Tira aria di rivolta nei CIE. A far da detonatore il prolungamento
della reclusione da due a sei mesi contenuto nel decreto antistupro
emanato dal governo a fine febbraio. Il provvedimento è
retroattivo: molti immigrati già reclusi hanno di fronte la
prospettiva di trascorrere sei mesi nelle gabbie per senza documenti.
A Bologna martedì 3 marzo un detenuto ingoia dei ferri, altri
tre si denudano quasi completamente e salgono sul tetto e lì
restano sino alle 20, quando vengono fatti scendere dai vigili del
fuoco.
Quando da Bologna, dove è in corso un presidio solidale, arriva
l'annuncio della protesta, a Torino viene effettuata un visita lampo
sotto al CIE di Corso Brunelleschi, con petardi e battiture di ferri.
Il giorno dopo si sparge la notizia che i tre immigrati sono stati
trasferiti nel CIE di via Corelli a Milano. Il 5 marzo la lotta dei
detenuti parte anche a Milano, dove gli antirazzisti locali fanno un
presidio sotto la pioggia battente mentre a Torino c'è un nuovo
intervento sotto le mura del CIE di corso Brunelleschi con dirette
radio dalle varie località in lotta. A Bari Palese parte uno
sciopero della fame cui partecipano 85 immigrati. Sabato 7, dopo il
corteo femminista del pomeriggio, un gruppo di antirazzisti, in
solidarietà alle lotte di Milano e Bari, va al CIE di corso
Brunelleschi: i reclusi telefonano e manifestano l'intenzione di
cominciare a loro volta uno sciopero della fame il giorno successivo.
Detto fatto. Domenica 8 marzo anche al CIE di Torino i prigionieri
rifiutano il cibo.
La protesta dei reclusi sta attraversando la penisola. Nel silenzio e
nell'indifferenza di tanti, di troppi. Una ragione in più per
moltiplicare l'appoggio alle lotte.
R. Em.
1.Via Padova...
Sabato 7 marzo, verso le 18, una cinquantina di antirazzisti milanesi
ha percorso via Padova per dimostrare solidarietà agli immigrati
che abitano nel quartiere, che da tempo sono sottoposti alla molesta
presenza della polizia e dell'esercito. Nel corso dell'iniziativa
è stato diffuso un volantino si sono tenuti comizi volanti e
sono state affisse ai muri strisce con parole d'ordine antirazziste, in
arabo, spagnolo inglese, francese e italiano: "Né ronde
né militari nei quartieri", "Polizia ovunque, nessuna
giustizia", "No ai confini, no alle nazioni", "No all'esercito nei
quartieri", "No al razzismo". L'approvazione e la simpatia riscosse
dall'iniziativa hanno favorito la formazione di un piccolo corteo, che
ha percorso la fine di via Padova, un tratto di piazzale Loreto e la
parte iniziale di viale Monza.
Durante l'iniziativa, soldati e poliziotti si sono ritirati. Ma le
gerarchie militar-poliziesche non hanno assolutamente gradito
l'iniziativa, soprattutto le strisce con le frasi antirazziste e,
appena hanno potuto, hanno inviato i loro scherani a graffiarle via.
Non solo. A questo proposito è emblematico il racconto di un
commerciante peruviano. Juarez (chiamiamolo così) riferisce che,
dopo il passaggio degli antirazzisti (erano circa le 22), la polizia ha
fatto un giro per i negozi staccando, o chiedendo di staccare, le
strisce apparse sui muri (comunque, molte sono restate). Allo stesso
tempo Juarez dice che non se ne può più della loro
presenza in quartiere, riferendo (se mai ce ne fosse stato bisogno) che
la sua posizione è condivisa da molti. Che cos'è via
Padova? Via Padova è una strada lunga 3,8 chilometri, sui quali
si affacciano 438 esercizi commerciali, 101 dei quali gestiti da
immigrati.
Nel quartiere attorno alla via c'è una forte presenza di
immigrati, circa il 35% rispetto agli abitanti di origine italiana.
Provengono da molti paesi, in particolare: Nord Africa, Cina,
Perù, Senegal, Bangladesh. La maggior parte di loro è
occupata nell'edilizia e nei servizi e alimenta quell'esercito
«fantasma» di lavoratori che, nelle prime ore del mattino
sciama silenzioso verso i mille cantieri e le grandi e piccole
fabbriche della metropoli e del suo hinterland. Molte le donne che
vanno a pulire uffici, case e ad assistere gli anziani.
