Umanità Nova, n.11 del 22 marzo 2009, anno 89

Bel lAvoro


A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese

Trattative sindacali: l'esempio che ci arriva dalla Francia

Il 12 marzo, Serge Foucher, amministratore delegato della Sony France, di Pontonx-sur-l'Adour, nel dipartimento delle Landes, Francia, si reca presso l'impianto per dare l'ultimo saluto ai suoi 311 ormai ex-dipendenti - ex in quanto la fabbrica chiuderà il 17 aprile prossimo - ai quali intende forse rivolgere i suoi personali auguri e magari anche un benevolo invito a "mettersi sul mercato" per trovarsi un nuovo posto di lavoro.
Mal gliene incolse! Quei facinorosi energumeni dei suoi "ex", per nulla contenti delle rosee prospettive loro augurate da M.Foucher cosa ti fanno? Scendono in sciopero di punto in bianco, bloccano i cancelli con robusti tronchi d'albero e, udite udite, invitano cortesemente ma fermamente M.Foucher a trascorrere la notte assieme a loro all'interno della fabbrica.
Messosi in contatto con l'esterno il povero Foucher avvisa: "non mi lasciano uscire dalla fabbrica"  e: "bisogna fare appello alle forze dell'ordine".
Ma niente da fare: i lavoratori presenti (circa 80) replicano all'esterno, affermando "lui (Foucher) non ci vuole assolutamente ascoltare, abbiamo quindi pensato che questa soluzione potesse convincerlo; il clima dentro è comunque amichevole".
Accorre il responsabile della direzione regionale del lavoro per trovare un'onorevole via d'uscita, ma anche lui deve tornare sui suoi passi senza avere concluso nulla. Sono pazzi questi qua! Chiedono addirittura che la loro buonuscita sia almeno pari a quella erogata nello stabilimento in Alsazia, chiuso mesi addietro!
La triste disavventura di M.Foucher si conclude alle 10,30 del giorno successivo, 13 marzo 2009, quando viene, diciamo così, "rilasciato" solo dopo che la Sony France ha accettato di riaprire le trattative che dovranno svolgersi presso la sotto-prefettura locale, ed alle quali dovranno partecipare sua eccellenza il vice-prefetto, i rappresentanti sindacali, quelli della direzione generale del lavoro e, ovviamente, il povero Monsieur Serge Foucher.

Da Reggio Emilia: scioperi nelle ferrovie regionali dell'Emilia-Romagna

Lunedì 9 marzo si è attuato un primo pacchetto di quattro ore di sciopero dei lavoratori delle Ferrovie dell'Emilia-Romagna - F.E.R. - per protestare contro l'indecente comportamento dell'azienda che disconosce perfino le direttive europee recepite dal codice civile, regole che di sicuro non possono essere tacciate di radicalismo.
Non stabiliscono infatti nulla più di un principio di buon senso: "In caso di trasferimento di azienda i dirigenti sindacali eletti del complesso ceduto mantengono il loro ruolo fino al termine del periodo di armonizzazione, in quanto funzionali per loro natura, alla tutela degli stessi lavoratori trasferiti".
La R.S.U. eletta in A.C.T. (azienda consorziale trasporti di Reggio Emilia) nel dicembre del 2008 nel pieno rispetto di tutte le formalità, non viene riconosciuta da F.E.R., che si è posta al di sopra delle leggi vigenti in materia scegliendo di fatto come, in che modo e con quale "rappresentanza" sindacale trattare.
F.E.R. e i soliti sindacati collaborazionisti, pur sapendo della situazione sviluppatasi per i delegati dell'R.S.U. passati sotto il ramo d'azienda ex A.C.T. in F.E.R., sedendosi da soli al tavolo delle trattative non hanno fatto valere la volontà espressa formalmente dagli allora dipendenti A.C.T.  calpestando di fatto la chiara scelta dei lavoratori su chi li debba rappresentare.
Gli unici responsabili dell'agitazione del 9 marzo e degli scioperi futuri sono i dirigenti dell'azienda, i cui atteggiamenti inqualificabili hanno generato la protesta dei lavoratori, che si vedranno costretti a portare avanti la lotta finché i loro legittimi delegati non potranno sedere al tavolo e partecipare con voce in capitolo ai processi aziendali in corso per tutelare i diritti e gli interessi di tutti i lavoratori coinvolti.

