Umanità Nova, n.10 del 15 marzo 2009, anno 89

informAzione - 1


Torino. Con i ribelli dei CIE da Torino a Bologna, a Milano, a Bari

Tira aria di rivolta nei CIE. A far da detonatore il prolungamento della reclusione da due a sei mesi contenuto nel decreto antistupro emanato dal governo a fine febbraio. Il provvedimento è retroattivo: molti immigrati già reclusi hanno di fronte la prospettiva di trascorrere sei mesi nelle gabbie per senza documenti.
A Bologna martedì 3 marzo un detenuto ingoia dei ferri, altri tre si denudano quasi completamente e salgono sul tetto e lì restano sino alle 20, quando vengono fatti scendere dai vigili del fuoco.
Quando da Bologna, dove è in corso un presidio solidale, arriva l'annuncio della protesta, a Torino viene effettuata un visita lampo sotto al CIE di Corso Brunelleschi, con petardi e battiture di ferri.
Il giorno dopo si sparge la notizia che i tre immigrati sono stati trasferiti nel CIE di via Corelli a Milano. Il 5 marzo la lotta dei detenuti parte anche a Milano, dove gli antirazzisti locali fanno un presidio sotto la pioggia battente mentre a Torino c'è un nuovo intervento sotto le mura del CIE di corso Brunelleschi con dirette radio dalle varie località in lotta. A Bari Palese parte uno sciopero della fame cui partecipano 85 immigrati. Sabato 7, dopo il corteo femminista del pomeriggio, un gruppo di antirazzisti, in solidarietà alle lotte di Milano e Bari, va al CIE di corso Brunelleschi: i reclusi telefonano e manifestano l'intenzione di cominciare a loro volta uno sciopero della fame il giorno successivo. Detto fatto. Domenica 8 marzo anche al CIE di Torino i prigionieri rifiutano il cibo.
La protesta dei reclusi sta attraversando la penisola. Nel silenzio e nell'indifferenza di tanti, di troppi. Una ragione in più per moltiplicare l'appoggio alle lotte.

R. Em.

Milano. Manifestazioni Antirazziste


1.Via Padova...

Sabato 7 marzo, verso le 18, una cinquantina di antirazzisti milanesi ha percorso via Padova per dimostrare solidarietà agli immigrati che abitano nel quartiere, che da tempo sono sottoposti alla molesta presenza della polizia e dell'esercito. Nel corso dell'iniziativa è stato diffuso un volantino si sono tenuti comizi volanti e sono state affisse ai muri strisce con parole d'ordine antirazziste, in arabo, spagnolo inglese, francese e italiano: "Né ronde né militari nei quartieri", "Polizia ovunque, nessuna giustizia", "No ai confini, no alle nazioni", "No all'esercito nei quartieri", "No al razzismo". L'approvazione e la simpatia riscosse dall'iniziativa hanno favorito la formazione di un piccolo corteo, che ha percorso la fine di via Padova, un tratto di piazzale Loreto e la parte iniziale di viale Monza.
Durante l'iniziativa, soldati e poliziotti si sono ritirati. Ma le gerarchie militar-poliziesche non hanno assolutamente gradito l'iniziativa, soprattutto le strisce con le frasi antirazziste e, appena hanno potuto, hanno inviato i loro scherani a graffiarle via. Non solo. A questo proposito è emblematico il racconto di un commerciante peruviano. Juarez (chiamiamolo così) riferisce che, dopo il passaggio degli antirazzisti (erano circa le 22), la polizia ha fatto un giro per i negozi staccando, o chiedendo di staccare, le strisce apparse sui muri (comunque, molte sono restate). Allo stesso tempo Juarez dice che non se ne può più della loro presenza in quartiere, riferendo (se mai ce ne fosse stato bisogno) che la sua posizione è condivisa da molti. Che cos'è via Padova? Via Padova è una strada lunga 3,8 chilometri, sui quali si affacciano 438 esercizi commerciali, 101 dei quali gestiti da immigrati.
Nel quartiere attorno alla via c'è una forte presenza di immigrati, circa il 35% rispetto agli abitanti di origine italiana. Provengono da molti paesi, in particolare: Nord Africa, Cina, Perù, Senegal, Bangladesh. La maggior parte di loro è occupata nell'edilizia e nei servizi  e alimenta quell'esercito «fantasma» di lavoratori che, nelle prime ore del mattino sciama silenzioso verso i mille cantieri e le grandi e piccole fabbriche della metropoli e del suo hinterland. Molte le donne che vanno a pulire uffici, case e ad assistere gli anziani.

