Non sappiamo se la presente crisi economico-finanziaria che il
capitalismo globale sta faticosamente attraversando sarà la sua
ultima crisi, o se questa determinerà semplicemente la
necessità di riequilibrare i meccanismi di sfruttamento e di
espropriazione con i quali il sistema politico-militare gestisce ed
organizza le risorse umane ed ambientali del pianeta; di certo la
tenace, radicale e imprescindibile opposizione alla situazione
presente, nelle sue varie e molteplici forme in cui si sta
manifestando, passa anche attraverso la realizzazione concreta di
percorsi in cui la pratica libertaria già da ora dimostra la
possibilità di realizzare l'utopia attraverso un vivere
comunitario dove la proprietà privata, la gerarchia, le leggi
del mercato e la discriminazione sessista sono abolite. Se non
definitivamente, di certo in maniera metodica e progettuale.
Per questo oltre una cinquantina di compagni, venerdì sera 3
aprile, hanno dato vita e partecipato ad un incontro nelle sede di via
Ventaglieri nel quartiere Monte Santo a Napoli dal titolo alquanto
sibillino: "Olio acido e Anarchia", ma che da subito ha trovato nel
motto "lasciamo il pessimismo per tempi migliori" la risposta pratica
ed immediata dell'azione anarchica. Sì, perché la lunga
chiacchierata/confronto sull'esperienza che da oltre quindici anni la
Comune Urupia sta realizzando a Francavilla Fontana (Brindisi) nel
Salento, ha consentito alla comunarda Agostino Manni di illustrare in
tutte le sue pieghe (dall'organizzazione del lavoro alla
gestione/distribuzione del prodotto, dai processi decisionali interni
alle comunarde ai rapporti esterni con il tessuto sociale del
territorio e le relazioni con i compagni esterni ad esso,
dall'educazione all'affettività all'interno di un luogo fisico
in cui le pratiche di organizzazione sociale libertaria sperimentano ed
elaborano soluzioni egualitarie e non gerarchiche agli innumerevoli
problemi della convivenza umana), gli aspetti più quotidiani e
concreti per rendere possibile e praticare – ora e subito –
l'unità fra i mezzi e le finalità dell'utopia anarchica.
Unità che subito dopo si è materializzata in una cena
luculliana fra i prodotti della Comune Urupia (vino, olive, pane e
friselle) e piatti tradizionali della cucina partenopea, preparati da
sapienti mani e divorate da fameliche fauci. E, si sa, l'ottimismo vien
mangiando.
g.m.
Lo sgombero dei rom che abitavano la baraccopoli sotto il Ponte
Bacula (circa 250 persone), costituita in gran parte dai reduci dello
sgombero in Bovisa dello scorso anno, non è stato altro che
l'ennesimo scempio contro "i dannati della terra" di cui gli zingari
sono i principali esponenti.
Lo sgombero era stato ampiamente preannunciato nei giorni scorsi e
aveva trovato appoggio istituzionale a 360°. Non solo nella logica
palesemente forcaiola della Lega Nord (di cui va ricordato il tentativo
di manifestazione di tre settimane impedita solo dalla mobilitazione di
200 antirazzisti), ma anche dal fronte sinistro-democratico che, in un
volantino apparso in quartiere, denunciava la Lega Nord per la sua
operazione elettoralista e, allo stesso tempo, cercava di assicurare i
cittadini in merito all'accordo ormai raggiunto fra De Corato,
Prefettura e Questura in merito allo sgombero della baraccopoli.
Come dire: non c'è limite al peggio! Con una simile premessa le
operazioni di questa mattina soo apparse come una semplice esecuzione
di una sentenza statale.
E così, il 31 marzo alle 22, dopo aver distrutto le baracche,
impedito a chiunque di recuperare anche solo i propri vestiti, disperso
la comunità in vari rivoli, militarizzato l'intera area per
tutta la giornata, l'ultimo atto si è consumato dopo che una
ventina di famiglie, sfuggendo a una vera e propria caccia
all'uomo-donna-bambino, avevano trovagio un rifugio di fortuna
occupando una palazzina fatiscente (a dir poco) in via Negrotto,
sperando almeno di poter trascorrere la notte in un luogo riparato
dall'acqua.
Con la vigliaccheria che contraddistingue i servitori del potere
benevolmente definiti "sbirri", dopo che i loro stessi dirigenti
avevano preso accordi coi rom per la notte nella prospettiva di trovare
in fretta una soluzione alternativa (cosa peraltro condivisa da tutti,
antirazzisti compresi, date le condizioni della palazzina) una decina
di volanti hanno atteso che la decina di antirazzisti di cui sopra si
allontanassero per procedere ad un ulteriore sgombero (con annessi
pestaggi) riportando gli zingari sotto l'acqua, ancora circondati dalla
polizia, e avendo solo i propri corpi per proteggere i 15 bambini, di
cui 3 con meno di un anno di vita.
