Umanità Nova, n.9 dell'8 marzo 2009, anno 89

Milano sotto assedio


L'intervista che segue è al compagno Petita, lavoratore al San Paolo e Vice Segretario dell'USI – AIT. Ci racconta la storia di un'occupazione per il diritto ad una sede sindacale a Milano, attualmente minacciata di sgombero, assieme a tante altre situazioni di antagonismo sociale.


Quando è stata occupata la sede dell'USI in via Bligny e con quali motivazioni?

Quando nel 1976 ci fu l'occupazione del Conchetta, all'interno si formò un collettivo libertario della sanità che proprio in quell'anno viveva un momento caldo. Ben presto diventò un grosso coordinamento, che successivamente si trasferì nei locali occupati di via Torricelli. Quando il coordinamento crebbe ancora di più, per merito dei sindacati autogestiti nella sanità, nel 1989 decidemmo di prendere possesso dell'ultimo piano dello stabile di via Bligny n. 22.
Era una proprietà comunale che teneva questo spazio in disuso e disabitato. La nostra occupazione era motivata come risarcimento per i danni subiti durante il fascismo. Infatti, nel '25, il governo, proprio con decreto del Prefetto di Milano, mise l'USI fuorilegge e chiuse tutte le sue sedi esistenti saccheggiandone il suo patrimonio. I suoi militanti furono incarcerati, confinati e esiliati, fra i quali molti ripararono anche in Spagna, partecipando nel 36 a quella lotta rivoluzionaria.
Questo è la storia. Il fascismo, oltre alla nostra organizzazione mise fuorilegge anche altre organizzazioni, sia sindacali che politiche. Quando il fascismo fu sconfitto e terminò la seconda guerra mondiale, queste rientrarono in possesso delle loro proprietà, a volte anche inventate, e gli vennero restituite le sedi. Come fu per la Camera del Lavoro di Milano e le varie sedi sparse sul territorio nazionale. Anche l'USI aveva le sue Camere del Lavoro, le sue sedi. La prima ad essere requisita fu proprio quella di Milano. Quindi dietro la nostra occupazione c'era questa motivazione: il fascismo ci ha tolto e devastato il nostro patrimonio e noi ce ne riappropriamo, dichiarandolo pubblicamente.
Poi, c'era anche l'esigenza dettata dall'espandersi dell' Unione Sindacale Italiana. Era stata riattivata dopo la guerra, nel '50, contando all'inizio un numero ristretto di iscritti, che pian piano diventarono sezioni e queste settori. Oggi comprende vari settori di categoria, tra cui quello più importante è costituito dalla sanità che conta qualche migliaio di iscritti.

Quali sono le attività che vengono svolte nella sede?

E' uno stabile abbastanza ampio come superficie. C'è un enorme salone, che viene utilizzato anche per prove teatrali da numerose compagnie, anche famose, che si alternano. Fanno le loro prove teatrali, poi le rappresentano nei vari circuiti teatrali nazionali e all'estero, come è il caso di Dario Manfredini. Il salone viene anche utilizzato per le numerose iniziative a carattere cittadino, come indizioni di Assemblee Pubbliche e di iniziative soprattutto di solidarietà, da associazioni palestinesi, somale e altre etnie, che chiedono lo spazio per le loro iniziative culturali. Ha ospitato numerosi convegni e manifestazioni sull'immigrazione, sulla repressione, fatte assieme o autonomamente da chi ci chiedeva lo spazio. C'è un'altra saletta di medie dimensioni, adibita a spazio sindacale, dove ogni lunedì è attivo uno sportello per i lavoratori immigrati, regolari e non, dove vengono affrontate le varie problematiche sul lavoro, permessi di soggiorno, diritto alla salute ecc. Inoltre ha sede il progetto libertario Flores Magon, un progetto di solidarietà internazionale, portato avanti principalmente da l'USI Sanità che si impegna, con un confronto alla pari, nei villaggi e nelle comunità indigene del Chiapas, dove operiamo dal 1999, per la costruzione e il sostegno di case di cura e di "microcliniche". Abbiamo sviluppato l'importazione del caffè che viene dalle montagne del Chiapas. In seguito allo sviluppo che ha avuto, pensiamo di farlo autonomamente come "coordinadora". Per cui si sta costituendo una cooperativa, composta da detenuti di Torino, che curerà l'importazione e la tostatura del caffè che poi verrà commercializzato in Italia.

