Umanità Nova, n.11 del 22 marzo 2009, anno 89

informAzione - 1


Palermo. Contro il pacchetto sicurezza

Sabato 14 marzo il Coordinamento Anarchico Palermitano ha dato vita a un presidio informativo in centro storico contro il pacchetto-sicurezza e il restringimento degli spazi di libertà. Alla manifestazione hanno partecipato una quindicina di compagni e simpatizzanti che per tutto il pomeriggio hanno effettuato un massiccio volantinaggio per spiegare alla cittadinanza la gravità della stretta repressiva che si nasconde dietro la strategia della paura messa in campo da chi detiene il potere. In questi tempi in cui le menzogne sono pane quotidiano, dire la verità è un atto rivoluzionario. Ed è per questo che gli anarchici palermitani sono scesi in piazza: per denunciare le cause della crisi e i responsabili della devastazione sociale. I nemici non sono gli immigrati, ma quelli che ci umiliano ogni giorno con contratti da fame, con pensioni vergognose, con lo sfruttamento mascherato da flessibilità. I veri nemici non sono i poveri o i senza casa, ma quelli che fanno affari miliardari con la speculazione finanziaria alla faccia dei lavoratori e in barba all'economia reale ridotta al collasso.
I veri nemici non sono quelli che manifestano per la libertà di tutti, ma quelli che scatenano la paura per poi reprimere e perseguitare in nome della loro libertà di comandare meglio.
 
Gruppo "A. Failla" - FAI Palermo

Spoleto. Uniti contro il razzismo

Il comitato antirazzista e quello di studenti e precari di Spoleto hanno distribuito in città un volantino per sottolineare che "Se non si arriva alla fine del mese la colpa è dei padroni e non degli immigrati", come recita il titolo. Di seguito ne riportiamo ampie parti:  

Ronde, militari nelle strade, impronte ai figli degli zingari, schedature dei senza tetto, lager in cui rinchiudere gli immigrati, aggravanti penali per chi non è in regola, cure mediche negate ai clandestini, "classi ghetto" per gli alunni stranieri. Di fronte al razzismo dilagante e a proposte sconcertanti provenienti dalla destra e dai leghisti, come l'esclusione degli stranieri dalle case popolari e dai posti di lavoro per fronteggiare la crisi, sentiamo l'esigenza di affermare alcuni punti fermi, alcune verità inconfutabili ma purtroppo ignorate: 1) nel mondo il 10% dei privilegiati detiene il 90% delle ricchezze; 2) l' inquinamento, la guerra, la deforestazione, l'espulsione dei contadini dalle campagne usurpate dalle multinazionali stanno producendo una drastica diminuzione dei generi alimentari e aumento dei prezzi affamando e assetando milioni di persone nel mondo - e oggi cominciamo a sentirli anche noi i rincari!; 3) solo nella "ricca" Italia il 10% dei ricchi detiene il 50 % della ricchezza, mentre fino a 10 anni fa essi ne detenevano il 40% e questo significa che quando la crisi non c'era, c'è stato chi si è arricchito moltissimo: ora a banchieri e padroni continuano a dare soldi, mentre tagliano pensioni, ospedali, scuole, università e lasciano a casa solo nel pubblico impiego ben 600 mila precari!
Di fronte a tutto ciò, dare la colpa agli stranieri e distrarre la giusta rabbia popolare contro i diversi è un'operazione vergognosa a cui sentiamo il bisogno di rispondere. Invece di dare la caccia agli stranieri le ronde facciamole dentro le banche che ci stanno rapinando da anni con i loro mutui da strozzini (...)
Uniamoci contro il razzismo. La crisi la paghino i padroni! Nessun euro per banchieri, imprenditori e industriali. Nessun sacrificio per costruire nuove carceri, per invadere militarmente la città e per opere faraoniche inutili e dannose per l'ambiente. Più risorse per scuole, università, case popolari, ospedali e precari.

Comitato antirazzista di Spoleto
Comitato studenti e precari in lotta

Torino. Avvisi di garanzia per violenza privata e minacce

Nella prima settimana di marzo la digos, approfittando di presidi e manifestazioni in città ha consegnato un avviso di garanzia per violenza privata, ingiurie e minacce a quattro antirazzisti che fanno riferimento all'Assemblea Antirazzista. Con l'avviso è stata notificata la richiesta di incidente probatorio per il riconoscimento dei quattro indagati da parte degli assessori Ilda Curti e Fiorenzo Alfieri e di due altri.
Violenza privata è un reato punito con pene sino a quattro anni di reclusione, che possono essere aumentate se c'è l'aggravante delle minacce. Il reato di ingiuria costa sino a tre mesi di reclusione o 516 euro di multa. L'indagine parte da una denuncia di Ilda Curti, assessore al comune di Torino con delega all'immigrazione.