Ogni ulteriore commento pare superfluo.
Resta solo lo spazio per un appello a chi ritiene doveroso, oggi come
ieri, rispondere colpo su colpo al vero fascismo, che non veste (solo)
i panni dei forzanovisti, ma quelli ben più pericolosi della
democrazia borghese: quello di trovare le idee, e soprattutto la forza,
per dare una risposta all'altezza di ciò che accade sotto i
nostri occhi. Noi cercheremo di fare la nosta parte.
Comitato Antirazzista milanese
Finito il solito balletto istituzionale riguardante chi doveva
assumersi la paternità di concedere la città di Milano a
un convegno nazifascista, alla fine domenica 5 aprile circa 300
neofascisti, benedetti dalla giunta comunale e convocati da Forza
Nuova, si sono dati appuntamento all'hotel Cavalieri nel centro della
città. Vi hanno partecipato fascisti anche del Front National
francese, del British National Party inglese e il Proti Grammi
greco-cipriota.
Per contrastare questa iniziativa un ampio fronte antifascista di
carattere istituzionale ha convocato un "happening culturale" nella
vicina Piazza della Scala a fronte del palazzo che ospita il comune di
Milano. Dalle 15.00 fino a sera inoltrata, tra sound system e
interventi di diverse personalità della cultura e spettacolo
milanese, si sono alternate in piazza circa 5000 persone. I
preannunciati presidi e cortei cittadini dei neofascisti convenuti non
hanno avuto luogo e solo grazie alla protezione poliziesca e di mezzi
messi a disposizione della locale azienda tranviaria per i loro
spostamenti all'interno della città si è evitato che
simile provocazione ingenerasse scontri violenti.
Come anarchici non ci siamo sottratti dalla nostra presenza in piazza
nonostante il carattere istituzionale dell'iniziativa a sfondo
evidentemente anche elettoralista. Siamo contrari a un antifascismo
istituzionale che agisce solo in risposta alle scadenze e provocazioni
del variegato mondo neofascista e altresì rimaniamo convinti
assertori che l'antifascismo è pratica militante e quotidiana
che si materializza nella nostra proposta autogestionaria e libertaria
della società. Ottima la vendita di Umanità Nova sempre
richiesto nelle piazze e nelle strade che ci vedono presenti.
P.M.
Nella sera di domenica 5 aprile alcune decine di detenuti hanno
deciso di protestare contro le insopportabili condizioni di vita
all'interno del CPT, (cibo avariato pessime condizioni igieniche,
maltrattamenti continui). Questioni ben note, aggravate però
dall'ultimo pacchetto sicurezza del governo che prevede di poter
prolungare il periodo di detenzione fino a sei mesi, creando una
condizione di sovraffollamento. In particolare dopo le rivolte di
Lampedusa del mese scorso, lo stato ha dovuto smistare centinaia di
persone nei vari CPT italiani. Gente che ha messo in gioco la propria
vita attraversando il Mediterraneo per poi essere incarcerata e
sottoposta a violenza razzisa dalla democrazia italiana che sempre
più assume il volto triste dello squadrismo fascista di stato.
E' questa la voce che abbiamo ascoltato in diretta radio dopo che i
detenuti sono saliti sui tetti per dare corpo alla loro protesta. A
quel punto è scattata immediata la reazione delle forze
dell'ordine che sono intervenute immedatamente e in gran numero. Prima
hanno circondato gli immigrati e poi hanno cominciato a pichhiare con i
manganelli per riportare l'ordine all'interno del CPT. Dopo circa
un'ora i detenuti sono dovuti rientrare nelle loro camerate, dove
la polizia e i carabinieri hanno continuato la loro azione. Il bilancio
è di un ferito grave fra gli immigrati, portato via in ambulanza
dopo essere stato colpito alla testa dai poliziotti. I prigionieri
hanno comunque dichiarato che continueranno la loro protesta e hanno
già lanciato appelli affinché tutti gli antirazzisti
della città intervengano per sostenerli e impedire che la
repressione li colpisca ulteriormente dopo essere stati incarcerati
senza nessun motivo se non quello di non possedere un permesso di
soggiorno. Chi, come noi, è impegnato da anni in una durissima
battaglia per la chiusura di questi moderni lager, non può che
dare il massimo appoggio ai detenuti in lotta, facendo sentire la loro
voce in tutti i quartieri della città e aumentando la pressione
politica sulle istituzioni che gestiscono quella macchina repressiva e
razzista che è il CPT di via Corelli. Ma l'appello dei detenuti
non è rivolto solo ai militanti antirazzisti; in realtà
si rivolge a tutti i proletari della città, perchè fino a
che esisteranno luoghi come via Corelli e leggi razziste che
permettono allo stato di mettere in prigione degli individui a causa
della loro provenienza, la libertà di tutti è
profondamente minacciata. E' in gioco il futuro di tutti/e. Ed
è compito di tutti/e lottare per chiudere questi luoghi e
abbattere le leggi che li hanno prodotti. Per sempre.
