Umanità Nova, n.11 del 22 marzo 2009, anno 89

informAzione - 2


Torino. Spagna '36. Dibattito e video

Due video, "Spagna '36. Un popolo in armi" e "Interviste ai volontari italiani in Spagna" hanno aperto, mercoledì 11 marzo, la serata dedicata alla rivoluzione libertaria del 1936 dalla FAI torinese. Il pretesto dei 70 anni dalla tragica conclusione della rivoluzione sociale sviluppatasi nel fuoco della lotta contro il "levantamiento" militare del 18 luglio 1936, ha innescato un dibattito serrato ed appassionante.
Un'occasione per i più giovani di conoscere meglio una vicenda che ancora non viene raccontata nei libri di scuola e per tutti di approfondire nel dibattito che è seguito questioni cruciali quali la relazione tra processo rivoluzionario e insurrezione, tra autogestione e conflitto, tra rottura dell'ordine materiale e frattura di quello simbolico.

R. Em

Bologna. Terra Libera

Si è svolta dal 13 al 15 marzo scorsi, alla Lodola (Savigno, BO), la tre giorni di incontri e dibattiti sull'autogestione, le comunità resistenti, il comunalismo libertario. Diverse compagne e compagni, in vari momenti, hanno dato vita a un momento di socializzazione e approfondimento, fra il convivio ed il convegno.
L'autogestione, la pratica e il metodo libertari, sono stati la traccia di tutti gli interventi. L'autogestione, nella situazione in cui ci troviamo, è la salvezza dell'intera umanità, ha sintetizzato efficacemente Giorgio Sibola a conclusione del concerto dei BKK svoltosi nella serata di sabato 14 marzo.
Nella giornata di sabato tre ampie relazioni hanno messo in evidenza come l'autogestione sia una pratica in essere e il contesto nel quale chi lotta e lavora può esprimere la partecipazione diretta, il rifiuto della delega, realizzare l'efficacia dei propri scopi ed esprimere contemporaneamente la radicalità necessaria a mettere in discussione l'ordine delle cose vigenti.
Si è partiti da una approfondita analisi del movimento NO-TAV della Val di Susa, introdotto da Maria Matteo della Federazione Anarchica Torinese; nonostante la repressione tentata nel 2005, i tentativi di normalizzazione e recupero degli ultimi anni, il movimento contro l'alta velocità è ben radicato e radicalmente contrario a qualsiasi ipotesi di soluzione che lasci il minimo spazio alla speculazione, alla devastazione del territorio, ad un modello di sviluppo che sta dimostrando nella sua attuale crisi tutto il delirio che lo produce e lo propone.
Pino Petita dell'USI-Sanità di Milano e partecipante del progetto libertario Flores Magon, progetto di cooperazione internazionale finalizzato alla salute delle popolazioni chapaneche insorte, ha descritto il ruolo, i metodi e i risultati del progetto e ha affrontato sia i temi delle modalità di funzionamento delle comunità indie zapatiste che di altri progetti di cooperazione internazionale supportati da diverse associazioni e organizzazioni libertarie. Dal lavoro dei compagni di Amburgo della FAUD (sindacato autogestionario tedesco aderente all'AIT) a quello dei compagni svedesi, dal supporto che la "Coordinadora" dà per la distribuzione del caffè zapatista a quello dei compagni liguri dell'USI che, oltre al commercio solidale del caffè prodotto dai contadini zapatisti, sta avviando anche un progetto per il cacao.
Domenico Liguori della Federazione Municipale di Base di Spezzano Albanese, ha raccontato di questa esperienza di partecipazione popolare "dal basso" alla gestione della cosa pubblica. La peculiarità della comunità arbresh è quella di una completa distanza e autonomia da qualsiasi forma istituzionale. Piena coerenza con i presupposti anarchici di alterità allo stato e al capitalismo e, contemporaneamente, grande concretezza e ampia partecipazione popolare per mezzo della pratica assembleare e dell'azione diretta.
Nella Val di Susa, come in Chapas e in Calabria si dimostra che l'autogestione è possibile, che le pratiche libertarie funzionano e garantiscono la reale autonomia dei moventi e delle popolazioni da qualsiasi strumentalizzazione politico-partitica. Nella realtà chapanecha, poi, autogestione e conflitto si coniugano in un esperienza dai caratteri decisamente rivoluzionari dove una vasta popolazione affronta una guerriglia a "bassa intensità" prodotta dal governo federale messicano, dal governo statale del Chapas e dai latifondisti e dalle multinazionali che sono arrivati a costituire 15 corpi paramilitari.
Non è mancata, in questa tre-giorni, l'opportunità di esprimere indignazione per le guerre e solidarietà alle vittime di queste. Bello e significativo il lavoro di BKK che ha presentato l'anteprima di uno spettacolo sulle vittime della guerra di Gaza del 2009. La sigla del gruppo sta a significare Bologna Klezmer Kapelia; attraverso la musica yiddish la solidarietà alle vittime palestinesi prodotte dalla repressione dell'esercito israeliano; un modo evidente per testimoniare una solidarietà scevra da ogni inclinazione nazionalistica.

