Non certo le irte cime delle Alpi fra Cuneo e Pinerolo potranno mai
essere paragonate alle imponenti vette dei Monti Adamaoua, e neppure la
maglia biancoceleste della Bianchi potrà assomigliare al bianco
abito talare del pontefice; ma mai, come nel tour africano di Joseph
Alois Ratzinger, la mitica frase del radiocronista Mario Ferretti,
quando Fausto Coppi giunse, "uomo solo al comando", vittorioso alla
tappa del Giro d'Italia del '49 (distanziando Gino Bartali di ben 12
minuti), è più azzeccata nel sottolineare l'isolamento di
chi – una volta assurto al soglio papale – ha mostrato disprezzo,
alterigia e prepotenza nell'amministrare come Principe la Chiesa e come
Padre i fedeli.
Che il Tedesco non abbia mai avvalorato uno spirito sportivo come il
suo predecessore Polacco, ma – anzi – della competizione abbia sempre
cercato la vittoria ad ogni costo e l'umiliazione dello sconfitto come
premio, oltre a confermarlo il suo passato hitleriano è il suo
presente da teologo e da monarca della Chiesa cattolica a darne ampia
prova sia nei suoi sermoni e lectio magistralis (ancora non si è
spenta la protesta all'indomani del discorso di Ratisbona, quando a
proposito della guerra santa citò la frase dell'imperatore
bizantino Manuele Il Paleologo: "Mostrami pure ciò che Maometto
ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e
disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la
fede che egli predicava"), sia nei suoi richiami al superamento del
Concilio Vaticano II riammettendo nel grande alveo di Santa Madre
Chiesa le lefebvriane pecorelle smarrite e – fra loro – il Cardinale
negazionista della Shoa Richard Williamson proprio nel giorno in cui
nel mondo si ricordava l'olocausto degli ebrei.
Come se tutto questo già non fosse sufficiente ad evidenziare
l'indirizzo restauratore del suo pontificio, Ratzinger ha ancor
più impresso una chiara demarcazione fra Scienza e Religione,
accusando il relativismo epistemologico di esser la causa dell'attuale
crisi di valori che il mondo contemporaneo attraversa per aver
abbandonato la Verità come speranza certa e assoluta. Una
Verità marchiata sul corpo della donna, a cui la Chiesa
cattolica ha sempre negato la libertà di esistere al di fuori
del suo utero materno. Cosicché l'amore – pardon, l'agape –
è stato il sentimento che Benedetto XVI ha voluto trasmettere ai
fratelli in dio, condannando tale affetto ad essere strumento di impero
e di divisione fra gli uomini, colpevoli di ridurlo al desiderio
dell'altro attraverso le molteplici ed imperscrutabili vie della
passione.
Un magistero che, nel Tour Africano fra Camerun ed Angola, il Pastore
Tedesco ha energicamente sintetizzato nella condanna all'uso del
preservativo come prevenzione alla diffusione dell'Aids in una delle
regioni geografiche in cui la malattia virale è fra i maggiori
fattori di mortalità, e nella censura dell'aborto tra "le cure
della salute materna". Dimostrazione questa, non soltanto
dell'affermazione dei principi e dei valori della fede cattolica,
quanto piuttosto dell'aggressione e del disprezzo nei confronti dei
provvedimenti assunti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità
e condivisi in tutti i consessi Mondiali (Onu compresa) che da anni
sono impegnati a debellare l'Aids in Africa come in qualsiasi altra
parte del pianeta attraverso una campagna profilattica.
Ma la decisione, crediamo, non sia stata affatto fuori luogo, né
tantomeno intempestiva. Che Ratzinger non sia un comunicatore mediatico
al pari del suo predecessore Wojtyla, può senz'altro
indispettire chi, del magistero di Santa romana Chiesa, si aspetta un
ecumenismo "roncalliano" che in piena Guerra Fredda ha saputo strappare
la scena al Presidente degli Stati Uniti J.F.Kennedy. Ma in un contesto
dominato dalla crisi economica, in cui Barak Obama si assurge a
fustigatore degli arricchiti ed intraprende la strategia del porgere
l'altra guancia a colui che fino a poco tempo fa era considerato
l'Impero del Male, la logica si aspetta che il Capo dello Stato della
Chiesa non possa né debba esser secondo a nessuno, soprattutto
in un frangente dove al proprio interno Benedetto XVI deve contrastare
la fronda di una Curia che non ha mai digerito la nomina del cardinal
Bertone a Segretario dello Stato Vaticano e Camerlengo di Santa romana
Chiesa (a tutti gli effetti il vice del Papa), in quanto nominato al di
fuori della nomenclatura curiale della capitale.
Pertanto, il "perseverare diabolico" di Ratzinger nelle proprie
solitarie decisioni è l'arma con la quale la gestione del suo
potere vuole rafforzarsi al proprio interno, mandando all'esterno
messaggi forti e decisionisti affinché nessuno si illuda che sia
possibile scavalcare la Chiesa in un momento in cui la povertà e
l'indigenza sta travalicando i confini dei continenti in via di
sviluppo. Non per nulla l'attesa enciclica sulla questione sociale
tarda a venire, poiché il prezzo che il sistema economico
capitalista dovrà pagare al magistero pontificio per non essere
condannato come causa dell'ingiustizia sociale e della miseria
economica sarà quello di accettare i diktat etico-religiosi in
campo scientifico, educativo, istituzionale, morale. Il viaggio in
Africa ne è una prova, e se larvate opposizioni e timide accuse
hanno accompagnato le esternazioni del pontefice da parte di Francia,
Inghilterra e Spagna, il tacere dei più (per non dire della
completa sottomissione e sudditanza dell'Italia) hanno rappresentato la
preoccupazione di un Potere temporale che pur di avvalersi della
benedizione del Potere spirituale è prono ai suoi voleri e
desideri.
Con o senza preservativo.
gianfranco marelli