza speculativa. Non a caso si assiste ad
operazioni protezionistiche nel campo economico produttivo da parte dei
singoli Stati, come la Francia e l'Inghilterra e non ultimi anche gli
Stati Uniti che – all'ombra di una strombazzante campagna pubblicitaria
di riconversione ecologica dell'apparato automobilistico – hanno
iniziato una difesa del made in USA al punto da contrarre le
esportazioni, riducendo i consumi dei prodotti stranieri da parte dei
consumatori americani.
Ora che il Capo del governo italiano si mostri ligio nel rispettare
accordi internazionali di cui ben pochi altri si curano, attesta la
sudditanza coloniale che l'Italia svolge nelle assise mondiali al punto
che a Berlusconi non resta che fare il mattacchione della compagnia con
lazzi e frizzi. Ciò non toglie che la politica economica
perseguita dalla sua maggioranza attraverso il Ministro Tremonti,
mostri palesemente quanto la vena di populismo spicciolo (non ultimo la
proposta di finanziare le banche che ottemperino ad un piano etico di
sviluppo con i tremonti-bond) mascheri un disegno gretto e meschino,
favorendo il blocco economico/finanziario della grande industria del
nord-ovest, da sempre invischiata negli affari logistico/militari,
rispondenti agli interessi geopolitici dello scacchiere mediterraneo,
come il recente accordo sulla ripresa del nucleare in Italia (proprio
in un momento in cui il prezzo del petrolio è ai minimi storici)
ampiamente può confermare.
Di fatto la realtà sociale ed economica dell'Italia appare ogni
giorno sempre più critica, dovuta non solo ad un calo secco
della produttività negli ultimi tre mesi, ma anche da una
diminuzione dei consumi interni imposta da un sistema di distribuzione
dominato dallo strozzinaggio dei grossisti e dall'incapacità
congenita di operare controlli che evitino l'instaurazione di cartelli
monopolistici, in primis quelli dei servizi bancari. Invocare pertanto
l'applicazione di un sussidio per la disoccupazione – a parte l'intento
propagandistico/elettoralistico di chi è stato costretto a
proporlo – avrebbe perlomeno il merito di porre al centro della
discussione sulla crisi economica il problema dei redditi quale
variabile indipendente, ben più eticamente comprensibile che il
salvataggio del sistema bancario come volano per la ripresa economica.
Ma tutto ciò significherebbe intraprendere una politica
economica di completa rottura nei confronti dei parametri che regolano
il sistema economico su scala internazionale e nazionale, ad iniziare
dalle rendite finanziarie e dai profitti d'impresa sempre più
connessi con la criminalità organizzata, che mai come in questi
ultimi quindici/vent'anni è riuscita a pulire il proprio denaro
sporco derivante dagli illeciti tradizionali (prostituzione, traffico
di droga e d'armi) attraverso la gestione del territorio mediante il
controllo dello smaltimento dei rifiuti, della prestazione di mano
d'opera, degli appalti pubblici e privati, del credito extra-bancario
ed inter-bancario. Una ricetta, questa, che avvelenerebbe i cuochi da
sempre intenti a riscaldare la solita minestra. E purtroppo – con buona
pace per Lenin – sono proprio i cuochi, le cuoche, a gestire l'apparato
statale, facendo in modo che il sistema economico e finanziario
legittimi chi lo controlla al punto da invocarne l'intervento.
Ma si sa: fra cuoco e cuoco la differenza non è poca cosa,
soprattutto se chi cucina non mangia mai ciò che ha preparato.
Non sarà mica tutto bruciato?
gianfranco marelli