RedB

Bologna. Sperimentazioni securitarie

Si è tenuta giovedì 12 marzo  l'assemblea cittadina per discutere dell'ordinanza prefettizia, che recependo la direttiva Maroni, vieta le manifestazioni durante il sabato ed i giorni festivi, ed anche la nuova regolamentazione anti sciopero.  Bologna è la prima città in cui viene applicata in maniera burocratica e repressiva la direttiva del ministro. La decisione è stata presa dal Prefetto dopo avere riunito il Comitato per l'Ordine  Pubblico, di cui  tra gli altri fanno parte il sindaco Sergio Cofferarti  e  la  presidente della provincia Beatrice Draghetti: quindi la decisione è stata del tutto politica, con il pieno appoggio del PD locale.
All'assemblea, promossa da un  appello sottoscritto da oltre cento lavoratori (sia del settore pubblico che privato), erano presenti molte realtà bolognesi, dai sindacati di base, spazi sociali, studenti, gruppi politici più o meno organizzati.
La discussione ha toccato i vari temi proposti, mettendo in evidenza come ancora una volta  Bologna  sia,  non a caso, terreno di esperimenti che andranno poi ad  incidere a livello nazionale. La politica securitaria in tutti questi anni portata avanti dalla giunta Cofferati, ben si sposa con le idee che sull'argomento ha il governo Berlusconi.
Sabato 21 marzo è stata quindi indetta una manifestazione che partirà alle ore 15.30 da  piazza Maggiore, con l'intenzione di raggiungere il palazzo della  Prefettura.
A tutt'oggi non è dato sapere se il corteo verrà o meno autorizzato (stando alla direttiva Maroni, la risposta non potrebbe altro che essere negativa).
Non sfugge a nessuno l'importanza di una risposta immediata e chiara nei confronti del governo (locale e nazionale), quindi l'appello è che nella giornata di sabato 21 siano molti a riempire le strade di Bologna.
Vi terremo informati sugli ulteriori sviluppi.

AD

Trieste. Insofferenti a ogni controllo

Sabato 14 marzo circa 400 persone (molti giovanissimi ma non solo) hanno partecipato alla manifestazione indetta dagli spazi sociali della Venezia-Giulia (area centri sociali del nord-est) contro il proibizionismo e le politiche securitarie. Il corteo è stato il momento finale di varie iniziative svoltesi in città in contemporanea alla conferenza governativa sulle droghe capitanata da Giovanardi e Fini (vedi UN della scorsa settimana). In particolare giovedì e venerdì si è svolto al teatro miela un convegno alternativo promosso dalla rete degli operatori sociali della regione per rifiutare le politiche proibizioniste e portare avanti un discorso di riduzione del danno e per le libertà individuali.  Il convegno ha visto vari momenti di confronto aperto in contrapposizione alle sessioni blindate del convegno governativo. Il venerdì è stato anche occupato l'ufficio dell'assessore alla sanità della regione.
Al corteo tutto si è svolto tranquillamente nonostante il notevole spiegamento di forze del disordine. Il momento più significativo è stato sicuramente il passaggio sotto il carcere dove si è sostato a lungo per esprimere solidarietà ai detenuti. Fra l'altro in corteo erano presenti anche i tre attivisti di Officina Sociale di Monfalcone scarcerati nei giorni scorsi dopo oltre due settimane di galera in seguito a una tragicomica retata antidroga nel goriziano (vedi UN delle scorse settimane). Durante tutto il corteo hanno suonato sul camion gli Assalti Frontali e nei vari discorsi al microfono si è ribadito il rifiuto delle politiche cittadine e nazionali fatte di telecamere, caccia agli immigrati, piazze transennate, vigili urbani armati e polizia dappertutto. Al corteo hanno partecipato anche compagni/e anarchici/e di Trieste e Monfalcone con bandiere rossonere e diffusione della stampa. Sono stati distribuiti ai passanti settecento copie del volantino del Gruppo Anarchico Germinal incentrato sulle politiche securitarie.
Occorre dire che il corteo, sebbene sia discretamente riuscito, ha evidenziato il bisogno di articolare sul territorio iniziative più specifiche e mirate sui temi in questione che riescano a coinvolgere anche persone al di fuori dei giri militanti o anche "alternativi".

