Umanità Nova, n.9 dell'8 marzo 2009, anno 89

Orecchie d’asino


La farsa riguardante la regolamentazione dello spionaggio ai danni di tutti è oggi, ancora una volta, alla ribalta, con le inevitabili e infinite discussioni a proposito della legge sulle intercettazioni, che la prossima settimana potrebbe essere definitivamente approvata. Il provvedimento ha apparentemente diviso lo schieramento politico in due fazioni: da una parte quelli che si proclamano difensori del diritto alla riservatezza delle comunicazioni dei cittadini, che vorrebbero porre qualche (piccolo) limite all’uso di questo strumento ed un (grosso) limite al suo utilizzo da parte dei media. Di questo schieramento fanno parte la maggioranza, capeggiata in prima fila dal Presidente del Consiglio da sempre molto interessato a questo tema. Dall’altra parte ci sono tutti gli orfani della cosiddetta sinistra, preoccupati soprattutto che la polizia e la magistratura non possano più spiare liberamente come fanno adesso e che la nuova legge sia un tentativo di imbavagliare i mezzi di comunicazione di massa. Si tratterebbe insomma di uno scontro tra coloro che hanno un approccio di tipo liberale al problema delle intercettazioni e quelli con una impostazione maggiormente forcaiola.
La realtà dei fatti è, come spesso accade, un po’ diversa e la semplificazione qui sopra può andar bene solo per i media abituati a pubblicare le veline di stato.
Sono pochi, per esempio, quelli che hanno fatto notare che, proprio mentre più si infervorava il dibattito su questo tema, è stato prorogata – per l’ennesima volta – la data di scadenza del cosiddetto “Decreto Pisanu” (del quale abbiamo scritto più volte su queste pagine) che prevede la conservazione di tutte (tutte) le tracce lasciate dalle comunicazioni telefoniche e telematiche che avvengono in Italia. Anche se in questo caso non si tratta di archiviare il contenuto delle comunicazioni (cosa le persone si sono dette o scritte per e-mail), si tratta comunque di un tipo di informazioni altrettanto sensibili, come si è visto recentemente quando è stato scoperto che un consulente della magistratura possedeva un archivio contenente proprio questo genere di dati, definito “dirompente” dal Comitato di controllo dei servizi segreti.
Ci sono diverse ragioni per le quali ancora oggi non è stata approvata una nuova normativa sebbene se ne discuta ormai da anni.
La prima, da non sottovalutare, è collegata all’aspetto economico: si parla di più di 300 milioni di euro all’anno pagati per i controlli legali, ai quali andrebbe aggiunto l’indotto di chi è disposto a pagare per avere le intercettazioni, giornalisti o investigatori privati sempre interessati a questo genere di commerci. E quando ci sono di mezzo così tanti soldi non è sempre facile trovare un accordo.
La seconda è che, chiunque sia al Governo, cercherà di fare in modo di approvare una legge che sia tutt’altro che perfetta, questo per evitare che - in futuro - possa ritorcersi contro chi l’ha sostenuta. Proprio la scorsa settimana i giudici hanno chiesto il non luogo a procedere riguardo un caso di presunta corruzione che vedeva coinvolti personaggi famosi e che si basava proprio su telefonate, ampiamente pubblicate sui giornali.
In terzo luogo il problema del controllo delle comunicazioni non è una esclusiva italiana, dove la legislazione dovrà fare i conti con le decisioni prese a livello europeo, ma mondiale. Per esempio in Argentina poche settimane fa è stata dichiarata incostituzionale la legge sulle intercettazioni delle comunicazioni telefoniche e via internet che prevedeva la registrazione di tutto e l’archiviazione per 10 anni di questo materiale.
Infine c’è da considerare che oggi ognuno di noi è controllato costantemente in ogni attimo della sua vita. Tale condizione, della quale molti hanno ormai coscienza, rischia di alimentare da una parte una sorta di rassegnazione (siamo tutti spiati) e dall’altra una sensazione di quasi impunità per coloro che hanno il potere di spiarci adducendo come motivazione quello della sicurezza collettiva. Una scusa che di questi tempi trova un forte sostegno grazie alla campagna mediatica in atto a proposito della violenza e della criminalità, che un giorno aumentano e il giorno dopo diminuiscono a seconda della necessità del momento. Una strada tendente inevitabilmente verso una società “trasparente” dove tutti i sistemi di trattamento delle informazioni e delle comunicazioni sono interconnessi fra di loro e controllati da una qualche autorità centrale. Una società che ha la forma di un carcere.

Pepsy

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