Nel mondo della scuola anni di controriforme sono culminate
nell'opera dell'oramai famosa Gelmini. Se guardiamo nello specifico
alle conseguenze pratiche, vediamo uno scenario devastato in cui tagli
e disciplinamento vanno di pari passo. Prendiamo a esempio la questione
delle supplenze: che non ci siano soldi per pagarle lo hanno denunciato
i presidi di Emilia e Lombardia a gennaio, e ora anche quelli di
Sicilia, Marche e Sardegna. Del resto le cifre parlano chiaro: nel 2004
sono stati stanziati 899 milioni per le supplenze, nel 2008 appena 323
milioni. Dell'esercito di supplenti in servizio - 113.450 – pochissimi
sono coloro i quali sono stati chiamati, anche solo per pochi
giorni o settimane.
D'altra parte al suo interno "l'esercito degli insegnati precari"
è diviso: coloro che, dopo l'università, si sono potuti
permettere di pagare la scuola di specializzazione per l'insegnamento
(ssis, ora abolita dal Ministro) hanno scavalcato coloro che hanno
fatto "semplice" domanda. Uno dei tanti elementi di divisione tra gli
insegnanti, in mezzo ai quali - come in tutte le categorie - prevale
oggi un individualismo borghese furente, al di là di qualsiasi
solidarietà anche solo di categoria. Così i supplenti il
più delle volte mettono in scena la propria guerra: non una
lotta collettiva al grido di "assumeteci tutti", ma piccole storie
quotidiane di pressioni, scambi, favori, corruzione.
Un supplente per provare a lavorare è costretto a fare domanda a
una scuola privata: qui non c'è graduatoria, ma un colloquio con
il preside che decide della tua sorte; nessun criterio oggettivo e
paghe assai più basse che nel pubblico. Si guadagnano
però i fondamentali "punti" che serviranno per "andare
avanti" nelle graduatore del pubblico. Così si scatena una
guerricciola tra poveri: amici o colleghi dei presidi indicano un
insegnante piuttosto che un altro in maniera del tutto discrezionale e
pur di farsi assumere il precario accetta di lavorare pressoché
gratis. Ora, l'intenzione della Gelmini è di creare tutte le
condizioni per arrivare ad abolire le gradutorie anche nel pubblico e
favorire così "il rapporto personale preside-insegnanti".
Il pubblico funzionerà quindi come il privato: un sistema in cui
tutto è ancor di più avvolto da una melassa appiccicosa
di nepotismo e traffici piò o meno occulti, spesso accettati.
Quest'anno le già poche "chiamate" per le supplenze rasentano lo
zero: gli studenti escono prima da scuola oppure ci si arrangia
in qualche modo: a volte i supplenti fanno lezione ma non vengono
pagati. Come è noto, l'autonomia scolastica fa sì che
ogni scuola possa decidere come gestire le proprie risorse: è
evidente che con meno risorse, una delle prime cose che a a loro volta
le scuole tagliano sono i supplenti. Tuttavia si noti che una giornata
di supplenza in una scuola primaria costa allo Stato 60 euro; le visite
fiscali del Brunetta costano tra i 40 e i 60 euro. Quindi i tagli sono
anche e soprattutto un modo per compiere un ulteriore "giro di vite":
disciplinamento dei lavoratori e sempre meno cura della formazione e
della capacità critica degli studenti.
Ora i presidi, giustamente, si lamentano della mancanza di fondi per le
supplenze; ma i precari quando smetteranno di curare il proprio
ipotetico orticello per unirsi in una lotta collettiva che chieda
l'assunzione, un salario e condizioni di lavoro dignitose, insieme a un
drastico cambiamento concettuale e materiale del mondo dellla
formazione? L'insegnante, che fa un lavoro fondamentale e
potenzialmente prezioso, è sempre più sfruttato e
vilipeso: "fannullone" per la gran parte dell'opinione pubblica, sembra
quasi mal tollerato dalla società odierna, soprattutto se
intende difendere la propria autonomia o cercare insieme ai suoi trenta
studenti per classe strumenti critici per interpretare il mondo.
Insomma la ricetta del governo è chiara: tagli e
disciplinamento. Su dieci insegnanti che andranno in pensione ne
verranno assunti due e, abolita la già deficitaria scuola di
specializzazione, quelle poche possibilità di essere assunti
scompariranno: una massa di disoccupati più che precari, classi
da trenta, oblio culturale imperante: e per non fare scoppiare la
situazione, dopo il voto in condotta metteranno le telecamere in classe
e i tornelli sull'uscio.
Saremo costretti a ribaltare tutto e a ricostruire dalle fondamenta qualcosa di molto diverso.
Un supplente