Comitato Antirazzista Milanese

2. Zona Mac Mahon

"Via la lega,i fascisti e la polizia dai quartieri". Cosi gridava lo striscione dei giovani studenti del quartiere contro la presenza della Lega che pretendeva di fare una manifestazione razzista. Venerdì 6 marzo a Milano, zona Mac Mahon, era prevista una manifestazione della Lega che avrebbe dovuto attraversare il quartiere facendo una fiaccolata "per la sicurezza" e contro la presenza di alcuni cittadini romeni di origine rom. Questi sono cittadini europei a tutti gli effetti, ma a loro la giunta razzista milanese nega qualsiasi diritto impedendo di accedere alle case, alla salute, alle scuole e agli asili per i più piccoli. Queste persone sono costrette a vivere sotto il ponte della circonvallazione. La lega non è nuova a propagande razziste; da almeno 15 anni a Milano si attuano solo politiche repressive contro chiunque possa essere considerato "pericoloso": i giovani, le donne, i writers, le prostitute, i lavoratori che difendono i posti di lavoratori e poi albanesi, arabi, neri, romeni e infine i rom. Venerdì pomeriggio invece con un atto d'orgoglio la parte solidale della città ha impedito a questi farabutti e mentecatti razzisti di fare il corteo nonostante il dispiegamento delle forze del disordine fosse davvero notevole. Centinaia di cittadine, giovani, studenti, lavoratrici, hanno risposto a una chiamata spontanea degli studenti del quartiere e degli antirazzisti e sono intervenuti per un contro-presidio. I leghisti, una cinquantina  sotto scorta dei carabinieri, polizia e truppe d'assalto sono state fatte sfilare in un percorso buio e solitario per circa  300 metri arrivando in una via a ridosso della loro sede. I compagni presenti si sono divisi in due gruppi e praticamente li hanno circondati e sbeffeggiati per tutto il tempo della loro triste e lugubre presenza. Sicuramente è una piccola cosa, ma è un segnale: a Milano nonostante la Moratti, lo sceriffo decorato, legaioli e mostri vari, ll loro piano  affaristico di  criminalizzare e uniformare la città ad un ammasso di automi non passerà. Da via Mac Mahon a via Padova, da via Corelli ai lavoratori dell'INNSE e  ai rom, ronde e pacchetti sicurezza saranno rigettati con i loro promotori nella pattumiera della storia.

Commissione Antirazzista della FAI

Parma. Contro razzismo e discriminazione

Il 7 marzo, per il secondo sabato consecutivo è stata effettuata un'azione di disturbo al banchetto della Lega Nord. Lo stesso era stato fatto nei confronti di un banchetto di Casa Pound qualche settimana fa.
E' stato distribuendo ai lati del banchetto un volantino contro la castrazione chimica e la discriminazione delle donne, dal titolo "Difesa delle donne?". Mentre il banchetto della Lega effettuava una raccolta firme per la castrazione chimica e la pubblicità per Miss Padania. Almeno per questo sabato non c'è stato il rincorrere della digos.

