Quella che segue è la seconda parte dell'intervista che abbiamo fatto al compagno Pino sulla storia dell'occupazione del CSA Conchetta fino agli avvenimenti degli ultimi giorni.
Come e quando si è inserita l'attività della libreria Calusca e dell'archivio Primo Moroni?
All'inizio degli anni '90, a seguito della rioccupazione, ci fu
l'ingresso della libreria Calusca; dopo varie peripezie intorno al
quartiere Ticinese, prima in via Calusca, poi in Corso Ticinese, poi in
San Eustorgio, sia per le condizioni economiche sia per mantenere
l'attività, la libreria trovò ospitalità in questo
"centro". Fu sistemata al piano terra; una attività in simbiosi
con il collettivo di occupazione. Una "unione" abbastanza tranquilla,
anche se non priva di problematiche, vista l'esperienza dalla quale
provenivano i vari compagni: chi dal mondo punk, chi dal mondo del
lavoro e Primo Moroni proveniente da altri circuiti. Però questa
"unione" riuscì abbastanza bene, promuovendo iniziative di una
certa rilevanza.
Quale attività si svolge nel "centro" e come si ripartisce questa all'interno?
Il collettivo di gestione del Centro Sociale è responsabile sia
della parte del bar, dove si svolgono concerti, teatro, presentazioni
libri ecc., sia della parte della libreria e dell'archivio per quanto
riguarda le strutture esterne e la gestione. Invece il materiale
dell'archivio è proprietà degli eredi familiari, che
però condividono l'idea di tenerla in questo luogo e in questo
quartiere.
Tanto è vero che si sono espressi i senso nettamente contrario,
durante il periodo dello sgombero, sulla proposta della sindaca Moratti
di prendere in consegna il materiale da parte del Comune.
Le attività che attualmente si svolgono nel "centro" sono a 360
gradi: dalla presentazione dei libri all'editoria. Come casa editrice
finora ne abbiamo stampati una quindicina. Inoltre si fanno
rappresentazioni teatrali e concerti musicali, il tutto a prezzi
popolari, per cui il costo del biglietto non è superiore ai 4
euro, anche per concerti di fama internazionale. Pertanto le simpatie
verso questo posto hanno anche un aspetto finanziario. Una birra non
supera il costo dei 2 o 2,50 euro. Tutto questo viene stabilito dalla
programmazione che si svolge nella assemblea generale di gestione che
normalmente si svolge il martedì sera. Una assemblea aperta,
dove possono intervenire anche compagni dall'esterno e proporre dei
lavori che voglio rappresentare oppure fare assieme a noi. E' un posto
dove nessuno percepisce un salario, dove tutti prestano una parte del
proprio tempo senza essere retribuiti. Si rifiuta qualsiasi
finanziamento di Comune, Provincia, Regione o partito. Infatti, diverse
collaborazioni ci vengono proposte anche dal Comune, ma noi ci
rifiutiamo sempre, come rifiutiamo quelle iniziative che sono
propaganda di partito.
Nell'assemblea comune si decide all'unanimità, per cui se
c'è chi dissente non si fa oppure si impiega più tempo
per realizzarla, per arrivare ad una scelta abbastanza unitaria.
Quando ci fu un incontro dei vari Centri Sociali, in cui si discusse
sullo sviluppo e le possibilità di come un Centro Sociale
potesse continuare a esistere in questa società, c'era chi
proponeva una via istituzionalizzata, dove finì poi il
Leoncavallo ed alcuni altri, e chi come noi invece rifiutava questa
logica, ritenendo incompatibile per l'autogestione rapportarsi con le
istituzioni per avere finanziamenti o sponsorizzazioni da questi
enti. Pertanto il rapporto con le Istituzioni non ci
è mai interessato.
A seguito della rioccupazione ci sono trattative in corso?
Non c'è nessuna trattativa in corso. Le informazioni che ci
arrivano sono tramite i giornali che pur vanno prese con prudenza.
Quello che si sa è che anche questo stabile è stato messo
in vendita, essendo un posto molto appetibile, per la posizione in cui
si trova, sui navigli. Farebbe parte di quel lunghissimo elenco di
stabili in vendita che comprende anche la vostra sede della Federazione
Anarchica in viale Monza, l'arcibellezza, sedi delle associazioni
partigiane, ecc. In vista anche dell'Expo, che ci sarà a Milano
nel 2015, dove l'aspetto economico si collega all'aspetto politico di
far piazza pulita delle situazioni di dissenso e di conflitto.
Ve l'aspettavate una mobilitazione così ampia nei vostri confronti?