Comitato antirazzista milanese
Di questi tempi a Torino le palline da tennis rimbalzano lontano
dalla terra rossa dei campi da gioco. Volano oltre un muro sino alle
gabbie degli immigrati senza documenti, portando messaggi. Nei
biglietti la storia di queste settimane di lotta nei CIE della
penisola. La decisione di prolungare da due a sei mesi la detenzione ha
innescato proteste a Milano, Torino, Gradisca, Bologna, Roma, Bari,
Trapani. Questa settimana anche una buona notizia: dei sette immigrati
che domenica hanno saltato il muro del CIE di Torino, due hanno
guadagnato la libertà. Anche la sera di venerdì 3 aprile
le palline hanno oltrepassato il muro del CIE di corso Brunelleschi,
mentre sulle pareti esterne, dove strisce di vernice indicano le mille
scritte cancellate, qualcuno ne vergava di nuove. I messaggi nella
pallina danno fastidio: la polizia e la digos erano pronte e hanno
intercettato alcuni antirazzisti, fermandoli a lungo, portandone due in
questura per accertamenti. Poco male. Il tam tam metropolitano ci
racconta che tra le tante palline volate oltre il muro, numerose sono
riuscite a consegnare il loro messaggio. In precedenza la FAI torinese
aveva tenuto un punto info sulle lotte nei CIE nella centralissima via
Po martedì 30 marzo. Domenica 5 aprile al solito presidio
mattutino al mercato abusivo gestito da immigrati in piazza della
Repubblica sono state amplificate per tutti le dirette con i reclusi
dei CIE trasmesse alla radio. Sono ormai mesi e mesi che le voci dal
CIE oltrepassano i muri, raccontando le tante storie dei "senza carte".
R. Em.
Sabato 4 aprile 2009 alle ore 16.00 gli anarchici di Alessandria e
l'Associazione Lavoratori Cileni Esiliati hanno piantato due alberi nel
giardino del Laboratorio Anarchico PerlaNera dedicati a Giuseppe
Pinelli e al compagno cileno Jhonny Cariqueo Yanez, assassinato dalla
polizia il 31 marzo 2008 a Santiago del Cile (le rispettive targhe nel
giardino erano state apposte il 13 dicembre 2008).
Questa iniziativa è sorta per mantenere viva la memoria e farla
crescere insieme alle piante. Dietro la bandiera della democrazia si
continuano a celare crimini ed omicidi: in piazza, all'interno delle
caserme e delle carceri dove i tutori del dis-ordine agiscono
indisturbati come è avvenuto a Genova 2001, a Pisa con
l'uccisione dell'anarchico Franco Serrantini nel 1972, nel carcere di
Perugia nei confronti di Aldo Bianzino nel 2006, nel carcere di
Livorno nei riguardi di Marcello Lonzi, a Ferrara contro Aldovrandi e
lo scorso dicembre ad Atene dove due poliziotti hanno assassinato il
giovane anarchico Aleksis Grigoropoulos.
L'iniziativa a cui hanno partecipato una trentina di compagni e che ha
visto gli interventi del compagno Urbano, per ricordare la situazione
cilena, e del compagno Paolo Finzi che ha ricordato la figura di
Giuseppe Pinelli, si è chiusa con una cena di autofinanziamento
a favore del Laboratorio Anarchico Perlanera.
franz
Continua la lotta dei lavoratori ex CGS contro il caporalato.
Lunedì 30 hanno fatto un presidio di fronte allo stabilimento
della Ilte. Armati di cartelli, megafono, un pannello illustrativo,
bandiere, fermavano i camion in entrata per raccontare la propria
vicenda e chiedere solidarietà. Si sono poi trasferiti di fronte
alla palazzina degli uffici, chiedendo un incontro con i responsabili
dell'azienda. Gli unici a farsi vivi sono state le RSU di Ilte, che
appresa la loro vicenda, hanno annunciato che avrebbero organizzato
un'assemblea con gli altri lavoratori Ilte. Sino a dicembre dello
scorso anno per quelli di CGS questo era il posto di lavoro. Erano
addetti alla parte finale della lavorazione di Pagine Bianche e Pagine
Gialle, due prodotti che tutti conoscono, perché sono sugli
scaffali di ogni casa. A dicembre Gesconet, che aveva in appalto questo
lavoro, lo perde e subentra HDL. Gli operaie e le operai dipendenti da
Gesconet sono stati riassorbiti in HDL ed hanno continuato a lavorare.