Da un comunicato del Gruppo Anarchico "A.Cieri"-FAI

Torino. Femministe e antirazziste

Non tutte hanno apprezzato il "decreto antistupro" emanato dal governo a fine febbraio al culmine di una pressante campagna stampa, centrata su alcuni gravi fatti selezionati ad arte tra quelli di cui erano sospettati uomini stranieri.
Il corteo indetto dalla Casa della Donna il 7 marzo ha avuto il suo centro nel rifiuto di norme chiaramente razziste, delle logiche securitarie, delle ronde fasciste e leghiste a difesa della libertà femminile. Sugli stessi temi la FAI torinese ha organizzato un punto info al Balon la mattina di sabato 7 marzo con distro, musica e materiali informativi. Le Sommosse di Torino, promotrici di un appello femminista e antirazzista, avevano chiesto che il corteo passasse da Porta Palazzo, attraversando una zona che media e politici additano come pericolosa per le donne, perché abitata e vissuta da moltissimi immigrati. Un modo forte per dire che le donne non hanno paura, che si difendono da sole e che rifiutano l'equiparazione razzista tra immigrato e violentatore. Sino all'ultimo pareva che la questura non avesse fatto opposizione, nonostante la Lega pretendesse da settimane la proibizione di manifestare a Porta Palazzo. All'ultimo minuto è arrivato il divieto e l'imposizione di un percorso alternativo, molto più centrale. Evidentemente si preferiva mollare alle femministe il salotto buono per un otto marzo da rito collettivo piuttosto che correre il rischio di una manifestazione che portasse la libertà femminile nel cuore di Porta Palazzo.
"Contro la violenza sessista, razzista, di Stato" era scritto sullo striscione di apertura dello spezzone libertario dietro a quello delle Sommosse promosso dalla FAI Torinese. Nel volantino distribuito, dove era riprodotta l'immagine del parà della Folgore che violentava con un razzo una ragazza somala, era scritto che "Lo stupro è corollario di tutte le guerre: violare le donne del nemico significa privarlo di una sua proprietà, metterne a repentaglio la stirpe, renderne indegne le figlie. In quanti paesi le vittime di stupro vengono uccise, bandite, imprigionate? Le donne pagano due volte: subiscono la violenza e il marchio che l'accompagna indelebilmente. Da noi tutto questo è storia recentissima, eliminata dai codici da anni di lotte, che rischiano di venire cancellate da una risacca profonda, una risacca che si esprime nella volgarità dei fascisti e leghisti di governo ma ha le sue radici nel cuore stesso delle nostre relazioni sociali. Il ginocidio è una realtà quotidiana: non manca giorno che non sia diffusa la notizia di uomini che ammazzano le donne a loro vicine (…)
Solo i casi più gravi di abusi salgono alla ribalta dei media, ma la violenza in casa nei confronti di donne, bambini e bambine è molto più diffusa di quella in strada, pure al centro dell'allarme sociale e delle pelose attenzioni del governo (…)
Chi legifera in difesa delle donne, legifera contro ciascuna di noi, racchiudendoci nello stereotipo dell'eterna minore da tutelare. Quando i corpi delle donne sono il pretesto per accelerare l'iter di alcune tra le norme più pericolose e razziste del pacchetto sicurezza, la posta in gioco non è la libertà femminile ma la guerra contro gli immigrati poveri, che occorre mantenere sotto un tallone di ferro, se si vuole che lavorino senza alzare la testa (…) Il percorso della libertà femminile è altrove. Lo è sempre stato. In questi anni la libertà femminile di strada ne ha fatta tanta. Abbiamo imparato a camminare e a difenderci da sole. Senza legge. Libere."

R. Em.

Torino. Prete razzista

"Don Ottaviano prete razzista" e "Don Ottaviano mercante d'odio" sono due delle scritte comparse sulla porta e sui muri della chiesa della Pace in corso Giulio Cesare nella notte tra il 5 e il 6 marzo. Ottaviano Pizzamiglio è un signore di mezza età che di mestiere fa il prete. La sua parrocchia, la Maria Regina della Pace, è nel cuore di Barriera di Milano, un quartiere dove gli immigrati sono molti. Tanta gente nuova, tanta gente che professa altre religioni da un gran fastidio a don Ottaviano, che se ne lamenta in un'intervista a Nicolò Zancan su "La Stampa" di mercoledì 4 marzo.
I matrimoni in chiesa sono in calo, i "maghrebini mancano di pulizia, igiene, si comportano in maniera poco corretta. In molti casi sono peggio degli zingari. I bambini mancano di rispetto e non sanno neppure fare pipì". Al giornalista che chiede se quello non fosse razzismo Pizzamiglio risponde serafico "No, è vita quotidiana, prova sul campo. Non è razzismo". Ma Don Ottaviano non se la prende solo con gli immigrati: nel suo mirino ci sono anche i drogati, "i veri lebbrosi di oggi". Si vanta di averli cacciati dai marciapiedi vicino alla sua chiesa dicendo "Andatevene via. Altrimenti verranno a cacciarvi con i bastoni". Che intenda presentarsi volontario nelle ronde? Lui nega, perché il mestiere non glielo permette, ma si capisce bene che, sotto sotto, gli piacerebbe. Eccome se gli piacerebbe.
Non tutti a Barriera hanno apprezzato le dichiarazioni di Pizzamiglio. Qualche persona perbene del quartiere ha voluto dire la propria direttamente sui muri della sua chiesa. "Don Ottaviano razzista di merda!"
A quest'indirizzo un paio di foto scattate da un reporter di passaggio.
http://piemonte.indymedia.org/article/4307.

