Umanità Nova, n.17 del 3 maggio 2009, anno 89

1° maggio: resistere per esistere


Oggi, 1° maggio 2009, siamo nelle strade, nelle piazze, tra la gente e con la gente come sempre.
Ci siamo per ricorrenza storica, certo, ma anche e soprattutto per non lasciare che questa importante scadenza del movimento dei lavoratori sia patrimonio - sempre più edulcorato nei suoi significati originari – di forze politiche e sindacali che, sull'altare delle compatibilità statali e capitaliste, hanno tradito le aspettative di emancipazione e liberazione di milioni di persone.
"Reduci" dalle celebrazioni revisioniste sempre più in odore di solidarietà nazionale del 25 aprile, non possiamo non denunciare a che tipo di quotidianità ci relegano vincitori e vinti (visto che ora governano) di quel fatidico giorno "tradito" del 1945.
Viviamo in un periodo storico ove l'omologazione delle coscienze, il ricorso alle azioni di guerra, la repressione del dissenso, qualunque esso sia – dalla difesa del territorio alla difesa del libero pensiero – è prassi quotidiana.
Viviamo in questa pseudo-democrazia che ci fa sentire e credere di essere liberi solo perché mettiamo una croce sulla scheda elettorale negandoci, l'indomani, il diritto alla partecipazione e alle decisioni che riguardano la nostra vita individuale e collettiva (come in Val Susa, Vicenza, Scanzano e ora, tragicamente, l'Aquila...).
Viviamo in città, alcune centro delle lotta partigiane e operaie, che lasciano sfilare impunemente neo-fascisti con saluto romano e vessilli nazisti benedetti da sacerdoti, autorizzati da intere amministrazioni comunali e incarcerano, dopo cacce all'antifascista strada per strada, chi vi si oppone.
Il potere clericale, con connivenze politiche trasversali agli schieramenti, scatena il proprio continuo attacco alle libertà individuali e collettive, all'autodeterminazione e al diritto alla scelta per donne, omosessuali e lesbiche, benedicendo dentro e fuori le parrocchie il privilegio maschile fino alla sopraffazione e alla violenza.
Il lavoro, per quei sempre meno a cui viene data la possibilità di averlo, è sempre più luogo di subordinazione, di alienazione e sfruttamento.
Spenti i soliti riflettori mass-mediatici sulla grande tragedia del fronte di guerra del lavoro – leggasi Thyssen – i morti nel solo primo quadrimestre del 2009 sono oltre 330, oltre 300.000 gli infortuni e oltre 8000 le invalidità permanenti.
A chi si oppone, chi rivendica salute e dignità, il padronato – con complicità sindacali – ripaga sempre con la solita moneta: minacce, soprusi, licenziamenti.
Fuori dalle fabbriche, dai cantieri, dagli uffici ci attende un'esistenza in territori sempre più inquinati e devastati, dominati dalla speculazione che, mentre ci nega il diritto alla casa, spadroneggia impunemente edificando monumentali opere (Expo 2015, Città della moda, ecc.) finalizzate unicamente alla ulteriore rapina di denaro pubblico a vantaggio di pochi.
Le città, grandi o piccole che siano, sono luoghi sempre meno socializzanti e sempre più artificialmente "impauriti" da una stampa e TV sempre più asservite ai desiderata del potente di turno.
Ai margini delle città fioriscono veri e propri lager di stato chiamati eufemisticamente "Centri di Identificazione ed Espulsione".
Ad oggi, queste barbariche ed incivili strutture, sono atte all'internamento forzato di chi, scappando da miseria e guerra o per naturale desiderio di vivere una vita diversa in un luogo diverso da dove si è nati, è venuto fin qui rischiando il più delle volte la propria vita. Ma domani chi potrebbero "accogliere"? La storia del '900 è lì ad indicarci il pericolo.
In questo clima di cappa opprimente le destre conservatrici, autoritarie e di stampo fascista, nelle loro declinazioni nazionali (Popolo della Libertà) e territoriali (Lega Nord) governano, sempre più in modo autoritario, il paese.
Il neo partito centrista denominatosi "Partito Democratico" dimostra una "opposizione" parolaia e inconcludente, quando non collaborativa, e la "sinistra" ex parlamentare, dissoltasi dopo la sconfitta dell'anno scorso, è preda di lotte intestine a fini elettoralistici, completamente avulsa dalle reali condizioni materiali di quella parte di popolo di cui si dichiarava rappresentante storico nei vari parlamenti.
Ora più che mai – soprattutto oggi "1° maggio" giornata internazionale di lotta – vi è quindi la necessità di ribadire la nostra più ferma opposizione ai nuovi tentativi autoritari che si delineano all'orizzonte.
Tocca a noi anarchiche e anarchici, strenui difensori della libertà, rivolgere il nostro invito a quei milioni di lavoratrici e lavoratori "delusi" dalle sinistre parlamentari e autoritarie sconfitte dalla storia e dalle urne elettorali, a tutti gli antifascisti e agli amanti della libertà affinché, senza indugi, diano vita ad organizzazioni di base senza gerarchie, senza funzionari di partito e di apparato, per il rilancio dell'azione diretta collettiva, la gestione in prima persona della lotta, il rifiuto della delega come garanzie di un percorso autogestionario che non si limiti agli "aggiustamenti", alle "compatibilità" interne all'organizzazione capitalistica del lavoro e della società, ma ponga all'ordine del giorno la trasformazione radicale dei rapporti sociali, per un mondo di libere ed uguali!
Oggi è il 1° maggio… se non ora, quando?

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