Umanità Nova, n.9 dell'8 marzo 2009, anno 89

La storia dell'otto marzo


E' ricorrente che a ridosso dell'8 marzo si dia maggiore rilievo alla questione femminile. Questo desta anche l'ironia di molte compagne che hanno coniato lo slogan "8 marzo tutto l'anno" per sottolineare come una certa ritualità possa suonare opportunistica.
Essendo ben consapevoli di questo punto di vista abbiamo comunque pensato di dedicare gran parte delle pagine interne di questo numero doppio di Umanità Nova alla questione femminile.
L'8 marzo è poco conosciuto nella sua definizione ufficiale "Giornata Internazionale della Donna". La sua rilevanza, al di là di ogni strumentalizzazione, sta proprio in questo carattere internazionale che vede da Bombay a Reykjavík, dalla Patagonia a Vladivostok, milioni di donne in strada a ribadire i loro diritti, le loro specificità, a rappresentarsi come un movimento internazionale di emancipazione.
La storia di questa giornata è contrastata. Per farne una ricostruzione abbiamo utilizzato un articolo dello scorso anno (che polemizzava con le strumentalizzazioni della CGIL) apparso sul blog "Marginalia" (http://marginaliavincenzaperilli.blogspot.com),  la pagina di Wikipedia e quella di Anarchopedia.
In gran parte queste tre fonti toccano tutte le stesse questioni e giungono, sostanzialmente, alle stesse conclusioni. La fonte basilare "originaria" è per tutte e tre le fonti citate il lavoro di Tilde Capomazza, co-autrice con Marisa Ombra del libro "8 marzo. Storie, miti, riti della giornata internazionale della donna" (1987, ristampa ed. Utopia, 1991).
Se è ufficiale che la proclamazione dell'8 marzo è del 1910, alcuni la attribuiscono alla risoluzione del partito socialista americano ed altri alla conferenza dell'internazionale socialista di Copenaghen.
Riprendiamo dal citato blog "Marginalia" alcune considerazioni che danno conto di questa "travagliata" storia.
[...] Lo scorso anno avevo pubblicato qui in Marginalia in occasione dell'8 marzo la (parziale) traduzione di un articolo del 1982 di Liliane Kandel e Françoise Picq, Le mythe des origines. À propos de la journée internationale des femmes. Qui veniva dimostrata (consultando fonti primarie quali la stampa americana dell'epoca e fonti secondarie quali pubblicazioni sulla storia del movimento operaio e femminista del periodo) l'invenzione bella e buona del famoso sciopero del 1857, che diviene la data simbolo nel contesto francese a partire dagli anni 50 (negli stessi anni in cui in Italia, come vedremo, fa la sua comparsa il mito delle povere operaie bruciate nel rogo della loro fabbrica.
Kandel e Picq ripercorrono le tappe dell'istituzione della Giornata internazionale delle donne: la proposta di Zetkin – che riprendeva l'iniziativa delle donne socialiste americane che dal 1909 celebravano una giornata nazionale per l'uguaglianza dei diritti civili – alla Seconda conferenza internazionale delle donne socialiste nel 1910; la data del 19 marzo 1911 come prima Giornata internazionale della donna svoltasi in Europa e precisamente in Germania e in Austria; la prima manifestazione francese nel 1914, a Parigi; l'interruzione delle celebrazioni in Europa non solo a causa della guerra, ma per i contrasti e le divisioni interne al campo socialista internazionale; il rilancio della giornata internazionale delle donne grazie al nuovo impulso dato dalla grande manifestazione delle operaie di Pietrogrado il 23 febbraio – 8 marzo del nostro calendario – 1917. E quindi sotto questa nuova data (e sotto l'auspicio del partito bolscevico e della Terza Internazionale) che viene a collocarsi la cosiddetta festa della donna. Scrive Alexandra Kollontai: "La giornata delle operaie è divenuta memorabile nella storia. Quel giorno, le donne russe hanno innalzato la fiaccola della Rivoluzione proletaria e messo a fuoco il mondo; la Rivoluzione di febbraio ha fissato il suo inizio quel giorno".
