Umanità Nova, n.12 del 29 marzo 2009, anno 89

informAzione - 1


Torino. Fronte del CIE


16 marzo. Perquisizioni e corde al collo

Non accenna a placarsi la tensione al CIE di corso Brunelleschi a Torino: il prolungamento della detenzione a sei mesi e i "normali" soprusi quotidiani innescano ogni giorno nuove proteste. Nella mattinata di lunedì 16 marzo la polizia in assetto antisommossa con cani e bastoni è entrata nella sezione "rossa", agitando i manganelli e minacciando pestaggi. I reclusi hanno temuto il peggio e si sono attaccati al cellulare, chiamando gli antirazzisti. Un veloce giro di sms e presto al centralino del CIE sono fioccate le telefonate dei tanti che non apprezzano queste prigioni per immigrati e sostengono le lotte dei senza carte che vi sono reclusi.
La sezione "rossa" è quella dei tre tunisini che sabato hanno evitato la deportazione tagliandosi braccia e mani o ingoiando oggetti (cfr. UN 11 '09). Uno di loro è adesso in carcere: pare che sull'ambulanza che lo portava all'ospedale si sia ribellato a un sopruso e sia stato accusato di resistenza. Il terzo uomo è stato male, perché dopo una radiografia e la promessa di un'operazione per togliere gli oggetti inghiottiti è stato riportato al CIE e lasciato senza cure. La perquisizione si è conclusa dopo varie ore, senza dare alcun esito: volevano fare un po' di paura e magari mettere le mani sul video spedito il giorno prima agli antirazzisti. Le immagini mostravano un prigioniero in una pozza di sangue nel cortile del CIE. Mentre era in corso la perquisizione, in un'altra sezione un ragazzo ha fatto una corda con le lenzuola cercando di impiccarsi, un altro è in sciopero della fame: era al CIE da due mesi e sarebbe dovuto uscire due giorni prima. La nuova norma consente allo Stato italiano di sequestrarlo per altri quattro mesi. I cellulari di due immigrati sono requisiti e restituiti il giorno dopo: uno è spaccato, l'altro è stato privato della videocamera.

Giovedì 19 marzo. Palline e vernice

A Ponte Galeria, il CIE di Roma, che, come quello di Torino, è gestito dalla Croce Rossa, muore un immigrato algerino. Stava male, aveva chiesto di essere curato: gli hanno detto " va a prendere le medicine al tuo paese!" e gli hanno somministrato una buona dose di legnate. Una vicenda simile a quella di Fathy, morto il 23 maggio dello scorso anno al CIE di Torino. Era malato di polmonite ma gli sono state negate le cure. A Ponte Galeria gli immigrati fanno lo sciopero della fame, a Torino un gruppo di antirazzisti va al CIE, spara petardi e batte i ferri per farsi sentire dentro, dove sono lanciate palline da tennis "farcite" di bigliettini con il numero di telefono solidale degli antirazzisti. Più tardi sui muri esterni della sede della Croce Rossa torinese compare la scritta "assassini!", un lancio di vernice rossa indica a tutti i responsabili degli orrori del CIE.

Venerdì 20 marzo. La lavanderia del CIE

Siamo in via Santhià, nel cuore di un vecchio rione operaio di Torino, dove i nuovi immigrati si mescolano con quelli arrivati dal sud trent'anni fa. Al numero 34 c'è la lavanderia "La Nuova". Nel pomeriggio del 20 marzo un gruppo di antirazzisti dell'Assemblea Antirazzista suona alla porta e chiede di parlare con il responsabile.
Sul marciapiede altri aprono uno striscione "Nessuna pace per chi lavora al CIE", è distribuito ai passanti un volantino in cui si spiegano le ragioni dell'iniziativa.
" La Nuova" ha un appalto molto speciale, un appalto per lavare i panni che vengono dal CIE di Torino. I gestori della lavanderia non vogliono sentire ragioni, inveiscono, si agitano, dicono che quello è un lavoro come un altro, che i loro panni sono puliti. Già puliti. Puliti del sangue di chi si taglia per non partire, del vomito di chi mangia pile per sfuggire all'espulsione. Ma il puzzo, quello della vergogna che marca questa nostra città, resta, perché quei panni dovrebbero essere mostrati a tutti, perché quelle lenzuola insanguinate sono un atto di accusa a chiunque chiuda gli occhi davanti al muro che chiude i senza documenti.
Arriva la polizia, i lavandai nella concitazione si sono persi le chiavi del portone e accusano gli antirazzisti. Arrivano altri poliziotti e fanno le perquisizioni di rito, ovviamente senza alcun esito se non un po' di spettacolo da strada. Fuori la gente si ferma, chiede, prende il volantino. Una coppia giovane con il proprio bambino sosta a lungo. Lui è figlio di immigrati di ieri, gente arrivata dalla Sicilia con la valigia di cartone, lei è tunisina, un'immigrata di oggi. Ci raccontano dell'inferno per fare le carte necessarie a sposarsi. Il CPT lo conoscono bene: il fratello di lei ha perso il lavoro, è stato preso in strada, chiuso in una delle gabbie e deportato. Loro alla lavanderia "La Nuova" non ci vanno più.

