Umanità Nova, n.11 del 22 marzo 2009, anno 89

Nel girone infernale delle supplenze


Nel mondo della scuola anni di controriforme sono culminate nell'opera dell'oramai famosa Gelmini. Se guardiamo nello specifico alle conseguenze pratiche, vediamo uno scenario devastato in cui tagli e disciplinamento vanno di pari passo. Prendiamo a esempio la questione delle supplenze: che non ci siano soldi per pagarle lo hanno denunciato i presidi di Emilia e Lombardia a gennaio, e ora anche quelli di Sicilia, Marche e Sardegna. Del resto le cifre parlano chiaro: nel 2004 sono stati stanziati 899 milioni per le supplenze, nel 2008 appena 323 milioni. Dell'esercito di supplenti in servizio - 113.450 – pochissimi sono coloro i quali sono stati chiamati,  anche solo per pochi giorni o settimane.
D'altra parte al suo interno "l'esercito degli insegnati precari" è diviso: coloro che, dopo l'università, si sono potuti permettere di pagare la scuola di specializzazione per l'insegnamento (ssis, ora abolita dal Ministro) hanno scavalcato coloro che hanno fatto "semplice" domanda. Uno dei tanti elementi di divisione tra gli insegnanti, in mezzo ai quali - come in tutte le categorie - prevale oggi un individualismo borghese furente, al di là di qualsiasi solidarietà anche solo di categoria. Così i supplenti il più delle volte mettono in scena la propria guerra: non una lotta collettiva al grido di "assumeteci tutti", ma piccole storie quotidiane di pressioni, scambi, favori, corruzione.
Un supplente per provare a lavorare è costretto a fare domanda a una scuola privata: qui non c'è graduatoria, ma un colloquio con il preside che decide della tua sorte; nessun criterio oggettivo e paghe assai più basse che nel pubblico. Si guadagnano però i fondamentali "punti" che serviranno  per "andare avanti" nelle graduatore del pubblico. Così si scatena una guerricciola tra poveri: amici o colleghi dei presidi indicano un insegnante piuttosto che un altro in maniera del tutto discrezionale e pur di farsi assumere il precario accetta di lavorare pressoché gratis. Ora, l'intenzione della Gelmini è di creare tutte le condizioni per arrivare ad abolire le gradutorie anche nel pubblico e favorire così "il rapporto personale preside-insegnanti".  Il pubblico funzionerà quindi come il privato: un sistema in cui tutto è ancor di più avvolto da una melassa appiccicosa di nepotismo e traffici piò o meno occulti, spesso accettati.
Quest'anno le già poche "chiamate" per le supplenze rasentano lo zero: gli studenti escono prima da scuola oppure  ci si arrangia in qualche modo: a volte i supplenti fanno lezione ma non vengono pagati. Come è noto, l'autonomia scolastica fa sì che ogni scuola possa decidere come gestire le proprie risorse: è evidente che con meno risorse, una delle prime cose che a a loro volta le scuole tagliano sono i supplenti. Tuttavia si noti che una giornata di supplenza in una scuola primaria costa allo Stato 60 euro; le visite fiscali del Brunetta costano tra i 40 e i 60 euro. Quindi i tagli sono anche e soprattutto un modo per compiere un ulteriore "giro di vite": disciplinamento dei lavoratori e sempre meno cura della formazione e della capacità critica degli studenti.
Ora i presidi, giustamente, si lamentano della mancanza di fondi per le supplenze; ma i precari quando smetteranno di curare il proprio ipotetico orticello per unirsi in una lotta collettiva che chieda l'assunzione, un salario e condizioni di lavoro dignitose, insieme a un drastico cambiamento concettuale e materiale del mondo dellla formazione? L'insegnante, che fa un lavoro fondamentale e potenzialmente prezioso, è sempre più sfruttato e vilipeso: "fannullone" per la gran parte dell'opinione pubblica, sembra quasi mal tollerato dalla società odierna, soprattutto se intende difendere la propria autonomia o cercare insieme ai suoi trenta studenti per classe strumenti critici per interpretare il mondo.  
Insomma la ricetta del governo è chiara: tagli e disciplinamento. Su dieci insegnanti che andranno in pensione ne verranno assunti due e, abolita la già deficitaria scuola di specializzazione, quelle poche possibilità di essere assunti scompariranno: una massa di disoccupati più che precari, classi da trenta, oblio culturale imperante: e per non fare scoppiare la situazione, dopo il voto in condotta metteranno le telecamere in classe e i tornelli sull'uscio.
Saremo costretti a ribaltare tutto e a ricostruire dalle fondamenta qualcosa di molto diverso.

Un supplente

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