Comitato Antirazzista Milanese
2. Zona Mac Mahon
"Via la lega,i fascisti e la polizia dai quartieri". Cosi gridava lo
striscione dei giovani studenti del quartiere contro la presenza della
Lega che pretendeva di fare una manifestazione razzista. Venerdì
6 marzo a Milano, zona Mac Mahon, era prevista una manifestazione della
Lega che avrebbe dovuto attraversare il quartiere facendo una
fiaccolata "per la sicurezza" e contro la presenza di alcuni cittadini
romeni di origine rom. Questi sono cittadini europei a tutti gli
effetti, ma a loro la giunta razzista milanese nega qualsiasi diritto
impedendo di accedere alle case, alla salute, alle scuole e agli asili
per i più piccoli. Queste persone sono costrette a vivere sotto
il ponte della circonvallazione. La lega non è nuova a
propagande razziste; da almeno 15 anni a Milano si attuano solo
politiche repressive contro chiunque possa essere considerato
"pericoloso": i giovani, le donne, i writers, le prostitute, i
lavoratori che difendono i posti di lavoratori e poi albanesi, arabi,
neri, romeni e infine i rom. Venerdì pomeriggio invece con un
atto d'orgoglio la parte solidale della città ha impedito a
questi farabutti e mentecatti razzisti di fare il corteo nonostante il
dispiegamento delle forze del disordine fosse davvero notevole.
Centinaia di cittadine, giovani, studenti, lavoratrici, hanno risposto
a una chiamata spontanea degli studenti del quartiere e degli
antirazzisti e sono intervenuti per un contro-presidio. I leghisti, una
cinquantina sotto scorta dei carabinieri, polizia e truppe
d'assalto sono state fatte sfilare in un percorso buio e solitario per
circa 300 metri arrivando in una via a ridosso della loro sede. I
compagni presenti si sono divisi in due gruppi e praticamente li hanno
circondati e sbeffeggiati per tutto il tempo della loro triste e
lugubre presenza. Sicuramente è una piccola cosa, ma è un
segnale: a Milano nonostante la Moratti, lo sceriffo decorato, legaioli
e mostri vari, ll loro piano affaristico di criminalizzare
e uniformare la città ad un ammasso di automi non
passerà. Da via Mac Mahon a via Padova, da via Corelli ai
lavoratori dell'INNSE e ai rom, ronde e pacchetti sicurezza
saranno rigettati con i loro promotori nella pattumiera della storia.
Commissione Antirazzista della FAI
Il 7 marzo, per il secondo sabato consecutivo è stata
effettuata un'azione di disturbo al banchetto della Lega Nord. Lo
stesso era stato fatto nei confronti di un banchetto di Casa Pound
qualche settimana fa.
E' stato distribuendo ai lati del banchetto un volantino contro la
castrazione chimica e la discriminazione delle donne, dal titolo
"Difesa delle donne?". Mentre il banchetto della Lega effettuava una
raccolta firme per la castrazione chimica e la pubblicità per
Miss Padania. Almeno per questo sabato non c'è stato il
rincorrere della digos.
Da un comunicato del Gruppo Anarchico "A.Cieri"-FAI
Non tutte hanno apprezzato il "decreto antistupro" emanato dal
governo a fine febbraio al culmine di una pressante campagna stampa,
centrata su alcuni gravi fatti selezionati ad arte tra quelli di cui
erano sospettati uomini stranieri.
Il corteo indetto dalla Casa della Donna il 7 marzo ha avuto il suo
centro nel rifiuto di norme chiaramente razziste, delle logiche
securitarie, delle ronde fasciste e leghiste a difesa della
libertà femminile. Sugli stessi temi la FAI torinese ha
organizzato un punto info al Balon la mattina di sabato 7 marzo con
distro, musica e materiali informativi. Le Sommosse di Torino,
promotrici di un appello femminista e antirazzista, avevano chiesto che
il corteo passasse da Porta Palazzo, attraversando una zona che media e
politici additano come pericolosa per le donne, perché abitata e
vissuta da moltissimi immigrati. Un modo forte per dire che le donne
non hanno paura, che si difendono da sole e che rifiutano
l'equiparazione razzista tra immigrato e violentatore. Sino all'ultimo
pareva che la questura non avesse fatto opposizione, nonostante la Lega
pretendesse da settimane la proibizione di manifestare a Porta Palazzo.
