Umanità Nova, n.12 del 29 marzo 2009, anno 89

Un uomo solo al comando


Non certo le irte cime delle Alpi fra Cuneo e Pinerolo potranno mai essere paragonate alle imponenti vette dei Monti Adamaoua, e neppure la maglia biancoceleste della Bianchi potrà assomigliare al bianco abito talare del pontefice; ma mai, come nel tour africano di Joseph Alois Ratzinger, la mitica frase del radiocronista Mario Ferretti, quando Fausto Coppi giunse, "uomo solo al comando", vittorioso alla tappa del Giro d'Italia del '49 (distanziando Gino Bartali di ben 12 minuti), è più azzeccata nel sottolineare l'isolamento di chi – una volta assurto al soglio papale – ha mostrato disprezzo, alterigia e prepotenza nell'amministrare come Principe la Chiesa e come Padre i fedeli.
Che il Tedesco non abbia mai avvalorato uno spirito sportivo come il suo predecessore Polacco, ma – anzi – della competizione abbia sempre cercato la vittoria ad ogni costo e l'umiliazione dello sconfitto come premio, oltre a confermarlo il suo passato hitleriano è il suo presente da teologo e da monarca della Chiesa cattolica a darne ampia prova sia nei suoi sermoni e lectio magistralis (ancora non si è spenta la protesta all'indomani del discorso di Ratisbona, quando a proposito della guerra santa citò la frase dell'imperatore bizantino Manuele Il Paleologo: "Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava"), sia nei suoi richiami al superamento del Concilio Vaticano II riammettendo nel grande alveo di Santa Madre Chiesa le lefebvriane pecorelle smarrite e – fra loro – il Cardinale negazionista della Shoa Richard Williamson proprio nel giorno in cui nel mondo si ricordava l'olocausto degli ebrei.
Come se tutto questo già non fosse sufficiente ad evidenziare l'indirizzo restauratore del suo pontificio, Ratzinger ha ancor più impresso una chiara demarcazione fra Scienza e Religione, accusando il relativismo epistemologico di esser la causa dell'attuale crisi di valori che il mondo contemporaneo attraversa per aver abbandonato la Verità come speranza certa e assoluta. Una Verità marchiata sul corpo della donna, a cui la Chiesa cattolica ha sempre negato la libertà di esistere al di fuori del suo utero materno. Cosicché l'amore – pardon, l'agape – è stato il sentimento che Benedetto XVI ha voluto trasmettere ai fratelli in dio, condannando tale affetto ad essere strumento di impero e di divisione fra gli uomini, colpevoli di ridurlo al desiderio dell'altro attraverso le molteplici ed imperscrutabili vie della passione.
Un magistero che, nel Tour Africano fra Camerun ed Angola, il Pastore Tedesco ha energicamente sintetizzato nella condanna all'uso del preservativo come prevenzione alla diffusione dell'Aids in una delle regioni geografiche in cui la malattia virale è fra i maggiori fattori di mortalità, e nella censura dell'aborto tra "le cure della salute materna". Dimostrazione questa, non soltanto dell'affermazione dei principi e dei valori della fede cattolica, quanto piuttosto dell'aggressione e del disprezzo nei confronti dei provvedimenti assunti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e condivisi in tutti i consessi Mondiali (Onu compresa) che da anni sono impegnati a debellare l'Aids in Africa come in qualsiasi altra parte del pianeta attraverso una campagna profilattica.
Ma la decisione, crediamo, non sia stata affatto fuori luogo, né tantomeno intempestiva. Che Ratzinger non sia un comunicatore mediatico al pari del suo predecessore Wojtyla, può senz'altro indispettire chi, del magistero di Santa romana Chiesa, si aspetta un ecumenismo "roncalliano" che in piena Guerra Fredda ha saputo strappare la scena al Presidente degli Stati Uniti J.F.Kennedy. Ma in un contesto dominato dalla crisi economica, in cui Barak Obama si assurge a fustigatore degli arricchiti ed intraprende la strategia del porgere l'altra guancia a colui che fino a poco tempo fa era considerato l'Impero del Male, la logica si aspetta che il Capo dello Stato della Chiesa non possa né debba esser secondo a nessuno, soprattutto in un frangente dove al proprio interno Benedetto XVI deve contrastare la fronda di una Curia che non ha mai digerito la nomina del cardinal Bertone a Segretario dello Stato Vaticano e Camerlengo di Santa romana Chiesa (a tutti gli effetti il vice del Papa), in quanto nominato al di fuori della nomenclatura curiale della capitale.
Pertanto, il "perseverare diabolico" di Ratzinger nelle proprie solitarie decisioni è l'arma con la quale la gestione del suo potere vuole rafforzarsi al proprio interno, mandando all'esterno messaggi forti e decisionisti affinché nessuno si illuda che sia possibile scavalcare la Chiesa in un momento in cui la povertà e l'indigenza sta travalicando i confini dei continenti in via di sviluppo. Non per nulla l'attesa enciclica sulla questione sociale tarda a venire, poiché il prezzo che il sistema economico capitalista dovrà pagare al magistero pontificio per non essere condannato come causa dell'ingiustizia sociale e della miseria economica sarà quello di accettare i diktat etico-religiosi in campo scientifico, educativo, istituzionale, morale. Il viaggio in Africa ne è una prova, e se larvate opposizioni e timide accuse hanno accompagnato le esternazioni del pontefice da parte di Francia, Inghilterra e Spagna, il tacere dei più (per non dire della completa sottomissione e sudditanza dell'Italia) hanno rappresentato la preoccupazione di un Potere temporale che pur di avvalersi della benedizione del Potere spirituale è prono ai suoi voleri e desideri.
Con o senza preservativo.

gianfranco marelli

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