Umanità Nova, n.13 del 5 aprile 2009, anno 89

P.d.L. Patibolo della Libertà


In questo fine settimana piovoso di marzo si consuma l'adempimento del progetto piduista-berlusconiano iniziato nel lontano 1994. Prende forma, a battesimo, il nuovo soggetto politico denominatosi "Popolo delle Libertà" ossia una accozzaglia di ex di ogni ordine e grado. Ex democristiani ciellini, ex socialisti craxiani, ex missini-nazional-alleati, ex forzaitalioti, ex…, ecc. Il tutto cementato dall'enorme potere economico e mediatico del caudillo di Arcore Silvio Berlusconi. Analisi e contro analisi sull'omino in questione si sono sprecate e si sprecheranno in rivoli di dibattiti televisivi, pagine di giornali, ecc. Questo a noi interessa poco, non è il teatrino parlamentare della politica italiana ad entusiasmarci, ma quanto lor signori mettono in campo realmente per contrastare le ambizioni e i progetti di liberazione sociale che alcune componenti delle classi subalterne pongono in essere. Questo blocco politico e sociale dalle caratteristiche conservatrici e dai tratti spiccatamente reazionari che attraversa trasversalmente gli attuali schieramenti parlamentari si è contraddistinto per un attacco frontale nei confronti dei diversi proletariati oggi esistenti. Come più volte denunciato da queste pagine, la criminalizzazione dei processi immigratori è servita per ingenerare false e strumentali paure al fine di incrementare la militarizzazione del territorio da attuarsi con il dispiegamento di oltre 3000 militari nelle piazze e nelle strade dei nostri quartieri e nella formalizzazione e istituzionalizzazione di milizie territoriali chiamate "ronde". Il controllo capillare si sviluppa attraverso un quadro legislativo che promulga schedature di massa di stampo razzista e favorisce la delazione di intere categorie professionali (medici, amministratori condominiali, ecc.) nei confronti di ampi strati di popolazione. Anche il territorio fisico in cui le popolazioni vivono e abitano è ora di stretto monopolio e controllo statale per affari privati. Opere inutili, selvagge e distruttrici dell'ambiente vengono attuate manu militari imponendo un modello di devastazione e saccheggio che è sotto gli occhi di tutti. Il mondo del lavoro salariato, mai come in questo ultimo periodo, è oggetto di continui attacchi di tipo padronale, governativo e sindacal-concertativo. Si ricercano nuovi modelli di contrattazione nazionale per indebolire il potere già esiguo del contratto nazionale di lavoro al fine di restaurare gabbie salariali che impoveriscano e indeboliscano ulteriormente il fronte di classe. Strumenti di difesa come lo sciopero vengono prima imbavagliati e depotenziati attraverso quadri normativi per poi essere cancellati completamente. Diritti e libertà individuali e collettive sono oggi fortemente sotto attacco. Vi è un attacco alla libertà di espressione attraverso un controllo e monopolio dei mass-media, vi è un attacco alla libertà di aggregazione autonoma e indipendente con la politica di sgombero militare degli spazi sociali autogestiti e non istituzionali. Un disegno quindi organico e coerente con la svolta autoritaria e gerarchica che il potere intende dare alle proprie crisi sistemiche. Il suo obiettivo è la frantumazione di ogni relazione sociale, l'affermazione del corporativismo gerarchico, l'esaltazione dell'individualismo consumista, il rilancio dell'accumulazione capitalista sulla pelle dei lavoratori, delle classi oppresse e sfruttate. Uno scenario da regime, certo, inutile cercare eufemismi, ma che non può essere letto e interpretato attraverso esperienze storiche che si sono date nella storia del '900. Non siamo di fronte ad un potere che, sotto la spinta di lotte di emancipazione delle classi subalterne, reagisce preventivamente instaurando sistemi politici dittatoriali di tipo fascista. Stiamo assistendo ad uno sviluppo della "democrazia" borghese e liberale sempre più verso una connotazione oligarchica, conservatrice a spinta autoritaria che però gode di un vasto sostegno di massa (ricordiamoci che in Italia vota ancora oltre il 70% degli aventi