All'ultimo minuto è arrivato il divieto e l'imposizione di un
percorso alternativo, molto più centrale. Evidentemente si
preferiva mollare alle femministe il salotto buono per un otto marzo da
rito collettivo piuttosto che correre il rischio di una manifestazione
che portasse la libertà femminile nel cuore di Porta Palazzo.
"Contro la violenza sessista, razzista, di Stato" era scritto sullo
striscione di apertura dello spezzone libertario dietro a quello delle
Sommosse promosso dalla FAI Torinese. Nel volantino distribuito, dove
era riprodotta l'immagine del parà della Folgore che violentava
con un razzo una ragazza somala, era scritto che "Lo stupro è
corollario di tutte le guerre: violare le donne del nemico significa
privarlo di una sua proprietà, metterne a repentaglio la stirpe,
renderne indegne le figlie. In quanti paesi le vittime di stupro
vengono uccise, bandite, imprigionate? Le donne pagano due volte:
subiscono la violenza e il marchio che l'accompagna indelebilmente. Da
noi tutto questo è storia recentissima, eliminata dai codici da
anni di lotte, che rischiano di venire cancellate da una risacca
profonda, una risacca che si esprime nella volgarità dei
fascisti e leghisti di governo ma ha le sue radici nel cuore stesso
delle nostre relazioni sociali. Il ginocidio è una realtà
quotidiana: non manca giorno che non sia diffusa la notizia di uomini
che ammazzano le donne a loro vicine (…)
Solo i casi più gravi di abusi salgono alla ribalta dei media,
ma la violenza in casa nei confronti di donne, bambini e bambine
è molto più diffusa di quella in strada, pure al centro
dell'allarme sociale e delle pelose attenzioni del governo (…)
Chi legifera in difesa delle donne, legifera contro ciascuna di noi,
racchiudendoci nello stereotipo dell'eterna minore da tutelare. Quando
i corpi delle donne sono il pretesto per accelerare l'iter di alcune
tra le norme più pericolose e razziste del pacchetto sicurezza,
la posta in gioco non è la libertà femminile ma la guerra
contro gli immigrati poveri, che occorre mantenere sotto un tallone di
ferro, se si vuole che lavorino senza alzare la testa (…) Il percorso
della libertà femminile è altrove. Lo è sempre
stato. In questi anni la libertà femminile di strada ne ha fatta
tanta. Abbiamo imparato a camminare e a difenderci da sole. Senza
legge. Libere."
R. Em.
"Don Ottaviano prete razzista" e "Don Ottaviano mercante d'odio"
sono due delle scritte comparse sulla porta e sui muri della chiesa
della Pace in corso Giulio Cesare nella notte tra il 5 e il 6 marzo.
Ottaviano Pizzamiglio è un signore di mezza età che di
mestiere fa il prete. La sua parrocchia, la Maria Regina della Pace,
è nel cuore di Barriera di Milano, un quartiere dove gli
immigrati sono molti. Tanta gente nuova, tanta gente che professa altre
religioni da un gran fastidio a don Ottaviano, che se ne lamenta in
un'intervista a Nicolò Zancan su "La Stampa" di mercoledì
4 marzo.
I matrimoni in chiesa sono in calo, i "maghrebini mancano di pulizia,
igiene, si comportano in maniera poco corretta. In molti casi sono
peggio degli zingari. I bambini mancano di rispetto e non sanno neppure
fare pipì". Al giornalista che chiede se quello non fosse
razzismo Pizzamiglio risponde serafico "No, è vita quotidiana,
prova sul campo. Non è razzismo". Ma Don Ottaviano non se la
prende solo con gli immigrati: nel suo mirino ci sono anche i drogati,
"i veri lebbrosi di oggi". Si vanta di averli cacciati dai marciapiedi
vicino alla sua chiesa dicendo "Andatevene via. Altrimenti verranno a
cacciarvi con i bastoni". Che intenda presentarsi volontario nelle
ronde? Lui nega, perché il mestiere non glielo permette, ma si
capisce bene che, sotto sotto, gli piacerebbe. Eccome se gli piacerebbe.