Forse questo sgombero è stato una iniziativa repressiva
sperimentale, pensando che la nostra fosse una situazione debole, in
quanto più che teorizzare cose o fare proclami, agiamo sul piano
delle iniziative culturali. Obbiettivamente siamo rimasti stupiti noi
stessi delle reazione avute a livello cittadino e della
solidarietà espressa dal quartiere stesso, dalla lavanderia al
tabaccaio fino al panettiere. I numerosi striscioni che sono stati
appesi ai balconi delle case, dal San Gottardo a via Genova, lungo i
Navigli, al Torricelli, dove c'è la sede dei Malfattori: sopra 6
appartamenti espongono tutti 6 striscioni di solidarietà con il
Conchetta. Non ce l'aspettavamo, vuol dire che abbiamo lavorato bene e
ci siamo abbastanza integrati nel quartiere. Spesso quelli del
quartiere si rivolgono a noi per chiedere consigli, consulenze e anche
per far da paciere in liti condominiali. Abbiamo sistemato nel
quartiere un giardinetto autonomamente, senza chiedere sostegno a
nessuno. Facciamo anche un mercatino biologico nel quartiere, con
cadenza mensile, dando impulso alla creazione di "gruppi di acquisto",
in cui ci si mette assieme in un rapporto diretto tra produttore e
consumatore, per meglio difendersi dal caro vita e per avere un
prodotto di qualità rispetto ai supermercati e ai negozi. La
solidarietà che ci è stata espressa è tanta, anche
a livello internazionale, particolarmente dall'America, come quella di
famosi "graffitari" che nel nostro "centro" hanno lasciato
testimonianza delle loro opere. Anche il coordinamento degli studenti
ha manifestato per solidarietà, ponendo come punto centrale la
difesa degli spazi. Un'iniziativa si è svolta
all'università di scienze politiche, alla quale abbiamo
partecipato come libreria e archivio per parlare della nostra
situazione.
Pertanto il Concetta resiste, con una presenza costante 24 ore su 24,
per salvaguardarsi da risposte improvvise da parte della Questura,
anche se finora non si è mai fatta vedere. Forse sono anche
arrabbiati con il Comune stesso, dal momento che nella causa per il
nostro rientro, che abbiamo fatto con procedura d'urgenza, il Comune ha
dichiarato che non ha mai chiesto lo sgombero, perché aspettava
l'esito della causa civile, scaricando la responsabilità tutta
sulla Questura e la Prefettura.
Questa sentenza vi mette in difficoltà o vi facilità?
Diciamo che un pochino ci facilita, perché il Giudice nella
sentenza ha affermato che non dovevamo fare l'atto legale contro il
Comune, quanto nei confronti della Prefettura. Ma la Prefettura non
è la proprietà dello stabile e a sua volta fa cadere la
responsabilità sul Comune, per cui questo rimpallo di
responsabilità un po' ci avvantaggia. Però l'importante
è che siamo dentro, per cui preferiamo seguire la vicenda legale
da questa posizione interna che ci siamo riconquistati.
Credo che si possa concludere, per il momento, che di fronte alla
riuscita della manifestazione nazionale del 28 febbraio in difesa degli
spazi, con un corteo molto partecipato e che ha visto la presenza di
tante situazioni di varie località, sarà un buon supporto
per la resistenza del CSA Cox 18 e per le battaglie che dovranno
essere affrontate a Milano.
Enrico Moroni
In merito alla prima parte di questa intervista riceviamo e pubblichiamo la seguente precisazione.
Per la correttezza della ricostruzione storica occorre precisare che
l'occupazione di via Correggio 18 a Milano non venne affatto realizzata
dal "cordinamento di lotta per la casa Ticinese/ Genova che aveva la
sede in via Conchetta" (E. Moroni, Milano sotto assedio, UN 1.3.2009)
ma assai prima, nell'aprile 1975, negli stessi giorni in cui venivano
uccisi i compagni Varalli e Zibecchi, dal Comitato di Quartiere Magenta
(un organismo ispirato dai gruppi della sinistra extraparlamentare
dell'epoca).
In seguito l'occupazione di via Correggio ebbe un'evoluzione in senso
libertario ospitando all'inizio degli anni '80 il Virus, il
Coordinamento cittadino di lotta per la casa, il giornale Wobbly con i
collettivi di precari che vi facevano riferimento e numerose altre
attività. Le vicende successive allo sgombero del 15 maggio 1984
sono abbastanza ben documentate su Umanità Nova dell'epoca.
Il Comitato di Lotta per la casa Ticinese/Genova sorse solo nel corso
del 1979, nell'ambito delle occupazioni via Torricelli/Conchetta,
sviluppò effettivamente le attività delineate
nell'intervista da Pino, operò nell'ambito del coordinamento di
via Correggio (e pubblicò nel 1983-84 anche qualche intervento
su Umanità Nova in relazione alla questione dell'Equo canone).
Mauro De Agostini