La sanguinosa guerra dei 22 giorni scatenata dallo Stato di Israele
a Gaza è stata soprattutto una guerra contro le popolazioni
palestinesi, così come lo è la guerra che da decenni
insanguina tutta la Palestina. Sullo sfondo ci sono certamente i
conflitti all'interno del potere imperialista statunitense, la guerra
"fredda" tra Israele ed Iran, l'infinito conflitto tra l'apparato
coloniale sionista e i gruppi dominanti palestinesi, anelanti briciole
di uno Stato pur che sia. Ma in quella cornice generale la mostruosa
tecnologia distruttiva israeliana è stata mossa dal non
secondario obbiettivo di annichilire una popolazione intera.
Il mega-massacro di Gaza è il punto più "alto" di una
politica che si fonda su due assi fondamentali. Uno è
l'inasprimento dello stato di apartheid in Cisgiordania, con il muro,
con gli avamposti coloniali e le restrizioni per gli arabi-israeliani.
Il secondo è un tendenziale genocidio a Gaza con la combinazione
di sterminio e strangolamento economico-sanitario.
Appare fortemente dubbio che lo scopo della sanguinosa "mattanza" dei
22 giorni – 1300 palestinesi uccisi di cui 400 bambini – fosse quello
di distruggere la forza di Hamas. Uno Stato come Israele, tanto
teocratico-militare, quanto più si erge a paladino della
libertà in medioriente, non potrebbe desiderare un interfaccia
migliore di una forza reazionaria e fanatico-religiosa come è
Hamas.
Il fine immanente della politica israeliana negli ultimi anni è
quello di affermarsi come unica ed incontrastata sub-potenza dell'area
geo-politica dove lo Stato di Israele è collocato (da cui le
pressioni agli USA per il "pugno forte" contro l'Iran). Da qui la
necessità assoluta, sempre più difficile da soddisfare,
di tenere permanentemente alto il livello di mobilitazione della
popolazione israeliana e solo con la reiterazione della paura del
"mostro" ciò è possibile. Del resto quale attore potrebbe
recitare meglio la parte del "mostro" di una forza come Hamas che
degli attacchi alla popolazione civile ha fatto una delle sue carte di
identità?
D'altronde, le popolazioni palestinesi con la loro esistenza
costituiscono un intrinseco ostacolo al pieno affermarsi della "Grande
Israele" come sub-potenza indiscussa nell'area ed erano loro il vero
obbiettivo della guerra di Gaza.
Non penso che nessuno, nemmeno il razzistissimo Liebermann, creda
veramente alla "soluzione finale", ma più realisticamente ci si
ispira alle parole dette nel 2002 dall'allora capo di stato maggiore
delle forze armate israeliane Moshe Yaalon: <<...ai palestinesi
deve essere fatto capire nei recessi profondi che sono un popolo
sconfitto>> (vedi la rivista Limes 1 2009, pag. 8). Più
chiari di così...si muore.
Dalla tragedia di Gaza è uscito un quadro a dir poco inquietante.
A meno di un mese dal cessate il fuoco, in Israele si sono tenute le
elezioni politiche. Noi anarchici non diamo mai grande peso ai
risultati elettorali. Tuttavia due dati credo siano meritevoli di nota.
Uno è lo sfondamento dell'estrema destra razzistissima Yisrael
Beitenu, il cui leader Liebermann teorizza apertamente la bomba atomica
su Gaza. Il secondo dato è il calo dell'astensionismo che
è doppiamente negativo nel contesto di uno Stato che pratica
l'apartheid.
Dall'altro lato della scena, Hamas è uscita dai 22 giorni di
sangue meglio di come era entrata. A Gaza mantiene saldamente il
sub-potere che si era preso due anni fa, mentre in Cisgiordania vede
crescere i suoi consensi e il suo prestigio, grazie anche alla condotta
sempre più indecorosa di Fatah e dell'ANP. Inoltre, con il
tentativo di mediazione egiziana per una tregua duratura, al di
là dell'attuale stop di Israele ad un accordo, Hamas è
stata introdotta in qualche modo nel mondo della diplomazia
internazionale. In questo contesto la stessa incertissima trattativa
con Fatah per un governo di unità nazionale palestinese
può essere affrontata dal partito islamico da una posizione
migliore.