Quelli di CGS, da cui Punto Lavoro li aveva affittati per conto di
Gesconet, vengono invece lasciati a casa. Questi lavoratori sono
torinesi di oggi: ivoriani, marocchini, nigeriani, tunisini. Sono tra i
tanti operai "usa e getta" della nostra città: CGS, Punto Lavoro
e Gesconet hanno lucrato sulla loro pelle ed ora si rimpallano le
responsabilità. Molti sono immigrati sottoposti al ricatto del
lavoro che rende "liberi", grazie all'equiparazione tra contratto di
lavoro e permesso di soggiorno.
Non sono stati neppure licenziati quindi per loro niente liquidazione e
niente indennità di disoccupazione. Da dicembre gli ex CGS
sono in lotta. Per il lavoro, perché chiedono di essere a loro
volta assunti da HDL, per i salari non versati e per il riconoscimento
delle mansioni effettivamente svolte che implicavano una ben diversa
retribuzione. Assunti con un contratto di facchinaggio, in
realtà lavoravano come operai. Quella del 30 marzo è
stata solo l'ultima di una serie di iniziative. In dicembre hanno fatto
un presidio di fronte al solarium di proprietà della padrona di
CGS, il due marzo si sono ritrovati di fronte a Gesconet, il 17 marzo
hanno manifestato a HDL e al solarium della proprietaria di CGS.
Qualcosa poco a poco comincia a muoversi. Il mero annuncio del presidio
in Ilte ha indotto Gesconet ad ammettere che spettava a loro pagare gli
arretrati a quelli di CGS. Mercoledì 8 aprile i lavoratori CGS
torneranno in Ilte nell'orario del cambio turno.
R. Em.
Nelle vie di Bologna una vecchia lapide commemora un evento di ben
600 anni fa: "I privilegi in virtù dei quali gli scolari nulla
devono pagare per i libri e le altre cose d'uso vettovaglia e vestito
tanto proprie quanto dei loro famigli [= servitori] furono confermati
essendo rettore dei Citramontani il signor Giuliano de' Davanzati e
vice rettore degli Ultramontani in signor Pietro di Poggiomarino di
Catalogna". Attualmente, i rettori dell'Università di Bologna
sono invece assai più gretti e ipocriti. Approfittando della
pausa pasquale è stata sgomberata l'occupazione studentesca
intitolata a "Bartleby lo scrivano". Tra le sei e le otto del mattino
la forza pubblica ha fatto uscire alcune decine di studenti occupanti,
denunciandoli. Una ragazza ha preso una ingiustificabile manganellata
al volto. Poi un primo corteo di 60-70 studenti ha attraversato
l'Università e, giunto davanti al rettorato, ha trovato una
schiera di carabinieri in tenuta antisommossa. Il vice-rettore ha
tergiversato e ha scaricato sulla Questura la responsabilità
dello sgombero. Gli studenti hanno occupato il tratto di via Zamboni
davanti al rettorato costruendo anche barricate simboliche fatte di
tele dipinte ecc., ottenendo infine un incontro con il pro-rettore. 300
studenti vi hanno partecipato, sfilando poi in corteo per oltre due ore
e occupando il rettorato. Al momento di andare in stampa, quel che
appare evidente è che l'ennesimo sgombero non è passato
sotto silenzio.
RedB
Lunedì 6 aprile alle 6:30 è arrivato davanti al
Circolo Anarchico dei Malfattori l'Ufficiale Giudiziario per comunicare
il rinvio dello sfratto.
Ad accoglierlo c'erano i presidianti che per tutta la notte erano
dentro il circolo per organizzare la resistenza allo sfratto.
Fuori dal Malfattori c'era uno striscione appeso con su la scritta 'Sgomberiamo lo Stato' firmato con l' A cerchiata.
Decine di altri solidali, provenienti da Milano e fuori Lombardia, sono
accorsi all'alba davanti al circolo per fare una colazione di
"benvenuto" nei confronti dell'Ufficiale Giudiziario che ha rimandato
lo sfratto a giovedì 28 maggio '09. Ci rivedremo quel
giorno per un altro presidio di solidarietà e Resistenza.
Le attività pomeridiane e serali del circolo, continuano
inarrestabili.
NN