Vi ricordiamo brevemente i fatti.
È il 17 luglio 2008. Sono passati due giorni dallo sgombero della casa di via Pisa, occupata da alcune famiglie rumene. In piazza D'Armi, nell'ambito del Festival ARCIpelago, coorganizzato da ARCI e Circoscrizione 2, è in programma "Paure metropolitane", un incontro/dibattito con una sfilza di politici e professori universitari, tra cui l'assessore Curti.
Un gruppo di compagni apre uno striscione uguale a quello appeso al balcone della casa di via Pisa. C'è scritto "casa per tutti": era il sogno concreto di gente che una casa vera non l'aveva mai vista. Un sogno infranto il 15 luglio, quando quelli dell'antisommossa con carabinieri, vigili del fuoco e digos fecero irruzione in via Pisa e deportarono gli abitanti nella baraccopoli di via Germagnano, dove non c'è luce, né acqua, dove i bambini giocano nel fango e tra i topi.
Al dibattito sulle "paure metropolitane" una compagna parla al megafono della paura, quella vera, quella che stringe le vite di chi deve lottare ogni giorno per quello successivo. Curti non tollera la contestazione e, mentre i suoi colleghi di tavolo se la svignano senza farsi notare, dà in escandescenze, inveisce e comincia addirittura a mulinare le mani, cercando di aggredire i compagni che reggevano lo striscione. Come già Chiamparino due giorni prima, grida "E io che c'entro?"
Nella migliore tradizione del vecchio PCI il servizio d'ordine si schiera interponendosi tra lo striscione e Curti. Volano insulti e minacce ma gli antirazzisti non cadono nella provocazione. I presenti, incuriositi, assistono e ascoltano i racconti dei compagni. Curti, nonostante gli antirazzisti si fossero allontanati verso la balera e il ristorante per parlare con la gente, se ne va e il dibattito viene annullato.
L'assessore corre a denunciare chi aveva osato ricordare che, nella città "always on move", chi fugge le baracche per abitare una casa vuota trova manganelli e polizia.
Se pensava di aver tappato la bocca degli antirazzisti si sbagliava di grosso. Due mesi dopo arriva un'altra contestazione. Il 27 settembre, nell'ambito di "Torino spiritualità" Curti era stata chiamata a moderare un dibattito dal tema evocativo "Gipsy time, una cultura che è viaggio". C'è un vecchio lenzuolo con scritto "Casa per tutti", girano volantini e partono slogan mentre Curti sbuffa. I numerosi rom presenti invitano gli antirazzisti a salire sul palco. Una compagna prende la parola e racconta la vicenda di lotta, dignità e repressione delle famiglie di via Pisa, sottolineando l'ipocrisia delle istituzioni che organizzano "eventi speciali" sulla cultura rom, ma permettono che centinaia di uomini, donne e bambini vivano nella miseria lungo i fiumi della città.
Dopo l'intervento numerosi rom ringraziano gli antirazzisti, facendo capannello e raccontando una quotidianità di miseria e sopraffazione. Curti mastica amaro: sperava di isolare gli antirazzisti ma non c'è riuscita. Li incontrerà sicuramente ancora sulla sua strada: non saranno certo le sue matte accuse a fermarli.

R. Em

Torino. Un sabato di sangue

Un tiepido sabato di marzo quello del 14. Ma non al CIE di corso Brunelleschi, non per tre prigionieri che non vogliono rassegnarsi alla deportazione. Il sabato è il giorno dei tunisini, il giorno in cui di solito arrivano i poliziotti per scortarli all'aeroporto.
Tre di loro lo sanno e sono pronti a resistere: due si tagliano le mani e poi anche il corpo, un terzo ingoia qualcosa. La Croce Rossa, che gestisce il CIE, vorrebbe portarli via ma loro tengono duro: il sangue è dappertutto. C'è gente disposta a farsi male, anche tanto male, pur di non essere riportata a forza in un paese dal quale è fuggita pagando metro dopo metro il viaggio verso la speranza di un'altra vita. Un segno forte dei tempi che viviamo. Tempi terribili.
Le ferite sul corpo di quei tre uomini sono inferte nel profondo della coscienza di ciascuno di noi, incapaci di reagire adeguatamente, di dar forza reale alla nostra solidarietà, che arriva sempre, inevitabilmente, in ritardo.
Il CIE resta nel caos sino alle 16, quando un'ambulanza porta via i feriti. Nessuno dei tre tunisini parte quel giorno: hanno pagato con il sangue questa piccola vittoria.
Gli antirazzisti arrivano al CIE qualche ora dopo. Lanciano palline oltre il muro. Dentro un numero di telefono: chiamano in tanti dalle gabbie per senza documenti. Il muro resta lì a testimoniare la vergogna di questo nostro tempo. Per qualche ora, grazie a quel telefono, un grido di libertà riesce ad oltrepassarlo. Poco, troppo poco.

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