Nel frattempo, anche se il nuovo governo israeliano (forse di estrema
destra) non è ancora stato formato, la guerra continua con altre
forme.
Nei confronti di Gaza, distrutta, massacrata, sofferente, continua il
disumano embargo, che nelle condizioni post-belliche significa altri
morti ed immani sofferenze. Vengono bloccate e assaltate in acque
internazionali navi che portano aiuti verso la striscia (vedi Il
Manifesto 6/2/2009) e viene bloccato il passaggio a beni alimentari
come nel recentissimo caso eclatante della pastasciutta. In
Cisgiordania mentre si torna a versare sangue nelle strade (una
ragazzino di 14 anni ucciso a Hebron il 13 febbraio durante una
manifestazione), si avvia a tutta birra la progettazione e costruzione
di nuovi insediamenti coloniali con relative espulsione dalle proprie
case di migliaia di palestinesi (vedi Il Manifesto del 5/2, del 17/2,
del 25/2, 28/2).
L'unica stella che continua a brillare nella notte mediorientale
è il movimento di azione diretta congiunta
(palestinesi+israeliani+attivisti internazionali) in molti villaggi
della Cisgiordania che ha creato grossi momenti di mobilitazione contro
il massacro di Gaza, pagando un grosso prezzo in termini repressivi e
che continua la sua strada caratterizzandosi sempre più come
movimento popolare indipendente (sul sito di informazione anarchica
A-infos si possono trovare notizie quotidiane sul movimento). La
pratica dell'azione diretta congiunta ha un valore inestimabile:
abbatte muri fisici e mentali tra le due comunità e tende a
creare le pre-condizioni per il superamento di un ottica meramente
nazionalista della lotta palestinese. Questo movimento, in cui accanto
a robusti comitati popolari di villaggio palestinesi sono attivissimi
gli "anarchici contro il muro", sconta purtroppo il grosso problema di
essere limitato ad alcune zone della Cisgiordania e di non avere ancora
un referente sociale e politico nella striscia di Gaza.
Sul piano internazionale, la diplomazia continua il suo eterno ed
inconcludente lavoro, ma nessun ostacolo si frappone alla continuazione
della guerra con altre forme.
Del resto, per 22 giorni di fronte al sangue di centinaia di bambini
colato a fiumi e proiettato nelle case di tutto il mondo, di fronte
allo spudorato bombardamento di strutture di aiuto alla popolazione e
perfino di strutture dell'ONU, abbiamo sentito un coro assordante
attorno al diritto all'autodifesa di Israele.
Molti osservatori vivono un clima di attesa delle prime mosse di Obama
verso una presunta svolta, ma di giorno in giorno l'attesa si prolunga.
E nel frattempo, non una organizzazione rivoluzionaria, bensì
Amnesty International, invocando l'embargo delle armi per lo Stato di
Israele, punta il dito sull'Italia per i lucrosi affari che le
industrie italiche fanno con le armi che servono a sterminare i
palestinesi, ma anche per gli accordi di collaborazione nel campo della
ricerca militare. Accordi che Roma e Tel Aviv hanno firmato ai tempi
del secondo governo Berlusconi, ma che furono confermati da Prodi e dal
"filo palestinese" D'Alema.
La denuncia e la messa in discussione di questi accordi potrebbe
costituire uno dei terreni principali della nostra solidarietà
internazionalista, insieme al boicottaggio delle merci israeliane e al
sostegno agli anarchici contro il muro.
Lo "Stop all'Apartheid" e lo "Stop al Genocidio" potrebbero
rappresentare gli obbiettivi unitari su cui confrontarsi con altri che
si muovono su questo terreno (non con tutti per carità!).
Una volta ribadito che non appoggeremo mai forze reazionarie come
Hamas, nè burocrazie corrotte come Fatah, noi anarchici non
possiamo che stare, come stanno i nostri compagni israeliani, dalla
parte degli ultimi. Cioè dalla parte dei palestinesi.
Claudio Strambi