Gli "invisibili" della cartiera di Pigna

Nel processo di deindustrializzazione e delocalizzazioni speculative in atto nella bergamasca, nel mese di febbraio, è stato imposto la chiusura del reparto cartiera alla Pigna nel comune di Alzano Lombardo.
Da parte dei sindacati confederali è stata concordata la cassa integrazione per 130 operai, mentre 12 lavoratori pakistani della cooperativa "Soluzione Lavoro", addetti al carico e pulizia degli stessi impianti, sono stati esclusi da ogni accordo e licenziati in tronco. Nel completo disinteresse dei sindacati confederali, dell'azienda e della cooperativa stessa questi lavoratori immigrati sono risultati "invisibili". E' per questo motivo che i dodici lavoratori si sono organizzati con il sindacato di base (Cub), iniziando un percorso di mobilitazione. Mentre "Cgil, Cisl e Uil firmatari del pessimo accordo che ha escluso dalla cassa integrazione 12 operai tacciono… la RSU di fabbrica ha emesso un comunicato di solidarietà affiancandosi alla richiesta dei lavoratori".
Lunedì 9 marzo sono state effettuate 2 ore di sciopero e per lunedì 16 è stato indetto alle ore 10 un presidio davanti al comune di Alzano. Va rilevato che sui lavoratori pakistani, oltre alla perdita del posto di lavoro, incombe il pericolo - per effetto della legge in vigore sulla immigrazione - di espulsione a causa del mancato rinnovo del permesso di soggiorno.

Ahlstrom di Gallarate: ora l'azienda sceglie di trattare

Dopo 2 mesi di lotta e presidio, i 20 lavoratori della Ahlstrom di Gallarate hanno ottenuto un primo risultato. Su richiesta dell'azienda, l'11 marzo si è tenuto un incontro con la direzione, al quale hanno partecipato sia CGIL e UIL, sia la RSU AlCobas, che rappresenta la totalità degli addetti di Gallarate.
Evidentemente la lotta a Gallarate e a Cressa (No) ha reso l'azienda più morbida, tanto che è stata ritirata la decisione del 7 gennaio scorso di mettere in mobilità ben 61 lavoratori, di cui tutti i 20 di Gallarate; inoltre, l'azienda ha comunicato l'intenzione di arrivare ad un accordo con TUTTE le rappresentanze sindacali, modificando il piano industriale presentato a gennaio.
Dalla prossima settimana inizierà quindi il periodo di CIG, mentre verrà inoltrata richiesta al Ministero del lavoro per l'utilizzo della cassa integrazione straordinaria di 12 mesi, durante la quale sarà aperta la procedura di mobilità, inizialmente solo su base volontaria.
Per i 20 lavoratori dello stabilimento Gallarate, la cui chiusura è stata riconfermata, è prevista la ricollocazione presso gli altri stabilimenti del gruppo situati nella zona.
Il sindacato di base AlCobas, pur esprimendo soddisfazione per l'evolversi della situazione, ha ribadito che considera errato il mantenere la trattativa su due tavoli di trattativa e che è impraticabile un accordo che comunque porti, dopo 12 mesi di cassa straordinaria, al licenziamento di lavoratori posti in mobilità oltre al volontariato.
Per il momento restano attivi sia il presidio di Gallarate che quello di Cressa

L'assegno per disoccupati e precari

Circa due anni fa è stato intrapreso da parte della "Rete per il reddito" dal sindacalismo di base una mobilitazione nei confronti della regione Lazio, rivendicando un reddito minimo garantito anche come risposta al "ricatto del precariato introdotto dalle politiche liberiste nel mercato del lavoro".
Adesso la regione, anche sotto la pressione della crisi che incalza sempre di più, ha approvato l'introduzione di un reddito di 530 Euro al mese per "disoccupati, inoccupati e precari del Lazio con reddito inferiore a 8.000 Euro".
Può essere considerato un primo risultato per dare più vigore e forza alla lotta rivendicativa di quanti non riescono più a campare.

Per contatti ed invio informazioni alla rubrica:
bel-lavoro@federazioneanarchica.org

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