La Giornata internazionale delle donne diviene, tra le due guerre, oggetto di aspre dispute tra la Seconda e la Terza Internazionale, tra il Partito comunista francese e la Sfio (la sezione francese dell'internazionale operaia) che, come ricordano Kandel e Picq non la celebrano nella stessa data. A partire dalla seconda guerra mondiale è celebrata in tutti i paesi socialisti e altrove. Se, tra le due guerre, era raro il riferimento a un qualsiasi avvenimento originario (talvolta lo sciopero delle operaie russe del 1917, talvolta la proposta di Zetkin del 1910) a partire dal dopoguerra comincia ad essere elaborato il mito. L'origine "sovietica" della giornata della donna sparisce: in Francia ci si riferisce inizialmente ad una decisione presa dal Partito socialista americano nel 1908 per giungere, a partire dal 1955, alla collocazione dell'origine dell'8 marzo nello sciopero newyorkese del 1857.
Anche in Italia (dove dal dopoguerra l'8 marzo acquista nuovo impulso a partire dalla manifestazione indetta dall'Udi – che, almeno a quanto scrive la CGIL nel suo sito, sceglie come simbolo la mimosa -, nel 1946) inizialmente l'avvenimento originario (per lo meno nella tradizione socialista) sembra essere quello dello sciopero del 1857, ma, a partire dagli anni 50 (e dunque in piena guerra fredda), si afferma la versione delle operaie bruciate nel rogo della loro fabbrica: il 7 marzo 1952 il settimanale bolognese La lotta, scrive che la data della Giornata della Donna vuole commemorare l'incendio scoppiato in una fabbrica tessile di New York l'8 marzo del 1929, in cui sarebbero morte (rinchiuse all'interno dello stabilimento dal padrone perché minacciavano di scioperare) 129 giovani operaie in gran parte di origine italiana ed ebraica. In seguito, il tema dell'incendio e delle operaie arse vive nel rogo del loro posto di lavoro viene ripreso, ma con diverse varianti. Nel 1978, il Secolo XIX di Genova colloca l'episodio a Chicago, in una filanda. Nel 1980, La Repubblica parla di un incendio a Boston, datato 1898. Nel 1981 Stampa sera situa l'incendio ai primi del '900, in un luogo imprecisato degli Stati Uniti, le operaie vittime sarebbero state 146. Lo stesso anno, L'Avvenire parla di 19 operaie morte. Nel 1982, Noi Donne, afferma che l'incendio sarebbe avvenuto a Boston nel 1908 e le operaie morte sarebbero state 19. Nonostante l'infondatezza della notizia (non risulta nessun incendio né nel già citato volume di Capomazza e Ombra né nel libro di Renée Còté, Verità storica della misteriosa origine dell'8 marzo) la leggenda delle operaie bruciate vive continua ad imperversare anche in tempi recenti: tralasciando le varie occorrenze reperibili in diversi volantini e documenti (tra i quali innumerevoli siti e blog), veramente troppi per essere elencati, ricordo qui il quotidiano Liberazione che il 7 marzo dello scorso anno ha pubblicato una lettera/appello di Elisabetta Piccolotti (portavoce nazionale Giovani Comunisti/e), indirizzata a Giorgia Meloni, vicepresidente della Camera, nonché presidente di Azione Giovani. Nella lettera ("sul volgare machismo" della sezione di Biella di Azione giovani che aveva organizzato un "eteropride" con spettacolo di lap-dance pubblicizzato da un manifesto con lo slogan "Questione di pelo"), Piccoletti scrive: "L'8 marzo in tutto il mondo - come ogni anno dal 1908 quando 129 donne persero la vita durante un incendio in una industria tessile di New York - ricorre la festa delle donne".
Ma il testo di Kandel e Picq non ci aiuta soltanto a fare chiarezza intorno all'origine dell'8 marzo, ma mostra anche i conflitti e le strumentalizzazioni che hanno contrassegnato questo evento fin dalla nascita. L'8 marzo, nato per decisione "delle donne socialiste di tutti i paesi" riunite a Copenaghen "in accordo con le organizzazioni politiche e sindacali del proletariato" (Kandel e Picq, p. 74), viene anche adoperata per marcare la differenza tra le donne socialiste e le femministe "borghesi", situandosi in una tradizione che nega "il diritto delle donne ad organizzarsi in maniera autonoma, al di fuori di organizzazioni e partiti politici"(p. 75).
Questa giornata benché ripresa dal movimento femminista negli anni 70 – che spesso però ne ignorava la storia – è stata spesso adoperata da partiti e sindacati per riscuotere consenso presso le "masse femminili" subendo, tra l'altro, uno svuotamento progressivo: la festa della donna (mimose, cene, serate danzanti ...). Ma la carica "simbolica" dell'8 marzo non è del tutto esaurita.  [...]
Per intanto mi chiedo se non è giunto, forse, il momento di dare vita a un movimento delle F.A.M (Femministe allergiche alla mimosa)...

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