Non tutti a Barriera hanno apprezzato le dichiarazioni di Pizzamiglio.
Qualche persona perbene del quartiere ha voluto dire la propria
direttamente sui muri della sua chiesa. "Don Ottaviano razzista di
merda!"
A quest'indirizzo un paio di foto scattate da un reporter di passaggio.
http://piemonte.indymedia.org/article/4307.
R. Em.
L'assemblea contro il pacchetto sicurezza indetta dal Coordinamento
Migranti per domenica 8 ha visto la partecipazione di quasi un
centinaio di persone, in gran maggioranza migranti. I decreti in
discussione alle camere sono un attacco evidente che si somma alle
già pesanti condizioni dei migranti in Italia. Contro questo e
la perdurante ondata xenofoba, l'assemblea si è data alcune
importanti scadenze di lotta: martedì 17 marzo, in Piazza
Maggiore alle 17.30, medici e operatori del sistema sanitario
scenderanno in piazza contro la denunciabilità dei migranti che
chiedono cure sanitarie.
Domenica 18 aprile, come negli ultimi anni, Piazza dell'Unità
ospiterà una giornata internazionale dei migranti, anche in
vista di una manifestazione nazionale in maggio sulla quale si
sta lavorando.
Da sabato 28 febbraio per almeno una settimana il Centro di
Identificazione e Espulsione di via Mattei ha vissuto diversi momenti
di agitazione.
Fuori, più volte durante la settimana gruppi di solidali hanno
portato il proprio appoggio, scandendo slogan e volantinando. Da dentro
si gridava: "freedom" e "libertà". Sul muro del Centro sono
apparse scritte: "lager", "qui si tortura", "centro del terrore di
stato" e altre. La polizia ha messo in campo la solita solerzia,
identificando alcuni solidali. Volantinaggi e presidi sono stati fatti
anche in centro città. Qui purtroppo può capitare di
imbattersi in criminali leghisti che inneggiano alla castrazione
chimica da un regolare banchetto. Qualcuno ha protestato e in tutta
risposta è stato trattenuto in questura fino in serata.
RedB
Il 5 marzo scorso, il sindaco di Pisa (PD) ha firmato la famigerata
ordinanza dal pomposo titolo "Tutela della sicurezza urbana e della
incolumità pubblica: divieto di trasporto su aree pubbliche di
contenitori ed involucri finalizzato alla vendita illegale di merce non
autorizzata", meglio conosciuta come "ordinanza antiborsoni". Lo scopo
dichiarato è infatti quello di impedire agli "abusivi" che
trasportano le loro merci "abusive" in grandi contenitori di continuare
nei loro commerci "abusivi".
Che si tratti di una ordinanza a sfondo discriminatorio e razzista
è chiarito in modo inequivocabile nel testo stesso, ad essere
soggetti a fermo e multa non sono tutti coloro che si aggirano sotto la
torre pendente portandosi dietro un capiente borsone, ma esclusivamente
i soliti sospetti: "è vietato il trasporto e la detenzione di
contenitori quali borse, sacchi, involucri di cartone o altro materiale
che, per le circostanze di tempo e di luogo e per la condotta dei
possessori, siano inequivocabilmente riconducibili alla vendita
illegale dei prodotti ivi riposti". I trasgressori verranno puniti con
una multa da 100 euro e con il sequestro del contenuto del borsone
fuorilegge.
Dell'ordinanza si sono dichiarati soddisfatti, oltre ai fascisti e ai
razzisti in genere, soprattutto i commercianti che, notoriamente,
pagano tutti regolarmente le tasse e che vendono le loro merci
emettendo sempre lo scontrino fiscale.
Nonostante il provvedimento sia, oltre che razzista anche ridicolo e
che sia stato già contestato, anche con una protesta di piazza,
fin dal suo primo annuncio nello scorso autunno, la decisione di
applicarlo fa capire che aria tira in città. I migranti intanto
hanno iniziato a dotarsi di zainetti di ingombro ridotto, sperando che
i vigili siano in grado di distinguerli dai "borsoni" vietati, visto
che nell'ordinanza non si precisano le misure dei contenitori proibiti
e di quelli invece consentiti.
A ribadire che anche a Pisa è arrivato il momento della
"tolleranza zero" il giorno dopo ci hanno pensato le forze dell'ordine
in occasione della visita all'Università del Pres. Sen. Prof. M.