Federico

Veneto. Cortocircuito razzista

Da anni, si va annunciando l'istituzione anche in Veneto di un centro detentivo per i migranti "clandestini": Ieri queste strutture si chiamavano Cpt (Centri di permanenza temporanea), oggi Cie (Centri di identificazione e espulsione), ma la sostanza concentrazionaria ovviamente non è certo modificata. Tra le misure anti-immigrazione decise dal ministro Maroni alla fine di febbraio, vi è come noto la prevista triplicazione di tali centri con l'apertura di ulteriori Cie in Toscana, Campania, Marche, Abruzzo, Umbria e, appunto, Veneto. Così si è riaperto il toto-lager, con il consueto carosello di siti che potrebbero ospitare il campo di concentramento etnico, così come era avvenuto in passato senza che si giungesse ad una soluzione in considerazione della nota avversione del presidente della regione Galan (PdL), dei malumori interessati dei sindaci e di quelli intolleranti degli elettori leghisti, nonché delle annunciate proteste antirazziste. In base alle disposizioni ministeriali per i Cie (lontani dai centri abitati, vicini a un aeroporto e — possibilmente — a un reparto mobile della polizia), il ventaglio dei possibili siti di proprietà demaniale in Veneto si era ridotto sensibilmente, restringendosi alla provincia di Verona (Boscomantico o Villafranca) e di Venezia (Tessera), presso strutture militari dismesse, sul modello del Cpt di Gradisca d'Isonzo; ma a tutt'oggi, nonostante i pre-annunci, il governo non ha resa nota la sua decisione definitiva, mentre si sono sprecati i commenti dei politici istituzionali e dei rappresentanti delle amministrazioni locali, tutte contrarie. Alcuni meritano essere citati in quanto utili per comprendere la problematicità che per il centrodestra veneto rappresenta l'attuazione di questo progetto voluto dal suo stesso governo nazionale, ma visto con insofferenza dai bravi cittadini non disposti ad avere in alcun modo vicini gli extracomunitari, neanche dietro le sbarre.
Il primo a dare la lieta novella è stato il solito onorevole patavino Ascierto (AN), da sempre tifoso di un Cpt per il Veneto e quindi ben lieto di annunciare che «Il governo ha già stanziato dei fondi per la realizzazione del Cie a Verona, precisamente vicino all'aeroporto». Quindi, il ministro dell'interno Maroni ha incontrato il sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi, presso la prefettura di Venezia, anticipando che l'area prescelta per il Cie con ogni probabilità sarà la zona militare vicina all'aeroporto di Villafranca. Tosi, da parte sua, si è dichiarato disponibile a favorire la scelta migliore.
Il presidente della Provincia, Elio Mosele, ha commentato tale ipotesi quasi salomonicamente: «in linea teorica il cittadino si adegua sempre a provvedimenti governativi di salvaguardia della sicurezza del proprio territorio (...) ma pur accettando il principio, lo stesso cittadino potrebbe avere delle obiezioni sul fatto che questa struttura venga eretta nel "suo giardino"». L'opinione di Massimo Galli Righi (PdL), presidente del Consiglio provinciale, è stata la seguente: «Se nel Veneto sarà scelta la provincia di Verona, e non è che lo desidero ardentemente, mi schiero tra coloro che lavoreranno per identificare una località idonea e non tra coloro che si limiteranno a ostacolare la realizzazione del Cie nel proprio territorio».
Invece il vicepresidente del consiglio comunale di Villafranca, Filippo Dalfini (Progetto Nord Est) si è dichiarato pronto, se il ministero dell'Interno confermerà l'intenzione di aprire il Cie a Villafranca, di «mobilitare la cittadinanza e gli iscritti della sezione comunale del Pne per protestare contro l'apertura del centro di accoglienza».
I sindacalisti delle forze di polizia di polizia (Sap, Ugl, etc.) chiedono invece un collaterale rafforzamento (almeno 50 unità) degli organici presenti sul territorio; ma a questo punto viene da chiedersi se il previsto aumento dei poliziotti è destinato a sorvegliare i migranti detenuti nel Cie o per controllare le proteste esterne ad esso, siano queste dei padani o degli antirazzisti.
Di certo, la partita si annuncia interessante.
Alcun* compagn*

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