Umanità Nova, n.13 del 5 aprile 2009, anno 89

Istambul: forum e controforum sull’acqua


A Istanbul dal 16 al 22 marzo scorso si è svolto il quinto forum mondiale dell'acqua. Ogni tre anni i potenti di turno si autorappresentano in un'assise che sa sempre tanto di ostentazione di potere: 30 mila congressisti, guidati da una ventina di capi di stato e circa 180 ministri dell'ambiente, hanno raggiunto anche questa volta il proprio obiettivo: che nulla cambi. Infatti non è stata raggiunta nessuna intesa sull'accordare all'accesso all'acqua lo status di "diritto" sancito a livello internazionale. Dichiarazione simbolica, ma i nostri governanti non ne hanno comunque voluto sapere: l'accesso all'acqua non è un "diritto", ma un "bisogno" fondamentale (grazie!): di qui i soliti impegni vacui per il futuro al fine di favorire l'accesso ai servizi igienico-sanitari, lottare contro l'inquinamento dei corsi d'acqua, delle falde ecc.
Nella realtà questa è stata l'ennesima tappa di una commedia il cui canovaccio è chiarissimo.
Punto di partenza è il fatto che tra alcuni anni vivremmo una "crisi idrica mondiale", le cui cause sono l'aumento demografico, la progressiva erosione e inquinamento delle falde, i cambiamenti climatici.
Partendo da questo assunto, sin dall'inizio degli anni Novanta, vari organismi internazionali hanno portato avanti una campagna secondo la quale l'acqua è da ritenersi un bene economico: stabilire un prezzo per l'acqua sarebbe il modo migliore per evitare gli sprechi e garantire le risorse idriche alle generazioni future: questa visione strategica è stata confermata da tutti i forum internazionali sull'acqua che si sono svolti negli ultimi quindici anni. Non a caso essi sono creature di un unico organismo, il WWC (World Water Council), costituito dalle principali multinazionali del settore (su tutte Veolia e Suez) e da varie organizzazioni internazionali, con in testa la banca mondiale.
Evidentemente la mercificazione dell'acqua risponde al desiderio di profitto di pochi e non certo ai bisogni della popolazione mondiale. Che tale strategia non risponda ad altro se non al capitale lo dice il numero crescente di assetati nel mondo: più di un miliardo e 200 milioni di persone non hanno accesso sufficiente alle fonti di acqua pulita e quasi altri due miliardi vivono senza servizi igienici. Secondo le stime dell'Ocse, entro il 2030 saranno 3,9 miliardi le persone che vivranno senza acqua sufficiente. D'altra parte appare chiaro che la privatizzazione dei servizi idrici (che interessa anche l'Italia, vedi UN, n.36, 2008) vada intesa come estrema forma di mercificazione di quello che è – o meglio dovrebbe essere – a tutti gli effetti un bene comune, l'acqua.
Proprio contro quest'ultimo aspetto, la privatizzazione, si battono svariate associazioni, sindacati, reti, organizzazioni non governative, alcune delle quali hanno dato vita a un controvertice, nella stessa Istanbul. Al di là della legittimità e buona fede di alcune posizioni, il ruolo ultimo di questi forum è saltato agli occhi con tutta la sua evidenza, quando – dopo che una manifestazione di alcune centinaia di attivisti era stata attaccata dalla polizia turca – il presidente dell'assemblea generale delle Nazioni Unite, appoggiato da 26 paesi presenti al forum ufficiale, ha firmato un documento di sostegno alla loro lotta per il riconoscimento del diritto all'acqua.
Un atto ipocrita perché tutto continui come prima: ancora una volta i controforum vengono strumentalmente utilizzati come stampella da un potere tanto feroce quanto non più sostenibile.
Chiusi in un ottica di lotta esclusiva al neoliberismo, lotta che implica sempre e solo una visione statalista dell'alternativa, i social forum – o quel che ne rimane – annaspano in un tentativo di salvataggio  e di riforma del sistema pubblico. Se le critiche alla privatizzazione sono infatti più che giustificate – gli standard di erogazione del servizio da parte dei privati sono spesso e volentieri peggiori di quelli garantiti dal pubblico, mentre i profitti per le multinazionali si moltiplicano esponenzialmente – i "socialriformisti", pur di non toccare la sacra entità statuale, mostrano  di ignorare deliberatamente che la larga maggioranza degli operatori idrici nel mondo sono pubblici e che il 90% delle grandi città vengono servite da sistemi pubblici.
Più che fare campagne per una maggiore trasparenza nella gestione pubblica del servizio, oppure perché il tal servizio venga affidato al pubblico invece che al privato, chi ha a cuore la questione dovrebbe ammettere che se il sistema privato è aberrante, il sistema pubblico è non solo spesso altrettanto inefficiente e corrotto, ma soprattutto è anch'esso legato a doppio filo al concetto di acqua come merce. Questo è il punto: porre un prezzo all'acqua ha portato a profitti indegni per pochi e non ha migliorato in nulla la situazione degli assetati, anzi. "Risolvere" la questione dell'acqua implica innanzitutto staccarla dal concetto di merce, di profitto: ed è chiaro che fare questo implica una contestazione complessiva del sistema, per una sua ricostruzione su basi umane, autogestionarie, egualitarie. Anche nel caso dell'acqua, la democrazia partecipativa si è rivelata essere un feticcio e non un passaggio verso la gestione diretta delle risorse: gli avvenimenti degli ultimi anni – da quanto sono sorti i social forum – ci hanno mostrato come i governanti siano anche disposti, in alcuni casi, a condividere con gli ex-contestatori piccoli spicchi di potere: l'importante è che i nuovi "partecipanti" condividano il fine ultimo di ogni governo, ovvero profitto e perpetuazione del potere. Il problema dell'acqua quindi è anche e soprattutto un problema sociale complessivo, più che una specifica questione tecnica o morale. Esso investe tutti quegli aspetti che gli anarchici contestano: il capitale, la proprietà privata, lo stato, i confini. La lotta per l'acqua come diritto e bene comune è quindi la lotta per l'autogestione, la gestione diretta delle risorse, per una società altra in cui dimensione locale e internazionale si completino a vicenda e i cui non vi sia più spazio per chi trae profitto e potere dai bisogni degli altri.

water observatory

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti