Umanità Nova, n.16 del 26 aprile 2009, anno 89

Prima e dopo il terremoto


E tra qualche settimana arriverà anche il Papa, così non mancherà nessuno. Proprio nessuno. Perché, a l'Aquila e nei paesi scossi dal terremoto dello scorso 6 aprile, non sarà soltanto il "prima" ad essere ricordato per le malefatte delle amministrazioni pubbliche e private, quanto il "dopo" ad essere la riconferma della pericolosità di un sistema economico, politico e giudiziario;  più dell'imprevedibilità degli eventi naturali è la prevedibilità criminale della sua organizzazione ad esser stata causa dei 295 morti,  e a esser causa del processo affaristico clientelare che metterà mano alla ricostruzione dell'Abruzzo e di tutto il Paese: lo vuole Dio, lo reclama il Progresso, lo invoca la Nazione.
Nel mentre, nell' "adesso", ciò che accade è una lotta, una sfida, fra le forze dello Stato, impegnate da subito – questo sì – a riprendere il controllo della situazione al fine di auto legittimarsi come garanti della sicurezza, della coesione, ma soprattutto della risoluzione "finale" ai problemi da lui stesso determinati, e le forze dell'auto organizzazione, della solidarietà sociale, della partecipazione diretta, collettiva e consapevole. Certo: le forze sono impari, la violenza si conosce chi la coordina, la esegue e la applica; non a caso l'Aquila e l'Abruzzo sono di fatto occupate militarmente e mediaticamente. La presenza dello Stato – ha ragione Silvio Berlusconi – non si è fatta certo attendere; e come "prima" è stata responsabile di quanto è accaduto e poteva non accadere, "dopo" sarà responsabile di come si sarà data attuazione alla ricostruzione rispetto alle volontà, alle decisioni, ai desideri della popolazione.
Una popolazione affranta, distrutta, disperata, la cui principale speranza è "fare presto" per uscire dalla paura di un futuro senza domani, perché rappresentato da un eterno presente precario come è sempre stato il "dopo" di ogni terremoto: da quello della Calabria e della Sicilia nel 1908, a quello del Molise e della Puglia nel 2002. In un simile frangente lo Stato è sovrano negli aiuti e attraverso gli aiuti controlla e riorganizza la propria presenza sul territorio, soprattutto laddove è brillata la sua inefficienza, o per meglio dire il suo sistema affaristico-clientelare attraverso una pubblica amministrazione corrotta e corruttibile. Che potrà anche essere indagata e messa sotto accusa al pari del settore privato, da sempre sede principale del riciclaggio di denaro sporco (in primis nel settore dell'edilizia), ma che si auto assolverà in quanto sistema, addebitando le responsabilità alla mancata applicazione delle leggi da parte dei singoli.
Cosicché assisteremo a processi mediatici contro politici e professionisti, dove la qualità del cemento, la consistenza del ferro, la regolarità degli impianti saranno al centro delle accuse per reati colposi e dolosi; così come la Magistratura si attiverà attraverso il pool antimafia, affinché la ricostruzione delle zone terremotate non possa cadere nelle mani della criminalità organizzata. Ma tutto ciò non scalfirà minimamente il sistema economico-politico dello Stato, quel sistema basato sull'inapplicabilità delle leggi che ha determinato in ogni settore il ricorso all'illegalità economica e finanziaria. Perché non è la criminalità ad aver bisogno del sistema economico-politico, ma è lo Stato e la sua economia che ha bisogno della criminalità per giustificare la propria e l'altrui violenza contro ogni forma di organizzazione sociale che non ponga al centro dei propri interessi lo sfruttamento degli uomini e del loro ambiente al fine di conseguirne il massimo profitto.
Lo sa bene chi – come i nostri compagni presenti a l'Aquila – immediatamente ha dato vita a strutture di solidarietà e di mutuo appoggio indipendenti ed autonome dagli aiuti statali che, attraverso la Protezione Civile, la Croce Rossa, la Prefettura, le Amministrazioni Comunali e le imprese private integrate al sistema, stanno preparando le basi per il "dopo" terremoto, quando passate le elezioni europee e ingabbiati i responsabili minori della filiera affaristico-politica, tutto ritornerà come "prima". E allora non resta che auto organizzarci la nostra vita e il nostro futuro.

gianfranco marelli

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