La farsa riguardante la regolamentazione dello spionaggio ai danni
di tutti è oggi, ancora una volta, alla ribalta, con le
inevitabili e infinite discussioni a proposito della legge sulle
intercettazioni, che la prossima settimana potrebbe essere
definitivamente approvata. Il provvedimento ha apparentemente diviso lo
schieramento politico in due fazioni: da una parte quelli che si
proclamano difensori del diritto alla riservatezza delle comunicazioni
dei cittadini, che vorrebbero porre qualche (piccolo) limite all’uso di
questo strumento ed un (grosso) limite al suo utilizzo da parte dei
media. Di questo schieramento fanno parte la maggioranza, capeggiata in
prima fila dal Presidente del Consiglio da sempre molto interessato a
questo tema. Dall’altra parte ci sono tutti gli orfani della cosiddetta
sinistra, preoccupati soprattutto che la polizia e la magistratura non
possano più spiare liberamente come fanno adesso e che la nuova
legge sia un tentativo di imbavagliare i mezzi di comunicazione di
massa. Si tratterebbe insomma di uno scontro tra coloro che hanno un
approccio di tipo liberale al problema delle intercettazioni e quelli
con una impostazione maggiormente forcaiola.
La realtà dei fatti è, come spesso accade, un po’ diversa
e la semplificazione qui sopra può andar bene solo per i media
abituati a pubblicare le veline di stato.
Sono pochi, per esempio, quelli che hanno fatto notare che, proprio
mentre più si infervorava il dibattito su questo tema, è
stato prorogata – per l’ennesima volta – la data di scadenza del
cosiddetto “Decreto Pisanu†(del quale abbiamo scritto più volte
su queste pagine) che prevede la conservazione di tutte (tutte) le
tracce lasciate dalle comunicazioni telefoniche e telematiche che
avvengono in Italia. Anche se in questo caso non si tratta di
archiviare il contenuto delle comunicazioni (cosa le persone si sono
dette o scritte per e-mail), si tratta comunque di un tipo di
informazioni altrettanto sensibili, come si è visto recentemente
quando è stato scoperto che un consulente della magistratura
possedeva un archivio contenente proprio questo genere di dati,
definito “dirompente†dal Comitato di controllo dei servizi segreti.
Ci sono diverse ragioni per le quali ancora oggi non è stata
approvata una nuova normativa sebbene se ne discuta ormai da anni.
La prima, da non sottovalutare, è collegata all’aspetto
economico: si parla di più di 300 milioni di euro all’anno
pagati per i controlli legali, ai quali andrebbe aggiunto l’indotto di
chi è disposto a pagare per avere le intercettazioni,
giornalisti o investigatori privati sempre interessati a questo genere
di commerci. E quando ci sono di mezzo così tanti soldi non
è sempre facile trovare un accordo.
La seconda è che, chiunque sia al Governo, cercherà di
fare in modo di approvare una legge che sia tutt’altro che perfetta,
questo per evitare che - in futuro - possa ritorcersi contro chi l’ha
sostenuta. Proprio la scorsa settimana i giudici hanno chiesto il non
luogo a procedere riguardo un caso di presunta corruzione che vedeva
coinvolti personaggi famosi e che si basava proprio su telefonate,
ampiamente pubblicate sui giornali.
In terzo luogo il problema del controllo delle comunicazioni non
è una esclusiva italiana, dove la legislazione dovrà fare
i conti con le decisioni prese a livello europeo, ma mondiale. Per
esempio in Argentina poche settimane fa è stata dichiarata
incostituzionale la legge sulle intercettazioni delle comunicazioni
telefoniche e via internet che prevedeva la registrazione di tutto e
l’archiviazione per 10 anni di questo materiale.
Infine c’è da considerare che oggi ognuno di noi è
controllato costantemente in ogni attimo della sua vita. Tale
condizione, della quale molti hanno ormai coscienza, rischia di
alimentare da una parte una sorta di rassegnazione (siamo tutti spiati)
e dall’altra una sensazione di quasi impunità per coloro che
hanno il potere di spiarci adducendo come motivazione quello della
sicurezza collettiva. Una scusa che di questi tempi trova un forte
sostegno grazie alla campagna mediatica in atto a proposito della
violenza e della criminalità, che un giorno aumentano e il
giorno dopo diminuiscono a seconda della necessità del momento.
Una strada tendente inevitabilmente verso una società
“trasparente†dove tutti i sistemi di trattamento delle informazioni e
delle comunicazioni sono interconnessi fra di loro e controllati da una
qualche autorità centrale. Una società che ha la forma di
un carcere.
Pepsy