A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese
La CNT di Utrera (Siviglia) ha iniziato un'azione di lotta nei
confronti della Prasur, impresa che si occupa del montaggio di
capannoni industriali, i cui 80 addetti, per la maggior parte aderenti
al sindacato libertario, rischiano ora il posto di lavoro ed attendono
da tempo il pagamento degli ultimi quattro stipendi arretrati. Il
motivo addotto dall'azienda è il solito: la Crisi. Una crisi che
tanto per cambiare si abbatte sui lavoratori e sulle loro famiglie,
rimaste da tempo praticamente senza mezzi di sussistenza. La CNT il 21
febbraio scorso ha indetto a Utrera una manifestazione alla quale hanno
partecipato insieme ai lavoratori della Prasur anche centinaia di
abitanti. Durante il comizio finale, il portavoce del sindacato ha
reclamato il pagamento degli stipendi dovuti e denunciato il
comportamento vergognoso dell'azienda che, dopo avere avuto degli
ottimi risultati in questi ultimi anni grazie ai lavoratori, ora tenta
di scaricare su di loro costo delle difficile situazione economica. Il
portavoce della CNT ha inoltre comunicato che le azioni di lotta e di
propaganda continueranno sino a quando la Prasur non riconoscerà
ai suoi lavoratori quanto è loro dovuto.
I 20 lavoratori della Ahlstrom di Gallarate (Va), filiale italiana
della multinazionale finlandese prima produttrice mondiale di carta per
filtri per motori, sono ancora in presidio davanti ai cancelli della
azienda, un presidio iniziato a metà gennaio dopo l'annuncio
della chiusura della produzione. Dopo un mese trascorso inutilmente in
attesa di notizie dalla proprietà i lavoratori dichiarano:
«Staremo qui fino a quando qualcuno si farà sentire. Anche
allo stabilimento di Cressa hanno indetto la mobilitazione permanente.
Non vogliamo che portino via le macchine dalla linea».
E il presidio funziona, tanto che mercoledì 25 febbraio, un
camion della proprietà è arrivato davanti ai cancelli per
portare via del materiale contenuto all'interno della fabbrica, ma i
lavoratori ne hanno impedito il trasferimento. «Se non ci
vogliono incontrare e non ci danno segnali concreti – spiegano i
lavoratori - non porteranno via nulla. Noi stiamo qui e
aspettiamo». Il giorno dopo questa dimostrazione di forza,
improvvisamente è arrivato in fabbrica un fax con la
convocazione urgente per martedì 3 marzo alle 14 nella sede
dell'Unione Industriali di Torino per discutere della procedura di
mobilità. Un segnale di attenzione che i lavoratori, iscritti al
sindacato di base AlCobas, aspettavano da tempo. Il presidio davanti ai
cancelli della ditta comunque prosegue: in cantiere ci sono altre
azioni e manifestazioni.
Di fronte all'annuncio della "messa in mobilità", che in
pratica significa il licenziamento per tutti i dipendenti, le
lavoratrici e i lavoratori della Cabind di Chiusa San Michele nel
torinese - come deciso in assemblea - hanno scioperato nella giornata
di lunedì 23 e martedì 24 febbraio, organizzato un
presidio assieme ai lavoratori dell'Indesit e il blocco delle merci in
uscita da mercoledì.
La FLMUniti CUB in un proprio comunicato scrive: "Il precedente
tentativo della proprietà di chiudere lo stabilimento e
delocalizzare la produzione è stato bloccato nel corso della
scorsa estate, con venti giorni di sciopero e occupazione della
fabbrica oltre che con manifestazioni e altre iniziative di lotta". E
si dà degli obbiettivi per poter vincere la battaglia in corso:
"Coordinare le fabbriche in mobilitazione; rilanciare una campagna per
la riduzione generalizzata dell'orario di lavoro e per il reddito
garantito".
Nella giornata del 21 febbraio è stato organizzato un
presidio davanti all'Ikea di Roncadelle a Brescia, per esigere la
riassunzione dei lavoratori licenziati (in totale 7 come conseguenza
delle mobilitazioni precedenti), contro la precarietà e la
mancanza di democrazia sul posto di lavoro.
La protesta è stata indetta dal collettivo "lavoratori senza
tempo né denaro dell'Ikea", federato con l'USI, con l'adesione
del centro sociale Magazzino 47, il collettivo "studenti in lotta", la
Conf. Cobas, l'SdL Intercategoriale, Radio Onda d'Urto e Sinistra
Critica.
"Dove sta il trucco dei bassi costi dei prodotti Ikea?" – ci si chiede
nel comunicato diffuso e si fornisce la risposta – "Ipersfruttamento;
mancanza di democrazia interna; licenziamenti per ritorsione e
rappresaglia e contratti non rinnovati; minaccie ai lavoratori e
allontanamento dei lavoratori attivi sindacalmente; precariato ed
esternalizzzione del lavoro e di conseguenza per stesso lavoro paghe
diverse in modo arbitrario; mancato rispetto delle norme di sicurezza".
Due sono gli obbiettivi principali della vertenza in corso oltre quello
della riassunzione dei lavoratori licenziati: "Contro il precariato e
l'esternalizzazione; a stesso lavoro, stessa paga".
La richiesta del presidio è stata quella di un incontro
dell'azienda con una rappresentanza dei lavoratori licenziati e un
rappresentante dell'USI, altrimenti si minacciava lo spostamento del
presidio all'interno del supermercato. L'azienda ha comunicato la
disponibilità all incontro nella settimana successiva. Restiamo
in attesa degli avvenimenti.
Ho incontrato Zizo, ieri notte, sul piazzale 93 di carico dei
furgoni degli acquirenti. Zizo è egiziano, è infuriato,
da tre anni carica i camion sempre lavorando in nero perché
è clandestino. Lui parlava - intorno una decina di altri
lavoratori in nero, marocchini e egiziani e albanesi - e descriveva il
loro vivere. Caricano manualmente centinaia di casse di frutta, poi
seguono il padrone al mercato o nel magazzino e per tutto questo
ricevono quei pochi soldi che permettono loro di campare. E' arrabbiato
Zizo, che al suo paese, l'Egitto, vanta il titolo di avvocato. Da tre
anni lavora onestamente, si succedono i governi, tuttavia la soluzione
più semplice, cioè quella di rilasciare il permesso di
soggiorno a queste persone che si guadagnano la vita al servizio
dell'economia del paese, non viene attuata. Lascio Zizo e i suoi
compagni. Cammino amareggiato e malinconico, incontro Shaid. Lui
è un "vecchio" dell'ortomercato. Lavora al parcheggio 60, in
nero, caricando camioncini e raccogliendo bancali vuoti che rivende a
50 centesimi ai grossisti ortofrutticoli. Shaid in precedenza era un
regolare, lavorava in edilizia, cadde dal ponteggio con gravi
conseguenze, restò in comma e risultò non più
abile al lavoro. Oggi tira a campare caricando i furgoncini. Si
avvicina Omar, tunisino, parla poco l'italiano, anche lui vuole
raccontare, vuole il permesso di soggiorno, lavora, vuole uscire dal
timore, dalla incertezza, dal ricatto quotidiano.
Parlo con altri clandestini che si avvicinano… poi mi allontano e
penso: "A Milano sono migliaia e migliaia, perché non
organizzano una grande marcia dei diritti? Perché non scendono
in piazza come una marea umana per dire che esistono, che lavorano, che
pagano l'affitto?"
Dalla testimonianza di IOSE, lavoratore all'ortomercato
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