L'intervista che segue è al compagno Petita, lavoratore al San Paolo e Vice Segretario dell'USI – AIT. Ci racconta la storia di un'occupazione per il diritto ad una sede sindacale a Milano, attualmente minacciata di sgombero, assieme a tante altre situazioni di antagonismo sociale.
Quando è stata occupata la sede dell'USI in via Bligny e con quali motivazioni?
Quando nel 1976 ci fu l'occupazione del Conchetta, all'interno si
formò un collettivo libertario della sanità che proprio
in quell'anno viveva un momento caldo. Ben presto diventò un
grosso coordinamento, che successivamente si trasferì nei locali
occupati di via Torricelli. Quando il coordinamento crebbe ancora di
più, per merito dei sindacati autogestiti nella sanità,
nel 1989 decidemmo di prendere possesso dell'ultimo piano dello stabile
di via Bligny n. 22.
Era una proprietà comunale che teneva questo spazio in disuso e
disabitato. La nostra occupazione era motivata come risarcimento per i
danni subiti durante il fascismo. Infatti, nel '25, il governo, proprio
con decreto del Prefetto di Milano, mise l'USI fuorilegge e chiuse
tutte le sue sedi esistenti saccheggiandone il suo patrimonio. I suoi
militanti furono incarcerati, confinati e esiliati, fra i quali molti
ripararono anche in Spagna, partecipando nel 36 a quella lotta
rivoluzionaria.
Questo è la storia. Il fascismo, oltre alla nostra
organizzazione mise fuorilegge anche altre organizzazioni, sia
sindacali che politiche. Quando il fascismo fu sconfitto e
terminò la seconda guerra mondiale, queste rientrarono in
possesso delle loro proprietà, a volte anche inventate, e gli
vennero restituite le sedi. Come fu per la Camera del Lavoro di Milano
e le varie sedi sparse sul territorio nazionale. Anche l'USI aveva le
sue Camere del Lavoro, le sue sedi. La prima ad essere requisita fu
proprio quella di Milano. Quindi dietro la nostra occupazione c'era
questa motivazione: il fascismo ci ha tolto e devastato il nostro
patrimonio e noi ce ne riappropriamo, dichiarandolo pubblicamente.
Poi, c'era anche l'esigenza dettata dall'espandersi dell' Unione
Sindacale Italiana. Era stata riattivata dopo la guerra, nel '50,
contando all'inizio un numero ristretto di iscritti, che pian piano
diventarono sezioni e queste settori. Oggi comprende vari settori di
categoria, tra cui quello più importante è costituito
dalla sanità che conta qualche migliaio di iscritti.
Quali sono le attività che vengono svolte nella sede?
E' uno stabile abbastanza ampio come superficie. C'è un enorme
salone, che viene utilizzato anche per prove teatrali da numerose
compagnie, anche famose, che si alternano. Fanno le loro prove
teatrali, poi le rappresentano nei vari circuiti teatrali nazionali e
all'estero, come è il caso di Dario Manfredini. Il salone viene
anche utilizzato per le numerose iniziative a carattere cittadino, come
indizioni di Assemblee Pubbliche e di iniziative soprattutto di
solidarietà, da associazioni palestinesi, somale e altre etnie,
che chiedono lo spazio per le loro iniziative culturali. Ha ospitato
numerosi convegni e manifestazioni sull'immigrazione, sulla
repressione, fatte assieme o autonomamente da chi ci chiedeva lo
spazio. C'è un'altra saletta di medie dimensioni, adibita a
spazio sindacale, dove ogni lunedì è attivo uno sportello
per i lavoratori immigrati, regolari e non, dove vengono affrontate le
varie problematiche sul lavoro, permessi di soggiorno, diritto alla
salute ecc. Inoltre ha sede il progetto libertario Flores Magon, un
progetto di solidarietà internazionale, portato avanti
principalmente da l'USI Sanità che si impegna, con un confronto
alla pari, nei villaggi e nelle comunità indigene del Chiapas,
dove operiamo dal 1999, per la costruzione e il sostegno di case di
cura e di "microcliniche". Abbiamo sviluppato l'importazione del
caffè che viene dalle montagne del Chiapas. In seguito allo
sviluppo che ha avuto, pensiamo di farlo autonomamente come
"coordinadora". Per cui si sta costituendo una cooperativa, composta da
detenuti di Torino, che curerà l'importazione e la tostatura del
caffè che poi verrà commercializzato in Italia.