diritto e di questi oltre il 50% è schierato con la banda di Berlusconi & co.). Ma come anarchici non possiamo certo stare ad aspettare che la situazione peggiori ulteriormente o far nostro il motto "tanto peggio tanto meglio". Occorre da subito impostare una reazione costruttiva e di proposta politica e sociale proprio a partire dagli ambiti dove oggi si concentra l'attacco e lo scontro sociale. Nel momento di massimo attacco alle comunità Rom e migranti, individuando nelle politiche di divisione e contrapposizione portate avanti sia a livello locale che nazionale uno dei principali agenti di frantumazione e di gerarchizzazione sociale, è quanto mai necessario e urgente promuovere comitati antirazzisti autogestiti per sviluppare solidarietà e mobilitazione nella ricerca della maggiore unità possibile tra i nativi e i cittadini provenienti da diverse parti del mondo. Comitati che siano in grado di promuove iniziative contro la militarizzazione del territorio, l'utilizzo dell'esercito e contro gli ex CTP, oggi CIE; contro le leggi sulla sicurezza portate avanti con l'evidente scopo di deviare l'attenzione dai reali problemi drammatici che la crisi produce particolarmente ai danni dei lavoratori, pensionati, precari e disoccupati. E che inoltre siano capaci di promuove iniziative di solidarietà e di sostegno nelle lotte aziendali dove gli immigrati sono i più ricattati e colpiti. Nel mondo del lavoro salariato è necessario partecipare attivamente alle lotte che si danno sia dall'interno delle organizzazioni sindacali di base sia sostenendo i comitati di lotta spontanei, rilanciando il valore autogestionario delle lotte. Bisogna promuovere incontri e dibattiti nell'ambito lavorativo per uscire da una logica strettamente sindacale per collegarsi con quelle che sono le esigenze sociali, in una prospettiva di cambiamento radicale della società e per meglio rapportarsi alle nuove tipologie lavorative. Di fronte alla crisi che avanza pesantemente, a spese soprattutto dei lavoratori, è necessario lanciare segnali forti di riappropriazione patrimoniale, a beneficio dei lavoratori stessi, quando si chiudono aziende per fallimento, per atti speculativi o convenienze di delocalizzazioni. E' anche opportuno contrapporsi sempre alle Istituzioni sia a livello locale che nazionale, per rivendicare lavoro e reddito oltre ai diritti sociali, alla salute, all'abitazione. La sfida che ci attende è quindi molto impegnativa, ma siamo oggi tra le poche forze rivoluzionarie che hanno dimostrato, nella propria lunga storia, di avere la giusta credibilità verso le classi subalterne di cui siamo parte. Ecco perché, a tal fine, è indispensabile rivitalizzare, a partire dai territori, l'iniziativa dei nostri circoli, gruppi, federazioni e realtà di movimento. È necessario tornare al valore dell'inchiesta da attuarsi proprio nei luoghi del possibile conflitto sociale: i quartieri proletari delle metropoli, nel vasto settore del precariato lavorativo e sociale, ecc. Le nostre sedi devono essere sempre di più luoghi di incontro, di socialità, di elaborazione di analisi e strategie di lotta e di proposta, senza alcuna pretesa di autoreferenzialità. Bisogna rilanciare la nostra proposta autogestionaria, modulata sia sul territorio che nella produzione/distribuzione. Pensiamo che per le classi subalterne, oggetto privilegiato dell'opera d'indottrinamento culturale dei mass-media, della scuola di Stato e dell'industria culturale sia necessaria una continua campagna di controinformazione. Le nostre sedi devono proporre quindi attività che siano anche di immediato beneficio per chi vi si rivolge e quindi da attivarsi con aperture pomeridiane e serali in diversi giorni della settimana Alcuni esempi: corsi di lingua italiana per stranieri, sportelli informativi su casa, lavoro, sanità, ecc., centri di documentazione e diffusione stampa, cineforum e attività culturali e d'intrattenimento (concerti, laboratori teatrali, cene etniche, ecc.) gruppi d'acquisto e quanto altro ci verrà a mente… Se non ora, quando?

Paolo Masala

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