Umanità Nova, n.9 dell'8 marzo 2009, anno 89

Bel lAvoro


A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese

Spagna: la lotta dei lavoratori della Prasur

La CNT di Utrera (Siviglia) ha iniziato un'azione di lotta nei confronti della Prasur, impresa che si occupa del montaggio di capannoni industriali, i cui 80 addetti, per la maggior parte aderenti al sindacato libertario, rischiano ora il posto di lavoro ed attendono da tempo il pagamento degli ultimi quattro stipendi arretrati. Il motivo addotto dall'azienda è il solito: la Crisi. Una crisi che tanto per cambiare si abbatte sui lavoratori e sulle loro famiglie, rimaste da tempo praticamente senza mezzi di sussistenza. La CNT il 21 febbraio scorso ha indetto a Utrera una manifestazione alla quale hanno partecipato insieme ai lavoratori della Prasur anche centinaia di abitanti. Durante il comizio finale, il portavoce del sindacato ha reclamato il pagamento degli stipendi dovuti e denunciato il comportamento vergognoso dell'azienda che, dopo avere avuto degli ottimi risultati in questi ultimi anni grazie ai lavoratori, ora tenta di scaricare su di loro costo delle difficile situazione economica. Il portavoce della CNT ha inoltre comunicato che le azioni di lotta e di propaganda continueranno sino a quando la Prasur non riconoscerà ai suoi lavoratori quanto è loro dovuto.
 

Continua il presidio alla Ahlstrom

I 20 lavoratori della Ahlstrom di Gallarate (Va), filiale italiana della multinazionale finlandese prima produttrice mondiale di carta per filtri per motori, sono ancora in presidio davanti ai cancelli della azienda, un presidio iniziato a metà gennaio dopo l'annuncio della chiusura della produzione. Dopo un mese trascorso inutilmente in attesa di notizie dalla proprietà i lavoratori dichiarano: «Staremo qui fino a quando qualcuno si farà sentire. Anche allo stabilimento di Cressa hanno indetto la mobilitazione permanente. Non vogliamo che portino via le macchine dalla linea».
E il presidio funziona, tanto che mercoledì 25 febbraio, un camion della proprietà è arrivato davanti ai cancelli per portare via del materiale contenuto all'interno della fabbrica, ma i lavoratori ne hanno impedito il trasferimento. «Se non ci vogliono incontrare e non ci danno segnali concreti – spiegano i lavoratori -  non porteranno via nulla. Noi stiamo qui e aspettiamo». Il giorno dopo questa dimostrazione di forza, improvvisamente è arrivato in fabbrica un fax con la convocazione urgente per martedì 3 marzo alle 14 nella sede dell'Unione Industriali di Torino per discutere della procedura di mobilità. Un segnale di attenzione che i lavoratori, iscritti al sindacato di base AlCobas, aspettavano da tempo. Il presidio davanti ai cancelli della ditta comunque prosegue: in cantiere ci sono altre azioni e manifestazioni.

I lavoratori della Cabind in lotta contro la chiusura

Di fronte all'annuncio della "messa in mobilità", che in pratica significa il licenziamento per tutti i dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori della Cabind di Chiusa San Michele nel torinese - come deciso in assemblea - hanno scioperato nella giornata di lunedì 23 e martedì 24 febbraio, organizzato un presidio assieme ai lavoratori dell'Indesit e il blocco delle merci in uscita da mercoledì.
La FLMUniti CUB in un proprio comunicato scrive: "Il precedente  tentativo della proprietà di chiudere lo stabilimento e delocalizzare la produzione è stato bloccato nel corso della scorsa estate, con venti giorni di sciopero e occupazione della fabbrica oltre che con manifestazioni e altre iniziative di lotta". E si dà degli obbiettivi per poter vincere la battaglia in corso: "Coordinare le fabbriche in mobilitazione; rilanciare una campagna per la riduzione generalizzata dell'orario di lavoro e per il reddito garantito".

Presidio all'Ikea di Brescia contro i licenziamenti

Nella giornata del 21 febbraio è stato organizzato un presidio davanti all'Ikea di Roncadelle a Brescia, per esigere la riassunzione dei lavoratori licenziati (in totale 7 come conseguenza delle mobilitazioni precedenti), contro la precarietà e la mancanza di democrazia sul posto di lavoro.
La protesta è stata indetta dal collettivo "lavoratori senza tempo né denaro dell'Ikea", federato con l'USI, con l'adesione del centro sociale Magazzino 47, il collettivo "studenti in lotta", la Conf. Cobas, l'SdL Intercategoriale, Radio Onda d'Urto e Sinistra Critica.
"Dove sta il trucco dei bassi costi dei prodotti Ikea?" – ci si chiede nel comunicato diffuso e si fornisce la risposta – "Ipersfruttamento; mancanza di democrazia interna; licenziamenti per ritorsione e rappresaglia e contratti non rinnovati; minaccie ai lavoratori e allontanamento dei lavoratori attivi sindacalmente; precariato ed esternalizzzione del lavoro e di conseguenza per stesso lavoro paghe diverse in modo arbitrario; mancato rispetto delle norme di sicurezza".
Due sono gli obbiettivi principali della vertenza in corso oltre quello della riassunzione dei lavoratori licenziati: "Contro il precariato e l'esternalizzazione; a stesso lavoro, stessa paga".
La richiesta del presidio è stata quella di un incontro dell'azienda con una rappresentanza dei lavoratori licenziati e un rappresentante dell'USI, altrimenti si minacciava lo spostamento del presidio all'interno del supermercato. L'azienda ha comunicato la disponibilità all incontro nella settimana successiva. Restiamo in attesa degli avvenimenti.

Breve inchiesta all'Ortomercato di Milano

Ho incontrato Zizo, ieri notte, sul piazzale 93 di carico dei furgoni degli acquirenti. Zizo è egiziano, è infuriato, da tre anni carica i camion sempre lavorando in nero perché è clandestino. Lui parlava - intorno una decina di altri lavoratori in nero, marocchini e egiziani e albanesi - e descriveva il loro vivere. Caricano manualmente centinaia di casse di frutta, poi seguono il padrone al mercato o nel magazzino e per tutto questo ricevono quei pochi soldi che permettono loro di campare. E' arrabbiato Zizo, che al suo paese, l'Egitto, vanta il titolo di avvocato. Da tre anni lavora onestamente, si succedono i governi, tuttavia la soluzione più semplice, cioè quella di rilasciare il permesso di soggiorno a queste persone che si guadagnano la vita al servizio dell'economia del paese, non viene attuata. Lascio Zizo e i suoi compagni. Cammino amareggiato e malinconico, incontro Shaid. Lui è un "vecchio" dell'ortomercato. Lavora al parcheggio 60, in nero, caricando camioncini e raccogliendo bancali vuoti che rivende a 50 centesimi ai grossisti ortofrutticoli. Shaid in precedenza era un regolare, lavorava in edilizia, cadde dal ponteggio con gravi conseguenze, restò in comma e risultò non più abile al lavoro. Oggi tira a campare caricando i furgoncini. Si avvicina Omar, tunisino, parla poco l'italiano, anche lui vuole raccontare, vuole il permesso di soggiorno, lavora, vuole uscire dal timore, dalla incertezza, dal ricatto quotidiano.
Parlo con altri clandestini che si avvicinano… poi mi allontano e penso: "A Milano sono migliaia e migliaia, perché non organizzano una grande marcia dei diritti? Perché non scendono in piazza come una marea umana per dire che esistono, che lavorano, che pagano l'affitto?"

Dalla testimonianza di IOSE, lavoratore all'ortomercato


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