In questo fine settimana piovoso di marzo si consuma l'adempimento
del progetto piduista-berlusconiano iniziato nel lontano 1994. Prende
forma, a battesimo, il nuovo soggetto politico denominatosi "Popolo
delle Libertà" ossia una accozzaglia di ex di ogni ordine e
grado. Ex democristiani ciellini, ex socialisti craxiani, ex
missini-nazional-alleati, ex forzaitalioti, ex…, ecc. Il tutto
cementato dall'enorme potere economico e mediatico del caudillo di
Arcore Silvio Berlusconi. Analisi e contro analisi sull'omino in
questione si sono sprecate e si sprecheranno in rivoli di dibattiti
televisivi, pagine di giornali, ecc. Questo a noi interessa poco, non
è il teatrino parlamentare della politica italiana ad
entusiasmarci, ma quanto lor signori mettono in campo realmente per
contrastare le ambizioni e i progetti di liberazione sociale che alcune
componenti delle classi subalterne pongono in essere. Questo blocco
politico e sociale dalle caratteristiche conservatrici e dai tratti
spiccatamente reazionari che attraversa trasversalmente gli attuali
schieramenti parlamentari si è contraddistinto per un attacco
frontale nei confronti dei diversi proletariati oggi esistenti. Come
più volte denunciato da queste pagine, la criminalizzazione dei
processi immigratori è servita per ingenerare false e
strumentali paure al fine di incrementare la militarizzazione del
territorio da attuarsi con il dispiegamento di oltre 3000 militari
nelle piazze e nelle strade dei nostri quartieri e nella
formalizzazione e istituzionalizzazione di milizie territoriali
chiamate "ronde". Il controllo capillare si sviluppa attraverso un
quadro legislativo che promulga schedature di massa di stampo razzista
e favorisce la delazione di intere categorie professionali (medici,
amministratori condominiali, ecc.) nei confronti di ampi strati di
popolazione. Anche il territorio fisico in cui le popolazioni vivono e
abitano è ora di stretto monopolio e controllo statale per
affari privati. Opere inutili, selvagge e distruttrici dell'ambiente
vengono attuate manu militari imponendo un modello di devastazione e
saccheggio che è sotto gli occhi di tutti. Il mondo del lavoro
salariato, mai come in questo ultimo periodo, è oggetto di
continui attacchi di tipo padronale, governativo e
sindacal-concertativo. Si ricercano nuovi modelli di contrattazione
nazionale per indebolire il potere già esiguo del contratto
nazionale di lavoro al fine di restaurare gabbie salariali che
impoveriscano e indeboliscano ulteriormente il fronte di classe.
Strumenti di difesa come lo sciopero vengono prima imbavagliati e
depotenziati attraverso quadri normativi per poi essere cancellati
completamente. Diritti e libertà individuali e collettive sono
oggi fortemente sotto attacco. Vi è un attacco alla
libertà di espressione attraverso un controllo e monopolio dei
mass-media, vi è un attacco alla libertà di aggregazione
autonoma e indipendente con la politica di sgombero militare degli
spazi sociali autogestiti e non istituzionali. Un disegno quindi
organico e coerente con la svolta autoritaria e gerarchica che il
potere intende dare alle proprie crisi sistemiche. Il suo obiettivo
è la frantumazione di ogni relazione sociale, l'affermazione del
corporativismo gerarchico, l'esaltazione dell'individualismo
consumista, il rilancio dell'accumulazione capitalista sulla pelle dei
lavoratori, delle classi oppresse e sfruttate. Uno scenario da regime,
certo, inutile cercare eufemismi, ma che non può essere letto e
interpretato attraverso esperienze storiche che si sono date nella
storia del '900. Non siamo di fronte ad un potere che, sotto la spinta
di lotte di emancipazione delle classi subalterne, reagisce
preventivamente instaurando sistemi politici dittatoriali di tipo
fascista. Stiamo assistendo ad uno sviluppo della "democrazia" borghese
e liberale sempre più verso una connotazione oligarchica,
conservatrice a spinta autoritaria che però gode di un vasto
sostegno di massa (ricordiamoci che in Italia vota ancora oltre il 70%