R. Em.

Bologna. Con i migranti in lotta

L'assemblea contro il pacchetto sicurezza indetta dal Coordinamento Migranti per domenica 8 ha visto la partecipazione di quasi un centinaio di persone, in gran maggioranza migranti. I decreti in discussione alle camere sono un attacco evidente che si somma alle già pesanti condizioni dei migranti in Italia. Contro questo e la perdurante ondata xenofoba, l'assemblea si è data alcune importanti scadenze di lotta: martedì 17 marzo, in Piazza Maggiore alle 17.30, medici e operatori del sistema sanitario scenderanno in piazza contro la denunciabilità dei migranti che chiedono cure sanitarie.
Domenica 18 aprile, come negli ultimi anni, Piazza dell'Unità ospiterà una giornata internazionale dei migranti, anche in vista di una manifestazione nazionale in maggio  sulla quale si sta lavorando.

Da sabato 28 febbraio per almeno una settimana il Centro di Identificazione e Espulsione di via Mattei ha vissuto diversi momenti di agitazione.
Fuori, più volte durante la settimana gruppi di solidali hanno portato il proprio appoggio, scandendo slogan e volantinando. Da dentro si gridava: "freedom" e "libertà". Sul muro del Centro sono apparse scritte: "lager", "qui si tortura", "centro del terrore di stato" e altre. La polizia ha messo in campo la solita solerzia, identificando alcuni solidali. Volantinaggi e presidi sono stati fatti anche in centro città. Qui purtroppo può capitare di imbattersi in criminali leghisti che inneggiano alla castrazione chimica da un regolare banchetto. Qualcuno ha protestato e in tutta risposta è stato trattenuto in questura fino in serata.
RedB

Pisa. Immigrati e studenti, ce n'è per tutti

Il 5 marzo scorso, il sindaco di Pisa (PD) ha firmato la famigerata ordinanza dal pomposo titolo "Tutela della sicurezza urbana e della incolumità pubblica: divieto di trasporto su aree pubbliche di contenitori ed involucri finalizzato alla vendita illegale di merce non autorizzata", meglio conosciuta come "ordinanza antiborsoni". Lo scopo dichiarato è infatti quello di impedire agli "abusivi" che trasportano le loro merci "abusive" in grandi contenitori di continuare nei loro commerci "abusivi".
Che si tratti di una ordinanza a sfondo discriminatorio e razzista è chiarito in modo inequivocabile nel testo stesso, ad essere soggetti a fermo e multa non sono tutti coloro che si aggirano sotto la torre pendente portandosi dietro un capiente borsone, ma esclusivamente i soliti sospetti: "è vietato il trasporto e la detenzione di contenitori quali borse, sacchi, involucri di cartone o altro materiale che, per le circostanze di tempo e di luogo e per la condotta dei possessori, siano inequivocabilmente riconducibili alla vendita illegale dei prodotti ivi riposti". I trasgressori verranno puniti con una multa da 100 euro e con il sequestro del contenuto del borsone fuorilegge.
Dell'ordinanza si sono dichiarati soddisfatti, oltre ai fascisti e ai razzisti in genere, soprattutto i commercianti che, notoriamente, pagano tutti regolarmente le tasse e che vendono le loro merci emettendo sempre lo scontrino fiscale.
Nonostante il provvedimento sia, oltre che razzista anche ridicolo e che sia stato già contestato, anche con una protesta di piazza, fin dal suo primo annuncio nello scorso autunno, la decisione di applicarlo fa capire che aria tira in città. I migranti intanto hanno iniziato a dotarsi di zainetti di ingombro ridotto, sperando che i vigili siano in grado di distinguerli dai "borsoni" vietati, visto che nell'ordinanza non si precisano le misure dei contenitori proibiti e di quelli invece consentiti.
A ribadire che anche a Pisa è arrivato il momento della "tolleranza zero" il giorno dopo ci hanno pensato le forze dell'ordine in occasione della visita all'Università del Pres. Sen. Prof. M. Pera, ferendo a manganellate alcuni degli studenti che avevano osato protestare (vedi sotto) Due episodi, solo apparentemente scollegati, che invece forniscono un chiaro esempio di quanto l'aria di repressione inizi a respirarsi anche nelle città tradizionalmente considerate più tolleranti.