Domenica 22 marzo. Antirazzisti a Eataly

Una domenica sera diversa dalle altre ad Eataly, il supermercato del gusto di via Nizza. Un folto gruppo di antirazzisti, dopo aver disseminato in giro flyers con brevi testi sulle disperate lotte degli immigrati chiusi nei CIE di Torino, Milano, Bologna, Roma, Bari, hanno aperto uno striscione contro i Centri per immigrati senza carte, dove sono quotidiani i soprusi e le violenze contro chi resiste alla deportazione.
Gli antirazzisti hanno attraversato il supermercato/ristorante distribuendo volantini che sollecitavano chi stava gustando manicaretti a riflettere sulla condizione dei tanti che in questi giorni rifiutano il cibo, si cuciono la bocca, si tagliano urlando la loro voglia di libertà. Urla nel silenzio. Un silenzio che è urgente rompere.
Numerosi frequentatori di Eataly hanno plaudito l'iniziativa ed espresso solidarietà agli immigrati in lotta. Qui i flyers sulle lotte nei CIE: http://piemonte.indymedia.org/article/4464
La lotta continua domani.

R. Em.

Torino. Uomini e non caporali. Due presidi in centro

Armati di cartelli e bandiere una trentina di lavoratori e lavoratrici ex CGS e una ventina di solidali si sono dati appuntamento alle 10,30 di martedì 17 marzo davanti alla sede di HDL, in largo Vittorio Emanuele 87. Da dicembre sono in lotta per il salario e per il lavoro. La loro è una vicenda comune a tanti altri: sono stati incastrati nell'infernale matrioska di cooperative che dipendono da altre cooperative che prendono subappalti da chi ha preso appalti. Lavoratori "usa e getta", quando la Gesconet che li aveva affittati da CGS perde l'appalto, vengono lasciati a casa invece di passare ad HDL.
Facciamo un passo indietro.
HDL è la cooperativa che ha vinto l'appalto per la parte finale della lavorazione di due prodotti che tutti conoscono, le Pagine Bianche e le Pagine Gialle. Queste due guide sono prodotte dalla Edigraf, una consociata della Ilte. Sino a dicembre l'appalto era di Gesconet, che impiegava operai forniti da Punto Lavoro, una sigla di copertura poiché Punto Lavoro ha sede assieme a Gesconet e nessun altra funzione che quella di "affittare" lavoratori. Punto Lavoro a sua volta affittava altri lavoratori da CGS, una cooperativa che è nata e morta per l'occasione. Quando HDL subentra a Gesconet, CGIL negozia il passaggio dei lavoratori di Punto Lavoro/Gesconet ad HDL. Gli operai di CGS, che svolgevano le stesse mansioni di tutti gli altri, vengono lasciati a casa. Non sono stati neppure licenziati quindi per loro niente liquidazione e niente indennità di disoccupazione. Sono operai "usa e getta": CGS, Punto Lavoro e Gesconet hanno lucrato sulla loro pelle ed ora si rimpallano le responsabilità. Molti sono immigrati sottoposti al ricatto del lavoro che rende "liberi", grazie all'equiparazione tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno.
Questi lavoratori sono torinesi di oggi: ivoriani, marocchini, nigeriani, tunisini. Sono stati pagati a ore, senza mai vedere nemmeno una busta paga, in mezzo alla strada, come "spacciatori che passano una dose".
Da dicembre gli ex CGS sono in lotta. Per il lavoro, perché chiedono di essere a loro volta assunti da HDL, per i salari non versati e per il riconoscimento delle mansioni effettivamente svolte che implicavano una ben diversa retribuzione. Assunti con un contratto di facchinaggio, in realtà lavoravano come operai.
A dicembre hanno fatto un presidio di fronte al solarium di proprietà della padrona di CGS, il due marzo hanno fatto un presidio di fronte a Gesconet. Il responsabile di Gesconet ha il sorriso gelido dei venditori di niente e un'eloquenza da piazzista. Un piazzista di braccia. Sostiene che il suo è un lavoro pulito, legale, che quello non è il posto giusto dove rivolgersi, perché loro non c'entrano nulla.
Stessa scena martedì 17 marzo di fronte ad HDL. Il responsabile delle "risorse umane" ha uno stile più affabile, sebbene parli spalleggiato da un tipo robusto che sgomita pur di restargli attaccato. Sorride con ipocrita cortesia e recita il ruolo del Pilato di turno, quello di chi si lava le mani dei pasticci fatti da altri. Con un "io, di voi, non sapevo nulla" si defila. Incalzato dai lavoratori e dal sindacalista della Flaica, sostiene che non c'è lavoro e che non può assumere nessuno. Pare che al momento dell'assorbimento dei lavoratori impiegati dai precedenti appaltanti abbia ignorato quelli della CGS per fare posto ad una quindicina di "propri" lavoratori già impiegati all'aeroporto e rimasti senza lavoro.
Quelli di HDL se ne vanno ma la giornata di lotta non è certo finita. A due passi da lì c'è il solarium di proprietà della padrona di CGS. Si forma un corteo spontaneo che raggiunge il negozio in via Arsenale 36. Divani di plastica rossa a cuore e luci soffuse color confetto: la padrona vede arrivare i manifestanti, serra la porta e si rintana nel retro. La padrona non si fa vedere, non apre neppure ai clienti che suonano. Chiama al telefono e dichiara di aver portato le buste paga in sindacato. Ma è una menzogna, una delle tante con le quali ha cercato di tenere buoni i lavoratori.
Fuori si leva un solo grido "vergogna, vergogna!".
La lotta continua. I lavoratori manifesteranno venerdì 27 marzo alla Ilte di Moncalieri. Appuntamento alle 10,30 in via Postiglione 14.
Il 19 marzo si è tenuto nella centralissima via Po, un punto info contro il caporalato e di solidarietà con la lotta dei lavoratori e lavoratrici ex CGS.

R. Em

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