degli aventi diritto e di questi oltre il 50% è schierato con la
banda di Berlusconi & co.). Ma come anarchici non possiamo certo
stare ad aspettare che la situazione peggiori ulteriormente o far
nostro il motto "tanto peggio tanto meglio". Occorre da subito
impostare una reazione costruttiva e di proposta politica e sociale
proprio a partire dagli ambiti dove oggi si concentra l'attacco e lo
scontro sociale. Nel momento di massimo attacco alle comunità
Rom e migranti, individuando nelle politiche di divisione e
contrapposizione portate avanti sia a livello locale che nazionale uno
dei principali agenti di frantumazione e di gerarchizzazione sociale,
è quanto mai necessario e urgente promuovere comitati
antirazzisti autogestiti per sviluppare solidarietà e
mobilitazione nella ricerca della maggiore unità possibile tra i
nativi e i cittadini provenienti da diverse parti del mondo. Comitati
che siano in grado di promuove iniziative contro la militarizzazione
del territorio, l'utilizzo dell'esercito e contro gli ex CTP, oggi CIE;
contro le leggi sulla sicurezza portate avanti con l'evidente scopo di
deviare l'attenzione dai reali problemi drammatici che la crisi produce
particolarmente ai danni dei lavoratori, pensionati, precari e
disoccupati. E che inoltre siano capaci di promuove iniziative di
solidarietà e di sostegno nelle lotte aziendali dove gli
immigrati sono i più ricattati e colpiti. Nel mondo del lavoro
salariato è necessario partecipare attivamente alle lotte che si
danno sia dall'interno delle organizzazioni sindacali di base sia
sostenendo i comitati di lotta spontanei, rilanciando il valore
autogestionario delle lotte. Bisogna promuovere incontri e dibattiti
nell'ambito lavorativo per uscire da una logica strettamente sindacale
per collegarsi con quelle che sono le esigenze sociali, in una
prospettiva di cambiamento radicale della società e per meglio
rapportarsi alle nuove tipologie lavorative. Di fronte alla crisi che
avanza pesantemente, a spese soprattutto dei lavoratori, è
necessario lanciare segnali forti di riappropriazione patrimoniale, a
beneficio dei lavoratori stessi, quando si chiudono aziende per
fallimento, per atti speculativi o convenienze di delocalizzazioni. E'
anche opportuno contrapporsi sempre alle Istituzioni sia a livello
locale che nazionale, per rivendicare lavoro e reddito oltre ai diritti
sociali, alla salute, all'abitazione. La sfida che ci attende è
quindi molto impegnativa, ma siamo oggi tra le poche forze
rivoluzionarie che hanno dimostrato, nella propria lunga storia, di
avere la giusta credibilità verso le classi subalterne di cui
siamo parte. Ecco perché, a tal fine, è indispensabile
rivitalizzare, a partire dai territori, l'iniziativa dei nostri
circoli, gruppi, federazioni e realtà di movimento. È
necessario tornare al valore dell'inchiesta da attuarsi proprio nei
luoghi del possibile conflitto sociale: i quartieri proletari delle
metropoli, nel vasto settore del precariato lavorativo e sociale, ecc.
Le nostre sedi devono essere sempre di più luoghi di incontro,
di socialità, di elaborazione di analisi e strategie di lotta e
di proposta, senza alcuna pretesa di autoreferenzialità. Bisogna
rilanciare la nostra proposta autogestionaria, modulata sia sul
territorio che nella produzione/distribuzione. Pensiamo che per le
classi subalterne, oggetto privilegiato dell'opera d'indottrinamento
culturale dei mass-media, della scuola di Stato e dell'industria
culturale sia necessaria una continua campagna di controinformazione.
Le nostre sedi devono proporre quindi attività che siano anche
di immediato beneficio per chi vi si rivolge e quindi da attivarsi con
aperture pomeridiane e serali in diversi giorni della settimana Alcuni
esempi: corsi di lingua italiana per stranieri, sportelli informativi
su casa, lavoro, sanità, ecc., centri di documentazione e
diffusione stampa, cineforum e attività culturali e
d'intrattenimento (concerti, laboratori teatrali, cene etniche, ecc.)
gruppi d'acquisto e quanto altro ci verrà a mente… Se non ora,
quando?
Paolo Masala