Caotico-info (Pisa)

Pisa. Cariche della polizia

Non è la prima volta che nel nostro ateneo i baroni di turno si chiudono nelle sedi universitarie protetti dalle loro forze di polizia, digos e carabinieri. Infatti nell'ultimo Cda dell'autunno scorso dove si metteva a votazione il bilancio preventivo 2009, gli studenti erano finiti all'ospedale in quanto bloccati dalla digos che non permise loro di intervenire nella sede di approvazione del bilancio, per mostrarne i punti oscuri e per richiedere un dibattito pubblico in merito.
Il 6 marzo, ancora una volta non è stata ammessa nessuna forma di dissenso alle attività istituzionalmente programmate nell'università di Pisa. Alle ore 17.00 si svolgeva nell'aula magna della Sapienza la presentazione del libro Perché dobbiamo dirci cristiani con la presenza dell'autore il senatore Marcello Pera. L'iniziativa è stata promossa da molte associazioni della destra cattolica pisana e da Laboratorio 99, associazione neo-fascista che, nonostante si spacci per associazione culturale, al suo interno ospita un insieme  di posizioni fra cui anche quelle vicine a casa Pound. Noi studenti e precari riuniti in assemblea abbiamo deciso di contestare, se pur nell'ambito del dibattito, previsto dall'iniziativa stessa, la presenza del senatore e di denunciare i contenuti reazionari e lontani da ogni stimolo a un sapere critico, presentati in questo libro. Infatti abbiamo voluto ricordare che Marcello Pera è stato uno dei principali promotori dell'istituto di studi avanzato Imt - Istituzione Mercati Tecnologie - di Lucca, polo d'eccellenza privato, in alternativa alla università pubblica, ovvero per tutti, di qualità e libera. Sempre il senatore è titolare della cattedra di epistemologia al Cds di filosofia, ma all'università non si è mai visto, considerando che preferisce svolgere il suo ruolo da senatore promuovendo il delirio securitario nella penisola attraverso l'espresso appoggio al pacchetto sicurezza del governo Berlusconi.
Ma veniamo ai fatti: gli studenti e le studentesse insieme ai precari e alle precarie si erano dati appuntamento alle ore 15.00 in piazza Dante, di fronte alla Sapienza, per poi contestare  la presentazione del libro con diversi interventi. Intorno alle 16 è avvenuta la prima carica. L'intervento della polizia contro i circa  cento studenti e precari che presidiavano l'entrata principale della struttura, ha lasciato subito dei contusi, ma non ha disperso il presidio. A quel punto si sono susseguiti gli slogan e gli interventi per richiamare l'attenzione sulla mancanza di poter esprimere idee critiche nel nostro ateneo. Molti passanti, studenti e non, al vedere le scene "paradossali", si sono uniti al presidio e intorno alle 17.00 si è snodato per le vie del centro un corteo spontaneo di circa 200 persone, che è andato a bloccare una delle arterie principali per qualche minuto.
Il senatore Pera insieme al Rettore dell'università intanto ha svolto comodamente la presentazione del suo libro, al quale hanno partecipato sicuramente i promotori dell'iniziativa, ma in un contesto dove, come temevamo, si voleva soltanto dare perle di saggezza e non certamente mettere a dibattito, come invece i loschi figuri dichiaravano, quelle ridicole tesi.
Intanto quattro dei sette contusi erano stati trasportati in ospedale da un'ambulanza giunta sul posto.
Il prorettore agli studenti, Baggiani, ha poi dichiarato di non esprimersi in merito in quanto non era a conoscenza dei fatti, però partecipava alla presentazione del libro!
Gli studenti dal canto loro hanno indetto insieme ai precari e alle precarie un'assemblea pubblica per il martedì successivo per dibattere sui fatti e per lanciare pubblicamente una campagna di mobilitazione che rivendichi l'espressione del dissenso nella nostra università e nella nostra città.

L.G.
(Un attivista di Università 2.0 )

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