Pera, ferendo a manganellate alcuni degli studenti che avevano osato
protestare (vedi sotto) Due episodi, solo apparentemente scollegati,
che invece forniscono un chiaro esempio di quanto l'aria di repressione
inizi a respirarsi anche nelle città tradizionalmente
considerate più tolleranti.
Caotico-info (Pisa)
Non è la prima volta che nel nostro ateneo i baroni di turno
si chiudono nelle sedi universitarie protetti dalle loro forze di
polizia, digos e carabinieri. Infatti nell'ultimo Cda dell'autunno
scorso dove si metteva a votazione il bilancio preventivo 2009, gli
studenti erano finiti all'ospedale in quanto bloccati dalla digos che
non permise loro di intervenire nella sede di approvazione del
bilancio, per mostrarne i punti oscuri e per richiedere un dibattito
pubblico in merito.
Il 6 marzo, ancora una volta non è stata ammessa nessuna forma
di dissenso alle attività istituzionalmente programmate
nell'università di Pisa. Alle ore 17.00 si svolgeva nell'aula
magna della Sapienza la presentazione del libro Perché dobbiamo
dirci cristiani con la presenza dell'autore il senatore Marcello Pera.
L'iniziativa è stata promossa da molte associazioni della destra
cattolica pisana e da Laboratorio 99, associazione neo-fascista che,
nonostante si spacci per associazione culturale, al suo interno ospita
un insieme di posizioni fra cui anche quelle vicine a casa Pound.
Noi studenti e precari riuniti in assemblea abbiamo deciso di
contestare, se pur nell'ambito del dibattito, previsto dall'iniziativa
stessa, la presenza del senatore e di denunciare i contenuti reazionari
e lontani da ogni stimolo a un sapere critico, presentati in questo
libro. Infatti abbiamo voluto ricordare che Marcello Pera è
stato uno dei principali promotori dell'istituto di studi avanzato Imt
- Istituzione Mercati Tecnologie - di Lucca, polo d'eccellenza privato,
in alternativa alla università pubblica, ovvero per tutti, di
qualità e libera. Sempre il senatore è titolare della
cattedra di epistemologia al Cds di filosofia, ma all'università
non si è mai visto, considerando che preferisce svolgere il suo
ruolo da senatore promuovendo il delirio securitario nella penisola
attraverso l'espresso appoggio al pacchetto sicurezza del governo
Berlusconi.
Ma veniamo ai fatti: gli studenti e le studentesse insieme ai precari e
alle precarie si erano dati appuntamento alle ore 15.00 in piazza
Dante, di fronte alla Sapienza, per poi contestare la
presentazione del libro con diversi interventi. Intorno alle 16
è avvenuta la prima carica. L'intervento della polizia contro i
circa cento studenti e precari che presidiavano l'entrata
principale della struttura, ha lasciato subito dei contusi, ma non ha
disperso il presidio. A quel punto si sono susseguiti gli slogan e gli
interventi per richiamare l'attenzione sulla mancanza di poter
esprimere idee critiche nel nostro ateneo. Molti passanti, studenti e
non, al vedere le scene "paradossali", si sono uniti al presidio e
intorno alle 17.00 si è snodato per le vie del centro un corteo
spontaneo di circa 200 persone, che è andato a bloccare una
delle arterie principali per qualche minuto.
Il senatore Pera insieme al Rettore dell'università intanto ha
svolto comodamente la presentazione del suo libro, al quale hanno
partecipato sicuramente i promotori dell'iniziativa, ma in un contesto
dove, come temevamo, si voleva soltanto dare perle di saggezza e non
certamente mettere a dibattito, come invece i loschi figuri
dichiaravano, quelle ridicole tesi.
Intanto quattro dei sette contusi erano stati trasportati in ospedale da un'ambulanza giunta sul posto.
Il prorettore agli studenti, Baggiani, ha poi dichiarato di non
esprimersi in merito in quanto non era a conoscenza dei fatti,
però partecipava alla presentazione del libro!
Gli studenti dal canto loro hanno indetto insieme ai precari e alle
precarie un'assemblea pubblica per il martedì successivo per
dibattere sui fatti e per lanciare pubblicamente una campagna di
mobilitazione che rivendichi l'espressione del dissenso nella nostra
università e nella nostra città.
L.G.
(Un attivista di Università 2.0 )