Che evoluzione ha avuto la proprietà dello stabile?

La proprietà inizialmente era del Comune e quando abbiamo occupato ci rispose che non poteva darci una sede come risarcimento, ma nello stesso tempo ci tollerò. Ci fece la denuncia per occupazione che con il tempo venne archiviata, per cui tutto proseguì tranquillamente. Invece, nel 2004 succede che il Comune mette all'asta lo stabile, con una trattativa privata con la Bocconi. Ne consegue che lo stabile, che in quel posto ha un valore economico immenso, è stato venduto per una cifra irrisoria, neanche 5 milioni di euro. 

Quali altre realtà ci sono nello stabile?

Ci sono anche abitazioni di famiglie che hanno occupato. Anche associazioni che avevano intenzione di continuare la loro attività. Vorrei ricordare che al secondo piano avevano la loro sede, non occupata, il NAGA (associazione di volontari per l'assistenza medica agli immigrati), il centro esperantista, la LAV, lega antivivisezione, l'ass. Dedalo, l'ass. Milano pulita, addirittura un circolo tipo Cral del PSDI, poi utilizzata dalla curva dei tifosi del Milan, che adesso non c'è più. Poi ci fu anche l'insediamento dello Squott al secondo piano, dove c'era la sede del PSI, dissoltosi dopo tangentopoli. Un palazzo, quindi, molto vivace e frequentato. Di fianco c'era anche la "stella alpina", mitica bocciofila, anche quella smantellata, sostituita da un locale alla moda.

A che punto è la vertenza con la proprietà?

La Bocconi all'inizio si dichiarò disponibile a sistemare l'USI e tutti gli occupanti, in altri spazi dell'Aler. Ma dopo un primo momento, con il succedersi dei vari funzionari e assessorati al Comune di Milano, ci proponevano soluzioni degradate ed in estrema periferia, che eravamo costretti di rifiutare. A questo punto abbiamo rotto le trattative con la Bocconi che, per vendetta passò subito al contrattacco, facendo una denuncia personale a me e ad un altro compagno, come abusivi. Secondo loro, il reato di occupazione non può essere prescrivibile e lo si può perseguire nel tempo, anche a distanza di vent'anni. Mi richiedono, oltre il risarcimento civile dei danni, anche una condanna penale per il reato di occupazione.
Già ci sono state 4 udienze, di cui l'ultima il 17 febbraio (in occasione della quale è stato organizzato un presidio di protesta), in cui si è entrati nel vivo della questione, con un mio interrogatorio. L'USI non compare nella denuncia, ma l'hanno fatta ai singoli, ben sapendo che io rivesto la carica di Vice Segretario dell'Unione, per cui, evidentemente, non si tratta di una questione personale, ma politica. Ci sarà un'altra udienza il 31 marzo, con l'acquisizione dei testimoni e successivamente la sentenza.

Quali iniziative vengono messe in campo in difesa della Sede?

Quando ci sono stati notificati gli avvisi di garanzia, in base al fatto che anche l'Ambulatorio Popolare viveva la nostra stessa situazione, è stato attivato un Coordinamento con la loro e la nostra partecipazione, quella del CSA Conchetta, anche se nessuno immaginava di un suo sgombero così immediato, con la partecipazione del CSA Transiti e il Comitato Antirazzista. Un coordinamento che si riuniva per decidere le iniziative da farsi e che, dopo lo sgombero del Conchetta, si è allargato a tutte le situazioni che sono soggette allo stesso pericolo e la partecipazione dei compagni alle Assemblee Cittadine si è centuplicato. Tutto questo ci fa ben sperare, come risposta necessaria di fronte alla volontà ben rappresentata dal Vice Sindaco De Corato (AN), che ha dichiarato guerra a tutte le situazioni occupate o anomale. Si è usciti dalla logica di una difesa isolata da parte delle situazioni colpite, per una difesa unitaria e solidale.
Pertanto, oltre a svolgere la nostra attività normale nei posti di lavoro, siamo impegnati nel Coordinamento, in quantochè abbiamo tutti lo stesso problema, che pensiamo di risolvere assieme.

Redazione Locale Milanese

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