Che evoluzione ha avuto la proprietà dello stabile?
La proprietà inizialmente era del Comune e quando abbiamo
occupato ci rispose che non poteva darci una sede come risarcimento, ma
nello stesso tempo ci tollerò. Ci fece la denuncia per
occupazione che con il tempo venne archiviata, per cui tutto
proseguì tranquillamente. Invece, nel 2004 succede che il Comune
mette all'asta lo stabile, con una trattativa privata con la Bocconi.
Ne consegue che lo stabile, che in quel posto ha un valore economico
immenso, è stato venduto per una cifra irrisoria, neanche 5
milioni di euro.
Quali altre realtà ci sono nello stabile?
Ci sono anche abitazioni di famiglie che hanno occupato. Anche
associazioni che avevano intenzione di continuare la loro
attività. Vorrei ricordare che al secondo piano avevano la loro
sede, non occupata, il NAGA (associazione di volontari per l'assistenza
medica agli immigrati), il centro esperantista, la LAV, lega
antivivisezione, l'ass. Dedalo, l'ass. Milano pulita, addirittura un
circolo tipo Cral del PSDI, poi utilizzata dalla curva dei tifosi del
Milan, che adesso non c'è più. Poi ci fu anche
l'insediamento dello Squott al secondo piano, dove c'era la sede del
PSI, dissoltosi dopo tangentopoli. Un palazzo, quindi, molto vivace e
frequentato. Di fianco c'era anche la "stella alpina", mitica
bocciofila, anche quella smantellata, sostituita da un locale alla moda.
A che punto è la vertenza con la proprietà?
La Bocconi all'inizio si dichiarò disponibile a sistemare l'USI
e tutti gli occupanti, in altri spazi dell'Aler. Ma dopo un primo
momento, con il succedersi dei vari funzionari e assessorati al Comune
di Milano, ci proponevano soluzioni degradate ed in estrema periferia,
che eravamo costretti di rifiutare. A questo punto abbiamo rotto le
trattative con la Bocconi che, per vendetta passò subito al
contrattacco, facendo una denuncia personale a me e ad un altro
compagno, come abusivi. Secondo loro, il reato di occupazione non
può essere prescrivibile e lo si può perseguire nel
tempo, anche a distanza di vent'anni. Mi richiedono, oltre il
risarcimento civile dei danni, anche una condanna penale per il reato
di occupazione.
Già ci sono state 4 udienze, di cui l'ultima il 17 febbraio (in
occasione della quale è stato organizzato un presidio di
protesta), in cui si è entrati nel vivo della questione, con un
mio interrogatorio. L'USI non compare nella denuncia, ma l'hanno fatta
ai singoli, ben sapendo che io rivesto la carica di Vice Segretario
dell'Unione, per cui, evidentemente, non si tratta di una questione
personale, ma politica. Ci sarà un'altra udienza il 31 marzo,
con l'acquisizione dei testimoni e successivamente la sentenza.
Quali iniziative vengono messe in campo in difesa della Sede?
Quando ci sono stati notificati gli avvisi di garanzia, in base al
fatto che anche l'Ambulatorio Popolare viveva la nostra stessa
situazione, è stato attivato un Coordinamento con la loro e la
nostra partecipazione, quella del CSA Conchetta, anche se nessuno
immaginava di un suo sgombero così immediato, con la
partecipazione del CSA Transiti e il Comitato Antirazzista. Un
coordinamento che si riuniva per decidere le iniziative da farsi e che,
dopo lo sgombero del Conchetta, si è allargato a tutte le
situazioni che sono soggette allo stesso pericolo e la partecipazione
dei compagni alle Assemblee Cittadine si è centuplicato. Tutto
questo ci fa ben sperare, come risposta necessaria di fronte alla
volontà ben rappresentata dal Vice Sindaco De Corato (AN), che
ha dichiarato guerra a tutte le situazioni occupate o anomale. Si
è usciti dalla logica di una difesa isolata da parte delle
situazioni colpite, per una difesa unitaria e solidale.
Pertanto, oltre a svolgere la nostra attività normale nei posti
di lavoro, siamo impegnati nel Coordinamento, in quantochè
abbiamo tutti lo stesso problema, che pensiamo di risolvere assieme.
Redazione Locale Milanese